Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Pera si scaglia contro l’Udc: «Casini? Era felice di perdere»

Luca Telese
da Roma

Marcello Pera ieri era senza dubbio «destro». Perché se ci sono slogan che attecchiscono e altri che muoiono presto, sicuramente Dormo o son destro, il gioco di parole scelto da Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri per la convention organizzata a Roma sul futuro della Casa delle Libertà è già diventato un tormentone.
E ieri, per esempio, sembravano tutti desti (e «destri») durante la tavola rotonda coordinata da Maurizio Belpietro. Sullo sfondo dell’Hotel villa Pamphili risuonavano le note del Nessun dorma, e qualcosa devono aver innestato, negli ospiti, se nel suo intervento l’ex presidente del Senato Marcello Pera ha sfoderato un piglio inedito: coriaceo, sarcastico e «destrissimo», in particolar modo contro Pier Ferdinando Casini: prima non citato, poi evocato in modo inequivocabile, e infine motteggiato esplicitamente in maniera addirittura feroce. Anche gli altri protagonisti della giornata poi, non erano da meno. Rocco Buttiglione incassa applausi e dissensi, ma tira fuori le unghie («Sono contento di qualche fischio tra gli amici di An perché, più di loro, conta di più il 4% dei moderati che ci vota e che è decisivo per il centrodestra» (immaginatevi la reazione della sala). Poi Bobo Maroni, uno dei leader della Lega, che dice: «Siamo pronti a rinegoziare un patto di alleanza con la Casa delle libertà». E Belpietro: «Ma se la sinistra vi desse il federalismo andreste a sinistra?». Il leghista, cantilenante: «Ma non-lo-farà, non-lo-farà…». Belpietro: «Non hai risposto». E Maroni, a denti stretti: «Be’, se non lo facesse saremmo in difficoltà a dire no!» (brusiio vivissimo nella platea dei tatarelliani).
Quindi c’è il coordinatore azzurro Sandro Bondi che spiega: «Credo che un leader non possa essere autosufficiente rispetto alla vita dei partiti». E infine la vicepresidente della Camera Giorgia Meloni, che non risparmia critiche alla politica del centrodestra sui giovani: «Non potevamo mica pensare che ci votassero proponendo una linea bacchettona!».
Eppure, a fine giornata, nessuno ha avuto dubbi. La sorpresa della mattinata – anche per effetto di un dibattito senza rete gestito dal direttore di questo giornale – è stato proprio Pera. Che ha iniziato subito a sparare con il bazooka contro il suo ex alter ego di Montecitorio: «Vedete, io temo che anziché fare quello che dovevamo fare – un partito liberale conservatore – ci siamo messi a discutere astrattamente della leadership…». Qui inizia il crescendo: «Magari ponendo delle assurde pregiudiziali anagrafiche…» (in sala qualcuno comincia a pensare a chi l’ex presidente del Senato alluda), «…magari saltando su a dire: scusate, io sono bello, giovane, ho dei bei capelli brizzolati, buco il video, ho solo 50 anni!». Pera non ha ancora finito di parlare, si alza un boato da stadio, tutto anti-udicino. Il presidente-filosofo pesta ancora sull’acceleratore della polemica: «Per cinque anni ero il solo a ripetere che anziché difendere la tradizione cristiana si stava annacquando l’identità europea in un contenitore eurabico!». E ancora, con la stilettata più esplicita e feroce: «Prima Casini è andato in Medioriente a stringere la mano al dittatore di turno (riferimento al viaggio da Ahmadinejhad, a Teheran, ndr), poi è tornato in Italia a dire: facciamo una fiaccolata per difendere la nostra identità cristiana! C’è qualcosa che non va in questa linea politica!». Infine, una battuta che ha suscitato non pochi sorrisi in platea: «Tra noi c’era chi voleva vincere e ha perso, c’era chi pensava di perdere, anche se non voleva, e c’era anche chi pensava di perdere, ed è stato contento di perdere!». L’ex presidente del Senato – un fiume in piena – ne ha pure per Maroni: «Scusa, Roberto! O non ho capito, o pensavo che tu avessi più coraggio. Ma cosa ci stai dicendo? Che la Lega vuole ritagliarsi un po’ di… nuovo andreottismo? Un forno qui e un forno la? Che vuole fare al 99% il partito locale chiuso solo in Lombardia e Veneto? Che vuole occuparsi di una sola cosa, il federalismo? No, Roberto, spero che non sia così. Qui stanno smantellando le riforme del centrodestra, ogni giorno una – conclude Pera – spero che voi torniate ad avere l’ambizione di una grande forza nazionale che difende i risultati del suo governo». Allora Belpietro a Maroni: «Ma la Lega un nuovo patto lo vuole ridiscutere o no?». E il leghista: «Noi lo chiediamo con forza!».
Il dibattito prosegue incrociando temi diversi. Ovviamente quello della leadership, ovviamente il partito unico. Stempera gli animi, Maurizio Gasparri: «Io mi ricordo quella bella citazione di Ennio Flaiano, che diceva Seguo la gente, quindi sono il loro capo. Ecco, forse c’è bisogno anche di questo, di leader che tengano presente cosa vogliono gli elettori e i militanti del centrodestra» (applausi e risa). Ma poi c’è la Meloni che fa le pulci al governo uscente: «Scusate: dicevamo ai giovani che noi eravamo quelli della libertà, e poi li mandavamo dentro se scaricano la musica da internet? Dicevamo che volevamo la libertà, e poi aggiungevamo: scusa, però, ti chiudo la discoteca e ti mando a casa tre ore prima? Per vincere bisogna recuperare il dialogo con il mondo della para-politica, dall’associazionismo». (altro applauso). Ma stupisce Bondi, che frena sul partito unico: «Non servono fughe in avanti, dobbiamo rifletterci su ma senza forzature. Ora pensiamo a cose più concrete come il coordinamento dei gruppi parlamentari». Tutti desti, certo. Ma il dibattito è appena iniziato.


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