Adesso l’onda del «restyling» di immagine del Pd, innescata da Dario Franceschini, rischia di infrangersi sullo scoglio aguzzo delle candidature delle liste europee. Mentre il segretario si è mosso in modo tonico, con dichiarazioni e iniziative personali che sicuramente si sono ritagliate spazio mediatico, il bilancio della campagna acquisti delle liste, per ora, è tutt’altro che esaltante: poche novità, pochi nomi prestigiosi, zero intellettuali, molto apparato e qualche sparuto volto nuovo, che sembra giustapposto ad un corpo anagraficamente e politicamente molto più antico. Certo, la partita non è ancora chiusa, ma il primo bilancio che si può trarre – per ora – è questo.
E per gli uomini di via del Nazzareno è un segnale allarmante: il nuovo corso veltroniano, infatti, iniziò a morire proprio quando il vestito nuovo del discorso del Lingotto si ritrovò imbracato nella maldestra imbracatura delle liste per le politiche. Le idee, da sempre camminano sulle gambe degli uomini. Per la Democrazia cristiana le competizioni elettorali erano l’occasione per far scendere in campo i campioni del voto e del consenso (o anche qualche volto nuovo come Alberto Michelini). Per il Pci le belle liste erano da sempre il fiore all’occhiello. Botteghe Oscure riusciva sempre a condire le sue liste con una varietà di bei nomi, indipendenti, persino stranieri, come il politologo francese Maurice Duverger, che veniva eletto in Italia in nome del galateo socialista internazionale, e un padre dell’Europa come Altiero Spinelli ritrovò la falce e martello a quarant’anni dal suo passaggio all’azionismo. Persino il Pdci può vantare qualche gioiello di famiglia, come la popolarissima astronoma Margherita Hack, e la neonata sinistra, oltre ai suoi leader – da Nichi Vendola a Claudio Fava – ha già ottenuto da Beppino Englaro una copertura da «garante» e dall’astronauta Umberto Guidoni una nuova candidatura.
Per ora, invece, il bilancio di Franceschini, soprattutto se letto analiticamente, è alquanto magro. Nel Lazio – a parte la guerra per il posto di capolista – l’immagine che si proietta è incredibilmente logora. Da un lato Goffredo Bettini (possibile numero uno), l’uomo, cioè, che prima delle elezioni politiche aveva spiegato che lui teneva molto «allo spirito di servizio», «che non si fa politica per una poltrona», e che «non mi ricandido perché intendo occuparmi a tempo pieno del partito». Ora i casi sono due: o non era vero quello che diceva, o al partito non lo vogliono più. Sta di fatto che il Pd si presenta nel Lazio, con un dirigente che era segretario della federazione romana del Pci nel 1987 (!!!). D’altro canto, l’alternativa cattolica non sembra da meno, in quanto a sfavillante segnale di novità. Si tratta addirittura di Silvia Costa, una che era passata alla storia per essere il (bel) volto nuovo della Democrazia cristiana dell’era demitiana alle politiche del 1982. Dalla toscana arriva l’auto-incatenante Leonardo Domenici (un altro che era «disgustato dalla politica di oggi» e solo tre mesi fa annunciava di voler saltare un turno). E sempre dalla capitale, il nome lanciato in pole position da Franco Marini è – nientemeno – che quel Gabriele Mori che fu assessore delle giunte pentapartite della Prima repubblica, ai tempi di Franco Carraro.
