Ha 41 anni e scherza: “Solo in Italia sono un giovane. Siamo i primi…. degli ultimi”. “Ultimo”, in Italia, è chi viene iscritto d’ufficio nella generazione definita “Giovane”, per dire che non è ancora pronta a entrare nella stanza dei bottoni. Così, per iniziare un viaggio nella classe dirigente che verrà, e nelle mille gavette di chi ce l’ha fatta, l’intervista con Aldo Cazzullo (una delle prime firme de Il Corriere della sera) è un ottimo viatico. Dalla provincia piemontese a La Stampa, dall’incontro con Gianni Agnelli ai libri, Cazzullo racconta la sua vita e l’Italia “degli ascensori sociali bloccati”.
Aldo, ti sei sempre descritto con orgoglio come un provinciale.
“Sono nato ad Alba, con un nonno macellaio e uno vignaiolo”.
Primi ricordi di infanzia?
“Le contrattazioni epiche di mio nonno per i vitelli. Trattative eterne, estenuanti. Poi a un tratto gli astanti si scambiavano un ‘cinque’ battendosi le palme: era come un contratto”.
Tuo padre?
“Lavorava in banca. Mia madre era socia in una ditta che faceva etichette per i vini”.
Hai radici etiliche?
“Tipica composizione etnica langarola, direi”.
Ma tu volevi fare il giornalista. E’ stato difficile il salto?
“In questo paese l’outsider, non suscita mai simpatie sociali. Infastidisce, piuttosto”.
Esempio?
“Buona parte della mia storia è stata accompagnata da due domande: questo chi è, e che vuole con questo cognome buffo?”.
Primi articoli?
“Su Il Tanaro, giornale della sinistra albese. Era un fiume così carsico, che si prosciugò presto e chiuse. Passai alla Gazzetta d’Alba, il giornale della curia”.
Chi ti porta a La Stampa, il primo grande salto di carriera?
“Gaetano Scardocchia, grande direttore con la passione per le scuole di giornalismo. Se ne fece una interna, che fu alloggiata presso la scuola quadri della Fiat”.
Inizi dagli Esteri.
“Sognavo di fare il corrispondente da Parigi, posto occupato di Enrico Benedetto”.
Il colpo non riuscì…
“Noooòh!…. Basta dire che lui, piuttosto che lasciare Parigi lasciò La Stampa e cambiò vita, eh, eh….”
Perché ridi?
“Ora fa il pastore protestante in banlieu”.
Il tuo primo grande colpo?
“Più che ‘colpi’, molto lavoro. Nel 1998 ho scritto il mio libro su Lotta Continua, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, di notte. Ricordo le riletture davanti alla culla di mio figlio Francesco”.
E poi?
“Il 2000 è l’anno di un libro-intervista a Edgardo Sogno che fece discutere molto, rivelando che voleva davvero fare un colpo di Stato”.
Sei controcorrente rispetto alla tua generazione. Hai messo su famiglia subito.
“Mi sono sposato con Monica molto giovane. Francesco ha 11 anni, Rossana 8 anni. In questo siamo prima albesi che giovani”.
Hai avuto dei maestri?
“Sì, ma indiretti. Da Paolo Mieli, mio direttore prima a La Stampa, e ora al Corriere ho cercato di imparare osservandolo”.
Hai avuto un rapporto con Gianni Agnelli, come era nato?
“Dopo aver pubblicato I ragazzi di via Po, che è la storia della classe dirigente piemontese degli anni cinquanta, ricevetti una chiamata”.
“Qui Casa Agnelli”?
“Sì. L’avvocato mi convocava. Era curioso, voleva conoscermi”.
Che tipo era?
“Non ho mai conosciuto un uomo di potere, prima o dopo lui, così attento agli altri. Avrei voluto sommergerlo di domande…”.
E invece?
“Lui sommerse me. Che libri leggevo, chi frequentavo, che volevo fare…”
Cosa hai risposto, al tuo editore?
(Ride) “La verità. Che volevo fare il corrispondente a Bruxelles”.
Oddìo, e perché?
“E’ quel che chiese anche lui. Era un posto che si stava liberando”.
E cosa consigliò Agnelli?
“Di andare a Roma. Infatti ci finii poco dopo”.
L’ultima volta che lo hai sentito?
“Mi stupì nel settembre del 2002. Era già provato dalla malattia. Io avevo un’offerta da un altro giornale, lui l’aveva saputo e…”.
….Ti chiese di non andare.
“Sì. La Stampa era davvero una delle cose a cui teneva di più”.
Esiste una questione generazionale in Italia?
“Assolutamente sì. E non riguarda i politici o i giornalisti”.
Perché definisci questa generazione “prima degli ultimi”?
“La mia è l’ultima generazione veramente numerosa. Ma anche la prima che non ha fatto politica. La prima a introiettare l’ideologia del riflusso”.
