Cari Travaglisti,
Vi devo dire la verità, a me una delle cose che mi piaceva di più del progetto Unità se ci fossi entrato, era riuscire a stare in un giornale con Marco. E’ qualche anno che mi capita di litigare con i suoi detrattori di destra, e persino di sinistra (purtroppo ci sono, vedi il demenziale articolo di D’Avanzo e il memorabile titolo di Repubblica: "I fatti non sono la realtà"….). Io e lui, insieme, costituiamo, tecnicamente, "un chiasmo". Ovvero: io un giornalista di sinistra che lavora a Il giornale. Lui, con una provenienza di destra, a L’Unità. Non è un assurdo. Il problema non siamo noi due, ad essere fuori sesto, ma il modo in cui sono fatti i giornali oggi. In un paese normale, i ginornali independenti farebbero a botte per assicurarsi un opinionista come lui. Ma in un paese in cui non c’è mercato, in cui gli editori sono prevalmentemente palazzinari, o rappresentanti di partito (più o meno in incognito) viene criticato persino a l’Unità. Pazzzesco. Marco è stato nell’organico di La Repubblica pagato per non scrivere!
Vedete, la vera differenza tra lui e certi pseudo-girotondini che millantano pose eroiche (uno che mi fa morire è Ricca, quando vedo il suo blog mi metto le mani nei capelli, un altro è FurioColumbus con i suoi allucinati articoli su Barigazzi), è che Marco – vedi Inciucio – nei suoi libri spara a 360 gradi, a destra e a sinistra, senza guardare in faccia a nessuno. Che ha talento da vendere e capacità di documentazione poderosa. Tutte cose che fanno impazzire i suoi critici improvvisati. Ho detto publbicamente a Raio 24, che solo in Italia poteva essere criticato lui sul caso Schifani, e non Schifani (!).
Ho visto che qui qualcuno mi chiede conto dei miei articoli "feroci", con Veltroni. Sono lì, come potete vedere, in rete. Ma non li considero "feroci", piuttosto giustamente severi, dato quello che sta accadendo. E il ragionamento è questo: Veltroni è una grande delusione per molti progressisiti, che si aspettavano da lui – non dico la rivoluzione bolscevica – ma che almeno qualcosa di sinistra potesse dirlo. Si è ammosciato, tutto qui. Ha negato la sconfitta. Ha messo su questa pagliacciata del governo ombra. Si è coltivato questa rovina che è la Binetti… Ha messo su una squadra di brocchi terrificanti fra cui la Madia sfavilla. Si è un pochettino "veltrusconato", e questo per il nostro paese mi pare un danno devastante. Io ho una identità politica precisa – comunista italiano nel senso di Berlinguer – ma non ho una appartentenza a squadre politiche. Non solo: non credo che un giornalista debba averla. Ho pubblicato un anno fa una biografia di Veltroni ("Il piccolo principe") nella mia collana, che era criticamente simpatizzante, se posso usare questo termine. ne ho scritta io stesso una su Cofferati, quando pensavo che potesse (vedi manifeastazione articolo 18 ) rapprersentare una alternativa agli inciucisti. Ha deluso (almeno me). Come Veltroni.
Anzi direi che sul Walter, dopo quello che (non) ha fatto il mio giudizio si è direi ribaltato. Sono scetticamente deluso. Tutto qui. Dopodichè, di questi tempi – se uno fa il gironalista – è davvero difficile capire dove si possa trovare un equilibrio per scrivere. Appena si è diffusa la notizia che sarei potuto andare, a l’Unità qualcuno mi ha definito "amico dei fascisti" nella bacheca (!) perchè ho scritto un libro sulle vittime di destra degli anni di piombo (800 pagine, tre anni di lavoro, e quelli lo scambiano per un pamphlettino). Non pretendo che abbiano letto Cuori neri. Ma mi spaventa il grado di superficialità per cui aver scritto su quella carneficina significhierebbe essere di destra… Altri hanno minacciato barricate, altri hanno ripescato quei pezzi su Veltroni coem se fossero capi di imputazione… A questo punto, preferisco stare dove sono scrivere quello che mi va di scrivere (perv ragioni storiche e professionali al Gornale nessuno me lo impedisce), dire quello che dico, e lasciare agli altri la libertà di pensare quello che vogliono di me. Non sono uno di quelli che vuole piacere a tutti i costi. Anzi. Mi è sempre piaciuta la massima di Pertini: "Tutti gli uomini di carattere hanno un cattivo carattere. E io modestamente ho carattere".