Al Sud la situazione è ancora più complessa. Il nome forte da spendere, nelle intenzioni del loft, sarebbe quello di Sergio D’Antoni: ovvero di uno dei più noti leader sindacali della Prima repubblica, ma anche l’uomo che condivise l’avventura di Democrazia europea con Giulio Andreotti (il bello è che lui non è ancora convinto…). Alle sue spalle, invece, c’è lotta al coltello. Massimo D’Alema ha lanciato un nome, quello dell’ex ministro Paolo De Castro, nato sotto la stella prodiana, e poi accasato presso quella del leader Maximo. Secondo D’Alema è il modo migliore per sedurre i centristi e i moderati, ma gli ex popolari del Pd non l’hanno presa bene, perché – dicono e ripetono in ogni sede – «visto che è il presidente di Red, tutt’al più potrà rappresentare la sinistra». Un altro che ambirebbe a correre da numero uno in quella circoscrizione è Umberto Ranieri, da sempre nome di punta dell’area riformista, ex sottosegretario coltivato nel laboratorio del «migliorismo campano». Nelle isole apre la lista l’ex sindaco repubblicano Enzo Bianco, cui potrebbe aggiungersi Rita Borsellino, sorella di Paolo, giudice antimafia (che è molto corteggiata anche dalla Sinistra di Claudio Fava, l’uomo che da segretario dei Ds la lanciò come candidata alla Regione Sicilia). Gli uomini di Franceschini vedrebbero di buon occhio anche l’ex governatore Renato Soru, che ha da poco rimesso in campo un suo movimento in Sardegna e che malgrado lo smacco viene considerato ancora molto popolare.
Solo nel Nord Est c’è un forte segnale di innovazione, con la possibile assegnazione del ruolo di capolista a Debora Serracchiani, «la giovane Bindi» che deve la sua gloria a un discorso di dodici minuti in cui ha sparato a palle incatenate sul quartier generale. Ma si parla anche insistentemente di Vittorio Prodi, fratello del più celebre Romano, amministratore locale emiliano romagnolo. Non è ancora del tutto sciolto, poi, il dilemma di Sergio Cofferati, che dopo la scelta di non ricandidarsi a sindaco di Bologna per la sua recente paternità, è stato bersagliato da non poche critiche soprattutto in Liguria, regione di approdo della sua nuova famiglia, dove la presidente della provincia Marta Vincenzi non ha nascosto le sue perplessità.
La scelta di cui sicuramente Franceschini dovrà rendere conto dopo il voto (e quindi a seconda del risultato) è quella di non far scendere in campo nessun candidato di bandiera. Nessun parlamentare, nessun presidente di Regione. I maligni hanno ribattezzato questa norma di incompatibilità il cavillo «anti-Bassolino». Ovvero il principio generale che servirebbe a risolvere un caso particolare, quello del presidente della Regione Campania, che Franceschini e Veltroni (inutilmente) avevano più volte cercato di far dimettere ai tempi delle politiche. Di sicuro, ancora il 12 marzo lo stesso Bassolino confidava nella possibilità di scendere in campo: «Mi pare che se il centrodestra mette in campo la prima fila, lo stesso dovremmo fare noi». Appunto. Adesso invece, in questo vuoto apparentemente virtuoso, invece del corpo del nuovo Pd emerge una telaio d’epoca. Un classe dirigente rodata, certo. Ma forse per le Europee del 1984.
Il lavoro che tutti rifiutano: fare l’europarlamentare Pd
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19 risposte a “Il lavoro che tutti rifiutano: fare l’europarlamentare Pd”
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Europee Pd. Articolo un pò scontato, non crede Telese? Un partito che non si fa solo contenitore di questo o di quel politico (il riferimento a Bassolino è netto) è un partito che potrà prendere meno preferenze ma sa che ogni suo candidato gode di un aspetto indiscutibilmente positivo che ne rappresenta la premessa, ovvero andare in Europa per restarci e non per sfruttare l’evento delle urne per regolarsi tra competiors. Immagino che la novità speculare al Pd ad esempio di Emilio Fede, probabile candidato per il Pdl, sia per lei una candidatura post-84. Riguardo al concetto di novità uguale a qualità, su questo sono ancora più critico. La giovane presentatrice Rai, candidata nelle liste del Pdl, quella di cui francamente ricordo solo la bellezza, è forse quello che lei intende come “novità” per la politica italiana? Un appunto: La Vincenzi non è presidente della provincia di Genova ma è sindaco del capoluogo ligure. Colgo l’occasione, infine, per augurarle caro Telese, una felice e serena Buona Pasqua.
