Tutti la cercano, tutti vogliono sapere come la pensa lei. Se non altro perché Giorgia Meloni, ministro della Gioventù, è diventato il ministro più giovane della storia d’Italia anche grazie a Gianfranco Fini. E poi perché nella riunione che ha deciso l’espulsione dei suoi ex compagni di partito dal Pdl, è stata quella che ha cercato fino all’ultimo una mediazione, invocando una pausa di riflessione.
Ministro, sa cosa sussurrano le malelingue?
Cosa?
Che lei sia rimasta nel Pdl anche perché non voleva mettere a rischio la sua poltrona di ministro.
Una fesseria colossale. Perché non mi fa la domanda, allora?
Gliela faccio, infatti. Avrà contato anche quel rischio, no?
Guardi. Come è noto chi era nel governo ed è rimasto con Fini, non ha dovuto abbandonare il suo posto, come era ovvio. E poi…
Cosa?
Se giocassi al ruolo della calcolatrice cinica, avrei dovuto seguire Fini. Infatti, nessuno come lui mi ha dato opportunità in termini di incarichi. Restando nel Pdl non ho nessuna certezza, ed è giusto così.
Ma è vero che lei fino all’ultimo chiedeva una sospensione?
Guardi, l’ho detto a Berlusconi, non ho difficoltà a ripeterlo: con l’intervista di Fini al Foglio c’era una novità politica, bisognava metterla alla prova.
E nell’ufficio politico chi l’ha seguita?
Nessuno.
Si dice che lei abbia pensato di lasciare la politica, lei adesso lo smentirà…
Invece no: è vero. Sia chiaro, non voglio dare nessuna immagine lacrimevole, queste sono scelte serie, non è il libro Cuore…
Però?
Ho avuto chiaro che non c’è nulla di bello in questa spaccatura. E mi danno fastidio gli ultras che da una parte e dall’altra hanno stappato lo champagne. Se vuole sapere cosa penso di loro, credo che siano dei pazzi.
Che lei lo dica dei finiani lo do per assodato. Ma temo che lei non lo possa dire anche dei forzisti che hanno festeggiato la cacciata del “traditore”…
Sta scherzando? Per me chiunque festeggi è un pazzo. Questa rottura non rafforza nessuno, men che meno i nostalgici di Forza Italia.
In che senso?
Se qualcuno si illude che la cacciata dei finiani possa riportare indietro le lancette del tempo, per tornare a una sorta di super Forza Italia allargata a qualche indipendente fa male i suoi conti. Noi siamo il Pdl, e io sono una delle rappresentanti della cultura della destra dentro questo partito. Che non intende indietreggiare.
Torniamo alla tentazione di lasciare la politica. Non teme che dicendolo passi un messaggio di debolezza?
Affatto. Per me è un motivo di vanto. Quando smetti di considerare la politica come un passaggio transitorio della tua vita vuol dire che sei prigioniero di una carriera. Se pensi di dover tutelare una carriera non puoi più essere libero di fare nessuna scelta.
Lei davvero si sentiva libera di poter stare dalla parte di Fini?
Assolutamente sì. Non ero d’accordo, politicamente, con lui.
Da quando è in atto questo processo di distanziamento?
Da diverso tempo: tutto è iniziato sulle questioni della bioetica.
Ne avete parlato?
Ne abbiamo discusso diverse volte. Lui mi prendeva anche in giro…
In che senso?
Mi diceva: ‘Già, tu dici queste cose sulla procreazione perché sei una papista…’.
Come dargli torto?
(Sorride) Molto semplicemente: se io sono diventata una papista, lui è diventato un giacobino. Ma fuori da ogni battuta: io ho le mie idee, e non ho nessun senso di reverenza nei confronti del clero.
Certo, essendo d’accordo, vorrei vedere se lo dicesse.
Quando quest’estate ho dato il mio patrocinio a una campagna per l’educazione sessuale non ho avuto un momento di esitazione.
Come era il confronto fra lei e Fini su questi temi?
Lui mi incalzava. Un giorno mi ha detto: ‘Ma tu che sei donna, come fai ad essere contraria alla diagnosi pre-impianto, in un paese in cui c’è l’aborto?’.
