Arrivi a Torino per raccontare la crisi del centrosinistra e potresti iniziare tutto il racconto di un intero passaggio di epoca da un dettaglio apparentemente minore. Anzi, semplicemente inseguendo un’auto. O meglio: un targhino ovale verde che campeggia sul paraurti di una vecchia Citroen d’epoca tirata a lucido. Sopra c’è il circolo bianco del sole delle Alpi, il simbolo della Lega. Però sui petali del “Sole” c’è sovrapposto un volante nero. E nell’ovale c’è una scritta che può apparire curiosa al visitatore esterno: “Automobile club Padania”. Qui occorre spiegare che di questi tempi le auto d’epoca (e le omologazioni che le rendono tali) sono allo stesso tempo un business e un’opportunità. L’omologazione permette di ottenere tasse ridotte per tutte le macchine che hanno almeno venti anni di vita. Ma, soprattutto, premi di assicurazione a un decimo di quelli delle altre macchine. Arrivi a Torino, in un giorno qualsiasi e se segui la vecchia Citroen 2Cv tirata a lucido con targhino l’autista ti regala un bigliettino con il numero di telefono della filiale piemontese del suo club. Se componi il numero, al telefono ti risponde una voce gagliarda da timbro squillante: “Lega Nord, sezione San Salvario, Chi parla?”. Allora vai a curiosare a San Salvario, il quartiere che i torinesi definiscono “una Kasba”, il paradigma dell’immigrazione a Torino. A piazza Saluzzo, nel cuore del reticolato di strade, a pochi metri di distanza ci sono un portone e una saracinesca. Il portone è quello della Chiesa di Don Piero Gallo, sacerdote che nella capitale piemontese è simbolo dell’accoglienza per gli ultimi. La saracinesca, quando è abbassata è sormontata da una scritta: “Razzisti di merda”. Dentro la vetrina si scorge una impressionante collezione di manifesti leghisti, una panoplia di bandiere. Ma quello che colpisce di più è l’insegna, su cui c’è scritto: “Ufficio rapporti sociali”. Il volto della Lega, a San Salvario – ma come vedremo anche nelle altre 4 sezioni – è questo qui: un consultorio, uno sportello al pubblico, una agenzia di servizi. Ci sono anche le ronde, certo. Ma la prima immagine è quella di un consultorio.
Il padre, padrone, fondatore e animatore della sezione, è uno di quei personaggi che non si scordano. All’anagrafe di nome fa Benito. Ma tutti lo chiamano Luigi, ribattezzato così dalle suore (antifasciste?) che lo hanno cresciuto. Capelli grigi e corti, parlantina torrenziale, grande ironia. Lui si presenta così: “Piacere, Luigi Sinatora, ceppo calabro-padano, militante leghista”. Così, se hai un problema qualsiasi ti metti in fila in piazza. Spiega Don Gallo, uno definibile “catto-comunista”: “Spesso, se ho delle persone che hanno bisogno d’aiuto, le mando da loro”. Possibile? Sinatora quasi gongola: “Noi siamo gente pragmatica. Lui pure”. E così snocciola i numeri della sezione: 7 anni di vita, 500 iscritti, 20mila pratiche evase all’anno. Sinatora era socialdemocratico, in un’altra vita: orfano, cresciuto negli istituti, 71 anni, perito tipografico, oggi pensionato. Poi folgorato da Bossi. Nei locali di largo Saluzzo spesso si crea la fila. Tra i clienti che chiedono servizi ci sono molti extracomunitari. E poi tra i militanti di base che si alternano ci sono anche dei vecchi comunisti. Come Luigi Lanza, anche lui pensionato, voce roca, ex camionista : “Sono uno dei licenziati politici del 1967 – racconta – ero uscito dalla politica dal 1989, dopo la fine del Pci”. E poi? “Sono andato a sentire un comizio dell’Umberto, in piazza. Per me è stata una folgorazione”. Perché? “Era dai tempi di Berlinguer che non sentivo uno e mi dicevo: questo è uno a cui dei lavoratori e degli operai gli importa”. E così Luigi frequenta San Salvario. Come Soa Ambrosie, della Costa d’Avorio. Se gli chiedono come possa simpatizzare per un movimento che dice “prima gli italiani” lui sorride. “Perché sono d’accordo. Se uno va ospite a casa d’altri mica fa il padrone. Noi dobbiamo essere così”. Quanti sono gli iscritti immigrati, a San Salvario? Sinatora sospira: “Potrebbero essere tantissimi. Ma io ne ho accettati solo 10. Voglio solo persone in regola, con il permesso di soggiorno e un reddito”. Una curiosità. A San Salvario c’è solo un’altra sezione di partito, dell’Italia dei valori. Il Pd non c’è più.
