Volontari in camicia nera
TERREMOTO – VOLONTARI IN CAMICIA NERA – SFOLLATI DIVISI SU CASA POUND: “NIENTE AIUTO DA QUELLI”, “LASCIATELI STARE, NON FANNO COMIZI”.
FERRUCCIO SANSA
INVIATO A POGGIO PICENZE (L’Aquila)
I primi giorni non se n’è accorto nessuno. C’era altro cui pensare: il paese sventrato dal terremoto e i morti. Poi, però, l’angoscia ha concesso una tregua e a Poggio Picenze qualcuno ha puntato gli occhi sulle bandiere alzate proprio accanto al campo della Protezione Civile. Sui ragazzi vestiti di nero, con il cappuccio alzato e la scritta «me ne frego» tatuata sul collo. Così tra la gente più d’uno ha cominciato a protestare: «Io proprio non voglio farmi aiutare da un gruppo di fascisti», sospira Maria puntando il dito verso lo striscione nero che fa bella mostra vicino alla chiesa diroccata. Poco distante i ragazzi in mimetica e giacconi neri non sembrano curarsi dell’attenzione. Loro sono i membri dell’associazione Casa Pound.
Fascisti? «Mi riconosco nella dottrina fascista che ritengo tuttora validissima, ma non nel periodo storico del fascismo che è finito nel 1945. Noi siamo i fascisti del Terzo Millennio, non ci riconosciamo nella destra di oggi, siamo un movimento di estremo centro alto», spiega Massimo Carletti, responsabile del campo. Il punto, però, è anche un altro: il comune ha affidato a Casa Pound la gestione degli aiuti. Così camminando tra le tende si assiste a scene che proprio non ti immagineresti nell’Abruzzo del terremoto: sguardi storti, battute. Proprio nel campo dove Berlusconi e il ministro Gelmini sono venuti per l’inaugurazione della prima scuola riaperta nelle grandi tende. «Noi siamo venuti per aiutare, abbiamo portato tonnellate di roba. Appena hanno saputo del terremoto, i nostri iscritti si sono mobilitati. Siamo venuti da tutta Italia», racconta Carletti e indica le trenta tende piantate nel prato.
E’ mattino, una giornata fredda, con l’umidità che ti entra nelle ossa, e i ragazzi si preparano per un’altra giornata. Passerebbero quasi inosservati se non fosse per le mimetiche, le giacche nere, le felpe con i teschi. Carletti accetta di fare la guida al cronista. Cammina e intanto spiega: «Le costruzioni del Ventennio non sono crollate». Il magazzino gestito da Casa Pound è una delle poche costruzioni che hanno retto la botta del terremoto, nel grande spazio di dieci metri per trenta è accumulato di tutto: cibo, pannolini, vestiti, giochi per bambini. I militanti in giacca nera catalogano gli oggetti, li distribuiscono, parlano con gli abitanti. I modi sono gentili, si respira entusiasmo.
Ma rispetto alle altre tendopoli c’è una tensione impalpabile. Quando passa un volontario della Protezione Civile ecco che viene fuori. «Scusa, tu chi sei?», gli chiede un ragazzo. E l’altro di rimando: «Mi chiamo Luigi, e tu chi sei?». Finisce lì, ma Carletti racconta: «Succede continuamente». Poi c’è la gente di Poggio Picenze. Molti non fanno caso a quel nero dominante, altri, però, storcono il naso: «Ma perché il Comune ha affidato la gestione dell’emergenza a un gruppo di estremisti? Siamo nell’Abruzzo di Silone e della Resistenza… è uno schiaffo alla memoria», sbotta Attilio. Il sindaco, Nicola Menna, professore di scuola arruolato dal centrodestra, scrolla le spalle: «A me questa storia dell’associazione fascista non interessa, nel campo non fanno politica». Ma le proteste di volontari e abitanti? «Noi adesso abbiamo bisogno di aiuto e quei ragazzi si danno da fare».
Com’è che il Comune gli ha affidato la gestione degli aiuti? «Me li ha presentati un mio ex alunno». E qualcuno fa notare che a San Biagio di Tempera sono arrivati i ragazzi del centro sociale Spartacus. Insomma, si dice, c’è anche la sinistra. Al campo ufficiale, quello della Protezione Civile, continuano il loro lavoro nonostante la notizia comparsa sul Messaggero. Pasquale Landinetti, della Regione Campania, mostra questa tendopoli che è un esempio di solidarietà italiana: efficienza svizzera mischiata a calore campano. Ieri nella tenda-chiesa sono arrivate le reliquie di San Felice Martire e la campana del campanile pericolante. «Noi a Casa Pound non diamo nulla, per noi non sono riconosciuti. Diamo al Comune il materiale in eccedenza rispetto alle esigenze del campo, loro ne fanno quello che credono». E’ l’ora della messa nella chiesa che sa di gomma come un canotto. Sulle sedie si dispongono anziani del paese vestiti di scuro, uomini della Protezione Civile con la divisa gialla e un ragazzone con la testa rasata e la giacca nera con il distintivo: «Invincibili».
LA STAMPA
Signor Telese non crede di dover aggiornare la sua rassegna stampa anche con le dichiarazioni del vicesindaco di Poggio Picenze, e magari con l’articolo odierno vergato dal direttore de “il Giornale” (che qualche volta le dà anche da mangiare ?).
Così giusto per completezza, se non per onestà intellettuale.
LA LOTTA DI OBAMA CONTRO I FASCISTI DELLA CIA
Obama nel quartier generale della Cia. In 2 mesi, furono 266 le torture
Il presidente americano Barack Obama, visitando per la prima volta il quartier generale della Cia, ha difeso la sua decisione di rendere pubblici i memorandum sulle torture sottolineando che «non aveva altra scelta» perchè «le informazioni segrete erano già state compromesse». Obama ha garantito la sua determinazione nel proteggere «i segreti, le identità e la sicurezza» degli agenti della Cia. Ma anche sottolineato che gli Usa sono più forti, anche nel combattere terroristi che non rispettano alcuna regola, quando possono valersi «della potenza dei nostro valori e del rispetto della legge».
Rivelazioni sconvolgenti hanno accompagnato la visita del capo della Casa Bianca: in appena due mesi, nel 2002 e nel 2003, gli 007 Usa infierirono con 266 azioni di waterboarding su due prigionieri di alto livello di al Qaida. Obama ha incontrato a porte chiuse i vertici di Langley, tra cui il nuovo capo Leon Panetta, e quindi fatto un discorso allo staff, che lo ha accolto con grande entusiasmo, sull’«importanza della missione» di una Cia la cui bussola morale è stata nuovamente messa in dubbio dalle ultime rivelazioni.
Il waterboarding
La tecnica dell’annegamento simulato (quando l’acqua viene fatta tracimare attraverso un panno nella bocca e nel naso di un prigioniero legato a testa in giù) fu usata 83 volte nell’agosto 2002 con Abu Zubaydah, secondo un memorandum del 30 maggio 2005 da cui emerge anche che nel marzo 2003 contro Khalid Shaikh Mohammed, l’ex numero tre di Al Qaida considerato il cervello dell’11 Settembre, i waterboarding furono addirittura 183: una media di sei al giorno.
Il waterboarding venne usato molto più frequentemente e con un maggior volume di acqua di quanto consentito dalle stesse regole della Cia, si legge nel documento del 2005. Per ordini partiti dal quartier generale di Langley, Abu Zubaydah venne ripetutamente torturato in una prigione segreta della Cia in Thailandia nonostante gli agenti addetti al suo interrogatorio si fossero convinti che aveva già vuotato il sacco, scrive il New York Times.
Nel 2007 un ex agente della Cia, John Kiriakou, sostenne con la Abc che Zubaydah aveva ceduto dopo appena 35 secondi di annegamento simulato. Firmato dall’alto funzionario del Dipartimento della Giustizia Steven Bradbury, il parere legale del 2005 fa parte dei quattro resi pubblici la scorsa settimana dall’amministrazione Obama. Il New York Times ha dato notizia in prima pagina dei raccapriccianti dettagli di una storia che già – aveva scritto ieri lo stesso Times in un editoriale – costituisce un vero e proprio «viaggio nella depravazione». La pubblicazione dei numeri ha fatto crescere l’indignazione, e le polemiche sulla moralità e l’efficacia dei metodi di interrogatorio adottati dalla Cia dopo l’11 settembre.
Intervistato alla Abc, il capo di gabinetto Rahm Emanuel ha detto che Obama ha meditato per un mese sulla nuova policy e ritoccato personalmente fino all’ultimo momento il comunicato che, a fronte della pubblicazione dei memorandum, ha garantito l’immunità agli 007 coinvolti che hanno agito «in buona fede». I vertici di Langley si erano opposti alla pubblicazione dei memorandum e in particolare a quello del 2005, ha appreso il New York Times. «Ha reso l’America meno sicura perchè informa i nemici dei limiti delle tecniche di interrogatorio», ha protestato l’ex capo della Cia Michael Hayden, un’affermazione che ha una sua logica paradossale: il fatto che il waterboarding sia stato usato così tante volte senza produrre grandi risultati solleva dubbi sulla sua efficacia e sulle affermazioni dell’amministrazione Bush che veniva usato secondo regole ben definite.
