Hanno preso percentuali di voti strabilianti, ma sui giornali continuano ad essere ignorati: trattati come se fossero invisibili. Eppure in una città come Bologna per loro ha votato un elettore su dieci e un elettore giovane su cinque. Giovanni Favia il candidato che ha raccolto il 7% in Emilia Romagna è un ragazzo pacato, solido, sorprendente. Il racconto del suo modo di fare politica – soldi, stile di vita, processi decisionali – lo fa apparire davvero “un marziano”.
La prima cosa che vuoi dire?
Che il nostro movimento, e lo abbiamo dimostrato anche in queste elezioni, non è il fan club di un comico.
Avete un leader carismatico, qualcuno vi dipinge come una piccola setta.
Balle. Beppe è il detonatore, noi cittadini siamo la dinamite.
Ma vi è mai capitato di dissentire da lui su qualcosa?
Certo. Alle elezioni amministrative lui voleva portare sul palco Sonia Alfano e Luigi De Magistris, candidati indipendenti nell’Italia dei valori.
E voi no?
No, non ci sembrava giusto. Li abbiamo votati, e volentieri, ma renderli protagonisti della nostra manifestazion era era qualcosa di più.
E come è andata a finire?
(Sorride). Beh, non sono saliti.
Come sei entrato nel movimento?
Come in un film. Mi sono trovato in un bar, dove c’erano quattro pazzi che discutevano di leggi popolari, ambiente, politica civica.
E cosa è successo?
Mi hanno conquistato. Ero imbranato, non sapevo mettere due parole in croce, non avevo mai parlato in pubblico. A giugno del 2008 venivo eletto in consiglio comunale.
C’è un trucco?
Nessuno. Il movimento per me è stato una palestra civica.
Chi ti ha designato come candidato?
Una assemblea pubblica con voto libero.
Il vostro movimento nasce su internet con i famosi meet up.
(Sorride) Ormai quella è archeologia… Abbiamo predisposto un portale di democrazia partecipata in cui tutti gli aderenti hanno un codice e votano.
Chi si può iscrivere?
Tutti, se non hanno già una tessera di partito.
Ma così chiunque vi può infiltrare.
Al contrario: nei partiti con i soldi si possono comprare le tessere. Qui no. A Bologna, per esempio, bisogna partecipare ad almeno tre riunioni.
Quanto darai al movimento, del tuo stipendio da consigliere, quasi 10mila euro?
Non funziona così, noi non paghiamo il pizzo al partito.
E come funziona?
Io sono al servizio dei cittadini. Presento al movimento un bilancio di quello che spendo, di quello che metto da parte, di quello che mi serve per le mie esigenze, e deve essere approvato: affitti, trasporti, spese particolari…. Tutto il resto viene destinato alla politica.
Credi che ci riuscirai?
L’ho già fatto! Da consigliere comunale. E’ facile, nessun sacrificio.
E più o meno quanto ti serve per le tue esigenze personali?
Circa 1.400 euro.
Torna il salario operaio?
Noi ci consideriamo dipendenti degli elettori, siamo dei Co.co.co della politica.
Ma non è troppo poco?
Ma io non spendo quasi nulla! Stiamo camminando su di un sogno, l’eletto è un cuneo nelle istituzioni. Io avevo gli altri ragazzi che mi hanno sollevato da qualsiasi incombenza.
In che senso?
Sono stato dodici ore chiuso nel mio ufficio al gruppo, ma l’ho aperto al mondo. Ho fatto dodici mazzi di chiavi. Nei periodi di lavoro qualcuno cucinava a casa e mi portava da mangiare, e le ragazze mi lavavano le camice e me le stiravano, perché io potessi concentrare il massimo del tempo alla rappresentanza. Tutti contribuiscono, tutti danno qualcosa.
Detto così sembrate un movimento maoista con l’ape regina e le api operaie…
Macchè, non sai che litigate che si fanno! Sui problemi, però, non sui soldi o sui principi.
Il risultato di cui vai più orgoglioso?
La norma sulla trasparenza delle determinazioni dirigenziali. A Bologna, con un bilancio di 500 milioni di euro, non si sapeva dove finiva quei soldi e come. Tutte le consulenze, affidate in modo bipartisan, erano chiuse nei cassetti.
Quanto ci hai messo a fare approvare la proposta?
Mesi. Ma alla fine è stata votata all’unanimità.
Come deciderai le alleanze?
Deciderà la rete.
E se ti chiedono di allearti con la destra?
(Ride) Conoscendo il popolo della rete mi pare improbabile. Però in linea teorica è così.
Avete fatto perdere la sinistra?
“Abbiamo recuperati voti che sarebbero andati persi. Piuttosto è la sinistra che si è persa, anche dove non c’eravano noi”.
Se ti chiamasse Errani, il neopresidente, e ti chiedesse quale assessorato vuoi, cosa risponderesti?
Noi non chiediamo poltrone. Vorremo che il Pd sposasse le nostre idee: rifiuti zero, efficienza energetica, e rigenerazione urbana. Delle carriere politiche non ci frega nulla.
Davvero?
Se ci danno queste cose noi scompariamo un minuto dopo.
Luca Telese
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