Ama i legal thriller, e si schermisce: “Ho una insana attrazione per i tribunali, ma solo quelli di carta”. E’ la punta di diamante del sistema mediatico berlusconiano, ma è anche l’uomo che ha per primo parla di prostituzione politica a destra. E l’uomo che ha capitanato la battaglia (vinta) per il referendum sulla legge per l’emittenza, ma – come forse pochissimi sanno, è stato anche portsaborse di Tiziana Majolo a Rifondazione. L’unico modo di raccontare Giorgio Stracquadanio, su Il Fatto, nel momento in cui la metà dei parrucconi del Pdl prendono le distanze da lui, è parlarne bene. E ricostruire il filo della sua biografia non per raccontare l’ennesimo curriculum gattopardista, nel filone degli atei devoti e dei grandi convertiti alla Bondi, ma piuttosto per spiegare che nella sua ripetitiva vocazione a dire verità che per il Pdl diventano imbarazzanti, c’è una traccia non completamente estinta della sua matrice sessantottina. Stracquadanio a un cognome che serba in se l’idea dell’alluvione. Il padre è un dirigente di azienda, passato dall’Eni di Mattei alla Montedison di Cefis. Il liceo a Milano, lo fa al Berchet, compagno di scuola di Gad Lerner, Jacopo Fo, del futuro terrorista Marco Barbone. Walter Grecchi, l’uomo simbolo della foto più nota nella sotria della violenza armata, quella della P38, era suo compagno di classe alle medie. Stracquadanio sta nel fiume della sua generazione, con un passaggio tipico dal radicalismo cattolico a quello movimentista. Il primo volantino distribuito sul sagrato della Chiesa, con il parroco che protesta nell’omelia: “Non lo prendete”. I primi passi politici sono nel gruppo (terzomondista) Amilcar Cabral, padre del partito africano per l’indipendenza. Organizzazio le 150 ore, con un paradosso di intenzioni che lo stesso Stracquadanio, una volta, ha autoironicamente riassunto così: “Partecipavamo a uno stesso corso con intenzioni opposte. Noi volevano regalare agli operai una nuova coscienza di classe. Loro solo il diploma”. Qunado la violenza del terrorismo lambisce quelli che ha intorno, fa un passo indietro. La via di fuga? La nonviolenza radicale. Nell’estate 1979 l’iniziazione: un meeting estivo con il guru Pannella. Ha detto: “Dai radicali a Forza Italia, sono sempre stato in partiti cesaristici e carismatici. Odiavo e odio gli apparati”.. Un dirigente, Marcello Crivellini gli propone di andare a Roma. Lui rifiuta, ma è un appuntamento differito. Studia biologia. Non si laurea a un passo dal traguardo, come tanti della sua generazione. Preferisce lavorare come consulente informatico. Fonda una agenzia di stampa per adetti ai lavori(che chiude per la crisi). Nel 1992 si mette a organizzare la campagna della Majolo, candidata in Rifondazione. Lei viene eletta, e se lo porta a Roma. Lui, con la pochette da buon borghese milanese e i ribelli anti-sistema: la convivenza dura poco. La Majolo fa una lista antiproibizionista che rompe con la sinistra. Viene espulsa, e lui la segue. Straquadanio lavora al Cora, il coordinamento antiproibizionista. Poi viene candidato in forza italia, trobato per un soffio. Nel 1995 è portavoce del referendum a cui Berlusconi tiene di più: quello che potrebbe togliergli Retequattro. Nel 2001 dovrebbe essere canddato, ma Verdini lo sega (e lui ora si prende la soddisfazione di difenderlo. Mel 2003 entra nella redazione del Mattinale. Un quotidiano politico che ha una particolarità. “Quella di avere – dice – un solo lettore: Berlusconi”. Nel 2005 arriva in Senato, e fa il vietcong antiprodiano. Nel 2007 fonda il Predellino. E lì recupera la sua vena sessantottina: le leggi ad personam sono giuste, il metodo Boffo va applicato a Fini, se le deputate hanno usato il corpo per essere elette non si devono dimettere. Da lenin alle prostitute, La verità resta rivoluzionaria.
LuTel
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