«Cambiamo linguaggio», dice Silvio Berlusconi ai suoi, impostando la più importante direttiva della nuova campagna elettorale. E anche Walter Veltroni ha ripetuto ormai in una decina di occasioni una solenne promessa: «Da me non sentirete una sola parola di odio per i miei avversari». Senonèunarivoluzione copernicana poco cimanca,perché il bipolarismo italiano, dalla nascita della Seconda repubblica in poi invece ha funzionato così: muro contro muro fino all’ultimo voto. Ma sarà davvero una campagna «buonista », la prossima? E ai due leader conviene davvero giocare in questomodo? Glianalisti dei flussi e gli studiosi delle mappe elettorali – con in testa due studiosi come Ilvo Diamanti e Luca Ricolfi – ripetono che in questi anni i due schieramenti si sono concessi pochissimi passaggi da una campo all’altro (soprattutto fra gli elettori!) e che tutte le sfide si sono giocate (e si giocheranno) sulla capacità di mobilitare i propri fedeli. Il primo nemico dei due duellanti, insomma, è sempre l’astensionismo del voto di appartenenza. Maledue squadre, intanto, stanno già scaldando i motori. Non era ancora indetta la data delle elezioni, l’altro ieri, che nel loft del Partito democratico Veltroni aveva già convocato alcune agenzie dicomunicazione per impostare la campagna della sua nuova creatura, tutta all’insegna della discontinuità di immagine di linguaggio. E ieri, per tutto il giorno, Paolo Bonaiuti, il più stretto collaboratore del Cavaliere, daunlatosembravadisegnare le nuove regole di ingaggio della competizione («Spero in una campagna elettorale più distesa»), dall’altro iniziava già a battere su uno dei principali talloni di Achille del centrosinistra, il problemadelle alleanze elettorali con la sinistra radicale al Senato che Rifondazione vorrebbe,ma che ieri anche undalemiano come Nicola Latorre, su La Stampa chiedeva. E dunque, proprio su quel nodo, ieri Bonaiuti attaccava: ««C’è una grande bugia al fondo della dichiarata volontà di Veltroni di voler correre da solo: questo lo possono fare alla Camera, ma al Senato sanno benissimo che in regioni rosse,comeToscana ed Emilia, ad esempio, se il Pd non fa un accordo con l’altra sinistra perde. Quindi dicono: andiamo da soli,main realtà tratteranno sottobanco una serie di accordicchi, accordi tecnici e desistenzine. La soluzione, però, è sempre quella: noncorronodasoli, perché per vincere hanno bisogno della sinistra estrema». Chissà se insieme alla modernità di nuove impostazioni, stavolta un ruolo lo avranno quelli che nel resto del mondo fanno la differenza, gli «spin doctor».
[LuTel]
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