Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

La guerra di Fini

Roma – Alla fine, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata quella serata fuori tono, la bozza che annuncia la Terza Repubblica presentata a Gianfranco Fini quasi per caso, ai margini di festeggiamenti e baccanali. È gelido Italo Bocchino, mentre ripercorre il quadretto: "Non è possibile che il cofondatore del partito apprenda, per ultimo, il contenuto di una bozza di riforme discussa tra canti e balli con Bossi, durante i festeggiamenti per l’elezione di Cota. Non è così che si costruisce uno dei principali partiti dell’Occidente". Ma se questo è l’antefatto, l’epilogo è stato il disastroso pranzo di ieri. Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini hanno appuntamento a pranzo all’una spaccata. Dovrebbe essere un incontro conciliatorio, per recuperare gli equilibri dopo il rendez-vous tra il premier e la Lega ad Arcore. Ma si capisce subito le cose vanno subito male, tra i due cala il gelo.
Pasto indigesto e minacce. Fini vuole un passo indietro del premier, non solo sulla bozza, ma su tutta la linea seguita dal Carroccio. Alla fine minaccia l’arma risolutiva: "O si cambia rotta, oppure costituiremo gruppi autonomi alla Camera e al Senato". Se non è una mini-scissione finiana nel Pdl, poco ci manca. Sicuramente sarebbe un colpo micidiale per la stabilità del governo. Berlusconi lo sa, e allora risponde a sua volta con una minaccia (che nel pomeriggio è costretto a smentire): "Se lo fai ti devi dimettere da presidente della Camera". E subito dopo: "Chi porta avanti iniziative autonome è naturalmente fuori dal partito". Passano poche ore, e i termini di questo dialogo esplosivo trapelano a velocità inaudita, anzi, letteralmente deflagrano non appena le agenzie iniziano a battere i loro retroscena.
Vertice finiano. Provi a digitare i telefonini dei finiani: sono tutti staccati. Per forza. Si sono riuniti nello studio del presidente. Ci sono Italo Bocchino, il vicecapogruppo Carmelo Briguglio, il viceministro Adolfo Urso, il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Subito dopo arrivano Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera e da Flavia Perina, direttrice del giornale del partito, Il Secolo, una delle deputate più battagliere e decise. Quello che Fini racconta è un dialogo fra sordi. Berlusconi dice: "È tutto a posto: abbiamo vinto le elezioni, l’agenda delle riforme procede a ritmo spedito, non ci sono problemi…". La risposta del presidente della Camera arriva come una tegola: "Ma cosa stai dicendo? Al Nord la classe dirigente è in fibrillazione! La Lega sta svuotando il partito, stiamo negando la crisi e le difficoltà, così non andiamo da nessuna parte”. Quando mette sul tavolo la proposta dei gruppi autonomi, Fini precisa: "Non faremmo cadere il governo, ma ci riprenderemmo la nostra autonomia politica". Nell’incontro con i suoi il presidente della Camera spiega che la cosa più importante è il messaggio che si dà all’esterno. "Noi stiamo difendendo il Pdl dalla Lega, e non il contrario". Aggiungerà in serata la Perina (e nel suo editoriale di oggi): "Adesso si gioca a carte scoperte".
Schifani: voto anticipato. Intanto arriva un primo colpo di avvertimento di Berlusconi. È l’unica minaccia possibile, ed è affidata alle parole del presidente del Senato, Schifani: "Leggo della costituzione di nuovi gruppi…Se si divide la maggioranza la parola torna agli elettori". La risposta di Bocchino è tempestiva: "Schifani sa benissimo che secondo la Costituzione italiana si va al voto solo quando viene meno una maggioranza, non quando si divide". Infine la nota ufficiale di Fini, che mette nero su bianco la sua richiesta politica: "Berlusconi ha diritto di governare fino alla fine della legislatura, perché così hanno deciso gli italiani". Però…"Il Pdl deve avere piena coscienza di essere un grande partito nazionale, attento alla coesione sociale del paese. Motore di riforme equilibrate condivise".
Per Berlusconi il colpo è duro. Si arriva alle nove di sera: "Quella delle elezioni – spiega Bocchino, ospite a Otto e mezzo – è un’arma spuntata. Come farebbe Berlusconi a farsi votare la sfiducia dai propri deputati?". Alla stessa ora Berlusconi convoca i tre coordinatori – Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini per una riunione notturna a Palazzo Grazioli. Quello che si profila, ancora una volta, è lo spettro del 1995, quando dopo il "ribaltone" della Lega, Berlusconi non riuscì ad ottenere le elezioni anticipate. Arriva anche il primo commento di Pier Luigi Bersani, leader del Pd: "La verità è che a furia di decreti e di voti di fiducia i problemi del paese non si risolvono. Sotto questo dissidio si nascondono problemi profondi.
Soglia vitale. Quali sono le soglie che decideranno la vittoria dell’uno o dell’altro contendente? La prima è la massa critica. Ai finiani – per poter dar vita a dei gruppi – servono dieci voti al Senato e venti alla Camera. Loro dicono di poter contare su molti parlamentari. Più di "una settantina", dicono. Sarebbe già pronto persino il nome, "Pdl-Italia". Ha ragione Flavia Perina: "Stavolta è una partita a carte scoperte".

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2 risposte a “La guerra di Fini”

  1. Avatar Silvio
    Silvio

    Solo per dimostrarLe la mia profonbda stima:
    Lei potrebbe essere definito un animale in via d’estinzione “un gioernalista onesto” che riferisce i fatti. Io sono convinto che se ci fosse qualche altro giornalista onesto forse avremmo un paese migliore.
    Distinti saluti
    Silvio Galli

  2. Avatar LellaVr
    LellaVr

    Questo sarebbe il governo del FARE??
    Tranne le leggi di Silvio, finora che hanno fatto??
    Un popolo di bugiardi, cialtroni, perditempo.
    Una mosa per rimandare gli interventi di tipo economico che potrebbero dare una svolta a questo paese “borbonico”.
    Ma VERGOGNATEVI a partire da Bossi che è il traino di questa sceneggiata e gioco delle parti.

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