Luca
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Cari Travaglisti, (2)
NEOBERLINGUERISMO. La prima cosa da dire è che Berlinguer è stato tradito e utilizzato da tutti i dirigenti postdiessini. Veltroni e D’Alema, lo scorso anno, hanno sponsorizzato due libri su Berlinguer, ognuno cercando di trarlo darla loro parte. In estrema sintesi: secondo D’Alema Berlinguer è un dalemiano mancato, secondo Veltroni un veltorniano mancato. Secondo Fassino (che infatti è cretino), era un cretino. Esagero? Andatevi a rileggere la ridicola biografia di grissino di ferro, in cui dice che Berlinuger è morto perchè non aveva una linea politica (volgare e grottesco, prima che cretino). Sto scrivendo un libro sulla Bolognina, chissà quando uscirà, si intitola "Qualcuno era comunista" (alla Gaber, perchè secondo me la crisi della sinistra inizia quando si uccide il Pci per fare una cosa senza carne nè pesce. Chi andasse a scovare nel mio archivio scoprirebbe un pezzo sul congresso dei Ds di Firenze in cui spiego che cosa penso di loro: sono diventati "Pop-brezneviani". Nel senso che hanno perso tutte le passioni e le idealità del comunismo, ma hanno recuperato forme di stalinismo che il Pci non ha mai conosciuto (non ai loro livelli). Sognano l’unanimismo, che è il loro vero obiettivo perchè hanno paura della democrazia. E’ un’opinione un po’ spigolata, me ne rendo conto, ma è quello che penso scrivendo della sinistra da 15 anni.
VELTRONI. I leader della sinistra post, dalla Bolognina ad oggi, hanno cambiato tutti idea come banderuole al vento. Tutti. Anche i migliori. Io non ho cambiato idea su Veltroni, è lui che è cambiato. Ma in termini tecnicamente politici. Volete un esempio? Nel 2001, quando l’Ulivo perde perchè candida quel fesso di Rutelli (uno che giustamente Berlusconi voleva al posto di Bondi, a Forza Italia) e perchè è stato così fesso da dividersi da Rifondazione, Veltroni vince a Roma – e lo teorizza! – perchè dice: la sinistra vince solo se è tutta unita. E’ il Veltroni che parla di laicità, che dice di voler essere "kennedyano", che dice che bisogna riscoprire le idealità. Bene. Dopo aver teorizzato tutto questo, fa esattamente quello che aveva criticato in Rutelli: manda a quel paese Rifondazione, ma anche – inspiegabilmente! – Socialisti e tutti gli altri. Voi direte: perchè, ti piacciono i cespugli? Lo so, qui esprimo un’altra opinione che non va di moda. La sinistra ha vinto perchè c’erano i cespugli. Ha vinto perchè c’erano molte diverse varietà. Se uno segue Berlusconi sul terreno della monocultura finisce desertificato. E’ quello che sta accadendo. Così posso rispondere pure a quello che mi parlava dell’articolo su Berlusconi. Guardate che il predellino è una cosa alla Sarkozy. E’ un fatto tecnico, mica un complimento. A me Sarkozy non mi pare un genio, e fra l’altro pure lui porta i tacchi. Diciamo che prediligo Carlà.