21 aprile 2009
G. L.
UN FASCISTA DI NOME CARLETTI
E’ incredibile che nel 2009 ci sia ancora chi, come Carletti, si riconosce nell’ideologia fascista. A Carletti ed ai suoi voglio ripetere, ancora una volta, che IL FASCISMO E’ TERRORE, MISERIA E MORTE. Dovunque questa ideologia e’ stata applicata, non ha prodotto che GUERRE E GENOCIDI.
In ogni caso, se i fascisti rialzassero la testa ci sono milioni di italiani che soNo pronti a dare la vita per difendere LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA.
G. L.
NON LASCIAMO L’ITALIA IN MANO AI FASCISTI
“Ho 60 anni, ho un figlio dalla pelle scura. Anni fa l’ho visto piangere allo stadio quando delle bestie fecero il verso della scimmiA ad un giocatore nero. Non ho dimenticato. Non so cosa sia diventata l’Italia: razzismo, zingari bruciati. Non ne posso piu’”.
(Francesco, lettore dell’Unita’)
E’ questo che accade quando si vota per un ladro come Berlusconi, un razzista come Bossi, un fascista come Fini.
Molti cuori neri, magari in buona fede, hanno votato per questo orribile destra che oggi MALGOVERNA L’ITALIA.
VIVA LA DEMOCRAZIA, NO AL RAZZISMO, NO A BERLUSCONI.
I FASCISTI ALLA STADIO INSULTANO BALOTELLI
l giudice sportivo Gianpaolo Tosel ha condannato la Juventus a disputare un turno a porte chiuse a causa dei cori razzisti rivolti dai tifosi bianconeri nei confronti del giocatore dell’Inter Mario Balotelli.
«C’è stata una fortissima reazione da parte di media ed opinione pubblica, stavolta la cosa non passerà inosservata. Dobbiamo vergognarci tutti di quanto è accaduto, non è stato infatti nè un atto di civiltà e neppure un buon segnale», ha sottolineato Matarrese, sempre in riferimento ai cori razzisti di cui è stato oggetto Balotelli all’Olimpico di Torino.
«Negli stadi si scimmiotta, c’è chi vuol fare del male e chi, invece, si adegua, facendosi trascinare – ha osservato il presidente della Lega calcio -. Non tutti hanno espresso un’idea razzista, ma per alcuni era solo una cosa fra tifosi. Le nostre norme sono pesanti e non vorremmo applicarle, bisogna fare però una prevenzione continua, ci sono lezioni che servono a tutti, ci sono cose che vanno punite perchè ci toccano».
«L’arbitro non ha la possibilità di sospendere una partita in Italia, a livello di Uefa e Fifa c’è un peso diverso da parte della giustizia sportiva, in Italia ci sono degli steccati e non tende ad invadere il campo. L’arbitro, però, deve essere aiutato da tutti: forze dell’ordine, calciatori e club», ha concluso.
La Juventus sarà costretta a giocare a porte chiuse, dopo la condanna del Giudice sportivo per i cori razzisti a Balotelli, la partita casalinga contro il Lecce, valida per la 15/a giornata di ritorno ed in programma il 3 maggio prossimo.
A distanza di 24 ore dall’insulso episodio parla anche il presidente dei nerazzurri e dice al Corriere della Sera: «Se fossi stato lì, sarei sceso in campo, e avrei ritirato la squadra. È terribile che a fare quei cori siano stati fatti da almeno quattro quinti dello stadio».
La dirigenza bianconera, con il suo presidente Giovanni Cobolli Gigli stigmatizza le intemperanze verbali: «A nome della Juventus e della grandissima maggioranza dei suoi tifosi, esprimo una ferma condanna per i cori razzisti contro il giocatore dell’Inter Mario Balotelli. Non ci sono alibi o giustificazioni a simili atteggiamenti: il tifo calcistico può essere acceso, ma episodi come questi sono inaccettabili. Tutti insieme dobbiamo cercare di alimentare una cultura sportiva che metta al centro il rispetto dell’avversario e la lotta al razzismo».
20 aprile 2009
Chiunque insulta un UOMO per il COLORE della PELLE e’ un FASCISTA
E’ INACCETTABILE UN MINISTRO FASCISTA COME LA RUSSA
Polemiche dopo le affermazioni del ministro della Difesa
Libertà e Giustizia: “In un Paese civile se ne sarebbe già andato”
La Russa contro i partigiani “Intollerabile, si dimetta”
ROMA – “La Russa si dimetta, la sua riscrittura della storia è indecente e inaccettabile”. Alzano un polverone le dichiarazioni del ministro della Difesa a proposito del 25 aprile e “di quei partigiani rossi che non vanno celebrati”.
Dura l’associazione Libertà e Giustizia che ricorda come frasi del genere rendono la Russa “incompatibile con la carica istituzionale che ricopre. In qualunque paese civile il ministro avrebbe già dovuto dimettersi. Sarà rimpianto soltanto da quei pochi italiani che sono ancora oggi nostalgici della dittatura fascista”.
Polemica anche la deputata del Pd Sandra Zampa che punta il dito contro “la riscrittura della storia” da parte di La Russa. E per Pierluigi Castagnetti “non è la prima volta che dobbiamo ricordare al ministro La Russa che la storia non è il luogo della smemoratezza nè quello della mediazione fra torti e ragioni. I partigiani hanno combattuto per tutti gli italiani, anche per quelli che non la pensavano come loro, e meriterebbero maggior rispetto da parte di un ministro della Repubblica”.
Interviene anche il portavoce del Pd, Andrea Orlando, secondo il quale il ministro “ha oltrepassato il segno. Fare distinzioni tra partigiani ‘buoni’ e ‘cattivi’ è intollerabile oltre che menzognero nei confronti della verità storica”.
(21 aprile 2009)
A’ giuseppe Rossi aprete un blog tutto tuo che qua te scrivi e te rispondi da solo e mica va bene….a me dimeticavo ” A Noi!”
Tanto per “par condicio”
da
“IL Giornale”
La bontà non è sinistra I volontari di destra donano cibo, vestiti e pannolini
Fallito il tentativo di offensiva istituzionale appresso ai santorismi vari, ci si poteva aspettare che una qualche vampata di polemica politica entrasse nelle opere di soccorso ai terremotati abruzzesi. E la polemica difatti è arrivata, entrando da una porticina solo apparentemente secondaria, e vedremo il perché.
La Stampa di ieri offriva questo titolo: “No ai volontari in camicia nera”. Avvertenza per i lettori che non hanno letto di prima mano l’articolo: non si tratta di un pezzo sull’arruolamento nella campagna di Etiopia, nella divisione Littorio durante la guerra civile spagnola o nelle file dei cristiano-maroniti al tempo del conflitto libanese, ma di un reportage da Poggio Picenze, paese abruzzese dove i ragazzi di Casa Pound, centro sociale romano “di destra”, hanno piantato le tende per portare aiuti alla popolazione. La destra radicale che fa volontariato appare un controsenso agli occhi del cronista, direbbe il Blasco che «non sta bene non si fa», si esce troppo dal seminato degli stereotipi, e allora bisogna darsi da fare per trovare qualche indignato a puntino del fatto che «militanti in giacca nera» raccolgano e distribuiscano pannolini, cibo e vestiti. Così, fermandosi al titolo, per un brutto gioco ideologico, sembra quasi che se da destra si fa operosità sociale, gli aiuti si trasformano crudelmente nella loro degenerazione, il pane diventa pane nero, il caffè diventa ciofeca, i giocattoli manganelli, le tende alcove, il cioccolato un surrogato autarchico, i vestiti di cotone si fanno di ortica o canna, le razioni prendono la forma di tessere annonarie.
Dal tono del pezzo pare che ci sia un paese in rivolta, o perlomeno a disagio, abbarbicato sullo steccato del conflitto politico per una presenza politicamente poco gradita. Ma sentite cosa dice il vicesindaco di Poggio Picenze, Angelo Taffo, esponente di una lista civica dove convivono centrodestra e centrosinistra, quando gli mostri il servizio: casca dalle nuvole per un racconto «totalmente falso». È tutto l’opposto, dice lui: «I paesani sono tutti entusiasti del lavoro di questi ragazzi, davvero encomiabile, non solo qui ma anche negli altri punti di smistamento che gestiscono. Loro stessi hanno raccolto una quantità enorme di aiuti, e tengono una precisa contabilità dei rifornimenti che aiuta a prevenire i pochi “furbi”. Io non sapevo neanche cosa fosse Casa Pound, sono arrivati e non hanno mai smesso di lavorare. Altro che criticarli, ci sarebbe da dargli la cittadinanza onoraria… ».
Dunque, conviene chiudere qui una questione che odora di frusti retropensieri. È che la porticina della querelle paraideologica si spalanca su un’altra verità. I racconti politicamente unilaterali dell’Italia buona, giusta e tanto progressista, della sola sinistra giovanile e sindacale che si mobilita per la solidarietà, nello stile dell’epopea dell’alluvione fiorentina secondo Marco Tullio Giordana, in Abruzzo non funzionano più, perché tagliano fuori una parte della storia, perché dimenticano una parte preziosa della meglio gioventù che si è rimboccata le maniche tra i detriti, lavorando col sorriso a bocca chiusa, senza cercare la facile pubblicità delle sale stampa.
