Il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, mi ha chiesto un ritratto di mia sorella. Non sono la persona giusta per almeno due motivi: di sicuro non posso essere imparziale. E – per giunta – lavoro a Studio Aperto, che del Tg3 è un concorrente. Così quello che segue è il racconto di un interno domestico. Bianca non è il tipo che si affeziona agli oggetti. Eppure, nella sua libreria, c’è un caschetto di plastica, sopravvissuto anche ad un trasloco epico. E’ quello che le regalarono i minatori del Sulcis, dopo i mesi passati in Sardegna a raccontare la loro lotta contro la chiusura delle miniere. Il rapporto fu intenso dal primo momento. I Tg parlavano da giorni degli scioperi, ma i collegamenti si aprivano con la ripresa fissa sull’ingresso delle gallerie. Lei disse: “Per spiegare quello che state provando, bisognerebbe calare la telecamera nei cunicoli”. E loro: “Ma tu ci verresti sotto?”. “Sì”, rispose. E scese. Le diedero un caschetto: sopra ci sono le firme dei minatori. E’ il suo portafortuna.
Tra me e Bianca ci sono dieci anni di differenza. Lei la prima, io l’ultima di quattro figli (noi due, Maria e Marco). Il che vuol dire che Bianca mi ha fatto da sorella, ma anche un po’ da madre. Avevo tre anni, fu lei a portarmi a vedere Biancaneve al cinema. Ancora oggi, ridendo, racconta che io, terrorizzata dalla strega, ogni volta che appariva scoppiavo a piangere. La costrinsi ad andarcene prima della fine. Le è andata ancora peggio quando usciva con i suoi amici e io – regolarmente – mi aggregavo: “Mi porti con te?”. Non so perché, non mi ha mai detto no. Ancora oggi le capita di rimproverare sua figlia Giulia così: “Stai buona, Laura!”. Il lapsus mi fa sorridere, ma è una traccia di questa storia.
Ricordo il giorno in cui Sandro Curzi chiamò per annunciarle: “Ti prendo al Tg3”. Eravamo solo io e lei, nella sua prima casa, aveva 30 anni. Si mise a saltellare per la gioia. Era il suo sogno. Bianca si entusiasma per le cose che fa, si appassiona alle storie che racconta, è determinata come un carroarmato. Ogni tanto si arrabbia.
Ha un cane lupo, Macchia, che è uno di famiglia. Se lo porta ovunque vada, se viene a cena a casa mia, persino al ristorante (le levatacce per portarlo fuori la mattina, però, le rifila al suo compagno, Luigi). Credo di non averla mai vista così felice come il giorno in cui mi ha chiamato raggiante: “Sono incinta. Speriamo che sia femmina!”. Un’immagine familiare, nei pomeriggi insieme, è quella di lei che controlla i compiti a Giulia. La gente che la vede in tv mi dice: “Ma come è seria tua sorella!”. Sorrido: ce l’ho davanti agli occhi, sul divano, con Giulia, totalmente rapita da “Ballando con le stelle”: insieme tifano per i concorrenti, fanno pronostici. Bianca ha anche un gusto molto pop. Legge i giornali prestissimo, la mattina. Ogni volta che le hanno proposto di candidarsi, qualcuno le diceva: “Che bello andare in Parlamento!”. Lei non ha avuto dubbi: “Il mio mestiere è un altro”. Non ha mai imparato l’arabo. Non si è fatta eleggere. E oggi dirige la redazione dove è cresciuta. Mi sa che anche il suo Tg3 sarà femmina.
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