E qui ritorno ancora ai miei pezzi sul Pd. Primo dicendo una cosa presuntuosa. Che il Pd partisse male, anzi malissimo, l’ho capito molto prima. Diciamo che dentro di me (pur avendo una grandissima simpatia umana per Walter, e persino dei legami umani "indiretti") ho capito che Veltroni non avrebbe fatto nulla di quello che ci si aspettava da lui (non la rivoluzon, ripeto, ma qualcosa di "Veltroniano") dopo aver pubblicato nella mia collana la famosa biografia "criticamente simpatizzante". Poi è venuto la squallida assemblea di Assago (leggetevi la cronaca), in cui già annunciava che voleva buttare a mare tutti e correre da solo. Poi è venuta la scelta camomillosa e partitica di Franceschini numero due (già la Bindi sarebbe stata tutta un’altra cosa), già c’erano state le primarie taroccate per fare tabula rasa (sempre ala voce unanimismo: persino l’un per cento di Adinolfi dava fastidio). Poi c’è stata la scelta fallimentare dell’orrido Bettini come numero due del Pd. Poi c’è stata la coglionata di candidare Rutelli a Roma. Poi ci sono state le liste (Madia Calearo, do you remmenber?). Questo è semplicemente giornalismo. Credevo che fossero delle sciocchezze, ho scritto perchè, quello che non solo io avevo profetizzato (non ci voleva nostradamus) si è facilmente realizzato. Se tu candidi quello della Confindustria del veneto che nega l’aumento agli operai e ha la suoneria di Forza Italia sul telefonino (sempre Calearo!) poi ti stupisci che lgi operai non ti votino? Io no. Ma le elezioni sono andate molto peggio di quanto lo stesso Walter e i suoi non pensassero. E l"l’onorevole sconfitta preventivata (altro errore) è diventata una caporetto. Il veltrusconi (eccome se esiste, vedi idea di sbarramento alle europee) è un’altra fesseria storica. Che cosa dovrei dire, che sono paraculate? No, e infatti penso e scrivo il contrario. E sono così appassionato (ma potete benissimo leggere incazzato), proprio perchè vorrei che la sinistra vincesse prima dei prossimi cento anni (se non altro per il bene di mio figlio Enrico). In tutto questo qualcuno qui mi dice: ma perchè scrivi soprattutto di sinistra? Perchè tutti i giornalisti politici hanno una specializzazione (io, almeno per ora, non sono un editorialista) e la mia è quella: è come dire a uno che fa il dentista perchè non fa anche trapianti. Forse sono persino in grado, ma prima ancora dei problemi di indirizzo, c’è questa divisione di ruoli che non è decisa da me (altrimenti sarei direttore).
Però voglio rispondere chiaramente a chi mi dice: come, ti dici "libero", e poi sul giornale non scrivi un editoriale contro Berlusconi? Ma guardate che nemmeno Marco, su L’unità scrive contro Fassino. per aver detto, in una assemblea girotondina, che quelli di D’Alema erano "entrati con le pezze al culo a Palazzo Chigi e usciti ricchi", il gruppo dei Ds (Cuperlo, Violante, Caldarola e altri) minacciarono di togliere il finanziamento pubblico a l’Unità!. Non perchè lui lo avesse scritto su quel giornale, ma perchè lui lo aveva detto da libero cittadino, e però scriveva anche su quel giornale. Tra parentesi: queste cose le ho raccontate, ad esempio con interviste a Marco, su Il giornale. Questo vuol dire che serve più coraggio? Che bisogna andare a sparare ai censori? No, perchè nessun giornalista è in grado di pubblicarsi un pezzo da solo. Però con il proprio lavoro si può crescere, e contrattare condizioni sempre migliori .E poi, siccome la realtà è complessa, ci sono cose (ma immagino che succeda anche per il vostro lavoro) che a volte vorresti scrivere