Dei centri sociali “non conformi” romani, che hanno popolato la Capitale di punti di raccolta col tricolore, c’è anche il Foro 753. Ma al di là di qualche sigla eclatante da sfruttare, per titolo a effetto sghembo, c’è un fenomeno più vasto e più profondo, silenziosamente profondo, di associazionismo e volontariato che nasce a destra ma non porta insegne di partito o militanza. Questo ambiente umano si è mobilitato con una forza inedita che supera di molto per intensità le memorie passate dei camion partiti venti anni fa o poco meno alla volta di Timisoara o della Croazia. Si sono mossi il MoDaVi, Soccorso Sociale e altre associazioni. I volontari sono arrivati immediatamente da tutta Italia, a decine e poi a centinaia, al servizio di un’opera comune, in raccordo con la Protezione civile e la Croce Rossa, e sono stati capaci di raggiungere in un territorio così vasto anche le frazioni più sperdute e i nuclei familiari più isolati nel loro attaccamento alle radici di una vita. Luca Panariello di Perigeo, una solida esperienza nello tsunami thailandese, elenca 230mila litri d’acqua, 50 tonnellate di generi alimentari e prodotti per l’igiene raccolti davanti al Gran Teatro di Roma e portati fin su a San Demetrio, Paganica o Luccoli, cita il protocollo d’intesa siglato col sindaco piddino di Alba Adriatica per rifornire 6.000 sfollati. Emerge un’agilità decisionale che consente di fare un passo più in avanti rispetto alle grandi organizzazioni. Lo racconta, superando un comprensibile pudore, un giovane esponente del Pdl aquilano, Salvatore Santangelo. Punto di raccordo dei volontari sin dalla mattina della tragedia, ha perso la casa, non la passione civile: «Un evento traumatico come un terremoto spezza vita, distrugge esistenze. In compenso ho assistito a uno sprigionamento inconsueto di energie, alla mobilitazione di centinaia di giovanissimi che ci stanno dando una mano incredibile. Adesso sta a noi la sfida di ricostruire riunendo le nuove tecnologie e la nuova urbanistica, come chiede giustamente Berlusconi, con la dimensione identitaria del popolo abruzzese, l’unico tesoro che il terremoto ha lasciato intatto». In assenza di retoriche, agli antipodi delle solidarietà scagliate comodamente a migliaia di chilometri di distanza, questa storia andava raccontata. Solo per un attimo, però. Adesso lasciateli stare, non puntate teleobiettivi e microfoni, sono tornati a lavorare.
ho conosciuto Massimo Carletti di Casa Pound, gli ho parlato ieri al telefono riguardo il campo a Poggio Picenze, e mi ha detto lui dell’articolo della stampa che ho letto……intanto se tutti i fascisti fossero come Massimo, avrei anch’io la tentazione a cambiare sponda politica, infine la polemica sul colore dei volontari mi sembra veramente puerile e fuori luogo….. per citare Mao e Deng “che importa di che colore è il gatto purchè mangi il topo?”….In abruzzo operano per aiutare la popolazione CRI e Protezione Civile, Casa Pound e Rifondazione Comunista (che gestisce dei campi), scout, e chi più ne ha più ne metta…non è questa la cosa più importante??
Dalla rassegna stampa internazionale: rivelazione inquietante a
Brazzaville, un italiano missionario di pace ed antifascista è stato sottoposto dai servizi segreti di una non meglio precisata nazione africana, ad una tortura definita”analwater”. Al povero G.L. (queste le sue iniziali) è stato effettuato un clistere di due ettolitri e tuttora per effetto della reazione sta svolazzando da savana in savana, gridando ossessivamente “fascisti maleducati!”
Mamma mia li fascisti.
Arrivino.
Co le camionette.
So cattivi.
Cattiverrimi.
Caro Mah,
facendo io centomila cose, ho riaperto la pagina solo oggi, dopo l’inserimento. Quel suo psoto, polemicuccio che cosa voleva dire?
Luca
Tendenzialmente metto tutto quello che riguarda i cuori neri. Se avete suggerimenti aggiungete voi, se non vi piace il servizio cercatemi un redattore che gratuitamente si presti…
Luca
Suggerimenti? Subito, per esempio questo articolo di Marcello De Angelis (anche lui volontario in Abruzzo, con la Croce Rossa) sul suo sito: http://www.marcellodeangelis.it/articoli/118-come-eravamo-davvero.html.
Non è male, è anche parecchio polemico e con la frase “Ora che i nostri morti sono diventati santini per illustrare i libri di improvvisati storici, ora che le nostre intime sofferenze sono carta e inchiostro per case editrici alla moda…”.
Che dici, non ti sembra un riferimento al tuo libro “Cuori Neri”?
Trovo fuori luogo organizzare un campo con le insegne di una fazione politica: la solidarietà non ha colore.
Avrebbero potuto, se solo lo avessero voluto, prestare il proprio aiuto senza alcuna ostentazione di simboli, tatuaggi e altro.
Così organizzati si meritano le critiche e la diffidenza degli abitanti del luogo.
Da che mondo é mondo la gente partecipa ad eventi solidaristici o di qualsivoglia genere con i propri simboli, politici o religiosi che siano (perché la Caritas sì e Casapound no, per esempio?). Io sono lontano anni luce dal fascismo, ma le pontificate del nostro saccente amico le trovo anche questa volta fuori luogo.
Fammi capire: se non mi inchino e bacio il culo ogni due minuti ai miei ex nemici divento saccente?
Esordire con “da che mondo è mondo” non è saccenza?
Spiegami.
Illuminami.
BERLUSCONI E LE VALLETTE
La squadra dl cuore del premier Letteronze ed ex attrici a Strasburgo
di Lidia Ravera
Leggo sui giornali: «In campo troniste, veline e letteronze, arrivano i volti nuovi di Silvio». Guardo la fotografia a colori che correda il testo: quattro signorine scollacciate con sorrisi standard, pose sexy, carni in mostra, spalle gambe decolté. Sono ex-attrici di «Incantesimo». Ex star del Grande Fratello, letteronze (mi sembra una parolaccia ma forse no, forse invece è una qualifica pregiata e soltanto io non lo so, non mi aggiorno mai abbastanza).
Leggo, l’articolo di Francesco Bei che parla di una «tre giorni di formazione politica» in cui, insieme ad alcune «deputate collaudate», le giovanotte vengono iniziate ai misteri della politica. Saranno alcune di loro, pare, a rappresentare il nostro Paese al Parlamento europeo, proposte dal partito di maggioranza in quanto «volti giovani, facce nuove». Lo scopo sarebbe di «dare un’immagine rinnovata del Pdl in Europa». Parole di Berlusconi.
Leggo, guardo. Provo a buttarla a ridere, come s’è fatto tante volte, tutte le volte che abbiamo commentato, in pubblico,in privato, la weltanschaung del Presidente del Consiglio: uomini potenti e competitivi, con molti soldi e senza troppi principi a intralciare il meccanismo dell’accumulazione più donne di complemento, ornamentali da esibire, sexy da possedere, giovani da comprare. Donne come oggetti effimeri (quando i requisiti estetici richiesti appassiscono vengono defenestrate) di corteggiamenti narcistici: più te ne ronzano attorno più sei «arrivato». Donne come yacht, come ville miliardarie, come Ferrari Testa Rossa, status symbol di una classe dirigente che non ama i libri, non capisce l’arte, non conosce la musica, ma la F…sì, quella la onora sempre.
Lei, la «sacra sineddoche» (una parte per il tutto), che, unita alla squadra del cuore, popola l’immaginario e il tempo libero di quella nuova borghesia raccogliticcia e senza storia che governa l’Italia. Provo a convincermi che devo buttarla a ridere, che non è grave, questa ennesima «carica delle soubrettes». Mi dico: ma dai, non ti sei fatta due risate il 26 aprile del 2007, quando B. alla cerimonia per la consegna dei Telegatti disse alla signorina Yespica «con te andrei dovunque» ( si discettava, mi pare, di ritirarsi in isole deserte) e, nel giro di pochi indimenticabili minuti, sentenziò «la Carfagna…guardatela, se non fossi già sposato me la sposerei»? Hai riso no? E adesso perché non ridi più, ti è peggiorato il carattere? Che sarà mai se qualche Elena Russo, Evelina Manna o Camilla Ferranti sono state raccomandate, sostenute o imposte da B. e dai suoi… non lo sai che da alcuni millenni le donne possiedono soltanto quella forma (transitoria) di potere lì, il potere della bella ragazza, capace di frullare l’ormone testicolare maschile e promettergli soddisfazione in cambio di solidi vantaggi?
