Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Riemerge Grillo (coi girotondi), Veltroni affonda

Se è vero che sono le immagini che fanno la storia (ed è vero, maledettamente vero), il Tonino Di Pietro-trebbiatore, con tanto di cappellino T-shirt e braghettine azzurre, in questa torrida estate è la proiezione plastica e iconografica del trituramento estivo del Partito democratico, la trasfigurazione agreste dei dilemmi del centrosinistra, l’immagine che alla fine, meglio di ogni altra, sintetizza il ritorno prepotente in campo delle vocazioni neogirotondine.
Pensateci bene: lui, superTonino, esterna e lavora di vanga. Mentre i suoi diretti concorrenti, i dirigenti del Pd, restano ancora inquadrati nel campo fotografico della vecchia stagione. L’Italia corre trafelata verso le vacanze, e loro sono ancora tutti giacca-cravatta, conferenze stampa, volti sudati, congressi e faide di corrente, podietti da sala conferenze, aria eternamente emaciata.
Beppe Grillo, intanto, emerge come un sirenetto dalle acque della Sardegna, anche lui ristorato in attesa della spallata finale che sempre incombe, mai arriva, ma intanto mobilita. Guardateli, almeno per un attimo i D’Alema e i Veltroni immortalati in queste ore: i capelli sempre più grigi, le ragnatele di rughe che si allargano, le calvizie che procedono arrampicandosi spietate sulle scatole craniche, i giri di parole che si avvitano nell’indeterminato, i segni che si piantano sui visi come tacche sulle cortecce degli alberi invecchiati. Queste rughe che si allargano sul volto del Pd sono l’immagine dell’irrisolutezza che logora; il trattore di Di Pietro è il simbolo di un vitalistico assalto al cielo che ha persino un che di meravigliosamente ducesco: il capo che lavora e che combatte, «l’unica opposizione», per riprendere lo slogan che Tonino sta martellando sul web, usandolo addirittura come titolo della sua rubrica video su Antoniodipietro.it. Già il logo la dice tutta: c’è un Parlamento grigio con solo un segmentino giallo, che poi – ovviamente – sarebbero gli irriducibili dipietristi. Aule sorde e grigie, Italiani! come dice Beppe (anche lui ogni tanto mima i tic della buonanima).
E già torna Pancho Pardi, miracolato nell’Italia dei valori dopo l’amarissima trombatura con la lista Di Pietro-Occhetto alle Europee. E riecco Furio Colombo, ferocemente irritato con Dagospia perché lo ha gossippato con un indiscreto caustico. Una innocentissima battuta rubata al cinema: lui si alza durante la proiezione di Gomorra spinto da un bisogno impellente («Scusami cara devo proprio andare in bagno»), dice alla moglie. Dago lo scrive, con un sottointeso tutt’al più ironico (più che il film impegnato potè l’urgenza fisiologica?), e lui attacca con il napalm: «Anche il fascismo ridicolizzava i suoi avversari». E subito dopo giù, incredibili accuse di «berlusconismo» anche ad un sito che con il Cavaliere non è stato mai tenero (anzi). Ma qui si trebbia, signori, i neogirotondini vanno avanti con il trattore. Ecco perché l’immagine racconta più delle parole, e quindi ha senso prendere atto che anche quando trebbiamo il grano, gli oppositori intransigenti lavorano alla triturazione di quel che resta del Pd. Se non altro perché basta farsi un giro nei blog della protesta per capire che l’acqua bolle: ieri c’erano 215 commenti, sempre sul blog di Di Pietro per la rubrica video di Travaglio, e ben 1182 per lo stesso filmato su beppegrillo.it (1182!).
Le immagini fanno la storia, e se è vero che lo scatto meravigliosamente rubato da Novella 2000 che ha immortalato il presidente della Camera Gianfranco Fini in un momento di estasi con la sua compagna Elisabetta Tulliani sul lettino di Porto Cervo, comunica suo malgrado l’idea che le istituzioni sono rilassate ma solide, è altrettanto vero che il Grillo di Sardegna che emerge dalle acque è già pronto per un nuovo arroventato girotondo e ci dice che l’opposizione radicale non va in vacanza nemmeno ora: anticipa le ferie, prepara l’adunata estiva.
C’è insomma in questo strano contrappunto iconografico un messaggio subliminale: l’estate di trebbiatura e di protesta dei neogirotondini si accenderà l’8 luglio, il centrodestra lavora e si abbronza, il Pd sembra avere bisogno urgente di una vacanza (o di un sabbatico). Bisogna sentirlo, il Di Pietro in giacca e cravatta che avverte: «In piazza faremo una manifestazione senza bandiere». O che aggiunge e ripete: «Non sarà una manifestazione di partito» (Craxi in questi casi diceva: «Raccontalo a tuo nonno»). Pancho (pure lui ora esterna via web) poi è un fiume in piena: «Venite a Roma, per la democrazia! Sta correndo a passo di carica una legge canaglia». E poi: «Un silenzio plumbeo calerà su tutta l’informazione» (Silenzio plumbeo? Ma se non si parla d’altro…).
Eppure è questa la miscela giusta: una punta di vittimismo, una carica di attivismo, l’idea del referendum abrogativo al «Salvapremier» come calamita per riportare la gente in piazza. Guai a sottovalutare le risorse di Di Pietro, dunque. Perché – nel pieno del suo fulgore neogirotodino e neorisorgimentale – se scende dal trattore, è solo per andare a cavallo.


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