e non puoi, a volte non potresti scrive e le scrivi lo stesso, che a volte ti fermano e che a volte invece finiscono in pagina non si sa come. Attenzione: non solo al giornale. In tutti i giornali. Non mi piace appuntarmi medaglie sul petto, non lo faccio, chi vuole legge e giudica. Però vi racconto un solo aneddoto. Ho avuto grande simpatia su Cofferati, e ho avuto da cronista, il giusto necessario a capire che (ben prima del 23 marzo) stava diventando un fenomeno. Era un outsider, nessuno sapeva tutto di lui. Propongo a Belpietro di scrivere una biografia a puntate su Il Giornale (!). Accetta (!!!). Perché? Perchè Maurizio è meno prevedibile di quanto non si pensi, percè ogni giornale vuole avere qualcosa di diverso. Dopo le prime quattro puntate (piene di notizie, non di opinioni) i lettori de Il giornale erano imbufaliti. Telefonavano e dicevano: bastaaaaa! (forse avevano ragione loro). Su Il Barbiere della sera esce un pezzo che raccoglie tutte le incredibili voci che circolavano in proposito. Era estate. Le vendite del giornale erano incredibilmente in aumento, di 5 10 mila copie (non certo per quella biografia, credo), ma Belpietro si è fatto scaramantico: "E se ci fossero lettori di sinistra incuriositi?". Allora mi fa: "Quante puntate avevi preparato?". E io: "Otto". E lui: "Allora fanne venti". Sapete quante ne ho scritte, alla fine? Quasi trenta.
Questo per dire che nulla è scritto, e che malgrado tutto, i lettori hanno una forza incredibile. E poi c’è il caso. Magari compravano il giornale per il cruciverba. E un cruciverba ha garantito questa operazione "apologetica" di Cofferati (!!!!) fatta da Il giornale. L’Espresso mi prese pure per culo definendomi: l’OMBRA CINESE". Qualche cirtuello scrisse che Cofferati piaceva a Berlusconi. Tutte puttanate, come si è visto. Questo mestiere funziona così, come la politica secondo Rino Formica: sangue e merda. Ma anche fortuna. Fatemi sapere.
Luca
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Cari Travaglisti, (3)
Si, è vero, si sono intrecciati diversi discorsi, ma è il bello di questi tipo di forum. Vorrei provare a fare chiarezza sui due principali che stiamo affrontando. Vedo che facciamo addirittura “notizia”: Niente di male, vuol dire che siete la creme. Ottimo, purché si citino le fonti, no?
Il primo tema. DUE O TREMILA COSA DA DIRE SULLA SCONFITTA DELLA SINISTRA…. Vedo che Henry Smart è molto meticoloso, e mi fa piacere. Ma l’esito della valutazione dipende dal campione che si prende, da cosa si intende per centro-sinistra. Io, per esempio, non direi mai, come fa lui, che nel 2001 tutta la sinistra si esauriva nei Ds. La sinistra del 1948 era il Fronte Popolare (che fra l’altro, malgrado la sua sia considerata una sconfitta drammatica, prese molto più del Pd!) ma non solo. La sinistra, o il centrosinistra del 1953 sono tutti coloro che rifiutarono la coalizione democristiana. Se vogliamo semplificare, con molta approssimazione, dobbiamo individuare il “blocco conservatore” e quello “progressista”, nel tempo, accettando che sia mutato di molto (ovviamente) nella composizione e nella rappresentanza. Dobbiamo, fra l’altro eliminare le forze ne-ne che ci sono sempre state (esempio: L’uomo qualunque di Giannini. O la lega del 1995 che prende il 10% contro i due Poli, e che è molto diversa da quella di quest’anno, collocata in una coalizione di centrodestra). Quindi do per scontata una contiunità fra Fronte popolare e laici anti Dc, Pci e sinistra alternativa, progressisti, Ulivo più rifondazione, Unione, e Pd più Di Pietro.