Lo so, ma il problema non è la chimica dell’accoppiamento, o il libero mercato del desiderio. Il problema è che B., invece di sposarsela, la signorina Carfagna l’ha fatta Ministro. Il problema è che , cito da intercettazione telefonica, nello spingere il prodotto Manna Evelina, ha detto: «io sto cercando di avere la maggioranza in senato e …questa Evelina Manna può essere…perché mi è stata richiesta da qualcuno con cui sto trattando». Il problema è che, noi, noi donne, vecchie o giovani, belle o brutte, colte o ignoranti, intelligenti o oche, tristi o giulive siamo stanche di essere valorizzate soltanto come merce di scambio, di esistere soltanto in quanto corpi da calendario, di vederci passare avanti, secondo un copione che pare inevitabile, quelle che ci stanno, quelle che lo fanno, quelle che hanno le misure giuste e l’ opportuna avidità, o presunzione o cinismo o disprezzo per le istituzioni.
Possibile che non ne esista una, una sola, fra le giovanotte di coscia lunga, brave a ballare e a cantare, che, alla proposta di un posto in qualche Parlamento europeo o mondiale, dica, per una volta: «No, grazie»? Alla lunga è avvilente. È avvilente non che le liste elettorali del centro destra pullulino di belle figliole, ma che, costoro, siano state, compattamente, rimorchiate nel retropalco del Gran Varietà televisivo.
Anche Debora Serracchiani è giovane e ha un bel musetto,ma si è messa in luce facendo politica, ha convinto con le sue parole, ha avuto il coraggio di attaccare la dirigenza del Pd, ha in testa un progetto, vuole che questo progetto si affermi. Si rinnova così, l’immagine di un partito. Accettando le critiche, valorizzando le intelligenze femminili, spesso più concrete e meno coinvolte negli opportunismi del potere. Non si rinnova l’immagine di un partito ingaggiando un tot di figuranti di bell’aspetto, come se al Parlamento Europeo dovesse andare in scena una commedia. E il Pdl fosse una compagnia di giro e Silvio Berlusconi l’impresario. O il capocomico.
23 aprile 2009
UNO STUPRATORE PRESIDENTE DEL SUDAFRICA
Sudafrica, Zuma verso la presidenza
L’Anc in testa con il 62,5 per cento
dall’inviato DANIELE MASTROGIACOMO
CITTA’ DEL CAPO – L’African national congress è lanciato verso la quarta vittoria elettorale dalla fine dell’apartheid. Se lo spoglio dei dati, in corso dalle 11 di ieri sera, dovesse confermare i primi concreti risultati e le proiezioni di alcuni exit polls, Jacob Zuma sarà eletto presidente del Sudafrica.
Il risultato era previsto, ma non scontato. Pochi minuti prima delle sei locali di stamani, la stessa ora in Italia, la Commissione elettorale indipendente indicava il partito di Nelson Mandela al 62,5 dei voti, su 1 milione e 76 mila schede scrutinate. E’ seguito (con il 27% circa) dalla Democratic alliance di Helen Zille, il sindaco bianco di Cape Town, da quattro anni alla guida di uno dei più apprezzati partiti di opposizione.
L’ascesa nei suffragi dell’Anc è apparsa subito chiara. Già al primo conteggio consistente, attorno alle 2 di notte, Jacob Zuma e la sua formazione viaggiava sopra il 60 per cento. Il Cope, Congress of people, la costola che si è staccata tra le polemiche dal partito dominante, sta ottenendo un 8,7 per cento. Un successo modesto, se si considerano gli obiettivi e le ambizioni: porsi come alternativa all’Anc. Il voto della base è stato determinante. Base popolare, raccolta tra il potente sindacato del Cosotu, dove è cresciuto politicamente Jacob Zuma e tra il partito comunista.
Ma al di là dei simboli e degli schieramenti, è Jacob Zuma ad aver fatto presa sulla maggioranza degli elettori. Leader amato e discusso, diretto e spesso sferzante nelle battute, il presidente dell’African national congress si è speso fino all’ultimo per recuperare la sua immagine offuscata. Accusato di stupro nei confronti di una militante sieropositiva e di corruzione per la compravendita di una partita di armi, Zuma ha condotto una campagna elettorale forte e decisa. Ma non si è scagliato più di tanto nei confronti degli avversari, Helen Zille in testa, che hanno invocato, al contrario, un voto diverso per “mandare in galera i corrotti e non in Parlamento”.
Alle urne si sono presentati oltre 23 milioni di elettori, confermando l’altissima partecipazione ad ogni consultazione che caratterizza i sudafricani. Ma questa volta, la quarta dal 1994, anno di sconfitta dell’appartheid, l’affluenza è stata massiccia. La gente si è messa in fila già quando faceva ancora buio e ha atteso pazientemente in fila il proprio turno. Le urne sono state chiuse ufficialmente alle 21 di ieri sera. Ma si è dovuto attendere almeno altre due ore per terminare le operazioni di voto e per snellire le lunghe code dei partecipanti.
Pochissimi gli incidenti. La presidente della Iec, la Indipendent electoral commision, Brigaglia Bam, ha confermato che è stato uno scrutinio “tranquillo, pacifico e ordinato”. La polizia ha denunciato l’uccisione di un dirigente del Cope assieme alla moglie, assaltati da tre uomini dentro casa. Ma non ha precisato se l’agguato sia legato alle elezioni elettorali. La violenza resta un fattore endemico in questo immenso, vario, bizzaro e colorato paese. Sarà una delle prima emergenze a cui dovrà mettere mano Jacob Zuma. Soprattutto in vista dei Mondiali di calcio del prossimo anno: un’occasione storica per l’immagine e l’economia del più importante paese dell’Africa.
(23 aprile 2009)
NAPOLITANO, IL PRESIDENTE ANTIFASCISTA
Il presidente e la difesa della Costituzione antifascista
LA DEMOCRAZIA REPUBBLICANA
C’è “la leggerezza negli atteggiamenti con cui si assumono atteggiamenti dissacranti e si tende a mettere in causa un patrimonio di principi che ha costituito per l’Italia una acquisizione sofferta”.
LA CADUTA DEL FASCISMO, LE FORZE ALLEATE, LA RESISTENZA
“Avevo 18 anni il 25 luglio del 1943 quando fui raggiunto via radio a tarda sera dalla fulminante notizia della caduta di Mussolini…al fondo vi era una crisi profonda tra il paese e il fascismo, a cominciare dall’andamento disastroso della guerra irresponsabilmente voluta da Mussolini… Torna alla mente l’euforia di quel momento. Avevamo già maturato, insieme ad altri della nostra generazione non solo la più radicale contrapposizione al fascismo ma anche la convinzione, cui non era stato facile giungere, che la salvezza dell’Italia potesse avvenire solo dalla sconfitta ad opera delle forze alleate…..Ma alla fine del settembre 1943, ebbi la percezione diretta della condizione durissima in cui era precipitata la mia città, Napoli, chiamata a vivere l’esperienza dell’occupazione alleata.
LA COSTITUZIONE
Napolitano cita i governi di coalizione antifascista, l’Assemblea eletta dal popolo con il mandato di adottare la Carta Costituzionale, il voto alle donne…..
“La democrazia italiana rinacque su basi più ampie e più solide e non senza contrasti ma in un processo irresistibile dall’alto e dal basso….
La Costituzione repubblicana non è dunque una specie di residuato bellico … I valori dell’antifascismo e della Resistenza non restarono mai chiusi in una semplice logica di rifiuto e di contrasto, sprigionarono sempre impulsi positivi e propositivi, e poterono perciò tradursi, con la Costituzione, in principi e in diritti condivisibili anche da quanti fossero rimasti estranei all’antifascismo e alla Resistenza. Perciò il 25 aprile non è festa di una parte sola”.
ISTITUZIONI DI GARANZIA
“Rispettare la Costituzione significa anche riconoscere il ruolo fondamentale del controllo di costituzionalità e dunque l’autorità delle istituzioni di garanzia. Queste non dovrebbero mai formare oggetto di attacchi politici e giudizi sprezzanti. Tutte le istituzioni di controllo e di garanzia non possono essere viste come elementi frenanti del processo decisionale, ma come presidio legittimo di quella dialettica istituzionale che in definitiva assicura trasparenza, correttezza, tutela dei diritti dei cittadini”.
POTERI DELL’ ESECUTIVO
Spetta ancora una volta al Parlamento pronunciarsi sulla possibilità di procedere sulla revisione della Costituzione, sugli obbiettivi da perseguire, sul grado di consenso a cui tendere….Ma molte cose sono via via cambiate a partire dagli anni ’90 con il crescente ricorso alla decretazione d’urgenza e da ultimo con il rafforzarsi del vincolo tra governo e maggioranza parlamentare, così come con il drastico ridursi della frammentazione politica in Parlamento. Ciò ha indotto uno studioso e protagonista come Giuliano Amato a giudicare “oggi obsoleta la tradizionale constatazione della debolezza del governo nel rapporto con il Parlamento”.
IL FEDERALISMO
Condivisa e percorribile è di certo l’ipotesi di una riforma della Costituzione che segni il superamento dell’anomalia di un anacronistico bicameralismo perfetto, il coronamento dell’evoluzione in senso federale, da tempo in atto, come ho ricordato, con la istituzione di una Camera delle autonomie in luogo del Senato tradizionale.
