Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

“Io e Pannella? Mai stati veri amici”

Un litigio fra Massimo Bordin e Marco Pannella fa notizia. Il guru radicale e il direttore della Radio si mandano a quel paese in diretta? È accaduto domenica, e da tre giorni sui quotidiani si rincorrono ipotesi disparate: epurazione in vista, anzi no, conflitto politico, macché, rancori personali, rischio licenziamento. Allora vai a trovare Bordin nel suo ufficio all’Esquilino. E lo trovi tranquillissimo.

Bordin, è stagione di direttori che cambiano.
«Non ho nessuna intenzione di rompere, né con Pannella né con i radicali».

E lui?
«Spero che sia reciproco».

Avete litigato in diretta.
«Tecnicamente è stato uno scazzo. Difficile non definirlo così».

È la prima volta…
«Seehhh, figurati! È la prima volta che ve ne siete accorti… ».

Tutte le domeniche insieme a Pannella: da quanto tempo?
«Sa che non sono mai riuscito a capirlo? È una trasmissione nata in corsa, all’inizio non era archiviata così. Tra 9 e 10 anni, direi».

Cinquecentodieci domeniche insieme?
«A occhio e croce… ».

Ma con le vacanze di mezzo.
«Pannella non fa vacanze. Io una volta ero a Londra e sono riuscito a sottrarmi».

Vuol dire che in dieci anni ha saltato solo una trasmissione?
«Forse due: mi ha sostituito il caporedattore, Emilio Targia».

Non ci credo. Mai allontanato da Roma più di sei giorni?
«C’è solo una possibile scappatoia: se vado in una città da cui posso interconnettermi da uno studio».

I potenti mezzi dei radicali…
«Veramente è una stanzetta in affitto nello studio di un geometra amico. Ma non diciamo dov’è per non metterlo nei guai».

Veniamo allo scazzo. Lei dice che il digiuno di Pannella è una notizia, lui si imbufalisce.
«Vede come sono fallaci le intercettazioni? Detto così pare una follia. In radio contano toni, ritmo, sequenza delle battute… ».

E il vero motivo del litigio?
«Mah, io direi un certo logoramento della formula».

È un rapporto coniugale.
«Non dica sciocchezze».

È un sodalizio artistico.
«Mica facciamo del varietà».

Non è nemmeno come Fede che intervista Berlusconi.
«Per grazia di Dio no. Pannella è diverso».

Anche lei.
«Sì, nel senso che le interviste di Fede sono fatte meglio».

Fa il finto modesto?
«Giuro: intervistare Pannella è un genere peculiare. È l’unico leader che può prescindere metodologicamente dalle domande».

Peggio di Riotta che intervista Veltroni, che le pare?
«Non ci sono modelli. Io parlo prima con Pannella, almeno per capire cosa pensa. Poi sono nelle sue mani».

Però litigate lo stesso.
«Oh sì. Diciamo che anche io ho il mio carattere».

Non è un dissenso con Pannella che i radicali corrano da soli?
«Scherziamo? Sono d’accordo su tutta la linea. Il veto del Pd è inaccettabile, giusto non sottostare».

Veramente alle politiche avevate sottostato.
«La farò sorridere. Allora Bettini pose un veto, sbagliato e categorico su D’Elia. E su Pannella disse: "Sono tali il suo spessore e la sua esperienza che lo faremo correre da capolista alle Europee e gli porteremo 200mila voti"».

Ci vorrebbe la registrazione.
«Me lo ha detto una persona indiscutibilmente attendibile».

Forse la registrazione rivelerebbe sarcasmo.
«Sta di fatto che su questo sono d’accordo con Marco».

Quindi perché avete litigato?
«C’erano malumori di Marco per la conduzione della radio. E poi io gli ho fatto una battutaccia: “Prendiamo atto che siamo fuori linea”… E lui si è imbufalito».

È critico per la linea che tenete su Israele?
«Guardi, Pannella è duro con Israele. Ma noi su questo tema, ospitiamo una pluralità di opinioni che vanno da Fiamma Nirenstein a Umberto De Giovannangeli dell’Unità. Quindi… ».

Vede? È la stanchezza del coniuge.
«Lasci perdere il matrimonio, che non c’entra proprio nulla».

Ma lei e Pannella siete amici.
«Nella misura in cui si può essere amico di Pannella… Avverto sentimenti di grande solidarietà per lui. Ma non abbiamo mai preso un pizza insieme, in questa città non andiamo a cena».

La prima volta che le è apparso Pannella?
«Non siamo a Medjugorje».

Il vostro primo incontro?
«Nel 1974. Indimenticabile e bizzarro. Era il giorno della vittoria al referendum sul divorzio. Si festeggiava a piazza Navona. Ero con il mio gruppo di allora, che era trotzkista».

Grande entusiasmo…
«Caspita. Liberazione, il quotidiano dei radicali, che Marco, con singolare antiveggenza, aveva titolato: “Grande vittoria del No”».

Prima del risultato?
«Prudentemente non si facevano percentuali. Ma i commenti erano tutti azzeccati, eh, eh… ».

Come vi siete incontrati?
«Una lite. Era partito un corteo festoso. E lungo il tragitto i miei compagni avevano avvistato uno striscione del Msi».

E che c’entra?
«La proposta fu di bruciarlo, ma Pannella si materializzò dal nulla, gridando: “Che nessuno lo tocchi!”».

L’hanno linciato?
«Noo… Disse che era un errore politico e che la polizia non aspettava altro per intervenire, che lui, da nonviolento non lo avrebbe permesso. Io mediavo».

Si immaginava che avreste stretto un rapporto?
«Se mi avessero detto che avrei passato con lui tutte le domeniche della mia vita… Avrei fatto bruciare lo striscione».

È direttore di Radio radicale dal ’95: quanti litigi?
«Tantissimi. Uno nel 1996, quando si doveva rinnovare la convenzione con Prodi. Divergenze sulla strategia da seguire».

E poi su Capezzone.
«Voleva licenziarlo in diretta. Non ero d’accordo. Lo feci mesi dopo. Daniele aveva fatto della rassegna stampa un organo di propaganda di Decidere.it. Era troppo anche per me».

E quando Pannella telefona per contestare la radio?
«Integrare, è meglio. Io lo considero un editoriale, mi pare ottimo, spettacolarizza».

Una cosa che in cui è unico?
«Un momento nella sua vita sarà pur stato soddisfatto. Ma io non l’ho mai visto».

Nemmeno dopo la grande vittoria delle Europee ‘99?
«Macché! In un discorso memorabile, spiegò che i radicali sarebbero stati all’opposizione del governo e dell’opposizione».

E cosa lo preoccupava?
«Come gestire quel successo».

E i digiuni?
«Non l’hanno mai preoccupato».

Ha rischiato la vita, nelle dirette a Raido radicale.
«Guardi, magari mi gioco la poltrona su questo… Ma io sono convinto che nel 1995 si salvò solo per un invito di Mentana».

Cercava la morte?
«No, un nonviolento non è mai suicida. Voleva tenere il punto, questo sì».

500 domeniche insieme, e potrebbe essere licenziato. Non sembra preoccupato.
«Per nulla. Se alla mia verde età avessi questo timore, vorrebbe dire che nella vita ho sbagliato qualcosa».


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