Allora, data questa opinabile premessa, io faccio questo calcolo: il Pd è a meno nove (Meno nove!) dal centrodestra. Punto. E bisogna pure aggiungere che il centrodestra, rispetto al 2001 (non va mai scordato) ha perso anche Casini (un altro ne-ne in queste elezioni, che ha fatto miracoli). E il centrodestra si è potuto permettere (adesso vedo che con la Santanchè cerca persino di recuperare) di espellere la Destra di Storace, un partito che in soli tre mesi, senza soldi, ha ottenuto un risultato quasi clamoroso, il 2.5%. Questa è l’analisi che io faccio. E questo è stato il capolavoro politico di Berlusconi (valutazione tecnica: gli altri no capivano un tubo, lui si costruiva la coalizione su misura).
Mi pare che Smart sbagli quando, come fa con ostinazione "negazionista" Veltroni, considera il suo risultato alla luce dei sondaggi e dice (ma dove?) abbiamo recuperato venti punti (!). L’unica cosa certa è che la sconfitta è gravissima perchè ha prodotto una desertificazione di tutta la coalizione. Non è solo nei numeri, ma nella dimensione. La scelta di rifiutare l’apparentamento, insomma, ha prodotto lo sperato effetto-maquillage, cancellando tutti i minori, e mascherando l’emorragia del Pd e il suo mancato sfondamento al centro. So che se ne possono fare altre, ma questa è, appunto, una valutazione.
So che si può dire che la Sinistra arcobaleno se l’è cercata (e io, che l’ho votata, sono incazzatissimo con Bertinotti, e vi segnalo l’articolo sulle cravatte rubate che potete trovare sul mio sito, scritto prima del voto, che secondo me era una fotografia abbastanza esatta di come Berty-nights si era ridotto), ma bisogna riconoscere che, con questa legge elettorale, negare l’apparentamento vuol dire condannare a morte una forza politica. Walter ha eseguito molte condanne a morte. E’ stata una scelta saggia la sua? Secondo me è stata una scelta suicida (non solo per lui, ma per tutta la coalizione). Ho decine di amici che mi hanno detto, il giorno dopo, di aver votato Pd e di essersene pentiti subito. Però intanto, terrorizzati dal voto utile l’hanno votato. Io non dico che Veltroni dovesse distribuire quorum elettorali per buonismo. Dico che la scelta desertificatrice si è rivelata miope in prospettiva. Ovvero: dopo che ha spianato gli altri, dove cacchio trovi quei voti che ti servono per vincere? Dove lo pigli il nove per cento che manca? Se avessi un giornale mio, adesso, commissionerei una inchiesta sulla diaspora dei piccoli e sui suoi effetti. Sono a rischio chiusura serio Rifondazione, Pdci (che pure aveva una amministrazione oculatissima!), I Verdi… lo Sdi è sull’orlo della bancarotta. Conviene disperdere queste forze, per prendere una parte minuscola dei loro voti sotto la ghigliottina del voto utile? Secondo me no. Quando questi partiti saranno del tutto azzzerati (soprattutto sei si mette un quorum alle europee) il potenziale attrattivo del centrosinistra sarà ulteriormente ridotto. Subito dopo (già esiste il rischio per Liberazione) sono a rischio chiusura i quotidiani che campavano dei soldi pubblici. Conviene alla sinistra, tutto questo? Io credo di no. La distruzione delle biodiversità politiche, insomma, sta agevolando la vittoria del berlusconismo. Il fatto che Franceschini (complimenti) abbia chiesto (!!!!) al centrodestra (te l’eri dimenticata questa perla, Henry?) di introdurre lo sbarramento elettorale, mi pare un’altra meravigliosa, sublime, puttanata. E ATTENZIONE senza che nessuno lo metta in risalto, si sta per arrivare al cappotto, cioè alla prima volta nella storia, dal 1975 ad oggi, in cui governo locale e centrale, sono in mano alla stessa coalizione. E questa sarebbe una mezza vittoria? E’ o non è una disfatta? Io direi che è una disfatta.
