Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Di Pietro: “Farò il partito che sostituirà il Pd”

La notizia è di quelle che all’inizio lasciano stupiti. Ma che impongono a tutti, alleati e concorrenti, di verificare i piani e correggere le rotte. Antonio Di Pietro ha già scelto: «Dopo le Europee, soprattutto se vanno come spero… lancerò un segnale forte: cancellerò il mio cognome dal simbolo dell’Italia dei valori». È notte fonda, la puntata di Exit è finita. Mi ritrovo a parlare con il leader del partito del gabbiano arcobaleno di una campagna elettorale che lo sta gratificando. Ha arruolato, con oculatezza, leader e intellettuali che vengono da sinistra: gente come Gianni Vattimo, il filosofo del pensiero debole, una vita nel Pci e poi tra Ds, Margherita e Pdci. O come Maurizio Zipponi, uno degli ultimi deputati-operai eletti, fino alla scorsa legislatura una bandiera di Rifondazione. Ha buttato in pista una pattuglia di donne: «Ragazze che nemmeno conoscevo». Ora, però sente che può permettersi una svolta. Una Svolta ardita.

Di Pietro, Veltroni e Berlusconi ce lo hanno aggiunto il loro nome, nei simboli, lei lo toglie?
(sorride) «Appunto».

È forse impazzito?
«Al contrario direi. Gli altri considerano un punto di arrivo mettere il proprio nome. Io invece penso che toglierlo sarebbe un buon segnale».

Un segnale di cosa?
«Si può costruire una cosa più larga, più utile, che prescinda dall’identità di una sola persona, e che serve a rappresentare qualcosa di più importante».

E cioè?
«Insomma, io ho fatto questo ragionamento. La prima volta che ho presentato la mia lista ho preso il 2%. Alle politiche ho preso il 4. Il sondaggi, anche quelli più sfavorevoli mi danno all’8… C’è un trend: ad ogni scadenza io raddoppio!».

E si lamenta?
«Nooo! Sono contentissimo. Ma se l’Italia dei valori arriverà davvero a quelle cifre, anche il suo ciclo si sarà compiuto».

Se le cose stanno come lei dice, alla prossima tornata dovrebbe arrivare al 16%…
«Invece no. Non credo che il mio partito, così com’è, possa crescere all’infinito. Quella soglia sono le colonne d’Ercole».

E quindi scioglie il partito?
«Lo metto in gioco… Sacrifico qual che mi è più caro, per costruire qualcosa di più grande».

In che modo?
«Vorrei che anche persone con una storia diversa dalla mia si potessero sentire a casa loro».

Lei si traveste da agnello, ma si prepara a fare il lupo…
«Che significa? Che c’azzecca il lupo?».

Se il suo partito cambia nome e invita altre persone a farne parte, prova a spodestare il Pd dal suo ruolo egemone.
«Ma il progetto di un grande Pd è già finito. E non certo perché Di Pietro mette o toglie il nome dal simbolo!».

Perché?
«Perché se fanno quel po’ po’ di partito e poi prendono meno del 30%, vuol dire che sono sotto la soglia di tenuta».

E così lei ci piazza il suo restyling e li frega.
«Veramente io voglio fare una cosa seria. Una costituente, vedremo. Serve un grande partito progressista che sostenga una proposta di governo credibile».

Per questo è andato a caccia di candidati in casa altrui, dal Pd a Rifondazione?
«Ma che scherziamo? Ho detto di no a tantissimi».

Adesso fa l’agnellino.
«Quant’è vero iddìo… Soprattutto al sud, non mi faccia dire».

E perché?
«Ho imparato dalle esperienze del passato. Voglio tenere il partito im-ma-co-la-to».

Faccia un esempio.
«Mi arriva un politicone del sud un ex socialdemocratico… ».

Chi?
«… il nome non importa, ne sono venuti cento, da me, in questi giorni, uh!».

Stava dicendo del politicone.
«Arriva il politicone e ti fa: "Tonì mettimi in lista, che ti porto i miei voti"».

E lei incassa i voti.
«Ma nemmeno per sogno. Perché quello, per ogni voto che ti porta, te ne fa perdere due».

Ma allora come ha scelto quelli da mettere in lista?
«Lei non ci crederà, ma mi sono letto i curriculum. Così».

Mi permette? Non ci credo: tutti sono a caccia di quelli che hanno voti, a partire dal Pd.
«E io no. E sa perché?».

Mi dica.
«Ho studiato attentamente i dati di questi anni. E ho capito».

Cosa?
«Siamo l’unico partito che, da un capo all’altro dell’Italia, ha le stesse percentuali».

E questo che significa?
«Che è un voto d’opinione. Gente che vota questo progetto, non per Tizio o Caio».

E cosa c’entra con il rifiuto dei politiconi, come li chiama lei?
«Metto in lista persone normali, evito voti inquinati, lascio che gli elettori decidano».

E se arriva all’8 per cento?
«Do un altro scossone all’albero. E faccio io il grande partito che al Pd non è riuscito».

Adesso le sta a cuore?
«Io per quello ero entrato nell’Asinello di Prodi! Non è colpa mia se loro hanno cambiato strada ma non vanno da nessuna parte».