LA DIVISIONE DEI POTERI
Il Presidente cita Bobbio a proposito dell’esigenza di tenere sempre ben ferma la validità e irrinunciabilità delle “principali istituzioni del liberalismo” – concepite in antitesi a ogni dispotismo – tra le quali –, “la garanzia di diritti di libertà (in primis libertà di pensiero e di stampa), la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche”. E sempre Bobbio metteva egualmente l’accento sulla rappresentatività del Parlamento, sull’indipendenza della magistratura, sul principio di legalità.
Tutto ciò non costituisce un bagaglio obsoleto, sacrificabile – esplicitamente o di fatto – in funzione di “decisioni rapide, perentorie e definitive” da parte dei poteri pubblici. E mi sarà permesso di richiamare anche il riconoscimento del Capo dello Stato come “potere neutro”, secondo il principio che, enunciato da Benjamin Constant due secoli fa, ispirò ancora i nostri padri costituenti nel disegnare la figura del Presidente della Repubblica.
IL PARLAMENTO
Ho egualmente menzionato come essenziale la rappresentatività del Parlamento : a proposito della quale penso si possa dire che essa non viene fatalmente incrinata da regole vigenti in diversi paesi democratici, finalizzate ad evitare un’eccessiva frammentazione politica, ma rischia di risultare seriamente indebolita in assenza di valide procedure di formazione delle candidature e di meccanismi atti ad ancorare gli eletti al rapporto col territorio e con gli elettori.
L’EUROPA
L’impegno per l’ulteriore, più conseguente sviluppo dell’integrazione europea è per noi italiani parte essenziale dell’impegno a proiettare nel futuro la nostra Costituzione repubblicana. La prospettiva dell’Europa unita, a favore della quale consentire alle necessarie limitazioni di sovranità, fu evocata nel dibattito dell’Assemblea costituente e fu di fatto anticipata nel lungimirante dettato dell’articolo 11 della nostra Carta.
L’ABRUZZO
In queste settimane, dinanzi alla tragedia del terremoto in Abruzzo, l’Italia è stata percorsa da un moto di solidarietà che ha dato il senso della ricchezza di risorse umane – vere e proprie, preziose riserve di energia – su cui il paese può contare, in uno spirito di unità nazionale….Parlo di un rilancio, davvero indispensabile, del senso civico, della dedizione all’interesse generale, della partecipazione diffusa a forme di vita sociale e di attività politica. Parlo di uno scatto culturale e morale e di una mobilitazione collettiva, di cui l’Italia in momenti critici anche molto duri – perciò, oggi, di lì ho voluto partire – si è mostrata capace.
22 aprile 2009
UN IMBECILLE DI NOME BUMSONG
Al fascista imbecille Bumsong voglio ricordare le parole di Dante:
‘Fama di loro il mondo esser non lassa,
misericordia e giustizia li sdegna,
non ti curar di lor, ma guarda e passa’.
G. L.
Matteo Amici,
Io il culo non l’ho mai baciato a nessuno, e non ho mai detto a nessuno che era un cane legato ad una catena per rispondere ad insulti che qualcun altro ti aveva lanciato, mio povero mentecatto ! Se tu lo avessi baciato al tuo insegnante di storia forse ti avrebbe dato qualche lezione privata di cui hai apparentemente molto bisogno. Le persone che stimo su questo sito sanno benissimo come la penso su immigrazione, nazionalismi, aborto, differenze sessuali droga (io dico “piante sacre”) ecc. e figurati che non ho mai nascosto di essere ebreo per metà, di parteggiare e collaborare con la sinistra israeliana. Per essere un ruffiano,non c’é male, vero, sputasentenze dei miei coglioni?
Il presidente Napolitano e’ il tipico antifascista da bar: se ne stava a parlare male del Fascismo seduto al tavolino del bar all’ombra del Vesuvio, tra l’altro non ha nulla da insegnare anzi, sarebbe meglio avesse il pudore di stare zitto poiche’ uno che faceva parte di un partito al soldo di Mosca e che tra l’altro elogiava i carri sovietici che entravano a Praga e’ l’ultimo che puo’ parlare di liberta’.
x Matteo…
quell’articolo de La Stampa e’ falso !
La bandiera e’ nel campo dei volontari, non e’ tra le tende nel campo degli abitanti.
Seconda cosa non sono abituato a vedere cosa c’e’ tatuato sul braccio che mi aiuta.
E cosa avrebbe dovuto insegnarmi il mio prof di storia che abbia un minimo di attinenza con l’argomento qui trattato?
Comunque non me ne frega un cazzo.
Ho di meglio da fare che seguire le ripicche miserevoli di un ruffiano travestito da pacificatore.
Ti saluto.
Avrebbe potuto per esempio insegnarti che da che mondo e mondo chi partecipa ad iniziative solidaristiche lo fa con le proprie insegne, religiose, politiche o filosofiche che siano, e, indipendentemente dalla mia asssoluta mancanza di amore per l’iconografia fascista, non vedo perché Casapound non lo dovrebbe fare. Non sono affatto d’accordo con molte delle loro cose, ma non vedo perché censurarli con commenti petulanti da maestrino dalla penna rossa quali “Così organizzati si meritano le critiche e la diffidenza degli abitanti del luogo”. Avrebbe anche potuto insegnarti che cercare di comprendere la verità storica non significa sposare le teorie altrui, se poi avesse avuto l’ardire e la buona volontà di provare ad insegnarti anche un po’ di filosofia, avresti potuto provare ad ascoltare che una posizione etica diversa non cerca giustificazioni storiche per esprimersi, ma può, ed addirittura deve, non reagire emotivamente a segni simboli che non ama, senza ammantare la propria reattività con perbnismi da quattro soldi.
Pensandoci, avresti proprio fatto bene a baciargli il culo, ti avrebbe risparmiato una figura di merda tutte le volte che apri bocca.
Citando Dante, quando G.L. parla: “… ed egli avea del cul fatto trombetta!”
Adesso mi becco di nuovo del ruffiano dei fascisti, ma Bumsong mi ha fatto fare una sana risata!
Nel caso di G.L. è più consono parlare di trombone
SCONFITTI MA MAI ARRESI !
“Nessuno che sia un vero italiano, qualunque sia la sua fede politica, disperi nell’avvenire. Le risorse del nostro popolo sono immense. Se saprà trovare un punto di saldatura, recupererà la sua forza prima ancora di qualche vincitore. Per questo punto di fusione io darei la vita anche ora, spontaneamente, qualunque sia purchè improntato a vero spirito italiano. Dopo la sconfitta io sarò coperto furiosamente di sputi, ma poi verranno a mondarmi di venerazione. Allora sorriderò, perchè il mio popolo sarà in pace con se stesso.
Vent’anni di fascismo nessuno potrà cancellarli dalla storia d’Italia. Non ho nessuna illusione sul mio destino. Non mi processeranno, perchè sanno che da accusato diverrei pubblico accusatore. Probabilmente mi uccideranno e poi diranno che mi sono suicidato, vinto dai rimorsi. Chi teme la morte non è mai vissuto, ed io sono vissuto anche troppo. La vita non è che un tratto di congiunzione tra due eternità: il passato ed il futuro. Finchè la mia stella brillò, io bastavo per tutti; ora che si spegne, tutti non basterebbero per me. Io andrò dove il destino mi vorrà, perchè ho fatto quello che il destino mi dettò.
Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore, ma più ancora credo nell’Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero la forza e la grandezza dei nostri cuori. E’ ormai un fatto che la guerra è perduta, ma è anche certo che non si è vinti finchè non ci si dichiari vinti. Questo dovranno ricordare gli Italiani, se, sotto la dominazione straniera, arriveranno a sentire l’insoffocabile risveglio della loro coscienza e dei loro spiriti.
Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando se stessi. Penso a coloro ai quali sarà negato per anni di amare e soffrire per la patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita. All’odio smisurato ed alle vendette subentrerà il tempo della ragione. Così riacquistato il senso della dignità e dell’onore, son certo che gli italiani di domani sapranno serenamente valutare i coefficienti della tragica ora che vivo. Se questo è dunque l’ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.
I fascisti che rimarranno fedeli ai principii dovranno essere cittadini esemplari. Essi dovranno rispettare le leggi che il popolo vorrà darsi e cooperare lealmente con le autorità legittimamente costituite per aiutarle a rimarginare nal più breve tempo possibile le ferite della patria. Chi agisce diversamente dimostrerebbe di ritenere la patria non più patria quando si è chiamati a servirla dal basso. I fascisti, insomma, dovranno agire per sentimento, non per risentimento. Dal loro contegno dipenderà una più sollecita revisione storica del fascismo, perchè adesso è notte, ma poi verrà giorno.
”
BENITO MUSSOLINI
Non é che al Savoia Mussolini ha perdonato tutte le porcate che quella dinastia ha perpetrato per un paio di secoli (Piemontesi compresi, chiedetelo agli abitanti di Racconigi, che avevano un nonno o un bisnonno)? Non é che ha avuto vent’anni percreare l’Italia che diceva di volere e non lo ha fatto?
E’ ormai acclarato che la più grande colpa storica di Mussolini è quella di non aver mandato al confino in Groenlandia (previo accordo con i danesi) tutti coloro che che si chiamavano Lig….
