Luca Telese
nostro inviato a Bologna
Il giorno dopo del «Vaffa day», il giorno dopo il fuoco di fila che si è abbattuto contro il governo dell’Unione, contro Romano Prodi, contro Giuliano Amato e contro di lui, Giulio Santagata, ministro per l’Attuazione del programma, si carica il problema più grosso sulle spalle e sceglie di rispondere a Beppe Grillo. Con ironia, con nettezza, a tratti anche con qualche nota stizzita. Se non altro perché Grillo è calato nella sua regione, nella sua città, lo ha attaccato «in casa».
Ministro, si è beccato un «vaffa» pure lei.
«Ma guardi che a me il “vaffa” non mi tange più di tanto».
Be’, insomma, di fronte a 300mila persone…
«Ma sì, me lo prendo tutto, non lo ritengo davvero un’offesa. Detto da Grillo…».
In che senso?
«So che è la lingua di un comico. Se poi il “vaffa” è una domanda di eticità, sono perfino d’accordo».
Guardi che non era una domanda di eticità. Era proprio un «vaffa», perché lei ha detto che il suo scopo è candidarsi.
«Ah be’, allora non mi tiro indietro. Ho detto che lo farà, probabilmente alle europee».
Scusi e perché?
«Be’, è una previsione. Anche perché, se non si candidasse, sarebbe addirittura peggio. Vorrebbe dire alimentare la rabbia delle persone e poi non dare risposte».
Perché, l’unica risposta è candidarsi?
«Senta, Grillo ha portato in piazza 300mila persone, se non era una passeggiata, è inutile girarci intorno. Sta facendo politica. E allora non dica che non è un politico».
Su di lei ha anche detto che quando ha visto che c’era un Santagata ministro credeva fosse il cantante…
«Ah… Be’, non mi arrabbio, non mi dà nessun fastidio. Se non mi riconoscono per strada è meglio».
Scusi se insisto, ha detto che non si capisce a che c… serva il suo ministero.
«Be’, serve…».
Ha detto che al posto di un ministro per l’Attuazione del programma era meglio metterci una segretaria.
«Be’, sbaglia. Lui fa finta di non vedere. Con tutto il rispetto per le segretarie, io di segretarie che fanno disegni di legge non ne ho mai viste».
Ne dica uno che una segretaria non poteva fare.
«Be’, ad esempio quello sulla riduzione degli sprechi. Dopo di che, non sono appassionato alla poltrona».
Insomma, però non le fa schifo.
«L’ho trovata già fatta, nella scorsa legislatura, e mi ci sono solo seduto. Forse il mio lavoro potrebbe farlo qualche dipartimento, di sicuro serve più lavoro di coordinamento che lavoro nei ministeri».
Ma quanto è arrabbiato con Grillo?
«Guardi, se mi vuole venire a trovare, anche domani, sono ben contento, magari mi dà dei consigli su internet, lui che è così bravo».
Sì, ma magari le spara qualche «vaffa».
«Correrò il rischio… eh, eh, eh».
L’altra volta, quando ha incontrato Prodi, non è andata bene. Grillo ha detto che dormiva.
«Ah no! Questo no!».
Lei c’era?
«Testimone oculare. Gli è stato anche spiegato che Prodi aveva gli occhi chiusi perché è un suo modo di essere».
Gli occhi chiusi per 20 minuti, mentre Grillo gli parlava di energie rinnovabili?
«Noi che lo conosciamo bene lo sappiamo. Quando Prodi chiude gli occhi in quel modo non è addormentato, è un suo modo di seguire i ragionamenti con più attenzione. Grillo dovrebbe essere contento».
E invece, l’ingrato, ha mandato anche a Prodi un «vaffa».
«Senta, ho molta simpatia per il personaggio, ma questo rischio, buttare il bambino con l’acqua sporca, mi preoccupa».
Ha soprannominato Prodi Valium.
«Be’, è una medicina, quindi è una cosa che fa bene».
Non crede alla funzione di pungolo?
«Non credo a questa cosa della democrazia diretta, quella che tramite il magico strumento di internet si sostituisce alla politica. Con tutti i loro difetti, i partiti sono l’unica forma di democrazia possibile».