Aggiungo un’altra cosa, sempre in risposta a Smart (ma ce l’hai un nome?): il centrodestra, non è come il centrosinistra. In Forza Italia, salvo qualche trombato, non ci sono grosse richieste di democrazia interna, e nemmeno i suoi elettori vogliono dal cavaliere, democrazia. Vogliono – giusto o sbagliato, sbagliato, direi, ma non conta – un Capo. Si affidano a lui, sono contenti. E quello fa il Capo, e lo fa pure bene, dal loro punto di vista. Ecco perchè, "il predellinismo", a Berlusconi va bene. Invece, se mi permettete, i tentativi di copiare questo modello (liste bloccate voti unanimi, che giustamente hanno fatto incazzare Parisi) sono state un’altra leggiadra coglionata del centrosinistra. A Omnibus ne ho parlato spesso: la sinistra combatte il berlsuconismo, ma la sua classe dirigente ne subisce la fascinazione. Addirittura con la pretesa idiota di riprodurne le forme. Il "gazebismo" non è partecipazione, per me, soprattutto se le regole sono – come sono state – truccate. Se il povero Adinolfi deve raccogliere le firme come se si presentasse alle politiche, persino in Val D’Aosta. Se le scelte vengono fatte sempre prima del voto, e non dopo. Nel Pd le primarie si fanno solo quando si sa come vanno a finire. Questa cosa non aiuta molto. Contro “il gazebismo” (io lo chiamo così) ho fatto, in tempi non sospetti, un’intera puntata di Tetris. Così come sulla necessità di reintrodurre le preferenze dico e ripeto da anni (sono andato a sostenerlo anche da Santoro). Credo che su You tube si trovi ancora il nostro servizio "surreale" di Tetris (come nella chiave del programma) in cui avevamo chiesto ai giovani di Forza Italia e a quelli del Pd di raccogliere le firme insieme. Pensavamo fosse una provocazione, invece quelli hanno anche accettato! Ecco perché, se uno deve essere franco nell’analisi, è indubbio che Berlusconi ha azzeccato i suoi azzardi (io ad esempio non ero convinto che ce la facesse così agevolmente senza Casini) e il Pd no.
Anzi, come si dice a Roma, si sono fatti intortare. Fra l’altro: la scelta “corro-da-solo”, e anche questo l’ho detto prima, è stata destrutturata dalla corsa solitaria di Casini. L’Udc si è piazzata al centro, e ha distrutto il disegno (secondo me velleitario) di Veltroni di rubare voti al centrodestra. Bisognava modificare strategia, ma loro inseguivano la corsa solitaria come un dogma di fede. Già era una cosa che a me pareva sbagliata, ma dopo la cacciata di Casini è diventata una cosa impossibile. Lo sfondamento al centro è l’ultima delle chimere piddine. Una follia.
A PROPOSITO DI GIORNALISMO INVECE… Quanto alla risposta alla domanda originaria è più o meno questa. Nei giornali, più che in qualsiasi altro posto, ogni cosa si conquista con fatica, soprattutto di questi tempi. Vi ho fatto degli esempi concreti di "disallineamento", e vi potrei rispondere così. In ogni giornale ci sono "comandamenti editoriali" (alcuni dichiarati alcuni no) e giornalisti che tendono a fare il loro lavoro con indpendenza e altri che tendono ad assuefarsi. Sceglietevi le firme che vi danno fiducia (ci sono in ogni giornale, anche in quelli di partito) fidatevi di loro, oppure no. Ma non crediate che il compito di Travaglio sia quello di scrivere un editoriale contro Veltroni su L’Unità, quello di Telese sia scrivere contro Berlusconi su Il Giornale, e quello di Gramellini sia scrivere che la Fiat fa schifo sulla prima pagina de La Stampa, che quello di Aiello sia scrivere che Caltagirone è un palazzinaro su Il Messaggero, che quello di Cazzullo sia spiegarci che Bazoli è un cialtrone su Il Corriere della sera. Non funziona così. Non sarebbe nemmeno possibile dire: scrivo, pubblico, e poi me ne vado. Il pezzo contro la Fiat, sulla prima pagina de La Stampa non ci arriva perché ci sono decine di paia di occhi che vedono quel giornale prima che vada in stampa. E, oserei dire, non è nemmeno giusto. Ecco perché, io se sono nel giornale della Fiat tendenzialmente preferisco non scrivere di macchine: è il mio modo di preservare la mia libertà, se sto lì. Mi cerco un’altra cosa da fare, se mi ma, oppure mi cerco un altro giornale. E se poi fuori dal giornale mi intervistano sulla Fiat (rischio), ma posso parlare male della Fiat (sempre che a qualcuno interessi la mia opinione!). Magari questo non mi fa fare carriera, pago un prezzo – certo – ma questo lo posso fare.
