Si inseguono dalla mattina alla sera, da una capo all’altro della Puglia, fino a notte fonda, città dopo città. Domenica si vota per le primarie, mancano solo quattro giorni, in mezzo si combatte una battaglia senza quartiere. Si inseguono a Taranto, a Brindisi, a Lecce. Ma con una strana anomalia. Gli sfidanti sono due, i contendenti sono tre. Da un lato Nichi Vendola, governatore uscente. Dall’altro Francesco Boccia, ma soprattutto Massimo D’Alema, il suo grande sponsor, che ha trasferito il suo quartier generale a Bari, e si è messo ventre a terra a combattere. E’ una strana campagna elettorale, questa, fatta di coltellate e di veleni, di affetti che si virano nel rancore, di passioni mediterranee e umori neri. Per dire. A Taranto, quando è arrivato il candidato romano del Pd, Il Corriere del giorno – il principale giornale della città – ha chiesto una intervista a Boccia. L’ex segretario di Enrico Letta ha detto che non poteva andare per gli impegni della giornata. E in redazione si è presentato D’Alema. Una paginata di faccia a faccia pugnace, alla sua maniera, e poi la battuta sarcastica che è diventata il tormentone della sua campagna: “Dobbiamo difendere Vendola da se stesso”. Il giorno dopo, nella stessa redazione, sulla stessa sedia si siede Nichi Vendola e risponde con un’altra battuta: “Lo ringrazio molto. Ma non ne ho bisogno. Non sono mica il soldato Ryan…”. Dici Puglia, ed è come squadernare una cerniera di cardini su cui possono girare in un senso o nell’altro un alfabeto di progetti, di modelli di governo: risanamento ambientale, energie rinnovabili, gestione pubblica delle risorse a partire dall’acquedotto, che Vendola vuole in mano alla regione, e Boccia affidato (nella gestione) anche ai privati. La Puglia dieci anni fa era il laboratorio del centrodestra. La Bari che aveva adottato Bettino Craxi e la sua canottiera madida era diventata – dopo mani pulite – la capitale di Pinuccio Tatarella. E poi la culla di Raffaele Fitto, un bastione elettorale di Forza Italia e di uno dei pupilli di Silvio Berlusconi. Poi c’era stato il cortocircuito: le primarie del 2005. Il candidato designato era proprio Boccia. E il suo avversario, quella volta era stato Vendola. Boccia partiva con l’80% dei partiti dietro di lui, Vendola con il 20%. Vendola ribaltò ogni pronostico e vinse sia le primarie, sia le elezioni. Oggi lo schieramento dei partiti è invariato. Ma un sondaggio di La Repubblica Bari assegna percentuali incredibili e ribaltate: 20% Boccia, 80% Vendola. Possibile? Il primo a frenare è proprio il governatore uscente: “A livello di pubblica opinione lo spero. Ma so che sarà dura quando domenica scenderanno in campo tutti gli apparati”. Certo, la presenza di D’Alema in Puglia si sente: “Boccia ha dieci anni meno di Vendola – dice il lider maximo – è ora del ricambio generazionale”. E di nuovo Vendola colpo su colpo: “Sì, è vero, sono più anziano di Francesco. Però D’Alema si dimentica che lui ha 12 anni più di me. Non sarà il caso che per dare il buon esempio, il rinnovamento generazionale lo cominci da lui?”. E ancora: “Boccia – dice D’Alema – è il candidato di un progetto di governo. Nichi è uno solo”. Nella redazione del Corriere del giorno, la direttrice, Luisa Campatelli chiede: “E lei, di chi è candidato, Vendola?”. Sorriso: “Io sono il candidato del Pd, visto che al congresso tutte e tre le mozioni mi indicavano in questo ruolo”. Fino all’ultimo D’Alema e Boccia erano contro le primarie. Poi, all’ultimo momento, quando è tramontata la candidatura di Emiliano hanno dovuto accettarle. Adesso chi perde è morto. E poi, su tutto c’è il sistema Tarantini, che ha impresso la sua impronta sulla politica pugliese, e che proietta la sua ombra anche su queste elezioni. Un sistema bipartisan che teneva nella sua pancia le escort di Palazzo Grazioli, e quelle che si intrattenevano con i politici locali. Anche con quelli di centrosinistra: nell’inchiesta finisce per primo l’assessore alla sanità, Tedesco. E poi il vicepresidente della regione (dalemiano di ferro) Sandro Frisullo e un pugno di assessori. Quando dalle indagini salta fuori che riceveva delle escort di Tarantini, Vendola lo dimissiona dalla mattina alla sera e decapita la giunta. “Non mi ha nemmeno voluto ascoltare!”, si lamenta Frisullo dalla colonne della Gazzetta del mezzogiorno. Mentre qualcuno – come l’Italia dei valori – critica Vendola da sinistra: “Ci vorrebbe più coraggio”. Lui risponde: “La mia bussola è la questione morale. Ma non avevo intuito che il sistema fosse così radicato”. Due giorni fa si diffonde la notizia che anche Vendola sarebbe indagato per “peculato”. La sua colpa? Aver chiesto notizie a Tedesco del professor Logroscino, un luminare di Harward che non era riuscito a vendere un concorso: Lo hai fermato tu?”. Ma quale peculato ci può essere, se quella che veniva considerata una “raccomandazione” non era andata a buon fine? Vendola su questo è tranchant: “Dovrebbero darmi una medaglia per essermi preoccupato che tornasse in Puglia. E’ un luminare, tutte le associazioni dei malati lo stimavano. E infatti ha vinto un concorso subito dopo ed è tornato lo stesso”. La procura smentisce dicendo che “Non esiste nessuna iscrizione suscettibile di comunicazione”. Ma ieri, l’ultimo colpo si abbatte sul fornte anti-Vendola. Escono dei verbali secretati da cui risulta che Frisullo da Tarantini avrebbe avuto anche soldi. Il dalemiano si difende: “A quanto pare sono verbali secretati solo per gli accusati”. Ecco perché, la guerra civile che ha sconquassato il Pd pugliese non si spiega se non si parte dall’inchiesta, e dalle sue conseguenze. Vendola ha considerato le dimissioni di Frisullo un rafforzamento della sua giunta e un atto dovuto. D’Alema un affronto personale e un errore politico: la sua battaglia all’ex governatore nasce lì. In mezzo alla faida ci si infila l’Udc di Casini, che dice: “Siamo pronti ad entrare nella coalizione se si tolgono di mezzo i candidati no-global”. Senti il proconsole dello scudocrociato, Angiolo Sansa, e lui ti dice, scuotendo il capo: “Io Vendola non lo capisco. Se faceva un passo indietro decideva tutto lui”. Il governatore pensa l’esatto contrario: “Quando questa estate il mio nome era associato alla cocaina e alle prostitute ho detto a mia madre: Meno male che papà è morto”. Però non ha mollato nemmeno un millimetro. Adesso i tre contendenti si rincorrono per la Puglia di giorno e di notte. Ancora una volta il voto in Puglia emetterà un verdetto di vittoria, e una sentenza sulla politica nazionale. Se vince Vendola, muore il dalemismo.
Luca Telese
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