Lei si chiama Maria Epifania, fa l’operaia alla catena di montaggio: sorriso radioso, voce battagliera. Ragazza madre, un figlio di sei anni. La sua scelta è stata difficile, ma è granitica: “Voterò No. E faccio campagna fino all’ultimo momento utile”. Per raccontare la sua storia, però, bisogna dire che prima di lei altri quattro operai (per motivi diversi) hanno declinato l’invito. Chi per continuare la battaglia senza esporsi, chi perché ti dice: “Io entro un mese firmo, come tutti, una lettera di licenziamento. Non voglio aiutare la Fiat a non darmi quella di riassunzione”. Paure esagerate? Forse. Ma è necessario sapere di questi rifiuti, per capire lo stato d’animo di chi si oppone all’accordo in queste ore: “Io la leggo negli occhi dei miei compagni, la paura. Quando si votò per Pomigliano i capi dicevano: ‘State tranquilli, da noi non accadrà’. La Fiom diceva: ‘Accadrà anche qui’. Cisl e Uil rispondevano: ‘Raccontano balle’. Adesso vado da loro e dico: ‘Chi le raccontava le balle?’ La risposta è il silenzio. E gli occhi bassi”. Sospiro: “Ieri siamo arrivati alla vergogna finale: i capi reparto che fanno l’assemblea sul’accordo al posto dei sindacati….”.
Maria entra in Fiat nel 1997. Oggi sorride: “Pensa che lavoravo sulla Punto. La vecchia punto, due Punto fa!”. Pausa. “Pensavo che nella vita avrei fatto la maestra d’asilo. Poi per una brutta malattia, devo lasciare gli studi. Riesco a guarire, vado in fabbrica”. Altri tempi: “C’erano ancora i vecchi, alla catena. Si lavorava con un senso del rispetto migliore di quello che oggi, se c’era da fare straordinari nessuno si è mai tirato indietro. Io amo il mio lavoro”. La sua prima macchina è una Fiat, la Seicento, quella fatta in Polonia: “Oggi una Fiesta usata, quello che mi posso permette”. L’ultimo stipendio intero? “Quasi un anno fa, 1300 euro, ho fatto in tempo a dimenticarmi”. E adesso “900 o 1000. E quella differenza ti cambia la vita”. Anche il lavoro è cambiato: “Entrare e uscire a singhiozzo, per chi sta alla catena è terribile. Perdi i riflessi, i tempi, la lucidità. Quest’anno ho lavorato una settimana al mese, ma anche un giorno sì e uno no”. Sta sulla catena della Musa e dell’Idea, reparto “Delibera finale”: “Monto gli ultimi pezzi. Un giorno la batteria, l’altro i tergicristalli. Devo fare 50 operazioni all’ora, ho 1 minuto e 30. Se perdo il ritmo devo rincorrere la catena”. Dice: “Se vedo Chaplin in Tempi moderni con gli amici loro ridono, a me viene il magone: 80 anni e non è cambiato nulla!”. Dicono che la Fiom fa saltare tutto per 5 minuti: “Questa dentro non la possono raccontare. Ci abbiamo messo 30 anni per avere quei 5 minuti, ce li hanno tolti in un secondo”. Cosa fai nella pausa? “Quello che fanno le persone normali. Sai che alle volte sto avvitando il bullone e vorrei bere, e allora penso: ‘Devo guadagnare almeno venti secondi su quattro macchine, così posso prendere la bottiglietta. Quando mi cola il naso vorrei spararmi”. Marchionne dice che quella pausa sarà monetizzata: “Io a Marchionne i 25 euro glieli regalo. Preferisco la salute. Abbiamo proposto la pausa a rotazione per non fermare la catena, lui non ha nemmeno risposto. Il 90 per cento degli operai la pensano come noi”. E perché non vota No? “Ti dicono. Come facciamo? Abbiamo i figli… Allora gli rispondo che ai figli bisogna raccontare che si è stati a schiena dritta, non che si può strisciare come i vermi”. Pensa di rischiare qualcosa? “Spero di no. Ma sono disposta a rischiare. Ti racconto questa. A mio figlio dico tutto. Mi ha visto triste: ‘Sai, potrei perdere il lavoro’. E lui: ‘Mamma non ti preoccupare, tanto da grande faccio il cuoco…”. E io: ‘Che c’entra, Simone?’. Mi ha sorriso: ‘Apro un ristorante e ti riassumo!’”.
di Luca Telese
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