Alcune sere si passano la linea, altre no (nel secondo caso si deve presumere che la trasmissione sia stata registrata). Non sembra però esserci molto feeling tra Enrico Mentana e Lilli Gruber. Quando Mentana ha preso in mano il tg de La7, a seguire c’erano Luisella Costamagna e Luca Telese. Non che fra i due conduttori di «In onda» fosse tutto rose e fiori, anzi. Però Mentana era bravo a giocare su questi veri o presunti contrasti e a stabilire un ponte diretto con il tg e «In onda » (la mia idea è che se ci fosse ancora Giuliano Ferrara, La7 avrebbe ora il più formidabile nucleo informativo della tv italiana; ma, essendo un’idea personale l’ho messa doverosamente fra parentesi).
La Gruber rappresenta un vecchio modo di fare giornalismo: nel suo programma non c’è mai un percorso di conoscenza, ma solo uno scontro di opinioni, una parata di idee contrastanti. Il più delle volte avvolta da un’atmosfera monocorde e anche un po’ noiosa. Quando uno segue un dibattito di «Otto e mezzo» non riesce mai a mettere in discussione le proprie opinioni perché, dalla trasmissione, riceve solo ciò che si aspetta. Le schede di Paolo Pagliaro, poi, ricordano molto quelle di Carlo Nesti al «Processo del lunedì» di Aldo Biscardi. Che non è proprio il format ideale cui rifarsi per una rete in crescita come La7. Il modo di condurre della Gruber, fatta salva la diversità ideologica, è molto più simile a Bruno Vespa che a Mentana. Se è vero che, per ingaggiare Mentana, Telecom ha dovuto attendere per un anno il placet del premier (ma ci rendiamo conto in che Paese viviamo? e ci sono stati altri più recenti divieti?), forse per la Gruber ha fatto più in fretta. Certo, il compito dell’amministratore delegato di Telecom Italia Media, Gianni Stella, è quello di migliorare il palinsesto senza sballare i conti, per rendere vendibile la rete. Ma con Lilli o senza Lilli?
Aldo Grasso – Corriere della Sera
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