Comunicato della direzione generale. Avviso ai telespettatori. Ieri sera, in omaggio alla funzione di disservizio che negli ultimi anni questa azienda si è coraggiosamente preposta come fine principale, illuminata da una rara luce di parzialità di cui rivendichiamo l’esclusivo merito, è andata in onda una puntata di “Porta a Porta” dedicata alla lapidazione di Michele Santoro. Non sembrerà curioso che, nel rimproverare ad “Annozero” un uso privatistico del mezzo pubblico, il direttore generale Mauro Masi si faccia intervistare con tono compiacente dal suo conduttore Bruno Vespa, parlando male del programma di punta di una delle sue reti. E nemmeno che questo processo si celebri in contumacia, senza che l’interessato abbia la minima possibilità di replica. Non ci siamo limitati a questo. Perché l’impatto sui telespettatori risultasse più efficace, sono state predisposte alcune misure di minima cautela che agevolassero il telespettatore a formarsi una visione unilaterale, acritica e brillantemente eterodiretta. La prima cura è stata quella di invitare a tutela di Santoro un pool di difensori al cui confronto i dispositivi accusatori dell’Urss di Vishinsky sono apparsi un esempio fulgido di terzietà. A tal fine, va riconosciuto a Vespa il merito indiscusso di aver coltivato con cura e rigore scientifico l’agente provocatore Piero Sansonetti, presentato – non senza una qualche ironia – come un “Editorialista del Il Riformista”. A chi si chiedesse perché non sia stato introdotto come direttore del quotidiano calabrese che gli firma, bisogna rispondere che 1) I calabresi sono gente seria e potrebbero incazzarsi, se solo immaginassero che Sansonetti mette davvero piede nella loro regione. 2) Il quotidiano clandestino che gli era stato precedentemente affidato per giustificare gli inviti a Porta a Porta (nome in codice “Gli altri”) come tutto quello che è passato per sua mano si è autodistrutto nella missione “Scusaci principessa”. Va però riconosciuto al merito indiscusso del dottor Vespa, quello di aver coltivato un agente capace di simili ficcanti argomentazioni difensive: “Non mi ricordavo, caro Vespa, che Santoro fosse stato così maleducato con una grande giornalista italiana come Lucia Annunziata. Credo che si sia comportato malissimo, andrebbe cacciato, ma poiché da anarchico sono contrario a ogni regola, chiedo al dottor Masi, che ammiro per la sua magnanimità se volesse perdonarlo”. Va da se che questo ufficio ha risposto “Non ci penso nemmeno” (e che Lucia Annunziata si sia precipitata a toccare ferro).
E’ altresì importante ricordare che il secondo avvocato difensore, il dottor Colaninno Matteo non è stato meno decisivo nell’opera di meritoria distorsione messa in ato. Il giovane rampollo di casa Piaggio ha argomentato con brillantezza che “noi nella nostra azienda casi simili li abbiamo risolti con il licenziamento”, ricordandosi solo a fine della frase che il suo compito non era dare il colpo di grazia a Santoro, ma fingere almeno di difenderlo. E’ riuscito, con ancora più efficacia, a portare a termine la missione quando si è fatto infilzare con rara capacità autolesionista dal senatore Gasparri Maurizio, suo carnefice prediletto. Con la generosa invocazione di una privatizzazione della Rai, infatti, il Colaninno offriva il destro a una meravigliosa battuta del Gasparri: “Facciamo alla Rai come tuo papà con l’Alitalia?”. Il piccolo Colaninno, superandosi, riusciva in un virtuosismo: regalare un altro colpo al suo carnefice e insieme smerdare il padre: “Veramente l’Alitalia perde centinaia di milioni di euro l’anno!”. Al che il Gasparri lo ha così trapanato: “Ah sì? E allora papà perché lo fa, per beneficenza?”. Il Colaninno è rimasto muto fino a fine puntata. La scelta di Vespa si rivelava meno azzeccata con il segretario della federazione della Stampa Franco Siddi, che, inspiegabilmente, cercava, nel pieno della polemica di continuare ad argomentare, senza azzittirsi di fronte alle obiezioni del direttore Belpietro. Per fortuna anche il Siddi, forse solo per l’effetto traumatico delle vicinanza con il succitato Sansonetti, si dimenticava persino lui di aver convocato una manifestazione nazionale del suo sindacato per denunciare un precedente tentativo di chiusura di Annozero (sfortunamente non andato a segno), e un campagna di pressioni illecite su l’Authority oggetto di inchiesta della magistratura (sfortunatamente non risolutive) per chiuderlo d’ufficio. Il servizio con un montaggio di repertorio costruito ad arte per dimostrare che Santoro rutta, picchia, e ruba le catenine alle vecchiette, è stato di rara efficacia giornalistica (ricordarlo a Minzolini). L’intervento aggiuntivo del Sansonetti, che parlando di altro tema, ha infilato una efficace filippica a favore della legge bavaglio sulle intercettazioni pur non essendo copionato, al pari degli altri, è stato insperato e piacevole. Va qui ricordato che il noto editorialista de “Il Riformista”, riesce ad assestare colpi micidiali alla sinistra soprattutto quando dice di impegnarsi a difenderla (invitarlo spesso anche al Tg1).
Dispiace, in questo quadro di indubitabile successo, che il Santoro abbia comunque potuto affidare alle agenzie una dichiarazione difensiva in cui dice la direzione generale “Ha usato due trasmissioni Rai per rilanciare accuse nei miei confronti”. Dispiace che il medesimo Santoro abbia potuto affermare “di non essere mai stato sospeso dalla Rai 15 anni fa” (come affermato dal Pm Belpietro) e che si sia lamentato di essere stato indicato (dal pm Gasparri) come “il responsabile del suicidio del maresciallo Lombardo” (“Senza che nessuno facesse notare che le inchieste si sono concluse tutte con archiviazioni”). Spiace altresì che Santoro abbia provato a ricordare che la sanzione comminata dall’Agcom (sempre la nota Authority dello Zimbawe) “Fosse stata impugnata dalla stessa Rai” (cioè da noi). Data l’efficacia di queste argomentazioni, si prega di far si che non siano riportate da nessun notiziario dell’azienda. Va altresì omesso il commento del preisdente della comissione di vigilanza Sergio Zavoli (“Gogna mediatica”) e dato il massimo risalto alle parole irrilevanti pronunciate dal noto presidente di garanzia (della cippa) Paolo Wimbledon Garimberti, mentre provava la sua nuova racchetta Spalding titanio Fs6.
Luca Telese
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