Cosa succede all’opposizione? E dove sono finite le primarie? Se vi state ponendo un dubbio sul perché il fantomatico “nuovo” centrosinistra sembri ancora di là da venire e sul perché la consultazione degli elettori sul nuovo leader non sia stata ancora indetta, malgrado la crisi del centro-destra e il rischio imminente di elezioni anticipate, dovete sentire cosa dice Massimo D’Alema in proposito: “Fare ora le primarie sarebbe un errore – spiega l’ex ministro degli Esteri – perché sarebbe un modo di consentire a Vendola di battere ora il Pd, che poi dovrebbe sostenerlo nel governo del Paese”.
NON SARÀ una grande argomentazione, per un partito che le primarie le ha addirittura inserite nel suo statuto, ma di sicuro è un’argomentazione sincera. Secondo il presidente del Copasir, l’uomo che viene generosamente appellato il lìder maximo, non bisogna celebrare le consultazioni perché consentirebbero a Vendo-la di battere il Pd. Il che è un’affermazione che ne contiene implicitamente un’altra, per nulla scontata: Il Pd, malgrado sia il partito di maggioranza relativa, con la percentuale di voti che gli si attribuisce nei sondaggi (tra il 24 e – come vedremo – il 26%) oggi teme di non riuscire a sostenere fino alla vittoria il suo candidato. Niente primarie quindi, niente coalizione, e anche poca opposizione. Nemmeno quando il governo cancella 300 milioni di euro dal fondo del 5 per mille. Ieri a Radio Anch’io, anche Bersani rispondeva in maniera ambigua sulle primarie: “Presuppongono che ci sia una coalizione entro cui farle, e che ci siano le elezioni. In questo momento non ci sono né la prima né la seconda cosa”. Mica male, se si pensa che ai tempi di Walter Veltroni, nel 2008, si teorizzava la “vocazione maggioritaria”, ovvero la necessità e la capacità per il Pd di vincere da solo. E niente male se si pensa che nella stessa trasmissione Bersani dice che il Pd “è pronto ad andare subito al voto e a vincere!”. Con chi, allora? Se vuoi capire perché l’Italia è l’unico paese al mondo in cui l’opposizione cala nei sondaggi assieme al governo basta assistere allo spettacolo concesso dal gruppo dirigente del Pd in queste ore. È sotto gli occhi di tutti che il centrodestra sia in affanno sullacrisideirifiutiesulruolodel ministro Bondi? Ebbene, a Napoli il Partito democratico riesce a dividersi persino sulla critica al governo (al punto che un dirigente storico come Gianfranco Nappi, ex capogabinetto di Antonio Bassolino si dimette in polemica con i suoi compagni di partito, dicendo che si vergognano di attaccare la giunta Caldoro). Viene voglia di applaudire il gesto simbolico di Franco Barbato, il deputato dipietrista che ieri è stato sospeso da Montecitorio per essere entrato in aula con un sacchetto nero gonfio di rifiuti, esibito davanti ai commessi e ai colleghi per protesta. Ma – a quanto pare – nessuno degli oppositoripensachesiailcasodi chiedere conto al ministro Sandro Bondi (atteso alla mozione di sfiducia a fine mese) della sua personalissima visione del welfare, quella in virtù del quale il ministro ha assunto con fondi del ministero sia il figlio sia l’ex marito della sua attuale compagna (“Sono – ha spiegato – due casi umani”). Di più. Antonio Di Pietrosostienecheidirigentidelpiù grande partito di opposizione non appongono volentieri le firme alle due mozioni di sfiducia. E se si vuole concludere il quadro resta il nodo delle alleanze, visto che i democratici non hanno ancora spiegato come intendono farle e con chi: c’è chi come Pier Luigi Bersani vorrebbe “mettere insieme tutti quelli che si oppongono al governo”, chi come D’Alema si dice disponibile anche a un governo del Pdl e vorrebbe un asse privilegiato con Pier Ferdinando Casini, chi – come Enrico Letta – è convinto che si dovrebbe allearsi con il cosiddetto terzo polo (Fini e Casini) tagliando fuori le “ali estreme” di Sinistra e libertà e Italia dei valori. MA ALLORA di chi è la colpa se il Pd sembra in crisi, e balla sul palcoscenico come un pugile suonato? Non certo tutta di Pier Luigi Bersani, che pure ha concesso un’intervista a Oggi in cui replica a una domanda del direttore Umberto Brindani (“Qui torna il solito problema della sua mancanza di carisma”…) con questa singolare formula: “Il carisma è una cosa misteriosa”. Mica male. Il seguito, poi, è ancora meglio: “La politica – dice il segretario del Pd – è anche questo: uno si trascina i suoi difetti basta che la gente li capisca. Un po’ come succede in famiglia, mica siamo perfetti”. Il magnetico leader della coalizione sostiene che il carisma non esiste, e che il nuovo condottiero va accettato con l’entusiasmo che si riserva alle suocere. Anche Bersani, fra l’altro non disdegnerebbe l’apertura di un tavolo di dialogo con il governo, ad esempio sul tema dei rifiuti: “Così come una volta sono andato a Palazzo Chigi per protestare sugli inceneritori – spiega il segretario – io sono pronto ad andarci invitato, a una riunione insieme, per vedere come si esce da sto’ problema”. L’ultimo sondaggio che arriva, in ordine di tempo, è quello realizzato da Luigi Crespi per Generazione Italia. Il Pd viene quotato al 26%, Sinistra e Libertà al 6.9%, L’Italia dei valori al 6.4. Secondo Crespi il distacco tra i due poli è al minimo storico dai tempi delle elezioni a oggi (3%). Secondo altre rilevazioni la forchetta sarebbe addirittura minore. Oggi in compenso, alle 16.30, D’Alema e Veltroni vanno tutti a sentire Romano Prodi a lezione nel castello di Sarteano. Lo hanno detronizzato due volte. Ma lo ascoltano sempre con piacere. Come ha detto Corrado Guzzanti: “Sui manifesti del Pd c’è Bersani in bianco e nero. Ma il fotografo giura che la pellicola era a colori”.
Luca Telese
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