Lei mi farà diventare finiano…
E invece io gli ho risposto una cosa di cui sono molto convinta: niente può eliminare il rischio che attraverso quello strumento si arrivi a una selezione genetica della specie. Chissà quanti cederebbero alla tentazione di eliminare, che so, un celiaco…
Quando vi siete sentiti l’ultima volta?
Una settimana fa.
Lui ha provato a convincerla ad aderire al gruppo?
Per nulla. Gianfranco non lo farebbe mai. Lui è convinto che in politica ognuno debba fare da solo le sue scelte.È sempre stata una delle sue doti, lo è ancora.
Adesso però dovrete accettare un partito sempre più leaderista.
E chi lo dice? Si racconta il Pdl come una caserma. Solo pochi giorni fa, la mia legge sulle comunità giovanili è stata respinta in aula da un gioco al tirassegno.
Anche questo ha avuto un peso nella sua scelta.
Tutto mi aspettavo tranne che su Il Secolo a un liberista radicale come Benedetto Della Vedova venisse affidato il compito di attaccarla
E in aula?
C’è l’imbarazzo della scelta. Martino ha sparato contro negando che si debbano fare politiche sociali, Barbareschi ha detto curiosamente che la creatività non si finanzia, e la Mussolini,coerentemente con il suo percorso, ha detto solo cose senza senso.
E questo cosa significa?
Che An era un partito molto più gerarchico. Una follia di questo tipo non sarebbe potuta accadere.
Allora la vuole lei la caserma?
Macché. Negli organi di partito si può dibattere fino alla morte. Poi, però, fuori si tiene la linea.
I dissidenti di An avevano violato questa regola?
Vuole che sia sincera? Le accuse di Granata a Mantovano sulle stragi di mafia erano francamente prive di senso.
Lei era finiana e ora è berlusconiana?
Io non concepisco la tentazione di catalogare la politica in base alla fedeltà alle persone.
No?
Dite quello che vi pare di me. Ma su una cosa non transigo. Si è fedeli alle idee in cui si crede.
Con le persone si deve essere leali. Il che significa che se uno ha una convinzione non la cambia in ossequio ad un leader.
Mi faccia un esempio.
Io sull’ingresso nel Pdl ero molto scettica. Mi ha convinto Gianfranco. Io a mia volta ho convinto altre persone. Adesso non posso dire che mi sono sbagliata perché lui ha cambiato idea.
A Berlusconi ha detto che non era d’accordo con il documento.
Gliel’ho già raccontato. Ho detto che quel gesto rischiava di indebolire tutti.
Ma lo stesso giorno Bocchino sparava a zero.
Ed è un’altra cosa che ho detto a Berlusconi: vi dovete parlare, perché sennò c’è il rischio che a decidere siano le seconde file.
Lei si sente una creatura di Fini?
Senza di lui non sarei diventata ministro a trent’anni. Ma non mi ha trovata sotto un cavolo.
Io ho vinto un congresso nel movimento giovanile per soli 16 voti dopo una battaglia spietata, dieci anni di militanza e cinque da consigliere provinciale di Roma.
Mi dica un altro punto di dissenso con i finiani
Un certo bisogno di piacere alla sinistra. Per dire: io parlo volentieri con questo giornale, antiberlusconiano al cubo.
Siete liberi di scrivere quello che volete, e io di fare quello che credo. Non amo la politica che cerca approvazioni sulla carta stampata.
Cosa non perdona agli oppositori?
Corriamo il rischio che la gente non capisca. Abbiamo i voti, la maggioranza, abbiamo vinto tutte le elezioni. Ci dividiamo su dei politicismi che in tempi di crisi nessuno capisce.
La questione morale, ministri e sottosegretari dimissionari l’hanno capita tutti.
Però è un problema che riguarda tutta la politica e che se diventa strumento di lotta correntizia perde qualsiasi senso.
Mi faccia un esempio.
Io credo che in Campania, Cosentino sia stato blindato da tutti gli attacchi di Bocchino. Se era debole, quella campagna lo ha rafforzato, perché ha costretto gli altri a fare quadrato.
La domanda delle cento pistole.
Oddìo, quale?
Quando si andrà al voto, lei sarà favorevole all’apparentamento per i suoi ex compagni?
Dipende da due cose. Se si vota a fine legislatura ovviamente sì. Se si vota prima della scadenza, e perché loro hanno fatto mancare i voti, no.
No?
No. La gente non ci capirebbe.
Luca Telese
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