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7 risposte a “Di Pietro: “Farò il partito che sostituirà il Pd””

  1. Avatar Margheritino
    Margheritino

    Lo sciacallaggio politico di di Pietro è deprimente e irrispettoso per chi gli ha consentito di stare in parlamento, con i numeri necessari per costituirsi gruppo indipendente dal Pd. Di Pietro aveva raccolto le firme per le primarie del Pd ma non aveva accettato lo scioglimento come Ds e Margherita nel nuovo soggetto politico. Il resto è storia di oggi: alle Europee Di Pietro dovrà ricontare i voti.

  2. Avatar Margheritino
    Margheritino

    Ultimissima: In riferimento alla proposta di legge contestata dal pd sulla parificazione dei partigiani e dei repubblichini, il deputato del Pdl Lucio Barani si distingue per la sua perentoria frase dai retroterra storici discutibili: “Berlusconi mi ha chiamato e io, come Garibaldi quando stava liberando il Trentino, ho risposto: «Obbedisco». Ritiro la mia proposta di legge”.

    «Oddio, ecco un’altra “baranata” ». Così nella Lunigiana, a cavallo delle province di Massa Carrara e La Spezia, hanno accolto le polemiche innescate dalla proposta di legge che voleva l’equiparazione fra partigiani e repubblichini. Un pallino, questo, di Lucio Barani, deputato del Pdl ma soprattutto uno dei fondatori, assieme a Stefano Caldoro, del Nuovo Psi, la componente socialista all’interno del partito di centrodestra. È lui il primo firmatario della proposta di legge che ha messo in imbarazzo il nuovo Berlusconi-partigiano. Ed è lui che si è dovuto sorbire la ramanzina del premier, che lo ha costretto a ritirarla.
    Barani è arcinoto in Lunigiana, e non perché sia stato per 14 anni sindaco di Aulla e ora di Villafranca, due paesini della zona, ma per le sue trovate, diventate ormai proverbiali.
    In ordine: ha riempito Aulla di cartelli “Paese dedipietrizzato”, in polemica con l’allora simbolo di Mani pulite; ha voluto una statua di marmo in ricordo di Bettino Craxi, sua stella polare politica; ha inaugurato una stele per le vittime di tangentopoli e una statua per Marco Pantani, vittima della giustizia sportiva, pure queste in marmo di Carrara; ha dato la cittadinanza onoraria a Craxi e al presidente tunisino suo protettore, Ben Alì. E ancora: è stato il primo sindaco italiano a riempire le strade con divieti di prostituzione; ha allestito un cimitero per animali; e, particolare gustoso, ha creato un ufficio comunale antimalocchio.
    Insomma, il personaggio è eclettico.
    Sbaglia però chi lo reputa un semplice saltimbanco. Barani è un politico navigato: è l’artefice della vittoria di Angelo Zubbani, vecchio socialista, alle primarie carraresi del 2007 contro il candidato del Pd. Furono i suoi voti a spostare l’ago della bilancia.
    Ma la sua forza sta soprattutto nella capacità di creare consenso. La provincia di Massa Carrara è la sua roccaforte, grazie a un modo particolare di fare politica e amministrare: in contatto diretto con la gente, senza la mediazione dei partiti. Che sia stato Berlusconi a imparare da Barani e non viceversa?

  3. Avatar bleistein
    bleistein

    Io non ho mai votato per il partito di Di Pietro. Però balza all’occhio: il modello del capo carismatico che riunisce intorno a sé un partito è lodato quando si tratta di Berlusconi o del Pd alla ricerca di un leader, criticato quando si tratta di Di Pietro. Basta leggere gli editoriali dei professori liberalissimi del Corriere della Sera.

  4. Avatar Giuseppe Vatinno

    Intervengo nel dibattito essendo di parte.
    Sono in IdV dal 2003 e posso testimoniare la crescita costante del partito e la sua trasformazione da movimento. Non è facile creare un partito nuovo dal nulla e, soprattutto, farlo sopravvivere e poi crescere e fortificare.
    Certamente in futuro necessiteremo di cambiamenti ed occorrerà celebrare veri congressi; tuttavia, il progetto di IdV è coerente con il voler rappresentare una opposizione forte e vera. Come partito di governo poi, abbiamo dato ottima prova al Ministero delle Infrastrutture, dove sono stato consigliere del Ministro Di Pietro pe rle politiche ambientali.
    Insomma, il gabbiano di IdV può essere l’autentica alternativa politica al signore di Arcore.
    Giuseppe Vatinno
    Responsabile Nazionale Energia ed Ambiente di Italia dei Valori

  5. Avatar Olga
    Olga

    Di Pietro non è l’alternativa ma una possibile risorse per una piattaforma che veda il Pd protagonista. E’ facile andare a parlar male del proprio vicino, questo in altri tempi si sarebbe chiamato “fare cortile” ma a lungo andare cos’ come per i girotondi, anche per IDV arriverà il tempo della chiarezza. Donadi, Belisario, Formisano,sono politici di tutto rispetto il loro leader un pò meno.

  6. Avatar antonio
    antonio

    Scusate se mi intrometto; trovo ingenerose le accuse contro Di Pietro;sarebbe meglio che il PD facesse un bagno di umiltà e riconoscesse i propri errori:tanto per cominciare dovrebbe riconoscere che la politica del “fair play” nei confronti di Berlusconi ha avuto esiti disastrosi ;dovrebbe poi smettere di flirtare con Casini almeno finché quest’ultimo non si sarà sbarazzato di un bel po’ di zavorra mafiosa; dopodiché benvengano anche gli attacchi a Di Pietro; é una questione di priorità

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