Ovviamente, può accadere anche di peggio. Vi illustro il paradosso di Fasanella (grande esperto degli anni di piombo) che nel Panorama di Calabrese non poteva scrivere di anni di piombo perchè era in disgrazia. Ha continuato a esercitare la libertà in un sito (lastorianascosta). Era la via più semplice? No. Però lo ha fatto, e dopo due anni è arrivato un nuovo direttore – Belpietro – e Fasanella ha rivisto la luce. Capito quanto è difficile tenersi in equilibrio, riuscire a conquistare spazi di libertà? Marco è stato costretto per lungo tempo, su La Repubblica, a scrivere solo di sport. Poteva evitarlo? No. Doveva licenziarsi? Direi proprio di no. Il fatto importante è che abbia continuato ad essere un opinionista libero. La libertà di stampa, di questi tempi, è una condizione soggettiva. Ha regole di ingaggio soggettive, produce e induce scelte soggettive. Se resto al Il Giornale, devo mettere in conto (ovviamente) che molto probabilmente non farò carriera dirigente. Per me non è una tragedia: un giornalista di sinistra può scrivere su il giornale, ma non può dirigerlo. Basta saperlo. E lo stesso vale per tutti gli esempi che ho fatto. Per questo mi fa ridere quando molti pensano: ecco, questo si dichiara di sinistra ma non lo è. Non capiscono che se ragionassi in termini "di carriera" – è un paradosso! – mi converrebbe il contrario. Fingermi di destra, semmai, anche se non lo sono. Anche l’idea della foglia di fico, è una cosa tutta sinistrese. Al Giornale una foglia di fico, semplicemente, non serve. Non hanno queste contorsioni degli altri giornali. Infine un’ultima cosa. Io non sto a Il Giornale come un rifugiato. Non considero il giornale come un handicap della mia carriera, ma come un valore aggiunto. Se non altro perché ho imparato a vedere le cose anche in un altro modo, e mi ha deputato da un errore fatale della sinistra giornalistica: la presunzione di essere sempre e comunque migliore. Una presunzione di superiorità molto spocchiosa, e a volte ingiustificata. Vi faccio un esempio a voi molto lontano: Facci. Filippo, di cui non condivido nulla su Tangentopoli, ha fatto una campagna per le dimissioni della Carfagna. E’ dipendente di mediaste ed editorialista de Il Giornale. Pensate che per lui non abbia avuto un prezzo? Su Il Giornale ha difeso i temi della laicità. Questo significa che me lo sposerei? No. Significa che si può dissentire da lui, ma che è un uomo libero. Come moltissimi che lavorano a destra. Poi, quando mi trovate un editorialista di La Repubblica che ha sbertucciato la Meandri dopo le patetiche balle sulla festa di Briatore ne riparliamo. Altro esempio: Cervi, sulla prima pagina de Il Giornale, contro Alemanno. Il giornalismo di sinistra, in questi anni, è stato affetto da un male drammatico: il conformismo. Se guarisse non sarebbe un bene per la destra ma per la stessa sinistra.
Luca
* risposta al topic "Cosa? Telese?" aperto su marcotravaglio.it
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