di Luca Telese
L’accordo e la lettera non gli vanno proprio giù: «La Cgil e gli altri due sindacati si stanno comportando come se fossero il diciannovesimo partitino della coalizione di governo, e non i rappresentanti dei lavoratori italiani! Così non va». Giorgio Cremaschi, leader storico della Fiom, attuale animatore della Rete 28 Aprile (che riunisce la sinistra della Cgil) spiega, con un tasso di criticità inedito, che l’accordo sul Welfare gli fa schifo, che il suo segretario Epifani non è coerente con quel che dice, che ci vorrebbe un congresso straordinario, che i confederali sono ostaggio del governo. Parole così dure anche fra i dissidenti del sindacato, non si sentivano da tempo.
Cremaschi, lei non è mai stato un supporter di Epifani, ma stavolta è proprio arrabbiato.
«Ne ho motivo».
Prodi si appella alla sinistra radicale perché lo sostenga.
«E perché la sinistra dovrebbe farlo, di grazia?».
Perché l’Unione fa tanto per il welfare, assicura lui.
(Ride amaro) «Ah, ah, ah».
Lei non ne è convinto?
«Senta, non giriamoci intorno. Perché mai hanno criticato tanto Berlusconi? Lettera o no, la loro politica sul welfare è identica a quella del leader della Cdl».
Addirittura identica?
«Ma scusi, se lei guarda i dettagli, scopre che l’Unione ha sostanzialmente riscritto il patto per l’Italia di Berlusconi. Ripeto, perché criticarlo allora, se non c’è differenza?».
Non mi faccia dire a me che qualche differenza c’è.
«Sì, minuzie! Berlusconi aveva un occhio di attenzione ai padroncini del nord est, loro no».
Lei con l’Unione è crudele.
«Sono schiavi dei parametri di Maastricht, e si vede».
Facciamo un esempio.
«Ecco i primi due. La legge Maroni e la legge Biagi, i pilastri della legislazione del centrodestra sono stati confermati».
Ma se hanno appena fatto un nuovo accordo sulle pensioni!
«Sì, ma l’accordo non cambia nulla. Con lo scalino c’è un leggero miglioramento per chi va in pensione oggi, e un leggero peggioramento per chi va nel 2013. Per chi andrà nel 2014 sarebbe anche meglio la Maroni!».
La legge Biagi, però…
«E’ stata di fatto consolidata».
La pressione fiscale?
«Aumenta per i dipendenti».
C’è redistribuzione, dice Prodi.
«Appunto, Prodi lo dice. I dati da valutare sono questi: redistribuiscono 1.5 miliardi a dipendenti e pensionati, mentre dagli stessi arriva un extragettito di 6.5 miliardi. Se lei fa una semplice sottrazione, capisce che lavoratori e pensionati – sempre gli stessi! – stanno tirando fuori 5 miliardi in più».
Quindi secondo lei sarebbe una redistribuzione parziale?
«Ma quando mai? Nego che ci sia! C’è solo nella testa di Prodi».
Epifani però sottoscrive tutto.
«E fa malissimo».
Perché lo fa?
«La verità? Sono affetti dalla sindrome del governo amico».
Cioè tutto va bene solo perché lo fa l’Unione?
«Certo, se lo stesso accordo lo proponeva Berlusconi avrebbero fatto scioperi e barricate».
Non c’è la controprova.
«Si fidi. Sono in Cgil da una vita. Epifani avrebbe detto no».
E invece…
«Scrive – lui, non io! – che si tratta di porcherie, e poi dice di sì senza un minuto di sciopero. Ma le porcherie non si firmano! La Cgil se le definisce tali non dovrebbe sottoscrivere nulla!».
Nella lettera Epifani spiega perché lo fa…
«Lei pensa? Spiega che le condizioni economiche non sono buone, e che sono a rischio i diritti, perché – testuale – “le misure potrebbero avere effetti negativi”. Lo dice lui, non io. Ma poi firma».
A volte si accettano compromessi…
«Se avessi illustrato un compromesso così ai metalmeccanici mi avrebbero cacciato. E avrebbero fatto bene. Se pensi così dici no».
Invece in Cgil cosa accade?
«La verità? Credo nulla. Niente terremoti. Però non sarà facile».
Voi cosa chiedete?
«Io – e sottolineo io – penso che ci dovrebbe essere un congresso straordinario…».
…ma non crede ci sarà, vero?
«Esatto. Noi, a Parma, dal 6 al 9 settembre facciamo la festa della Rete e lì decideremo come muoverci. Ma è certo: questo accordo sul welfare è dannoso e grave».
Se lo aspettava da Epifani?
«A esser sincero lo temevo. Ha mostrato di essere condizionato dagli equilibri politici e dal rapporto con il centrosinistra. Per un sindacalista non c’è cosa peggiore».
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