di Luca Telese
Metti insieme citazioni assortite ed eclettiche del leader missino Giorgio Almirante (prevedibile), del fascista eretico Beppe Niccolai (non scontata) e di Stefano Zecchi (del tutto imprevedibile). Metti insieme i richiami al «futurismo» e alla «tradizione», «all’identità», al «sacro» e al «bello». Miscela il tutto in un testo di quasi venti cartelle, e ti ritrovi fra le mani l’ultimo parto di Francesco Storace, il documento politico su cui chiamare a raccolta i militanti del suo nuovo partito.
È un biglietto da visita che fa da prologo alla convention fondativa di Destra, la «Cosa nera» partorita dall’ex governatore del Lazio insieme a un leader storico «postmissino» come Teodoro Buontempo. Il tutto rigorosamente su internet (www.storace.com) il sito che da più di un mese fa da grancassa alla creatura dell’ex governator del Lazio. Il partito inizierà il suo cammino a Roma (e non poteva essere altrimenti) con la due giorni del 10-11 novembre. Il simbolo è la fiaccola d’oro ispirata a quella del Fronte della gioventù (le proteste di Giorgia Meloni, leader di Azione giovani, non sembrano aver sortito effetti, e l’ex governatore del Lazio è arrivato a registrare il suo simbolo al ministero dei Beni culturali come un brevetto).
Ma se Storace sta mettendo carne al fuoco fin d’ora – dai simboli ai documenti – è perché sta spendendo l’estate in un tour da un campo all’altro dell’Italia, per tessere la sua tela fra nuove adesioni e arruolamenti di formazioni affini. E i tasselli che si sommano in queste ore sono diversi: in Sicilia c’è un progetto di accordo con il movimento autonomista di Raffaele Lombardo e il ricongiungimento «familiare» con Alleanza siciliana, il movimento di destra fondato da Nello Musumeci (uscito prima di Storace da An). Nel Lazio guarda al Trifoglio di Alfredo Iorio (formazione da sempre su posizioni radicali, nata a Roma intorno alla storica sezione Ottaviano, già alleata nella coalizione delle regionali 2005).
Recita l’epigrafe di Zecchi scelta da Storace: «C’è sempre un momento nella storia degli uomini in cui la difesa della propria tradizione culturale vuol significare che tutto ciò che è accaduto non è stato vano, che il tormento, la gioia, l’odio, l’amore folle e smisurato per affermare la realtà di una passione continuano a vivere e ad avere un senso». E la frase di Almirante: «Non più soltanto andare verso il popolo, ma sentirsi popolo, esprimere direttamente la volontà del popolo».
Ma alle suggestioni identitarie e alle evocazioni carismatiche, il documento preparato per la costituente accompagna la parola d’ordine del «rifiuto di ogni nostalgismo». E subito dopo aggiunge precise indicazioni, una sorta di vademecum per il posizionamento del nuovo partito: «Non ci interessa giocare alla ricerca dei “colpevoli” attivi in An, non intendiamo fare processi al passato di Tizio o Caio, non è nostro costume dividere il mondo in buoni e cattivi». Parole non casuali, per un partito che si propone di recuperare gli elettori postmissini fino ad oggi fedeli a Fini: «Ciò che ci interessa è non essere complici di errori irreversibili, i cui costi rischiano di essere pagati in termini di disastri politici e, forse, addirittura esistenziali». Certo, le stoccate ad An, sia pure indirette, non mancano: «Gli elettori chiedono a chi si dice di destra di esserlo per davvero, senza se e senza ma, senza sbavature, senza tentennamenti, senza derive laico-centriste». Le parole ci sono, ora Storace dovrà trovare gambe su cui farle camminare.
Rispondi