DECISAMENTE FUORI TEMA, MA COME TUTTO IL RESTO
Caro Bakunin,
avrei voluto parlare in questo mio intervento dei precedenti di Firenze del 1966 e dell’Irpinia 1980, dove anche lì guarda caso, di fronte alle tragedia , giovani attivisti di entrambe le sponde ideologiche, partirono tutti volontari. Ma tanto è inutile spiegare perchè poi alla fine avvine questo e avviene sistematicamente.
Invece ti rispondo sulla questione Mussolini ed i Savoia.
Nietzsche direbbe ” Umano troppo umano ” del mancato console e tenero Dittatore Benito Mussolini, uno che attendeva i tempi lunghi, le nuove generazioni, “la concertazione” tra le categorie del lavoro, la costruzione paziente ed articolata dello Stato, l’educazione culturale e scolastica, ecc. ecc.
Invece, per quanto mi riguarda, avrebbe dovuto magari prendere semplicemente spunto da Saint Just o da Robespierre e fare quello che ogni sana ” Sinistra Rivoluzione” avrebbe fatto. Togliere di mezzo la classe dirigente perdente. Regolare i conti.
Tu pensa che con 6000-7000 morti con l’esercito regio il 28 ottobre del 1922 ( quello che avrebbero voluto fare ad esempio d’Annunzio e Mario Carli), in Italia, “l’unica sinistra” che ci sarebbe stata, sarebbe per l’appunto il Fascismo , visto che la destra sarebbe perita di fucile … !!
Con la destituzione forzata (e non in maniera indolore) della monarchica ci saremmo tolti dai coglioni i genocidi Savoia e la “Piemontesizzazione” delle centrali culturali, finanziarie ed economiche che sono stati per 65 anni l’anima occulta dell’anti-nazione.
Subito dopo avremmo regolato anche i conti con l’altro potentato internazionalista ed anti-imperiale che è il Vaticano.
Forse non saremmo neanche entrati in una guerra ” internazionale di liberazione” accanto alla Germania contro le potenze del mare.
Perchè ci saremmo gagliardamnente dedicati ad una sana guerra civile interna di liberazione contro “i Gattopardi”, laddove avevano segnato un secolo prima il passo i Pisacane, i Mazzini, i Garibaldi ecc ecc.
Come vedi, questo mette in luce una ” tecnica di compensazione ” che Mussolini ha usato contro piccole medie e grandi lobby che alla fine non ” gli ha giovato” …
LA QUESTIONE LIGUORI ED I DOGMI DI FEDE
Ma quello che ancora una volta Vi sfugge a tutti nell’ atteggiamento ostinatamente aggressivo e polemico del sig. Liguori/Rossi e la ” verità sottile” del suo sacro terrore per la parola FASCISMO;
che poi è la natura del vero scontro antropologico-psicologico-ancestrale, ed in cui tutte le categorie razional-idealistiche-hegheliane (come ad. es. destra e sinistra) naufragano miseramente.
Quello che contrappone la ferocia iconoclasta di Liguori ( e degli anti-fascisti come Lui … ) al Fascismo, è che Liguori
è un apostolo della Fede, è sostanzialmente incardinato nella dimensione biblica-evangelica (giudaico-cristiana ?)della vita, e sente l’ odore sulfureo della vera tentazione Luciferina che c’è dietro IL FASCISMO : LA RESTAURAZIONE PAGANA ( infatti per capire l’ESSENZA del Fascismo ed dell’ anti-fascismo bisognerebbe rileggere attentamente non De Felice e la sua storicizzazione del fenomeno, ma Giorgio Locchi).
Liguori e gli anti-fascisti “strutturali”, pur non avendo spesso le chiavi vere di interpretazzione e gli strumenti culturali, avvertono subito con la parola FASCISMO, l’irrompere delle forze terribili “dell’Irrazionale Indeterminato” dentro la storia determinata-lineare , generata dal loro dio (perdente e morto); e si sentono automaticamente le vittime sacrificali per ” Dei Rifondati e Rievocati”, da quel “nulla” , in cui il dio della dimensione biblico-linerare Li aveva confinati.
E’ un riflesso condizionato ancestrale, nasce dall’inconscio collettivo direbbe Jung, un qualcosa che ha poco a che vedere con l’analisi dei fenomeni storico-politici. E’ lo stesso atteggiamento che hanno certe ” prede” di fronte al fatto di sentirsi cibo prediletto per alcuni ” predatori” …
Ecco perchè l’anti-fascismo deve essere acquisito di fatto come un “Dogma di Fede” e non può essere indagato politicamente.
Liguori direbbe “sul Fascismo, non si discute ” …
Quindi a tutti, un buon anniversario della liberazione “dal diavolo ” ( il male assoluto ) …
Grazie Francesco (adesso mi daranno del leccaculo, ma pazienza). Chiaro come sempre. Rimane la distanza (che non é da poco) che io non sento nessuna idenficazione con il concetto di patria, e questa é la distanza che ci separa in maniera credo inevitabile (sono un anarchico gurdjieffiano, nozione che fa incavolare sia gli anarchici sia i discepoli di Gurdjieff, ma tant’é!). Mi rimane la convinzione che Tu abbia una visione romantica del fascismo (absit injuiria verbis), che non mi pare condivisa da molti dei tuoi compagni (camerati?) di strada, neppure da molti di quelli che scrivono qui. In fondo é questo che mi sa ci accomuna: siamo entrambi cavalieri erranti, anche se magari ci succederà di incrociare le lame.
Ti saluto
25 APRILE 1945: IL BOIA MUSSOLINI GIUSTIZIATO DAI PARTIGIANI
Da sempre sono contro la pena di morte. Se c’e’ un italiano, pero’, che ha meritato la pena capitale, questi e’ Benito Mussolini, DITTATORE, LADRO ED ASSASSINO.
Il grosso errore dei partigiani e’ stato quello di avere ucciso la Petacci, innocente al cento per cento, come anche un errore e’ stata la macabra esposizione dei cadaveri a Piazzale Loreto.
VIVA L’ITALIA LIBERA E DEMOCRATICA, VIVA I PARTIGIANI!
G. L.
FONDAZIONE FINI: I PARTIGIANI ERANO PATRIOTI
Napolitano: “Ideali validi per tutti”
La fondazione di Fini: “Partigiani patrioti”
ROMA – “Il 25 aprile è una data incancellabile da cui nacque l’Italia libera e democratica”. Alla vigilia della festa della Liberazione, la netta presa di posizione del capo dello Stato sembra aver fatto affetto. Dopo giorni di distinguo, di partigiani “buoni e cattivi”, le voci che arrivano dalla maggioranza sembrano parlare un linguaggio simili a quello di Giorgio Napolitano. Che oggi torna a levare la sua voce.
E così il ministro dell’Interno Bobo Maroni parla di “data incancellabile” e perfino il ministro della Difesa Ignazio La Russa la definisce “una ricorrenza condivisa”. “Sul 25 aprile niente equivoci: il Pdl
lo celebra sta dalla parte dei valori dell’antifascismo e della resistenza” taglia corto il ministro Gianfranco Rotondi. Fino ad arrivare a FareFuturo, la fondazione di Gianfranco Fini, che si spinge oltre: “Forse è arrivato il momento se, anche da destra, soprattutto da destra, si comincia a pensare, con convinzione, senza infingimenti, che i partigiani sono stati buoni italiani. Che la resistenza è stata roba di patrioti. E non di traditori.
E Napolitano, anche oggi, torna a parlare. Ribandendo che il messaggio della Resistenza “vive nella Costituzione”, ammonendo ” a non ripetere gli errori del passato” e spiegando come possano riconoscersi “nell’eredità spirituale e morale della Resistenza, che vive nella Costituzione, anche quanti vissero diversamente gli anni 1943-1945, quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi acquisiti”.
In quella Carta dice il presidente della Repubblica, si possono riconoscere anche quanti non parteciparono alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Ma quei principi accettano come validi e indiscutibili.
(24 aprile 2009)
PARIDE BATINI: UN GENOVESE CHE NON AVEVA PAURA DEI FASCISTI
E’ morto Paride Batini il leader dei portuali di Genova
«Per noi il momento del lavoro non è staccato dalla vita quotidiana, ma si armonizza con essa. In porto fai le stesse cose di sempre, stai con gli amici, con la gente che comunque avresti frequentato, non devi lasciar fuori le tue idee, la tua autonomia, la tua libertà». C’è tutto Paride Batini, il console della Culmv (Compagnia unica lavoratori merci varie) di Genova – la società degli scaricatori di porto, più noti come camalli – morto oggi a 75 anni per un tumore, nelle parole con cui aveva riassunto il senso del lavoro portuale nella sua autobiografia.
Era la sua vita la Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie di Genova, nata nel ’46, che oggi gestisce il lavoro di un migliaio di camalli sulle banchine del primo porto del Mediterraneo. Vi era entrato giovanissimo e l’ha guidata per 26 anni. Aveva iniziato a dieci anni a muoversi sui moli genovesi, e per 17 anni era stato ‘occasionale’, cioè precario, un termine caro con cui intitolò l’autobiografia, messa giù con l’aiuto di un nipote: «Perché se la scrivevo io chissà quanti errori di ortografia» diceva, scherzando sul fatto che era arrivato solo alla quinta elementare.