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Bell’articolo, nel merito delle singole candidature. In linea di massima approvo il messaggio che vuole far passare franceschini che nel suo partito tutti i candidati saranno “obbligati” ad accettare il poso ed a rimanerci, ponendo così il pd su un piano diverso, indubbiamente più serio rispetto a pdl e idv e più rispettoso degli elettori. vedremo se riusciranno in campagna elettorale a far leva su questo punto per guadagnare voti invece che perderli per non aver presentato nomi altisonanti ma solo di facciata.Quello di cofferati è uno scandalo, in un paese serio ci sarebbe un giornalista che lo segue costantemente chiedendogli conto delle sue parole del 9 ottobre 2008: “Se andassi in europa potreste dire che sono un ciarlatano”, da noi invece più che sperare in un piero ricca che vada a darglielo veramente del ciarlatano, o a un tapiro di striscia, non c’è niente. confermo che la vincenzi è sindaco di genova come sottolineato da margheritino.
Buona Pasqua,
Andri
p.s. mi aspetto nei prossimi giorni un articolo con un’altrettanto puntuale disamina dei candidati del pdl. Faccio male?
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in risposta ad andri: a proposito di giornalisti puntuali e con buona memoria: hai mai sentito parlare di un certo TRAVAGLIO?
mi associo a Telese nell’opinione di carenza di risosorse umane e idee nelle file del pd. per quel che riguarda i volti del pdl, sono anche troppo visibili, e i candidati non hanno bisogno del sito di Luca Telese.
caro Luca buona Pasqua e i bocca al lupo per tetris.SIMONA
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Se il Governo gode del 75% dei gradimenti (dati forniti dall’esimio Gabinetto del Premier), l’ultimo sondaggio siglato dalla Digis, assegna un lusinghiero 40,8% dei consensi al Pdl (lusinghiero relativo alle aspettative sulle europee dichiarate dallo stesso Berlusconi convinto del 44% come asticella per difetto). Alle politiche del 2001 (dato massimo riscontrato da Forza Italia e An rispettivamente col 29 e 12,5% dei consensi), il nuovo partito non riuscirebbe a riconquistare gli stessi voti di allora. O nel caso migliore confermerebbe il suo peso elettorale. Discorso diverso per la Lega data al di sopra del 10%, a cui sono confluiti voti di protesta alle scorse politiche e che nel giro di un anno difficilmente si riposizioneranno nel proprio bacino originario, soprattutto nell’area Prc. Il Pd sembra ancora non recuperare il gap del – 10% di consensi registrato complessivamente nelle amministrative…ma l’elettore di sinistra è esigente e se riterrà opportuno andare a votare,voterà con molta probabilità il partito votato un anno fa. Per collegarmi al nocciolo dell’articolo di Luca Telese, vorresti dirmi caro Luca Paolo Cirino Pomicino a quale stagione ideologica appartiene? Ma sappiamo che nel centrodestra vige la proprietà aritmetica del cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia! Auguri di Buona Pasqua.
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Oggi Pasquetta…tempo però incerto e siamo rimasti a casa. Niente verde e grigliate varie. Internet rimane però sempre a portata di mano.
Ho letto con interesse l’articolo di Telese ed essendo una giovane di ventanni ho provato a capire se i suoi interrogativi fossero fondati ma…..
Il Popolo della libertà, che nelle prime file del suo congresso fondativo ha schierato così tanti giovani e facce nuove (alcune pare arruolate tramite agenzie interinali soltanto per garantire una prima fila più gradevole alla vista), si riscopre conservatore nella pratica, candidando vecchie cariatidi democristiane. Saranno così proposti per un seggio a Strasburgo Clemente Mastella ed anche Paolo Cirino Pomicino, 69 anni.
