E così, se si scava, si scopre che i calzini turchesi si tingono di giallo.
Tutto parte, dopo la sentenza sul lodo Mondandori, da una frase di Silvio Berlusconi: “C’è una azione in corso affidata a un giudice su cui ne vedremo delle belle”. Subito dopo se ne vedono davvero – di “belle” – su Raimondo Mesiano: le sigarette del giudice, le passeggiate, il piccolo processo inscenato alle sue “stravaganze” nel più popolare dei programmi-contenitore Mediaset e della testata che lo produce, Videonews. Nemici nel mirino.
E’, a ben vedere la nuova puntata, nella fortunata serie dell’ultimo genere letterario della seconda repubblica: “il giornalismo vendicativo”, quello che per statuto si incolla alle spalle dei (presunti) nemici del premier e fruga nelle loro vite.
La vera novità, rispetto alla campagna di Vittorio Feltri contro Dino Boffo e che stavolta, ad essere coinvolta nell’operazione, è la struttura profonda di Mediaset, il suo sistema di pesi e di contrappesi. La prima conseguenza è che gli equilibri che hanno governato l’azienda in questi anni (anticorpi generati per sopravvivere al conflitto di interessi) stanno saltando. Ieri Sandra Magliani, cuore del Comitato di redazione di Videonews (già colpito dalle dimissioni polemiche di Pietro Suber, in dissenso con “l’operazione calzino”) annuncia una nuova riunione, in programma domani. L’ordine del giorno? Recuperare lo strappo di Suber, prendere le distanze dal servizio, oppure (alternativa implicita) dimettersi. L’effetto-birillo a Videonews non è una bega redazionale ma un paradigma: il primo campanello di allarme di un riassestamento che cova sotto la cenere da mesi, dalla cacciata di Enrico Mentana.
Service fantasma. A questo punto, per provare a capire, è importante ripercorrere l’incredibile storia del filmato anti-Mesiano. Arriva a Mediaset mercoledì sera. Secondo le versioni ufficiali dei dirigenti della rete proviene “da uno dei service che lavorano per noi”. Quale? Impossibile dissolvere questa indeterminatezza, Molti notano la contemporanea presenza dell’inviato di Chi, Gabriele Parpiglia in Calabria. Emilio Fede (uomo non sospettabile di simpatie per le toghe) ricorda: “Quella sera ricevo una telefonata, non ricordo chi, ma me lo offrivano… ”. Se l’interlocutore resta nell’ombra, il direttore del Tg4 non ha dubbi sul contenuto: “Sento aria di polpetta avvelenata, dico subito no”. Perché? Sospiro: “E quale era la notizia? A me dei fatti personali di Mesiano non importa un tubo. Non è giornalismo”.
La “macchia” del Tg5. Tutti idirettori, come Fede intuiscono la scivolosità del documento, lo trattano con le cautele che si dedicano agli esplosivi. Clemente Mimun, per esempio, in qualche modo cerca di disinnescarlo. Lo manda in onda nell’edizione della sera, infatti, ma in forma di “macchia”. Ovvero: le immagini accompagnando un “normale” servizio. Niente commenti, calzini, stravaganze, nulla.
Studio Aperto e il ritardo Il video arriva anche a Studio Aperto. Il condirettore, Giovanni Toti (giovane, emergente, proviene proprio da Videonews) risponde con una battuta: “Io non l’ho mandato in onda… Ma solo perché mi è arrivato tardi!”. Poi si fa serio: “Intendiamoci: avrei usato sicuramente le immagini di Mesiano. Ma per illustrare il pezzo, durissimo che avevo scritto contro di lui, dicendo che ha fatto carriera attaccando la Fininvest”. Poi il condirettore aggiunge: “Premesso che io non l’avrei usato, per una scelta giornalistica mia, non credo sia stato illegittimo farlo. E’ la libertà di stampa! Ed è grottesco crocifiggere Brachino. Che differenza c’è fra filmare Mesiano o Berlusconi?”. Sta di fatto che, per motivi diversi, nessuno dei tre direttori dei tg ne approfitta. Chi rimane? Videonews, la struttura di Claudio Brachino. Che dopo anni di cicli ricorrenti, è tornata ad essere il cuore pulsante del network giornalistico aziendale.
La scelta di Brachino. Per anni le testate e i loro direttori forti, a Mediaset, hanno fatto la parte del leone: ora il rapporto si inverte. E una mano la dà anche Mauro Crippa, direttore generale delle News, uomo forte dell’informazione: “Non accettiamo bacchettate – dice a caldo – da chi ha reso sistematica prassi giornalistica lo spionaggio a senso unico dal buco della serratura”. Crippa è un uomo esperto, abilissimo – proviene da sinistra, si è formato a Lotta Continua – per anni è stato capace di mantenere equilibri difficili. Cosa impone il cambio di marcia? Di sicuro l’onda lunga è iniziata col licenziamento di Mentana. Prosegue con un cambio di stile: l’inflazione delle telefonate di Berlusconi (in ogni programma, a ogni ora) i tentativi di imbracare le Iene. Martedì scorso, ironia della sorte, Brachino parlava a Il Giornale: “Con la politica e il gossip ora siamo un modello” (anche troppo). Quando arriva il video Brachino sceglie diversamente dai suoi colleghi, ci punta. Lo affida ad Annalisa Spinoso (una redattrice a tempo determinato). Quando la bomba esplode si difende: “La vittima sono io”. Non la pensa così Suber, volto di punta della testata che si dimette: “Quel servizio non aveva senso: condivido il giudizio della Fnsi, era un pestaggio mediatico”. Intanto, per la prima volta Mediaset, Chi e Il Giornale si sono sincronizzate sullo stesso bersaglio. Un altro giro di vite si è stretto.
Luca Telese
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