di Luca Telese
Roma – È di nuovo una Rosy Bindi «da battaglia», quella che sfida Walter Veltroni alle primarie. In pieno agosto sta nel suo ufficio di ministro, camicia di cotone bianco grezzo, pantaloni larghi, sandali: tenuta informale, estiva o da battaglia? Giudicate voi. Un occhio alle carte del ministero, l’altro alle primarie, telefonino che trilla da tutta Italia, e discute sulla data dell’attesissimo dibattito alla festa de l’Unità, e intanto c’è una copia di La casta – il libro-caso dell’estate sugli sprechi della politica – ben spalancata sul tavolo.
Lo legge per criticare o imparare qualcosa?
«Per capire: questo non è il libro dell’estate, ma dell’anno».
Per una che fa politica da trent’anni dev’essere doloroso dirlo.
«La Casta esiste, eccome, anche se io non me ne sono mai sentita parte. Vede, è un po’ come i ristoranti…».
In che senso?
«Il conto ti brucia in tasca soprattutto se hai mangiato male».
Quanto si mangia male?
«La politica di oggi è una pietanza così poco saporita che tutti chiedono quanto costa».
Conto comunque alto.
«Si, ma il problema non è solo ridurre i costi, come abbiamo iniziato a fare. Ma cambiare menù. Se la gente ti dice A che serve?, vuol dire che così la politica che non funziona».
E lei si è candidata perché nel menù del Pd non voleva ci fosse solo Veltroni.
«Mi sento in competizione con tutti, Adinolfi compreso. È una candidatura per il Pd, non contro Veltroni…».
Ma lei non era una estimatrice?
«Io e Walter abbiamo iniziato questo cammino nel 1993, quando da direttore de L’Unità mi chiese un editoriale sul centrosinistra. Abbiamo entrambi le carte in regola».
Ma perché, lui non andava bene?
«No. Mi sono messa in gioco, perché non era pensabile che un partito nuovo nascesse da una competizione in cui tutto appariva già scritto, leader compreso».
Vincerà lo stesso Veltroni, però.
«Chi lo dice? Intanto lui passa dal ruolo di candidato unico a quello di favorito. È già un passo avanti».
Vicenda-elenchi. Lei dice: non sono eque le regole delle primarie.
«Ripeto: o danno gli elenchi a tutti i candidati e ci mettono alla pari o spediscano il materiale di tutti».
Il ds Sposetti dice che gli elenchi non sono nella disponibilità dell’Ulivo, ma di tutta la coalizione…
«Primo: Sposetti conferma che lui ce li ha, e questo è un bene, si scopre che non sono spariti».
Secondo?
«La gente che ha votato Prodi ha firmato una liberatoria, proprio per essere informata, in occasioni come queste. Non perché se li tenesse chiusi Sposetti in cassaforte».
Pensa davvero che le regole delle primarie non siano eque?
«Scherza? Sembrava tutto deciso e calato dall’alto, liste bloccate e candidati segretari regionali lottizzati. E a gestire l’operazione, sarebbero stati gli stessi gruppi dirigenti usciti dai congressi di Margherita e Ds».
E’ legittimo, potrebbero dirle.
«Si ma allora a che serviva il 14 ottobre? A fare una fotografia? E poi non mi pareva giusto che a scrivere le regole fossero gli stessi che usandole ne beneficiavano».
Ma lei vorrebbe che le primarie creassero un terremoto?
«Che mettano fine alle rendite di posizione, per esempio. La cosa peggiore sarebbe la conta dei soliti azionisti di maggioranza dei vecchi partiti, per pesare sulle rendite future».
Anche questo però è legittimo.
«Ma allora non aveva senso fare il Pd e sciogliere due partiti!».
Questa campagna le costerà più soldi o più chili?
(Grugnito). «Risparmio sui primi, ma temo moltissimo per i secondi».
Persino il blogger Adinolfi dichiara che spenderà 60mila euro!
«Davvero? Io spero meno. Non ho finanziatori munifici né apparati».
Di nuovo gioca a «Cappuccetto rosso» nel bosco dei lupi, come le disse Pansa in era Tangentopoli?
«Se è per questo scrisse di peggio: Ha un nome da spogliarellista e un futuro da sceriffo».
Forse sono vere entrambe le cose.
(Sospiro). «Forse la seconda… Sui soldi farei lo sceriffo».
Perché?
«Trovo incredibile che si parli di ridurre i costi della politica, e poi qualcuno prende l’ufficio a via del Corso per le primarie!».
Qualcuno? Non sia vaga, Rutelli!
(Sorriso). «Rutelli, ma non solo lui. C’è pure Fioroni, e tutti gli altri…».
Vogliono contarsi.
«Erano leader di partito, e ora si accontentano di contarsi nel correntone di Veltroni?».
Lei quanto spenderà?
«Ancora non lo so, ma poco. Per ora, per dire, ho speso solo per il sito. Il resto è tanto vo-lon-ta-ria-to».
Qual è la percentuale con cui perde la faccia?
«Non faccio pronostici e non spendo per sondaggi: però so che con il 51% vinco».
E’ già un sogno arrivare alla maggioranza relativa.
«Perché non mi chiede cosa accade in quel caso?».
Ci provo. Cosa accade?
(Ride) «Come per Veltroni e D’Alema nel 1994».
Ovvero coltellate?
«Noooh… Si coalizzerebbero tutti contro me in Assemblea costituente e eleggerebbero Walter. Una bella nemesi, no? Per questo mi serve la maggioranza assoluta».
Ma alla fine siamo sicuri, Bindi è meglio di Veltroni?
«Per fare un partito nuovo non c’è dubbio».
Prova del nove: se vince lei, cosa gli fa fare a Walter?
«Decideremo insieme. Come mi auguro farebbe lui nel caso opposto».
Ma tutti sanno che Veltroni corre da leader per fare il premier.
«Un’altra stranezza… Al Lingotto ha fatto un discorso da premier, ma un premier c’è già, si chiama Prodi».
Lui è il prossimo.
«Ma ora è prematuro! Il premier si sceglie prima del voto. A noi serve un segretario che dia prospettiva al partito nuovo, e Il Pd serve a ridar forza alla politica».
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