E allora sarà il caso di interrogarsi su questo ennesimo gioco di specchi mediatico del berlusconismo: ovvero sull’epifania politica di Marina Berlusconi, la cui ipotesi di candidatura appare e scompare come un miraggio sulle pagine della stampa di centrodestra, addirittura sui giornali di famiglia, per essere smentita il giorno dopo, e rilanciata quello successivo.
Sarà il caso di interrogarsi sul culto dell’immagine, sull’iconografia del seno scultoreamente scolpito, grazie alle cure del chirurgo personale di corte – Angelo Villa – sempre alla ricerca del mito della fitness arcoriana e dell’idea che il mito di Fidia possa trovare una nuova incarnazione. E non è certo un caso che il décolleté pubblicato, con titolazione enfatica da Ventennio, su quel prontuario del culto di famiglia che è il Chi di Alfonso Signorini, sia diventato il simbolo di una ricerca e di una aspirazione: l’eterna idea di fondo del berlusconismo che la natura possa essere piegata alla volontà, e che si possa rovesciare la meravigliosa massima di Oscar Wilde secondo cui “Dopo i vent’anni ogni uomo è responsabile della faccia che si ritrova”, nell’adagio per cui, “Dopo i quaranta ogni uomo è responsabile del chirurgo che si sceglie”. Sarà dunque il caso di interrogarsi sulla costruzione e sulla ricostruzione continua di un mito, di un personaggio che due giorni fa è tornata in scena intervenendo sull’autore più importante della sua casa editrice come un elefante in una cristalleria: “Le parole di Saviano mi fanno orrore”.
Ieri un autore mondadoriano di punta come Corrado Augias osservava senza mezzi termini: “Non mi sfuggono le ragioni della sua affermazione. E cioè la sua discesa in campo”. Ma è davvero così? Ancora una volta, come spesso accade nella comunicazione del lessico berlusconiano ci si trova di fronte a messaggi apparentemente contraddittori, ma in realtà calibrati con sofisticazione. Ecco perché occorre riavvolgere la bobina, riconsiderare gli elementi, ascoltare le fonti, e provare a capire le ragioni di questa apparente illogicità. Ieri, Maurizio Belpietro, direttore di Libero, commentava l’ipotesi così: “Non ha senso. E mi pare altamente improbabile. Scrivilo pure, sono disposto ad accettare scommesse”. E anche Giorgio Mulè, direttore di Panorama, era non meno netto: “Bufala, bufala… Marina non ci pensa nemmeno”. Ma persino l’interessato numero uno, Alessandro Sallusti ieri spiegava: “Il mio titolo si riferiva alla ‘Discesa in campo’, nel senso della partecipazione alla polemica su Saviano. Non alla politica”. Un altro direttore – chiedendo l’off records – aggiungeva: “A Segrate i dirigenti della casa editrice sono impazziti. Il 75 per cento degli autori sono di sinistra: un altro intervento di questo tenore, o addirittura una candidatura vorrebbero dire esporsi al rischio di regalare il portafoglio dei best-selleristi a Rizzoli e Feltrinelli, che non aspettano altro, e andare in banca rotta”.
Apparentemente tutto lineare, dunque? Nemmeno un po’. Sallusti parlò per la prima volta dell’ipotesi di Marina in una intervista. Il giorno dopo con un titolo di prima pagina esaltava l’intervento della figlia del premier contro Italo Bocchino. Poi la prima frenata. Ma intanto ministri – ad esempio Stefania Prestigiacomo – e punte di diamante del polemismo di centrodestra (ad esempio Giorgio Stracquadanio) accreditarono in modo plateale la sortita del direttore del Giornale. Si era alla vigilia della prima fiducia a rischio, la rottura di Fini imponeva l’idea di cercare un piano B. L’idea circolava, era stata ventilata nei pour parler, aveva preso corpo quasi spontaneamente. Dopo questo primo sondaggio arrivarono le prime smentite, tutto fu congelato.
Eppure, tra gli uomini più vicini a Berlusconi circolava una battuta: “Sulla scheda si può persino cambiare simbolo, ma non bisogna cambiare cognome”. I consiglieri del principe si erano messi a studiare i casi in cui – ad esempio quello riuscito di Marine Le Pen – un padre era riuscito a trasferire il suo consenso integralmente sul suo erede. Il primo precedente illustre trovato era quello dei Kennedy (il che avrebbe tolto dall’imbarazzo di un paragone con una figura di estrema destra). Il secondo quello della giovane Marine (sic), in cui il nume tutelare restava formalmente e fisicamente accanto alla sua erede.
L’altro esempio, italiano, non a caso usato dal premier per sondare Umberto Bossi era quello del leghista Giancarlo Gentilini, sindaco di Treviso, capace di travasare tutto il suo patrimonio di voti sul fino ad allora anonimo Giampaolo Gobbo. La risposta di Bossi era stata quasi sorprendente. “Allora lo faccio anche io con il trota eh, eh…”. Battutaccia, certo. Che però rivelava che il leader del Carroccio non era pregiudizialmente contrario. Paradossalmente i malumori più profondi arrivavano dalla pancia di Forza Italia. Da Giulio Tremonti che di fronte a questa eventualità romperebbe il suo tacito patto con il Cavaliere. E da Ignazio La Russa, che considera questa idea come una sconfitta della politica: “Sarebbe una dinastia ereditaria!”. Si fanno persino dei sondaggi sulla popolarità di Marina e sulle sue potenzialità politiche e sono incoraggianti.
Poi però tutto viene congelato dopo la fiducia. Berlusconi riesce nel suo ennesimo colpo di reni. Ma tra febbraio e marzo potrebbe arrivare un rinvio a giudizio che metterebbe fine alla possibilità di impegno diretto del Cavaliere. Ed è per questo che la sortita di Marina contro Saviano aveva il lessico e la violenza di un’esternazione politica. Era un test. Intanto, però la notizia che Berlusconi ha discusso a Palazzo Grazioli è questa: Marina piace agli elettori di centrodestra sopra ogni aspettativa. Viene considerata – basta fare un giro tra i blog – giovane, grintosa e autorevole.
Proprio per questo, ieri, a chi chiamava per chiedere lumi, veniva data questa inverosimile giustificazione: “È solo una figlia che parla per amore del padre”. I compilatori del mattinale, poi, hanno recuperato questo meraviglioso aforisma di Mattia Feltri: “Biagi diceva che se avesse avuto le tette Berlusconi avrebbe fatto l’annunciatrice. Sbagliato: con le tette Berlusconi non è diventato una ragazza coccodè, ma l’italiana più potente del mondo”. Ovvero la 34esima nella classifica di Forbes.
Luca Telese
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