Mentre la candidatura di Mastella si spiega facilmente come il giusto compenso per aver fatto cadere il governo Prodi (l’esperienza pascquale di recente ci ha ricordato che una volta bastavano 30 denari, ora il prezzo è salito..) la riproposizione di Pomicino è l’applicazione della spavalda teoria secondo cui sotto il logo del Pdl si può far transitare ed eleggere chiunque. Anche chi è stato condannato in via definitiva a 1 anno e 8 mesi per finanziamento illecito tangente Enimont e ha patteggiato 2 mesi per corruzione per i fondi neri dell’Eni. Evidentemente queste sono le migliori risorse che il Popolo della libertà è in grado di mettere a disposizione dell’Europa…
Viva quindi la “gioventù della Libertà” e il sitema di riciclaggio di den….ops di poltrone sporche. -
Caro Margheritino,
Grazie per aver corretto il lapsus sulla Vincenzi, essendo ormai sulla via dei quaranta capita…. Quanto al resto, però, le rispondo di no. Non credo che sia un articolo scontato, se posso essere sincero. E trovo abbastanza curioso questo suo modo di procedere. Lei mi dice: ma anche Emilio Fede, però…. E che c’azzecca? Io ho scritto che le liste del Pd sembrano buone per le europee del 1984. Mi pare innegabile. Sono stanche, vecchie, prive di appeal, assemblate senza criterio, sulla base delgi avanzi di magazzino. Che c’entra Fede? La mia non è una valutazione anagrafica: se ci avessero messo i cento anni di Ingrao, in lista – dico per paradosso – non si sarebbe avvertito questo terrificante effetto-catacomba, ma una ventata di novità. E allora lei mi dice: ma scusi, ma Barbara Matera? Barbara Matera è una “letteronza” canddata nelle liste del Pdl, un ennesimo ribasso nella scala disevolutiva della politica italiana. Ma lei mi chiede: e perchè nonl o dice allora? L’accotnento subito: se poi lei mi chiede cosa io pensi delle liste del Pdl, le rispondo tranquillamente che mi fanno schifo. Ma il problema non è questo, ovviamente. Il problema, per uno che vota a sinistra sono le liste del Pd. E io inizio a stupirmi di quegli elettori di sinistra, come presumimiblmente lei si considera, che mandano già qualunque mummia ripetendo fra se e se: Però Berlusconi candida una letteronza, quindi io sono fortunato. Ma chi se ne frega di cosa fa Berlusconi! Pensi a quelli che vota lei, a quelli che le propongono votare a lei. Anzi, segua il mio consiglio. Non li voti, già che c’è. Ci sono tante liste a sinistra: l’italia dei valori, la sinistra di Vendola, Rifondazione… Inizi a dare il buon esempio lei, la finisca di mandar giù tutto, e si rifiuti di votare le mummie… -
E rispondo anche a Lore:
facendo il giornalista politico di mestiere, e occupandomi prevalentemente di sinistra, sarebbe assurdo se dovessi pareggiare ogni cosa che scrivo con una cosa di segno uguale e contrario. Però, come puoi vedere sora, non ho nessun problema a dire cosaa penso del Pdl: un partito di plastica teelcomandato a bacchetta dal leader. Auguri anche a te! -
Caro Telese, ciò che mi spinge ad interlocuire con lei è proprio la sua incontenibile voglia di suggerire agli altri metodi ed antifdoti per fare meglio il proprio dovere. Premesso che ho scelto il Pd convintanmente e che lo voto a prescindere da chi si candida anche solo perchè serve a contrastare in termini dialettali il pensiero unico proposto da questo centrodestra, ritengo anche che distiguere la politica in due concetti, oramai dissoltisi,come destra e sinistra, almeno in Italia, rischia di consegnare il paese per almeno altri 15 anni a Berlusconi o chi per lui. Io non sono di sinistra come potrebbero essere Fassino o Bersani ma anche Sacconi o Brunetta (i primi sono figli del post-comunismo i secondi sono eredi del peggior socialismo italiano) ma sono tra coloro che hanno scelto un ampio campo di forze progressiste – nel mio caso di estrazione non marxista- per