Accade nell’Italia delle guerre tra poveri. A Torino un extracomunitario, clandestino – maghrebino – massacra, a colpi di mazza da baseball una donna, italiana, dopo averla accusata di molestarlo, con i suoi abiti succinti.
È un esercizio violento e sadico, che suscita in noi emozione e rabbia. L’extracomunitario manda la donna in ospedale: l’ha sfigurata, le ha fracassato sei costole. Foto segnaletiche del criminale: aria torva, sguardo cattivo, pelle olivastra. Lei è viva per miracolo. Scopriamo sconcertati che era in attesa: ha perso il suo bimbo. Tutto il paese unito nel lutto. Questa gente se ne torni a casa sua, a delinquere. Fiaccolata della Lega: partecipano molti cittadini non politicizzati, persino un sindaco di centrosinistra. Ci saremmo voluti essere pure noi, maledetti barbari. Un prete della Caritas difende il maghrebino: “Aveva problemi psichici”. Gli devastano l’ufficio: se li portasse in convento, questi teppisti.
Tutti i tiggì aprono con le immagini strazianti del funerale. Una piccola bara bianca, dirette dei cronisti commossi, lacrime dei fratellini. Il nonno in Chiesa: “Non perdonerò mai!”. Come dargli torto? Durante un Porta a Portasull’impossibilità del perdono, brucia un campo nomadi, in periferia. Sbagliato, certo. Ma era abusivo. A furia di essere buoni, distruggeranno la nostra civiltà, ci imporranno codici tribali, disprezzo per le donne.
Anzi no. La mazza da baseball era in mano a un italiano. Un ultras della Juve. La madre, poi, era Rom. Aveva chiesto l’elemosina. Il bimbo, in fondo, erapoco più di un feto. Forse l’aborto non c’entra con la mazza. È successo ieri. Torino, 14 giugno 2010. Perché drammatizzare? Ci sono notizie che non meritano la prima pagina.
di Luca Telese
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