Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Veltroni, il vero democratico che vuol dettare anche le liste

di Luca Telese

Il candidato si fa vivo sul suo sito. E con una lettera cortesissima, affabile, e delicata, getta nel dibattito interno del nuovo partito una micro bomba atomica: «Non sottoscriverò liste che non siano aperte, pluralistiche e innovative». Tradotto dal veltronese: se i candidati che si mobilitano per lui non gli piaceranno negherà loro l’apparentamento. Di fatto un terremoto, che mette in forse molte candidature (e anche qualche sostegno). Sta di fatto che ieri sera, su Lanuovastagione.it. Walter Veltroni ha rotto la sua pausa di riflessione estiva, per affrontare il tema più delicato, le liste collegate alla sua candidatura. Subito dopo è passato al nodo delicatissimo delle feste e del loro nome (avvicinandosi, a sorpresa, alle tesi parisiane). Poi al finanziamento pubblico e (ancora a sorpresa) sposando la linea della riduzione: «Va riportata la spesa ai livelli dell’Unione europea» (il tesoriere del suo partito, Ugo Sposetti, chiedeva un nuovo finanziamento pubblico!). Poi l’annuncio di una nuova lettera (verrà diffusa oggi) agli altri candidati, un galateo condiviso in vista dell’imminente duello.
Insomma: dietro l’apparente tranquillità, una esternazione su tre punti dolenti per cui, durante la sua vacanza «tra Malagò e Maldive» (meraviglioso copyright di Dagospia), le acque si sono agitate, nel cantiere rissoso del Pd. Veltroni dice che l’uomo immagine di un progetto vecchio non lo fa: «Dobbiamo dar vita all’assemblea costituente di un partito che nasce non al consiglio nazionale o al comitato centrale di un partito che già c’è». Ma i problemi ci sono, eccome. E soprattutto tra le sue file, dove attratti dalla sicurezza di successo, vorrebbero confluire i notabili dei due partiti fondatori. È a loro che Veltroni preannuncia uno stop: «Vogliamo un partito nuovo, in cui nessuno arrivi con forme organizzate o correnti, in cui tutti si sentano chiamati a “mescolarsi” con gli altri».
Facile a dirsi, difficile a farsi, perché dietro le belle parole, ci sono problemi veri. Come la querelle sulle feste dell’Unità a cui i prodiani della Margherita vorrebbero persino cambiar nome, per non sentirsi ospiti in un marchio che evoca il Pci. Qui, a sorpresa, Veltroni «apre» a chi polemizza con gli uomini della Quercia: «Dovremo ripensare – spiega – con i tempi che saranno necessari, e valorizzando il prezioso patrimonio di esperienze di massa accumulato in decenni di storia politica democratica, il modo di essere di grandi eventi collettivi come le feste di partito, in modo da favorire anche sul piano simbolico – conclude – la costruzione di un’identità condivisa». Insomma: andiamoci piano, ma il cambio di nome è giusto. Un segnale che non fa felici uomini come Lino Paganelli (responsabile feste ds) e Sposetti, l’uomo del «Quercia pride». Che gli equilibri siano delicatissimi lo segnala anche la nota con cui ieri Rosy Bindi chiedeva: «Perché nel sito dei Ds c’è il link solo al sito di Veltroni? Urge la par condicio». Ogni tentativo di conservare forme di identità e appartenenza «preferenziale» diessina è nel mirino.
E Veltroni, per indorare la pillola, inaugura un valzer di consultazioni in Campidoglio che nemmeno Oscar Luigi Scalfaro: sul «piccolo Colle» salgono il suo «proconsole» Goffredo Bettini, il leader dei Ds Piero Fassino, il ministro della Margherita Beppe Fioroni (leader dei mariniani), e Ermete Realacci (rutelliani). Il nodo dei colloqui? Sempre lo stesso: le liste. E nella sua lettera Veltroni avverte: «Mi permetterò di indicare, a chi nelle diverse realtà regionali si sta organizzando per sostenere la mia candidatura, un’ampia rosa di centinaia di nomi di personalità che rappresentino le qualità migliori della società italiana». Chi? «Personalità autorevoli, indipendenti, la cui presenza, per le loro competenze, per la loro esperienza». Facce nuove, niente funzionari. E dopo tanta dolcezza, l’avvertimento: «Questo, per me è un punto decisivo, pregiudiziale: non potrò sottoscrivere l’apparentamento a liste che non rispecchino tali caratteristiche di pluralismo, di innovazione e di apertura». Qualcuno resterà fuori dalla giostra di Wonder Walter.


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