Luca Telese
da Roma
Il colpo di scena che non ti aspetti arriva quando nella sala del cinema Rivoli si riaccendono le luci. È appena passato sullo schermo Il mercante di pietre, il film «fallaciano» del regista Renzo Martinelli, un attacco durissimo all’acquiescenza dell’Occidente con l’Islam, la storia di un italiano di Al Qaida che prepara una bomba sporca e duella (riuscendo a prevalere) con un editorialista (se non fosse su una sedia a rotelle sembrerebbe un Magdi Allam tricolore) che conduce – abbandonato da tutti, persino dalla moglie – una solitaria battaglia contro lo «jihadismo». Ed è una proiezione privata per la stampa che è stata voluta dai due sempiterni demiurghi di An, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, aiutati da tutto lo stato maggiore del partito: Carmelo Briguglio («Io il mercante l’ho già visto due volte, è bellissimo!»), il deputato storaciano Giulio Conti («Finalmente la verità!»), e il responsabile comunicazione Roberto Menia («È sicuramente duro, ma tutto meno che fantascientifico»). Il film in questi giorni sta languendo nelle sale quasi privo di distribuzione, spiega La Russa, «per il fatto di essere politically uncorrect, e oggetto di un silenzioso boicottaggio. Noi con questa iniziativa abbiamo voluto unicamente una cosa: censurare la censura, riaprire il dibattito su un problema vero di cui nessuno vuole parlare». A dimostrazione che si fa sul serio, Daniela Santanchè ha portato con sé persino Souad Sbai, donna marocchina e rappresentante nella consulta islamica.
Ma il colpo di scena che non ti aspetti arriva proprio quando in sala tornano le luci. È a quel punto che Gianfranco Fini, ospite d’onore del matinée, si alza di scatto e guadagna l’uscita. Il cronista dell’Ansa, Marcello Campo, lo tallona metro per metro e gli chiede: «Non le è piaciuto?». E il presidente di An, icastico come solo lui sa essere: «È un film di propaganda. Propaganda becera». Campo: «Non partecipa al dibattito?». Fini, con un sorriso ironico: «Non è un cineforum…». Per un attimo nello stato maggiore del partito si respira aria di sconcerto. Perché è vero che La Russa, con la sua solita prudenza aveva avvertito: «È chiaro che noi, con questa proiezione non vogliamo condividere ogni riga della sceneggiatura. Ma la provocazione che contiene, sì». Ma è certo che nessuno si aspettava una reazione così dal leader di An. E Gasparri, da ex ministro delle Comunicazioni spiega: «È un film Medusa, e però sta subendo una sorta di boicottaggio… al contrario. A Roma è solo in due sale, e solo in certi spettacoli serali, praticamente clandestino! Abbiamo tirato un sasso contro il vetro per infrangere questo muro». Certo, la sceneggiatura è forte, e non priva di spunti che possono suscitare polemiche. Ad esempio il dialogo del professore con i poliziotti italiani (che in principio non raccolgono i suoi allarmi e poi devono dargli ragione). «Controllate il mercante di pietre, è un musulmano!». E l’agente: «Ma non tutti i musulmani sono terroristi!». E il professore: «Sì, ma tutti i terroristi sono musulmani». Parole che per paradosso, non scandalizzano la Sbai: «Questa frase non mi offende: i kamikaze non sono mica protestanti!». Che però il dibattito sia rovente lo dimostra il siparietto successivo dove l’onorevole Conti, preso dalla foga, dà sulla voce alla rappresentante marocchina. Prima la apostrofa un po’ bruscamente («Ma voi musulmani….» e quella si arrabbia: «Non siamo tutti uguali, io sono una araba laica»). Da equivoco nasce equivoco, Conti ribatte, non si capisce cosa dica, la Sbai sta per lasciare il cinema, se non intervenissero con riflessi felini La Russa (che «placca» il collega) e la Santanchè, che abbraccia la donna e la rassicura sull’equivoco.
Passato il momento choc è lo stesso capogruppo che recupera tutti i fili: «Avete la prova – sorride – che non c’era nulla di preparato. Io giudico leciti tutti i giudizi – avverte La Russa -, l’unica cosa illecita è il silenzio». Certo, lo strappo di Fini con il messaggio della pellicola martinelliana è – dal punto di vista comunicativo – fortissimo. E così lo stesso presidente di An, in serata spiega con più calma, e senza l’urgenza dei lavori parlamentari, il suo giudizio: «Il Mercante parte bene, con alcune denunce forti e fondate sulla propaganda islamica. Ma prosegue male, e finisce peggio. In primo luogo perché l’attentato riesce, con un messaggio che è contro ogni speranza. Poi – aggiunge il leader di An – perché nel film tutti i personaggi musulmani hanno una connotazione negativa, e questo mi pare schematico. E infine – conclude – perché questo è un film con delle semplificazioni che rischiano di alimentare l’islamofobia per scatenare uno scontro di civiltà». Parole in cui si sente la preoccupazione di un ex inquilino della Fernesina. È vero, il dibattito c’è. Ma in An ci sono almeno due posizioni diverse: quella del leader, e quella dei suoi dirigenti.
Rispondi