Altro quartiere simbolo, altra storia esemplare. Qui la Sezione della Lega ha aperto da un anno. Siamo a via Danèo, proprio davanti ai cancelli della Fiat. Anche stavolta vicino a una chiesa, davanti. Il segretario è Domenico Marra. Cinquantenne, accento pugliese sorriso timido e caldo.È appesa al muro, stavolta, la sentenza dell’Umberto: “Ho detto a Cota: comincia dalla cintura esterna!”. Ovvero, comincia da lì, l’evangelizzazione della Lega nei quartieri popolari della città. Così, dalla sede dei primi precursori , la federazione cittadina di via Poggio 23, dove sono iniziate le crociate di Mario Borghezio “contro il suk di Porta Palazzo” sono nate 4 sezioni. Anche a Mirafiori, ovviamente, si fa lavoro di consultorio. “Gli iscritti per ora – spiega Marra – sono cento. Ma siamo solo agli inizi”. E il cambiamento di clima già si misura: “All’inizio, se andavamo a volantinare al mercato di via Unione sovietica ci coprivano di insulti. Ora ci stanno a sentire”.
La storia della politica, a Torino, segue due percorsi inversi. Ai tempi del Pci le sezioni venivano battezzate per numero, con una usanza inaugurata da Pajetta. Ancora fino alla svolta della Bolognina arrivavano fino a 56. Oggi sono solo 10, una per circoscrizione. Se parli con il sindaco Sergio Chiamparino noti subito che il discorso non lo convince: “Voti alla mano, la Lega non ha sfondato nei nostri quartieri e nel nostro elettorato. Ha tenuto i voti delle Europee” (la sinistra invece li ha persi). Ma Chiamparino suggerisce un’altra analisi: “Sono i voti del centrodestra che vanno al Carroccio. I vecchi voti della Dc!”. Anche Mercedes Bresso, governatrice sconfitta, concorda: “Abbiamo recuperato il 10% rispetto alle europee, come coalizione. Se abbiamo perso, abbiamo perso a sinistra: a esempio il 5% che è andato al candidato presidente Grillino”.
Un’analisi che non convince Diego Novelli, il più noto ex sindaco della città. Abita in un altro quartiere popolare, San Paolo. “La vecchia rete del Pci, che copriva tutta la città è scomparsa. L’insediamento della Lega nei quartieri popolari non si può ignorare né sottovalutare”. Marco Revelli, storico, intellettuale che viene dal gruppo del manifesto: “Su 900mila abitanti la Caritas censiva 90mila poveri, il 10%. Ma adesso ci sono i nuovi poveri. Ceto medio impoverito che vuole nascondere la sua nuova condizione”. Che però si rivela incrociando alcuni indizi. “Io credo che il padronato della Lega sia diventato il motore di un nuovo consenso popolare”. E i numeri che citano i dirigenti della sinistra? Novelli: “Molti elettori di sinistra passano dal non voto, e poi alla Lega”. Un targhino d´epoca, terroni-padani, leghisti onnipresenti, e neo-poveri invisibili. Così il Piemonte è passato da sinistra a destra.
Luca Telese
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