Il Console aveva infatti lasciato la scuola a dieci anni e aveva iniziato subito a scaricare e caricare merci sulle navi in arrivo a Genova, dove era arrivato con uno zio da Vicopisano (Pisa). Il padre lo vedeva poco perchè in nome dell’antifascismo era spesso nel mirino delle autorità. Aveva vissuto prima a Molassana, poi a San Teodoro e Oregina, i quartieri dei camalli. Negli anni Sessanta era in piazza, ventiseienne, contro il governo Tambroni e contro lo svolgimento del congresso del Msi, insieme agli altri diecimila camalli.
Al vertice della Culmv lo hanno portato l’acutezza di pensiero e la capacità di decidere velocemente per trovare, nei momenti più delicati, soluzioni cruciali: qualità che gli hanno riconosciuto amici e avversari. Per nove volte era stato rieletto all’ unanimità e il carisma lo aveva aiutato a superare molti momenti drammatici, specie durante le lotte in porto degli anni Ottanta e Novanta, quando per legge fu rivoluzionato il lavoro in banchina.
Aveva consolidato le sue capacità contrattuali nelle infinite vertenze sindacali, nei duri testa a testa con i terminalisti e gli armatori, nella quotidiana lotta «per dare dignità al lavoro», come amava ripetere. Non perdeva mai il senso della realtà. L’anno scorso, gli fu chiesto se poteva essere scelto lui come commissario del porto: «ho altro da fare – rispose – come mettere insieme il pranzo con la cena». Era indagato nell’inchiesta sul presidente dell’ Autorità Portuale Giovanni Novi, con l’accusa di truffa, insieme con tanti altri protagonisti della vita portuale genovese, per un fondo messo a disposizione della Culmv e ora sotto l’esame dei giudici.
Batini evitò commenti, si limitò a spiegare che non cambiava nulla: «vado al lavoro, come ogni giorno, e se non basta ecco la mia busta paga di duemila euro al mese e con 53 anni di versamenti». Viveva a Calizzano, nell’entroterra di Savona, e ogni giorno era al terzo piano della palazzina della Culmv per cercare di garantire il lavoro ai 1200 camalli. «Il lavoro è il valore dei valori – diceva – l’elemento fondamentale nella vita della Compagnia». Rispettava tutti, anche quei camalli più giovani con i quali di recente erano nati contrasti per la linea da seguire. Perchè era sempre convinto che è giusto lottare per idee e diritti: «In porto, pur nel rispetto di una gerarchia operativa non diventi mai come “Fracchia”, parli il tuo dialetto, ti porti dietro il tuo quartiere, discuti di ciò che avviene. Quando esci, il tuo lavoro esce con te, viene nella tua vita, nella tua casa e ripeti il percorso inverso».
23 aprile 2009
A MANCINELLI: SONO ANTIFASCISTA PER ALTRE RAGIONI
Mancinelli, quello che tu dici su di me non e’ esatto: non sono contro il fascismo perche’ ideologia ‘pagana”, ma perche’ ideologia totalitaria. Sotto Mussolini non c’era liberta’ di parola e di stampa, c’era il partito unico, non c’erano i sindacati, gli ebrei erano perseguitati e gli oppositori politici uccisi. Sono un amante della liberta’ e non accetto nessun totalitarismo, ne’ di destra, ne’ di sinistra.
A BUMSONG
Oltre ad essere un maleducato, sei anche un ignorante: la tua citazione di Dante e’ totalmente fuori luogo. Essendo tu stato iniziato da Izzo ai “piaceri della vita”, pensi che tutti siano come te. “Ciascuno dal suo c. l’altrui misura”.
Ho rispetto per i gay come te, ma io sono eterosessuale.
IL SINDACO DI PARIGI: ALEMANNO E’ UN FASCISTA
Delanoe attacca Alemanno
Scontro tra Roma e Parigi
La durissima replica del primo cittadino capitolino: “Falso e offensivo, ho chiesto all’ambasciatore italiano in Francia di muovere passi diplomatici”
DAL nostro inviato ANAIS GINORI
PARIGI – “Difficilmente riuscirò ad avere buoni rapporti anche con Gianni Alemanno che è stato accolto al Campidoglio con i saluti fascisti”. Bertrand Delanoë confessa ad alta voce quello che molti suoi collaboratori sanno da tempo. Al teatro dell’Odéon, davanti a Dario Franceschini e ad altri membri del Pd arrivati con il “Treno per l’Europa”, il sindaco di Parigi ammette tutta la sua distanza politica dal primo cittadino di Roma. Delanoë e Alemanno non si sono ancora mai conosciuti, fatto anomalo per due città gemellate in modo esclusivo da oltre mezzo secolo. Né è previsto un incontro a breve. L’anno scorso, subito dopo la sconfitta di Rutelli e l’elezione del nuovo sindaco di Roma, l’Hotel de Ville aveva preferito non invitare l’esponente di An per le celebrazioni del 25 agosto, festa della Liberazione.
“Quello che ha detto il sindaco di Parigi su di me è falso, offensivo e intollerabile” ha commentato Gianni Alemanno. “Non si può, per dare soddisfazione ad una propaganda di parte, inventare fatti che non esistono né tanto meno interrompere le relazioni istituzionali Roma e Parigi che sono sancite da un antico gemellaggio”. Il sindaco di Roma ha chiesto all’ambasciatore italiano a Parigi di muovere passi diplomatici per chiarire esattamente quanto accaduto al teatro Odéon. Al fianco del sindaco di Roma si schiera Gianfranco Fini. Il presidente della Camera ha espresso solidarietà personale e politica
(23 aprile 2009)
IN SICILIA E’ SOLO LA SINISTRA CHE COMBATTE LA MAFIA
Da Gela imponevano il pizzo anche a Milano
“Volevano uccidere il sindaco Crocetta”
Nel mirino anche un imprenditore locale impegnato nella manutenzione dell’acquedotto milanese: avrebbe dovuto pagare periodicamente 15mila euro ai boss ma si era sempre rifiutato
Il sindaco di Gela Rosario Crocetta
GELA (CALTANISSETTA) – Volevano colpire duro. E dare un segnale forte ai politici e agli imprenditori più impegnati sul fronte della lotta alla mafia a Gela. Le indagini, coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Caltanissetta, hanno permesso di stroncare sul nascere il tentativo di ricostruzione del clan Emmanuello. I boss stavano preparando un attentato per uccidere il sindaco di Gela, Rosario Crocetta e alcuni imprenditori, che negli ultimi anni hanno collaborato con le forze dell’ordine e la magistratura nella lotta al racket delle estorsioni. Il gruppo mafioso, che fa capo a Cosa nostra, è strutturato in organismi territoriali che operano unitariamente, o in stretta collaborazione, in varie zone del territorio nazionale e all’estero.
Gli arresti. Le manette sono scattate ai polsi di Maurizio Saverio La Rosa, di 40 anni e Maurizio Trubia, di 41, entrambi di Gela. Per i due l’accusa è di associazione mafiosa e di estorsione: hanno imposto il pagamento del “pizzo” a imprese di Gela che effettuavano lavori pubblici anche a Milano. Decisive, oltre alle intercettazioni, anche le dichiarazioni del pentito Carmelo Barbieri, ex reggente della cosca nissena, che da qualche tempo ha iniziato a collaborare con i pm.
Il piano. Gli investigatori sono riusciti così a scoprire anche i piani di morte dei boss, intenzionati a giustiziare il sindaco, da tempo nel mirino della mafia per le sue campagne di stampa e le iniziative amministrative per riaffermare la legalità nella sua città.
“Attentati imminenti”. L’omicidio era stato messo a punto proprio da La Rosa con la collaborazione di altri mafiosi delle cosche gelesi, che da tempo si erano trasferiti in Lombardia. Ma la condanna a morte era stata decretata anche per un imprenditore, che aveva denunciato le richieste di pizzo per alcuni lavori che doveva compiere a Milano. Secondo gli investigatori il pericolo degli attentati era “imminente”.
Il pizzo. Il clan mafioso, hanno accertato gli investigatori, aveva imposto il pagamento del “pizzo” ad una impresa siciliana che era impegnata nei lavori di manutenzione dell’acquedotto milanese. L’impresa di Gela era impegnata a Milano con lavori per conto della società Metropolitana milanese spa, che ha la gestione di quell’acquedotto.
Il “No” dell’imprenditore. La Rosa e Trubia, in occasioni diverse, avevano imposto il pizzo all’imprenditore impegnato a Milano, comunicandogli di essere i responsabili della famiglia mafiosa di Gela. Una tangente da 15mila euro che doveva essere versata periodicamente nelle mani dei boss al quale l’imprenditore si è opposto, rifiutando di pagare. I due indagati dovranno pure rispondere dell’aggravante di aver fatto parte di un’associazione armata, che aveva disponibilità di esplosivo ed armi.
(24 aprile 2009)
Liguori, Liguori, non si trattava di sodomia ma di una scoreggina!!! Sappiamo che tu le fai profumate, ma dai, ammettilo, le fai anche tu!
Ah, dimenticavo: se non fosse stato per mio padre tu non saresti mai nato, liguori!
Ancora una cosa Liguori, ma chi la dà a te, le volontarie del servizio sociale? o, come si sospetta Rosy Bindi?
