Nemmeno lui, forse, lo sa. Massimo Liofredi è assurto a nuova categoria antropologica, un uomo un simbolo. Di che? Bastava guardarlo in faccia al fianco di Michele Santoro, ieri, il simpatico Gerard Depardieu di viale Mazzini (con il nuovo taglio quasi un sosia) per avvertire disagio: un uomo sulla brace. Un direttore che spiega: “Annozero è il programma più visto della rete, decisivo nel sorpasso di Mediaset…”. E però subito dopo aggiunge: “Purtroppo non posso dare una mia opinione personale su questa vicenda”. Capito? Liofredi non si sente autorizzato a dire nulla: né che vuole Annozero, né che non lo vuole. Viene da rimpiangere il Liofredi che a settembre presentava il programma dicendo: “Non mi piace”. Si resta increduli, quando Antonio Di Bella dice: “Se serve, lo ospito io a Rai3” e un altro Liofredi che, come se avesse dimenticato quel che ha detto fino ad allora, si inalbera: “Eh no! Se Santoro sarà in Rai è di Raidue, e resta a Raidue…”. Un tempo in Italia si aspirava al potere per esercitarlo: ora, invece, si desidera diventare direttore per non decidere. Ecco perché ieri Liofredi non era solo Liofredi. Era anche Garimberti, era anche i presidenti delle Authority che mettono la testa sotto terra. Il potere logora. Soprattutto chi vuole essere servo.
di Luca Telese
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