confrontarsi e non cedere a nessuna forma di populismo sia che veda a capo il Cavaliere,sia che veda riproduzioni sbiadite come Antonio Di Pietro. Sono sinceramente deluso dalla sua risposta. Delusione dovuta soprattutto al fatto che non tenendo conto della mia scelta di militante che mai potrebbe conciliarsi con un cambio di casacca…mi invita a votare altri partiti di sinistra come se tutto fosse nella “normalità”delle cose.. partiti poi che della loro saccenteria ne hanno fatto un programma elettorale, salvo non riuscire a mantenere gli impegni di coalizione a tempo debito, dimostra che il punto di osservazione sulla sinistra italiana da lei posto in essere in questi anni non è attendibile nella misura in cui valuta delle liste senza conoscerne i candidati a completo. Anch’io avrei difficoltà a votare Cofferatti nella circoscrizione nord-ovest ma non mi pongo il problema più di tanto…ci saranno altri! Il problema di fondo per il Pd a mio avviso è rimotivare un elettorato che a differenza di altri vuole giustamente conto e ragione di ogni scelta operata. Franceschini in questo senso è stato parsimonioso e credo che l’impegno preso dinnanzi al partito di garante delle liste, dimostra grande qualità politica e umana. Francamente della “letteronza” non mi importava più di tanto.Era una mera provocazione, così come quella di Fede. Riguardo al buon esempio, aspetto con trepidazione di conoscere a quale partito “concederà” il suo voto….dopo tutto sarebbe un gesto di serietà a conclusione di un percorso che come lei dice, l’ha vista occuparsi prevalentemente di sinistra! PD, Idv, SL, Prc-Pdci……
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Caro Margheritino,
mi spiace averla delusa, ma preferisco essere sincero che provare ad accattivare. Però noto una certa confusione, in lei, o una grande distanza dall’idea che ho io (magari è reciproco). Mi pare un po’ frettolosa, come minmo, la sua archiviazione dell’idea di sinistra.
Ovviamente il fatto che mi occupi di An o di Pd, non vuol dire che io debba votare quelli di cui scrivo. E’ come se un chirurgo che opera il cancro dovesse contrarlo pure lui. Ecco, io tendo a distinguere quello che penso da quello che scrivo. L’articolo da cui siamo partiti è una analisi che non è mossa da un presupposto politico, ovviamente. Per dire: io non voterei Pd nemmeno in questo caso: ma se fossi Franceschini e volessi innovare, piuttosto che mummie e reciclati, metterei in campo dei giovani da Luca Sofri a Mario Adinofi ad Andrea Romano…. Se volessi conservare . invece – farei candidare i leader veri da D’Alema a Letta, alla Bindi, a Bersani. Adesso, invece, quel che appare è una melassa nè carne nè pesce. Allo stesso modo se le racconto che considero Bertinotti disastroso (ed è la mia idea) questa è una valutazione che potrei sostenere “tecnicamente”. Io ho dato il mio primo voto al Pci, che – malgrado le ubbie veltroniane – è stato l’unico partito riformatore serio in Italia (a cui va aggiunto il riformismo liberale giolittiano, e qualche lampo di riformismo democristiano nel primo centrosinistra). Dopo di allora ho votato per senso civico e per approssimazione del male minore “i succedanei”: Rifondazione, una volta Pdci, di nuovo RIfondazione. Stavolta sono indeciso: voterò tra i partiti che le ho detto proprio per evitare l’affermazione del “modello unico” (assolutamente falso e inadatto all’Italia) Pdl-Pd, che di fatto perpetua l’egemonia assoluta di Berlusconi (perchè da solo il Pd non vincerà mai). Lo ha detto D’Alema (ma condivido l’analisi) che se non si ricostituisce una alleanza con altri, il Pd non ha nessuna possibilità di vincere. -
