Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Perchè non molla?

Il borsino delle sue dimissioni, ormai, sale e scende con la velocità di un termometro. Due giorni fa giornata terribile, coronata dalla ricostruzione a tre voci (sia pure intercettate) delle serate al Salaria sport village, con tanto di particolari, bikini, ipotesi e preservativi. Ieri, invece, una tappa di assestamento. Guido Bertolaso dice ancora una volta che non vuole mollare. "Ormai è solo questione di tempo – azzardava ieri, con il suo sorriso ineffabile Pasquale Laurito alias "Velina Rossa", vecchia volpe di Montecitorio – quando il suo padrone lo molla lui getta la spugna". Ma intanto fino a quel fatidico momento, sembra che il numero uno della Protezione civile intenda continuare a combattere, e mille segnali dicono che non si è ancora arreso. Su che cosa conta? Nella giornata di ieri si sono combinati molti indizi e un cambio di linea del Pd che danno adito a ipotesi diverse.
Messaggi in bottiglia. Bertolaso arriva a Montecitorio di prima mattina, accompagnato dalla voce che farà un annuncio clamoroso. Entra in commissione (senza circuito chiuso) non rilascia dichiarazioni, e poi – una volta in seduta – parla. Ma molto più delle sue parole dentro (trovate la cronaca nell’articolo di Stefano Ferrante qui sopra) contano quelle consegnate all’intervista di Paolo Rumiz su Repubblica. Le parole che catalizzano l’attenzione di tutti gli addetti ai lavori, sono le staffilate "in codice". A un certo punto, infatti, Bertolaso dice: "Sapesse quante volte ho detto no… a Bersani che da ministro mi chiedeva di organizzare il consiglio mondiale dell’energia… O a Di Pietro, che poi brontolava con me, che non lo accontentavo mai".
Grand commis e centrosinistra. Qui bisogna fermarsi un attimo, per decrittare il messaggio. Bertolaso, che in queste ore viene dipinto come l’uomo-simbolo del governo Berlusconi cosa fa? Cita soltanto due ministri e – guarda caso – tutti e due di centrosinistra. Un modo per lanciare due messaggi: guardate che io sono un grand commmis d’etat che ha offerto i suoi servizi in modo bipartisan, e non certo una bandiera politica. Ma anche: guardate che io non solo sono stato l’uomo più vicino a Francesco Rutelli, ma anche l’interlocutore privilegiato del centrosinistra. Secondo punto interrogativo. A chi lo sta lanciando questo messaggio in bottiglia Bertolaso? Ai magistrati? Al centrosinistra? O a qualcuno nel centrosinistra? Bertolaso sta cercando di capire se c’è lo spazio per un compromesso onorevole?
La Palombelli querela. Prima di rispondere a questa domanda il quadro della rassegna stampa mattutina si chiude con un altro segnale. Qualcuno prova a tirare dentro l’inchiesta Barbara Palombelli. Il sospetto sulla first lady lo getta un articolo di Libero, dal titolo inequivocabile: "Lady Rutelli si raccomanda a Balducci per far assumere alcuni amici". Nel pomeriggio, su Dagospia, lo scambio di fendenti è deflagrante: "Ho querelato Libero", spiega con un sms laconico a chi scrive. Dopodiché, sul sito di D’Agostino, ci mette il carico sopra: "Conosco e stimo Guido Bertolaso – ha dichiarato la giornalista in una nota – ma non ho mai frequentato i personaggi cui si fa riferimento su Libero con riferimento all’inchiesta in corso". Il terzo colpo è per Walter Veltroni. Il nostro quotidiano (ma anche Il Giornale) rivela che nel fascicolone delle intercettazioni c’è anche il nome di Walter Veltroni, tirato in ballo in una disputa fra architetti: "Era tutto… a nostro favore. È arrivata la telefonata di Veltroni, eh! Capito?". Gli uomini del suo staff ribattono: "Non sappiamo di cosa si parli".
Schizzi a 360 gradi. Ma è qui che il cerchio si chiude. In meno di 24 ore, diversi segnali hanno fatto capire che dal ventilatore dell’inchiesta Protezione civile possono arrivare schizzi a 360 gradi. Così si torna a quei due messaggi in bottiglia che il sottosegretario della Protezione civile ha consegnato a Repubblica. Molti diversi fra loro, per altro. Bersani è citato come uno che chiede e corteggia. Di Pietro come uno che rompe le scatole.
Di Pietro: "Nessun rapporto". Il leader dell’Italia dei Valori conferma a Il Fatto: "Abbiamo avuto rapporti ufficiali quando io ero alle Infrastrutture. Cose come 'buongiorno e buonasera', nessuna simpatia, nessun rapporto personale, anche perché, come è noto, a lui piaceva fare le cose a modo suo, e a me a modo mio". E infatti, nelle sue dichiarazioni conferma la linea: "Bertolaso si deve dimettere".
Ascia sotterrata. E così, a ben vedere, resta quell’accenno al leader del Pd. Anche la posizione del suo partito, in queste ultime ore sembra cambiata. Due giorni fa, quando Fini ha derubricato il voto sul progetto della cosiddetta Spa c’è stato un cambio di intensità. Luigi Zanda, che per giorni aveva chiesto le dimissioni (l’ultima volta lunedì sera, da Gad Lerner, all’Infedele) ieri sembrava avere cambiato passo. E interrogato rispondeva: "No, basta, di Bertolaso preferisco non parlare più. Ho detto di tutto, adesso taccio". Legittimo, per carità. Ma se il vortice dell’inchiesta e i rapporti bipartisan di Bertolaso avessero ispirato ai protagonisti un piccolo meraviglioso inciucetto? Il Pd porta a casa una vittoria parlamentare, l’archiviazione del progetto nefasto della Spa, e intanto sotterra l’ascia di guerra contro Bertolaso. Solo i giornali di domani, e il termometro, potranno dire se può funzionare.

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Una risposta a “Perchè non molla?”

  1. Avatar ipse dixit
    ipse dixit

    Scusatemi ma in un Paese (se ancora così si può chiamare) in cui non si dimettono Berlusconi, Cuffaro, Bassolino, De Luca, cioè praticamente nessuno dei grandi inquisiti, chi glielo fa fare a Bertolaso di levare il distrurbo? La sindrome di impunità è corrosiva e ormai una pandemia che ha contagiato la totalità della Casta. Solo di gossip si crepa ancora (Marrazzo docet)

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