Ma lei è d’accordo con la piattaforma di Grillo, ad esempio mettere un limite di due legislature per i parlamentari?
«Perfetto! Lo sostengo!».
Ma Grillo dice: se siete d’accordo, dovete fare la legge per cambiare la situazione.
«Scusi, ma a me questo non me lo può dire, io sostengo il referendum per cambiare la legge».
Però, in Parlamento, una legge non l’avete fatta.
«Io una legge l’ho subita, credo che sia agli atti e sia facilmente provabile, nella scorsa legislatura».
Insomma, Grillo le è simpatico, ma non le piace quello che fa.
«Deve stare attento».
Ma che fa, lei lo minaccia?
«Nooooo…. Voglio dire che, lavorando come fa lui sul disagio, è facile raccogliere consensi immediati. Non so se riuscirà a mantenerli. Non so come reagirà la gente, se lui le dice che li ha portati a fare una passeggiata in piazza».
Mica è obbligatorio che si candidi.
«E allora saranno i suoi sostenitori a essere ancora più incazzati e a veder aumentare il loro disagio».
«Io dico che con quello che sta facendo prima o poi alla candidatura ci arriverà. Può mandarmi tutti i “vaffa” che vuole, vediamo se mi sbaglio».
E Beppe avverte:
«Un milione di contatti ed è solo l’inizio»
nostro inviato a Bologna
E poi, nella notte, è crollato. Distrutto, Beppe Grillo, dopo quattro ore di spettacolo sul palco. Lo aspettavano al ristorante, i suoi ragazzi, i big che lo avevano affiancato nel V-Day, ma lui è andato a dormire. La mattina si è svegliato con una notizia che lo ha fatto sobbalzare: sul sito internet l’effetto-manifestazione aveva portato i contatti a un milione. Per non parlare dei commenti alla giornata, balzati dai consueti 1.000-1.200 a più di 3mila. Nel terzo millennio il successo di un’iniziativa politica si misura a livello internautico. Anche perché il miracolo è stato assicurato dalla rete, vero pallino di Grillo che ieri, entusiasta, ripeteva: «Avete visto?».
Ed è nata nella rete l’organizzazione-pilastro dei Grillo-boys, si chiama Mitcom, è una sorta di «agenzia online» che organizza eventi. La animano ragazzi tutti sui 20 anni, è una specie di macchina da guerra, 50mila persone in 200 città, numeri da far invidia al più organizzato dei partiti. Ieri, per dire, a coordinare tutti i fili c’era un ragazzo di appena 24 anni, Marco Canestrari, non abita neanche a Genova, ma la rete permette anche questo.
Di nuovo Grillo, nel giorno del trionfo: «Tra pochi anni, anzi, già adesso, i quotidiani che scrivono solo per i loro politici di riferimento si estingueranno. Noi, con la rete, abbiamo toccato milioni di persone in tutto il mondo». Non è un caso che alla cena che doveva coronare la serata gli ospiti d’onore fossero Marco Travaglio, Sabina Guzzanti, Sandro Ruotolo (lo storico braccio destro di Michele Santoro, che farà una puntata sull’evento) e Beatrice Borromeo (altra scoperta dell’inventore di Samarcanda). Grillo ha avuto parole sarcastiche per «gli assenti dell’ultimo minuto», quelli che avevano dato l’adesione e poi non si sono presentati. Unico giustificato? Don Luigi Ciotti («lui è uno che sta in prima linea, aveva da fare, è l’unico che può venire da noi quando vuole, per lui le porte sono sempre aperte»). Meno compresa, invece, l’assenza di Milena Gabbanelli, che aveva firmato il manifesto di convocazione. Nessuno ha speso lacrime per Libero Mancuso, assessore della giunta Cofferati che se n’è andato dopo essere stato chiamato dalla vedova Biagi per una frase da lei ritenuta ingiuriosa. Tanto Grillo guarda avanti: «È stata solo la prima manifestazione, vedrete, ne faremo molte altre, non è stato che l’inizio».
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