Adesso ritrovo il Luca Telese che conoscevo, acuto assertore del dirsi e farsi “chiaro” , che al gergo giornalistico aggiunge anche la diretta presa di posizione, merce rara in un sistema mediatico in cui ad ogni cambio di clima politico, tutti tendono ad adeguarsi al governo di turno. Sul concetto di sinistra però, ribadisco ciò che ho detto. La vocazione maggioritaria del Pd nasceva dal desiderio di unire l’Italia e non di dividerla. Questo, malgrado la sconfitta elettorale, ha portato voti al Pd nelle grandi città, indistintamente dal colore politico che le ha amministrate in questi anni, raggiungendo addirittura un risultato lusinghiero in Veneto dove alle politiche il Partito Democratico aveva le stesse percentuali di Pdl e Lega. Condivido con lei, la necessità di un nuovo centrosinistra per l’Italia ma non nell’accezione dalemiana. Ad esempio io non ho ancora digerito l’affaire “Commissione di vigilanza” “simbolizzato” (termine psicologico) da Latorre e Bocchino nella trasmissione de La 7 “Omnibus”. Per dirla tutta, ancora aspetto le dimissioni del senatore pugliese! Massimo D’Alema, da vicepresidente dell’Internazionale socialista, è convinto, legittimamente, che il Pd debba caratterizzarsi come partito di riferimento del socialismo europeo e l’alleanza con l’Udc – ad esempio -sarebbe solo strategica a coprire il bacino elettorale moderato e di centro. Io, “bindiano” per definizione, invece, credo altrettanto legittimamente, che il Pd sia già una generazione politica avanti e che esso debba saper cogliere i mutamenti della società italiana e concorrere al centro come a sinistra dello schieramento politico. Da qui la mia posizione rispetto all’attualità o meno di concetti come destra e sinistra. Tuttavia non ritengo un bene per l’Italia avere due soli partiti bipolari, ecco perchè avrei preferito il maggioritario alla francese ma davanti ad una legge elettorale più volte definita “porcata”, voterò convintamente si al prossimo referendum elettorale. Infine, La ringrazio per la cortese attenzione, sperando di averla sempre disponibile per una sana e ponderata conversazione.
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Caro Luca hai ragione le liste del PD fanno schifo, per 2 ragioni:
1 – la novità che ci si aspettava dal PD era quello sulla modalità della scelta dei candidati. Dov’è finita la grande promessa delle primarie SEMPRE e per tutte le CARICHE. Eppure che le elezioni si teneressero quest’anno di sapeva da tempo, non c’è stata la crisi di governo EUROPEO ed elezioni entro 60 giorni.
2 – si concorre alle elezioni al parlamento europeo senza un programma. Si tireranno fuori dal cassetto STAMPA E PROPAGANDA (una volta si chiamava così), alcune vecchie parole d’ordine è VAI…
Il PD, anche questa volta, ha perso l’occasione per mostrarsi diverso dagli altri.
Lo stesso dicasi per tutti gli altri partiti che si dichiarano di sinistra.
E’ vero la lista del PDL è peggio di quella degli altri, ma che ci frega, mica hanno promesso democrazia e trasparenza nelle nomine.
saluti -
“A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro… che ti epura”. Citazione attribuita a Pietro Nenni che rispecchia l’intervento di Vincenzo. Forse la sua vuole essere una critica costruttiva ma faccio fatica a capirla. Termini come “schifo” male si conciliano con chi vuole deputarsi quale moralizzatore. Un’occasione mancata per spiegare cosa si pretenda davvero da un partito come il Pd. A destra si afferma la leadership berlusconiana e a sinistra magari gli ellettori si improvvisano leader. Caro Vincenzo, potevi fare di più, anche nel rispetto delle due ragioni da te esposte.
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Ho saputo che a Napoli c’è aria di frizione nel Pd. Speriamo non sia il Vesuvio.Saluti….Olga Trevisan – Rovigo
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@margheritino, un commento è un giudizio secco ed esplicito. Non ho parlato di “puri e duri”, solo di regole e promesse. Confermo lo schifo per il metodo che non differenzia dx e sx.
