Pensateci solo un momento: quelle di oggi sono elezioni regionali, ma anche, in qualche modo, delle grandi primarie in vista delle prossime elezioni politiche. A destra e a sinistra, infatti, le vittorie dei governatori disegneranno le nomination di nuove possibili candidature. Nel Lazio, che ha regalato al centrosinistra due candidati premier su tre, la vittoria di Emma Bonino disegnerebbe una leadership fortissima, e proietterebbe la leader radicale sulla scena nazionale. In Puglia, la battaglia di Nichi Vendola si è già trasformata in un duello asimmetrico con Berlusconi. Da due giorni i giornalisti chiedono a Masismo D’Alema se il governatore con l’orecchino potrebbe essere un eventuale candidato a Palazzo Chigi: “E perché mai?”, risponde lui, con espressione irrifieribile.
Fughe in avanti? Forse. Ma anche premonizioni che ipotizzano scenari futuri. Lo stesso Pierluigi Bersani, rassicurato dai sondaggi, dopo aver escluso al momento della corsa per la segreteria ogni ambizione di leadership ha confessato a Goffredo De Marchis di La Repubblica di non escludere più una sua possibile discesa in campo. E a cosa lega questa eventualità? Ovviamente al risultato del suo partito alle regionali: se venisse superata la soglia del 30% l’ex ministro tornerebbe ad accarezzare il sogno di una vocazione maggioritaria che fino a ieri sembrava accantonata. Ma anche Pierferdinando Casini ha giocato la sua schedina: se l’Udc risultasse decisiva in tutte le regioni in cui ha scelto un fronte (destra in Campania e nel Lazio, sinistra in Piemonte e Marche, corsa solitaria antiberlusconiana in Puglia) il leader centrista si siederà al tavolo delle opposizioni da vincitore. Se il Pdl crolla Giafranco Fini è tentato dalla scissione. Così come non c’è dubbio che una eventuale vittoria di Roberto Cota, in Piemonte, costituirebbe una spallata anche per Berlusconi soprattutto se accompagnata dal sorpasso (anzi, dal doppiaggio) della Lega sul Pdl nel nord Italia.
Insomma, la grande novità è questa: per la prima volta a sinistra esistono delle leadership che prendono forma fuori dal bacino storico del Pci-Pds-Ds. Di più: per la prima volta, delle leadership diversissime, come quella della Bonino e quella di Vendola, si sono affermate contro la volontà e i progetti dei dirigenti del Pd, saltando i meccanismi di partito, la prima con una autocandidatura, il secondo addirittura imponendosi nelle primarie. Così, in Puglia e nel Lazio, gli elettori hanno in mano un voto che corrisponde idealmente a una nomination. E ne sono così consapevoli, i due candidati, che in queste ore drammatizzano il livello dello scontro, come se stessero contendendo il governo del paese, e non solo quello di una regione. Prendete la Bonino. Ieri, sul suo sito, campeggiava un appello al voto firmato nientemeno che da Vasco Rossi. Un fatto raro, visto che, malgrado la storica vicinanza ai radicali, Vasco si è sempre mosso con grande cautela sul terreno della politica. E invece, nel suo messaggio pro-Emma, il rocker di Zocca parlava come Oscar Luigi Scalfaro: “In questo momento così dedicato per le sorti del nostro Paese, nel quale ogni valore ideale e culturale sta disastrosamente illanguidendo – scrive Vasco con tono drammatizzante – sento il dovere di invitare tutti i cittadini che troveranno sulla scheda elettorale la Lista Bonino-Pannella a votarla”. Attenzione: a votare lista Bonino, e non la coalizione. Un altro indizio, sull’anomalia di queste due campagne elettorali. La prima è che la Bonino ha puntato tutto sulla propria lista e sulla tradizione radicale: ha fatto una campagna politica e non amministrativa. Il messaggio non si indirizzava, attraverso la coalizione, all’elettorato storico del centrosinistra, ma puntava, attraverso la sua lista, a raggiungere consensi trasversali (riuscirà?). Il tentativo di Vendola è esattamente l’opposto: “Io sono l’unico vero candidato del Pd”, ripete, fin dai tempi delle primarie. Ma intanto le sue due liste (Sinistra e libertà e Moderati per Vendola, capitanata dal’industriale Divella) sono accreditate intorno al 16%, mentre il Pd dovrebbe arrivare al 20%.
A Bari, nelle ultime ore, la campagna dei comizi è finita, ma quella via internet prosegue in modo febbrile. Anche questo accomuna la Bonino e Vendola, che hanno messo in secondo piano (anche per motivi di budget) lo strumento dell’affissione, concentrando tutto sulla rete. Il sito di Vendola, ha puntato moltissimo sullo streaming, trasformando – un po’ come Michele Santoro con Raiperunanotte – gli appuntamenti della campagna elettorale in eventi web: per la diretta del comizio conclusivo, a Bari, c’erano connesse 30mila persone (fra cui la madre ottantenne del governatore, collegata via computer da Terlizzi). E, allo stesso tempo, il web è stato usato come veicolo per un uso pianificato del merchandising elettorale. L’esempio di scuola, di cui alla fabbrica di Nichi vanno molto orgogliosi, sono le borse da mare e da passeggio firmate con il logo della Fabbrica (tramutato in una griffe con tanto di etichetta). La cosa curiosa è la storia di questi oggetti: infatti sono stati prodotti ritagliando gli immensi gonfaloni in tessuto di fibra plastica coloratissima che sventolavano nelle città con le poesie della campagna fino a che la legge elettorale lo ha reso possibile. Poi gli striscioni sono stati deposti, e – invece di essere smaltiti come rifiuti – riconsegnati, dalla società affissioni, a una cooperativa di detenute che ha cucito i modelli: un perfetto esempio di riciclaggio, in linea con il manifesto eco-sostenibile del vendolismo (costano rispettivamente 10c e 15 euro). Nel web e oltre i partiti: Emma come una nuova Hillary, Nichi come un piccolo Obama.
di Luca Telese
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