Montecitorio, ieri mattina. L’onorevole Massimo Calearo – non è uno scherzo – regala ai giornalisti un sorriso sfavillante: “Siamo un gruppo di tre persone, con tante anime diverse, unite dalla stessa cravatta!”. A quel punto abbasso lo sguardo sui tre onorevoli seduti al tavolo. Purtroppo è vero: tre cravatte, tinta unita blu, bandierina tricolore: “Le ho comprate io stesso, ne vuoi una pure tu?”. Il simbolo, poi, è ancora più interessante: una specie di Tao da centro massaggi, però tricolore. Quello l’ha disegnato l’onorevole che siede al centro, Domenico Scilipoti, da Barcellona Pozzo di Gotto: “Ah – sorride soddisfatto – se n’è accorto?
È concetto spirituale, una rivisitazione patriottica dello yin e dello yang. L’ho fatto con le mie mani!”. Il nome del primo partito tricellulare della storia italiana (nel senso letterale, è composto di tre persone), l’ha trovato l’onorevole Bruno Cesario, il terzo porcellino della banda: “Movimento di responsabilità nazionale”. Meraviglioso. Ma la vetta di sublime l’onorevole Calearo la tocca subito dopo, quando aggiunge: “Non ci interessa la politica colorata. Abbiamo a cuore gli interessi della nazione. E il male minore in questo momento, è il governo”. Aggiunta: “Dentro di noi siamo molto pluralisti. Io sarei intenzionato ad astenermi, Scilipoti vorrebbe votare no, Cesario è sicuro del sì. In questi giorni che mancano alla fiducia cercheremo una posizione comune. Quel che ci unisce, oggi – dice raggiante – è interesse della patria”.
IN REALTÀ, l’ipotesi più probabile, ieri, nella sublime e pirotecnica conferenza stampa che si è trasformata in uno show – tra pianti, urla di contestazione, insulti e monologhi da melodramma – è che tutti e tre gli esponenti del “Movimento di responsabilità” (alla faccia dello yin e dello yang, della spiritualità e soprattutto del bipolarismo) decidano di aiutare la patria con un voto favorevole a Silvio Berlusconi. Ed è probabile che come loro faccia l’onorevole Antonio Razzi, l’ex operaio emigrato in Svizzera, che ieri ha superato se stesso: “In queste ultime 48 ore ho vissuto un vero dramma interiore – ha detto leggendo una lettera con tono affranto ai giornalisti – che mi ha portato a cambiare la mia idea: ora voterò come dice il mio nuovo gruppo”. Qui le cose belle sono almeno due. La prima è che due giorni fa l’onorevole Razzi assicurava che avrebbe votato “Come dice il capo, cioè Antonio Di Pietro”. Mentre tre giorni fa sosteneva: “Non ho firmato la mozione di sfiducia”. Interrogato in proposito ha risposto con logica ineccepibile: “Non ho cambiato idea, ho cambiato capo”. Il che vuol dire che se continua a questo ritmo – in linea teorica – può cambiare voto, o capo, almeno altre quattro volte prima del voto. La seconda cosa divertente è che anche in questo caso “Noi sud”, il suo nuovo gruppo (ma si tratta come nel caso dei “Responsabili” di una componente minuscola, una frattaglia del gruppo misto), è tutto schierato al suo fianco: tre persone più Razzi. Fra questi c’è anche il mitico onorevole Americo Porfidia (fantastico eloquio da politicone del sud) che ha raccontato la miracolosa conversione del collega (dall’antiberlusconismo alla fiducia) ricorrendo a un lessico che ricorda quello delle vite dei santi: “Gli sono stato vicino, in questi mesi, nel lungo travaglio intellettuale che ha prodotto questa scelta…”. Al che, i giornalisti chiedono: “Scusi, Razzi, il suo è stato un lungo travaglio intellettuale durato mesi, o un dramma interiore di 48 ore?”. L’onorevole allarga le mani, esibisce un sorriso da sfinge, sospira e non dice nulla (deve essere stato un lungo travaglio interiore di 48 ore). La cosa bella è che l’onorevole Razzi, è ancora su Internet (se si digita il suo nome su Google) con un video in cui spiegava indignato: “Prima delle vacanze sono stato avvicinato e hanno cercato di comprarmi!”. Chi? “I berlusconiani”. E come? “Con proposte allettanti, come quello di pagarmi un mutuo, di essere rieletto sicuro… posti buoni, cariche in più, entrare nel governo…”: E lui, che aveva fatto? “Ho risposto sdegnato no, perché non avrei mai potuto dirlo ai miei elettori”. Eroico. Anzi di più: “Io sono un operaio e me ne vanto, gli operai non si fanno comprare: non sono una merce, sono una persona!”. Ieri, quando gli ho chiesto a quale Razzi si debba credere, l’onorevole ha regalato un altro sorriso radioso: “Non era vero nulla di quel che dicevo allora. Facevo solo propaganda dipietrista” (un meraviglioso modo per darsi del bugiardo da solo, retroattivamente).
MA LE VETTE COMICHE – un omaggio involontario alla commedia all’Italiana e a Mario Monicelli – vengono toccate dai tre “responsabili”, che hanno trasposto in politica la filosofia della Tripla da schedina Totocalcio: “Non è bello? Se ci pensa – spiega – ancora Calearo, noi potremmo votare qualsiasi cosa”. Uno, due, ics: nulla di male se non fosse che tutti e tre sono stati eletti con i voti del centrosinistra (i primi due nel Pd, e Scilipoti nell’Idv). L’onorevole Scilipoti, poi, è la vera risorsa spettacolare del trio. Esordisce con la sua ormai celebre teoria: “In questo momento sono orientato a votare no, ma il 14 non so”. Prosegue con un ragionamento ferreo: “Sono stato fedele e più che leale all’Idv – grida – finché sono stato nel gruppo dell’Idv!”. Però aggiunge: “Da ieri sera non ne faccio più parte, e sono leale al nuovo gruppo”. Scilipoti prosegue con un acuto toccante: “Per 12 anni ho anteposto Di Pietro alla mia famiglia!”. E spiegando il motivo del suo “travaglio interiore” (pure lui) ulula: “Non potrei restare in un partito in cui si pensa che chi pratica l’agopuntura sia uno stregone!!” (È nato il trasformismo omeopatico). Antonio Di Pietro va dai giudici, il Pd parla di corruzione. La conferenza stampa si chiude tra le invettive di Pasquale Laurito (delitto “Velina rossa”) e le urla del dipietrista Stefano Pedica a Scilipoti: “Hai tradito i tuoi elettori!”. E lui: “Ci sono provocatori non giornalisti che non hanno statura intellettuale per farmi domande!”. E Pedica: “Sono anche giornalista, rispondi!”. Al che Scilipoti regala l’ultima perla: “I giornali mi massacrano, non mi importa. Io non appartengo al partito! Appartengo al popolo!”.
Luca Telese
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