Ma, ripeto della dx non mi frega niente, e la sx che mi preoccupa sempre di più. Gli elettori di sx non sono votati al liderismo ma sicuramente alla compartecipazione delle politiche espresse dai propri rappresentanti che, se scelti da loro e non dall’alto, potrebbero essere meglio compresi o aiutati “nell’impegno politico”. Ho detto impegno politico e non altro proprio per differenziare il mio pensiero dalla dx (ma poi della dx, buttereste via tutto?).
Chi ti ha detto che io non abbia fatto di più, ma ci conosciamo?
saluti -
@ Vincenzo: penso che la replica di margheritino era dovuta ad un atteggiamento diffudo nel centrosinistra, in cui si apprezzano sempre di più figure ambigue come Di Pietro e non si valorizza chi, in contrsto con le segreterie, ha voluto prima con Veltroni, poi con Franceschini, modernizzare il metodo di selezione della classe dirigente. Veltroni ha fatto fuori De MIta come Visco, personaggi che per i rispettivi partiti sembravano inamovibili. E’ di oggi la candidatura di Rita Borsellino e della giornalista casertano sotto scorta, Rosaria Capacchione. Forse quello “schifo” di troppo era pregiudicato dalla delusione per il recente passato, ma io vedo ancora un barlume di differenza immenso tra destra e sinistra e tra sinistra e sinistra. Vincenzo, non ti giudico, anzi ti rispetto ma proviamo a sostituire la masosichistica dialettica del tafazzismo alla più mite presa di coscienza che il Pd è l’unica realtà che merita il voto di chi vuole tutelare una visione alternativa a tutte le destre. Concludo dicendo che alle provinciali di pesaro-Urbino avremo uno dei candidati più giovani d’Italia, Matteo Ricci, questo grazie anche al nuovo PD. Saluti!
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6-7 giugno: La Lega avrebbe fatto cadere il governo se fosse passato l’election day. Qui ci sta tutto lo “schifo”.Vergogna!!!
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Caro Telese, non vedo ancora nessun commento relativo alle candidature (almeno per quelle certe) del Pd alle europee. Attendo un suo parere.Grazie
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Ma come nessun commento? Se questo è un pezzo sulle candidature del Pd?
Luca -
Gentile Telese, il suo articolo è datato 11 aprile mentre le candidature ufficiali del Pd sono pervenute solo negli ultimi giorni. Voglio solo pensare ad una sua mancanza di tempo o magari più semplicemente di contenuti. D’altronde anch’io non saprei cosa scrivere della ritrovata unità comunista tra Prc-Pdci. Ha saputo della decisione di Berlusconi? L’effetto desiderato da Franceschini si è manifestato. Il premier interviene last minute per risolvere un pasticcio inestricabile: toglie dall’imbarazzo i ministri, metà dei quali piuttosto che misurarsi con le preferenze avrebbe preferito un bagno nell’olio bollente, dà sollievo ai malcapitati non ministri delle teste di lista che avrebbero dovuto sborsare – si calcola – 250mila euro di campagna elettorale e poi dimettersi per far spazio ad altri, decapita una polverosa “eurocasta” di aennini e forzisti insidiata da un sottobosco di voraci aspiranti candidati fatto di riciclati e trombati alle politiche, elimina alla radice i controversi “casi” alla Mastella, dà infine lustro al Cavaliere, innovatore e talent-scout di facce nuove della politica.
Fini, colto alla sprovvista dalla carica delle soubrette deve decidere se confermare in tutto o in parte o suoi uscenti.
Per non sfigurare con il premier innovatore e cogliendo la palla al balzo, si sarebbe anche lui messo alla ricerca di volti nuovi, da “mixare” con i riconfermandi Cristina Muscardini, Roberta Angelilli e Salvatore Tatarella. Ex malo bonum, verrebbe da dire. Peccato per “l’effetto Bagaglino”, ma così è fatto Berlusconi.
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