Ovvero?
“Per noi e i più giovani di noi – al contrario dei nostri padri – è impensabile che si debba, o si possa, essere felici tutti insieme”.
Siamo quelli dell’Ognun per sé?
“Il grande spartiacque è il mondiale 1982, che chiude gli anni di piombo. La Roma vince lo scudetto i quartieri popolari dove fino a un mese prima ci si sparava si tingono di giallorosso”.
Usi il calcio come pietra di paragone storiografica…
“E’ il luogo dei simboli forti. Infatti le Brigate da rosse diventano rossonere e il Potere che negli anni settanta doveva essere operaio diventa bianconero”.
Ma quale è il vero marchio distintivo tra vecchi e giovani, oggi?
“La televisione. Se ci pensi, c’è un solo slogan che può riassumere davvero tutto quello che ho detto”.
Quale?
“Il primo tormentone Mediaset: ‘Torna a casa in tutta fretta/ c’è un biscione che ti aspetta’. Fra la mia – prima generazione cresciuta con le tv commerciali – e tutte quelle che l’hanno preceduta c’è un abisso culturale”.
Ad esempio?
“Tutti noi, anche chi non ha mai votato il Cavaliere, siamo…. naturaliter berlusconiani”.
E’ una suggestione forte.
“No, un dato elettorale. Nel 1994, fra coloro che votarono solo alla Camera, il centrodestra stravinse”.
Prova a declinare tre leggi della “generazione Biscione”.
“Abbiamo assorbito dalla tv commerciale forme e tempi. E le grandi parole d’ordine: realizzarsi nel privato, essere diffidenti verso la politica, avere come luoghi di appartenenza – in sequenza – individuo, famiglia, e fazione”.
E quindi?
“Siamo incapaci di far rete. La nostra idea di successo è sempre per sé stessi e contro gli altri. La generazione dei baby boomers, ha fatto l’esatto contrario”.
Ma l’Italia ha davvero bisogno di un ricambio?
“Certo. Prenda Matteo Arpe. L’uomo che sembrava diventato il portabandiera di una generazione, il più giovane manager, è stato anche il più giovane ‘liquidato’?”.
Ti daranno del giovanilista…
“A livello personale, sono uno che se dovesse scegliere tra cena con Marianna Madìa – giovane deputata veltroniana – e Valerio Zanone – ultimo segretario del Pli – sceglie il secondo. Ma che l’ascensore sociale di questo paese sia bloccato è innegabile”.
Il tuo ultimo libro, Outlet italia, è un viaggio in un’Italia di grandi centri commerciali e grandi ritardi.
“Ho fatto 53 presentazioni, da Gavirate a Marsala, discutendo con persone come Eco, Dalla, Battiato. La rabbia della gente va molto oltre i problemi del demi-monde romano”.
E’ un paese fermo?
“Mi stupisce il ritorno ai matrimoni consanguinei, simbolo di evidente asfissia relazionale. Prendi il mondo dello spettacolo: Asia Argento e Morgan, Francesco Renga e Ambra….”.
Ma davvero prima c’erano più opportunità?
“Prendiamo i ragazzi di via Po? Umberto Eco era figlio di un ferramenta. Furio Colombo di un dipendente della Lattes. Vattimo di un poliziotto calabrese! Capisci cos’era a Torino un emigrante calabrese? Oggi Vattimo è il filosofo italiano più noto al mondo!”.
Allora l’Italia si muoveva…
“Certo. Prima di loro, Pietro Nenni e Angelo Rizzoli, nati in un orfanotrofio, erano diventati statisti e imprenditori. Oggi sarebbe impossibile”.
Fammi l’esempio di tre babbioni da cancellare.
“Mi rifiuto! Non sono un decapitatore”.
Allora di tre speranze da promuovere ad occhi chiusi.
“Pierfrancesco Favino, il nuovo Sordi. Gli altri recitano. Lui è”.
E poi?
“Concetto Vecchio, di La Repubblica. Ha pubblicato un libro sul ’68 a Trento, Volevamo tutto, che avrei voluto scrivere io”.
E fuori dal giornalismo?
“Claudio Paglieri, uno scrittore. Ha scritto un giallo che spiegava il sistema Moggi due anni prima che le inchieste lo scoprissero”.
Ma chi è il mito di riferimento?
“E me lo chiedi? Il simbolo dell’eleganza assoluta, Platinì”.
Aldo Cazzullo
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3 risposte a “Aldo Cazzullo”
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trovo che essere giovani oggi sia terrificante. Dopo questa intervista, vale per lei che per il suo intervistato. Ho settantacinque anni, vivo in campagna, finalmente placato.
P.S.
Lei, Telese, ha una bella testa. Come ha fatto a venderla a uno come Berlusconi? -
soldi
e uno sputo al suo passato a cinecitta’. -
bellissimo articolo-intervista a Cazzullo…
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