Dal comunicato ufficiale del Comune di Roma sulla mostra inaugurata oggi al Vittoriano: I disegni del ministro Cesare Damiano delineano un divertente viaggio attraverso linee e colori nel mondo degli amici a quattro zampe.
Sia chiaro. Se c’è una cosa che questo giornale si augura, è che i ministri del governo Prodi, oggi disoccupati (dopo due anni di duro lavoro interinale conclusi da una brusca reimmissione nel mare aperto della mobilità), trovino al più presto un nuovo impiego. E sarebbe ancor più auspicabile per tutti – e confortevole per loro – se il lavoro riuscissero a trovarlo anche fuori dalla politica, visto che le possibilità di un nuovo «contratto» (con gli elettori), sondaggi alla mano, in queste ore non sembrano altissime. Ecco perché, in un simile scenario, il caso del ministro del Lavoro Cesare Damiano, che diventa disegnatore e illustratore per una lodevole iniziativa di beneficenza «in favore dei felini», è ancora più delicato e simbolicamente rilevante. Così come lo è la notizia che – mentre infuria la campagna più drammatica nella storia del centrosinistra – il ministro sia impegnato a inaugurare una antologia di acquerelli (i suoi) che hanno ottenuto il patrocinio del Comune, e che hanno per unico soggetto i gatti. Spiega ancora il comunicato: A ispirare Damiano sono un gruppo di amici speciali dai nomi evocativi: Jonathan, Houdini, Palmiro e Vispa (ovvero i suoi gatti). Meraviglioso. Dalle opere esposte – per di più – è stata tratta una serie di cartoline in vendita al pubblico. Non siamo in grado di stimare il mercato che avranno. Ma noi – che conserviamo financo i volantini del partito dell’Amore di Moana e i fumetti di Pecoraro Scanio (esistono davvero, sono stati dati alle stampe dal ministero dell’Ambiente nel 2000) – ci accaparreremo un adeguato campionario. Se non altro perché si aggiungerebbero all’indimenticato libro Fassièscion, altra prova acquarellistica del ministro: «L’Italia vista da Piero in 100 vignette». Un testo da conservare gelosamente, perché ha segnato un’epoca. Tutte le vignette sono uguali: c’è sempre un Fassino segaligno e stilizzato, una frase, una battuta come questa: «I Ds sono un partito del ceto medio». E l’ex leader Ds che replica: «Il Fassìno discreto della borghesia». E altre perle di calembour come: «Fabio perché non Smussi?» e «Non c’è due senza Treu».
Certo, se è vero che «il gossip» e «il colore» sono le nuove chiavi della post-politica, anche i felini immortalati dal ministro Damiano ci dicono qualcosa, restituiscono uno zeitgeist, uno spirito del tempo. Ci sono stati giorni, nella storia, in cui per la sinistra l’arte era una cosa seria, forse anche troppo. Per il marxismo l’artista era un militante impegnato in trincea, un soldato che combatteva come tutti gli altri, solo che su un altro fronte, in un campo simbolicamente più rilevante degli altri. Erano i tempi del realismo socialista (e non solo). I tempi in cui anche il Pierino e il lupo e le meravigliose metafore di Sergej Prokofiev parevano troppo spensierate. In cui persino Majakovskij si immortalava in un poema vicino a Lenin, in cui Pablo Picasso abbandonava il cubismo per tratteggiare un ritratto di Stalin (il più bello che abbia mai avuto, anche se gli assomigliava davvero poco). Negli anni Settanta ci si interrogava sul confine labile fra il pubblico e il privato, ma persino i western di Sergio Leone erano aperti (Giù la testa!) dalle massime di Mao: «La rivoluzione non è un pranzo di gala». Anche negli anni del grande riflusso la sinistra amava i cantautori che andavano controcorrente. Disincantati sì, disimpegnati no, Francesco De Gregori cantava: «Non sarà il canto delle Sirene/ che ci innamorerà». D’accordo che Massimo D’Alema ha sempre sognato «un Paese normale», giusto che i politici possano dare corpo alle proprie passioni, di Ottaviano Del Turco resteranno di certo i suoi quadri. Ma le vignette del responsabile lavoro sul suo segretario pubblicate da l’Unità e i felini del ministro patrocinati dal Comune, hanno un che di irresistibilmente ilare. Renato Guttuso avrebbe sicuramente immortalato gli operai della ThyssenKrupp (a cui i parlamentari nella loro prima colletta avevano riservato nove euro a testa). Renato Nicolini avrebbe costruito una serata sulla precarietà a Massenzio. Damiano ci aquarelleggia. Il che non è né tragico né effimero. Solo meravigliosamente comico.
E il ministro Damiano si dà all’arte
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Una risposta a “E il ministro Damiano si dà all’arte”
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Caro Luca,
leggevo il tuo articolo paracul/riflessivo sulla mostra dei gatti del (del come per gli artisti) Damiano. Immagino che lì in redazione il direttore e la sua cricca abbiano goduto e non poco nel vedere il tuo talento pungente dedicato all’ex ministro del lavoro (che onestamente credo abbia poco a che fare con Pecoraro Scanio o Del Turco o altre amebe, mi pare invece uno capace e meritevole). Ma mi chiedevo sulla tua testata, a titolo di esempio, sarà mai possibile parlare/prendere per i fondelli chessò Bondi vate dell’amore (sempre che non me lo sia perso)? Perchè va bene usare un osservatorio distante per criticare e scuotere casa propria come fai tu nei confronti della sinistra, ma poi qual è il prezzo?
Buonissima giornata!
Gianvito
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