Ecco, uno legge qui dentro e non può fare a meno di avere la certezza che il 25 aprile è nata una troia che ogni tanto ha partorito tanti frustrati. Per questa ragione il mio calendario segna 24 aprile, 24 aprile bis e 26.
Quest’anno, poi, sembrano tutti più pazzi del solito. Il 25 aprile pare essere un vino, più invecchia e più diventa pregiato… e più da alla testa.
Quando ero piccolo, tanti anni fa, si diceva: W il Duce, il resto merda! Ecco, mi piace accogliere così la giornata che domani viene:
Viva il Fascismo immortale, romano e mediterraneo!
Buon San Marco a tutti.
UN IMBECILLE DI NOME BUMSONG ED UN FASCISTA DI NOME VETERANO
Bumsong, essendo io piu’ vecchio di tuo padre, non puo’ essere lui ad avermi generato. RicordatI che quando si fa polemica, anche polemica dura come quella tra fascisti e antifascisti, non si offendono mai i genitori, in particolare le madri.
Lo sa bene un fascista gibutino che, per questo motivo, si e’ beccato un mavashigeri (calcio laterale) il 18 luglio 2008.
Al Veterano rispondo:
VIVA L’ITALIA DEMOCRATICA E ANTIFASCISTA
ABBASSO IL DUCE, LADRO ED ASSASSINO
MAI PIU’ IL FASCISMO, MALE ASSOLUTO.
MAI PIU’ IL FASCISMO, AVVENTURA SENZA RITORNO.
G. L. (ITALIANO ANTIFASCISTA)
FINALMENTE ANCHE LA DESTRA RICONOSCE L’IMPORTANZA DEL 25 APRILE
Franceschini replica a Berlusconi: «Non si possono equiparare repubblichini e partigiani»
Alla vigilia dell’anniversario della Liberazione, Giorgio Napolitano ha ricordato che lo spirito della Resistenza vive nella nostra Costituzione, nei valori universali di libertà che esprime e ciò spiega perchè la ricorrenza del 25 aprile è una festa che tutti gli italiani devono celebrare con spirito di unità. La lotta di liberazione, ha aggiunto il capo dello Stato, fu vissuta con lo stesso animo con cui oggi partecipiamo alle missioni internazionali di pace, missioni che dobbiamo continuare a svolgere nonostante le ristrettezze di bilancio.
«Il messaggio, l’eredità spirituale e morale della Resistenza, della lotta per la liberazione d’Italia – ha detto il presidente della Repubblica – vive nella Costituzione, Carta fondante della Repubblica, pietra angolare del nostro agire comune e della nostra rinnovata identità nazionale. In essa
possono ben riconoscersi anche quanti vissero diversamente gli anni 1943-45, quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi acquisiti». Alla cerimonia solenne al Quirinale hanno preso parte i ministri dell’Interno, Roberto Maroni, e della Difesa, Ignazio La Russa, e le rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche, d’arma e partigiane.
Ieri in Val Sangone Napolitano aveva riaffermato il ruolo «determinante» delle formazioni partigiane, che non si può disconoscere. Oggi ha messo l’accento sulle altre componenti fondamentali: quella popolare e soprattutto quella militare. È doveroso dire che «anche i militari» dopo l’8 settembre 1943 diedero un «apporto essenziale» alla liberazione dell’Italia, combattendo contro gli occupanti tedeschi o unendosi ai partigiani. Il capo dello Stato ha citato l’odissea, per molti senza ritorno, di centinaia di migliaia di militari italiani deportati e internati nei lager nazisti, e l’impegno d’onore di altre migliaia di militari che subito dopo l’armistizio confluirono nelle rinate Forze Armate per liberare l’Italia dall’occupazione militare tedesca.
Domattina Napolitano renderà omaggio proprio a questi ultimi, recandosi in un luogo simbolo: Mignano Monte Lungo, nell’alto Casertano, dove il 27 settembre 1943 nacque il Primo Raggruppamento Motorizzato dell’Esercito italiano (poi confluito nel Corpo Italiano di Liberazione) al comando del generale Umberto Utili. Ne fecero parte militari di tutta Italia. Al comando del generale Vincenzo Dapino, il Raggruppamento combatté contro i tedeschi coordinandosi con le truppe Alleate guidate dal generale americano Geoffrey Keyes, per sfondare la Linea Gustav nella zona strategica di Cassino. Napolitano renderà onore ai caduti di quelle battaglie.
Oltre a ricordare i caduti e i fatti, ha detto Napolitano, occorre «riflettere sull’insegnamento fondamentale e ricorrente» di quegli anni, che è ancora attuale, e che consiste nel «rifiuto di ogni forma di sopraffazione e di violenza e di conseguenza il ripudio dell’indifferenza e dell’ignavia di fronte all’offesa recata alla dignità dei popoli, ovunque e comunque si compia». Un ripudio decretato di fronte «alle conseguenze che l’arbitrio e l’oppressione, come facemmo esperienza negli anni della dittatura fascista e dell’occupazione nazista, producono ineluttabilmente: sofferenza, sottosviluppo, distruzione guerra…».
Nel corso della cerimonia sono state conferite Medaglie d’Oro al Merito Civile alle Province di Genova e di Forlì-Cesena. «È un doveroso riconoscimento – ha detto Napolitano – a popolazioni che reagirono con fermezza ad angherie, deportazioni, stragi infami e distruzioni.». La lotta di Liberazione, ha concluso Napolitano, fu fatta con enormi sacrifici e oggi «il nostro ricordo e il nostro omaggio si unisce all’impegno a non ripetere gli errori del passato».
Che sia una festa condivisa da tutti è anche l’auspicio di molti esponenti politici. Anche di destra. «Un’Italia normale? Forse è arrivato il momento se, anche da destra, soprattutto da destra, si comincia a pensare, con convinzione, senza infingimenti, che i partigiani sono stati buoni italiani. Che la resistenza è stata roba di patrioti. E non di traditori». Così Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini, motiva la decisione di dedicare un’edizione speciale al 25 aprile.
A spegnere le polemiche dei giorni scorsi contribuisce lo stesso Ignazio La Russa, ministro della Difesa, che oggi ha sottolineato il «significato unitario particolare della cerimonia di oggi, che contribuisce a fare della data del 25 aprile una ricorrenza da tutti condivisa. Condivido e siceramente apprezzo quanto detto da Napolitano». Sulla stessa linea il leghista Roberto Maroni: «Il 25 aprile non può essere cancellato» perchè «stabilì dei valori comuni che ancora oggi condividiamo». Ragione per cui «bisogna onorare quegli uomini e quelle donne che a prezzo della loro vita ci hanno consegnato un’Italia libera e democratica».
«Questo 25 aprile deve essere di svolta, la Liberazione deve essere un valore condiviso» ha invece commentato il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «Il dato di fondo – ha spiegato Alemanno – è che la Liberazione è un valore condiviso proprio perché i combattenti furono persone di sinistra, comunisti, ma anche di destra e di centro, liberali e monarchici, ed è giusto che venga rivendicato. Lo stesso Berlusconi – ha proseguito – ha detto che domani deve essere la festa di tutti».
Di questo avviso anche l’esponente del Pd Massimo D’Alema che ha giudicato «giusto» che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi abbia deciso di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile. «L’anomalia era che non vi avesse mai partecipato da presidente del Consiglio», ha detto. «Non può che essere considerato un fatto positivo che finalmente vi partecipi». Tuttavia, ha tenuto a sottolineare, dietro la festa per la Liberazione c’è un «sistema di valori che è a fondamento della nostra democrazia e che è scritto nella prima parte della Costituzione». E «sul fatto che Berlusconi sia coerente con questi valori ho molti dubbi», ha aggiunto, «spesso non lo è nel suo comportamento e nelle sue scelte politiche».
Se, con un certo ritardo, anche la destra decide di partecipare al giorno della Liberazione, c’è ancora una frangia estrema che non si identifica in quei valori. In alcuni quartieri di Roma, alla vigilia del 25 aprile, sono apparsi alcuni manifesti a firma Militia (formazione di estrema destra) sui quali compare la scritta «Oltre il fascismo non c’è nulla». Su altri manifesti, sempre a firma Militia, si legge: «Foibe, via Rasella, Triangolo Rosso, questa è la vostra Resistenza. Onore ai Camerati del Rsi». I manifesti, che il sindaco ha promesso di rimuovere, sono apparsi al quartiere Appio, nella zona di Piazza Bologna ed anche nei pressi di via Tasso dove sorge il Museo della Liberazione.
Per l’associazione “Veneto Fronte Skinheads”, il 25 aprile «non è e non sarà mai la giornata di tutti gli italiani». Il movimento di estrema destra – in una lettera aperta – critica le dichiarazioni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e definisce il 25 aprile «la festa di infami e traditori». «Nei giorni immediatamente prossimi a quell’infausta data, molti piangono i propri cari caduti per mano partigiana», si legge nella nota degli skinheads veneti, secondo i quali «solo la mistificazione storica accecata dall’ideologia politica può presentare certe infami gesta come azioni valorose». Il Fronte Veneto skinheads annuncia poi che come ogni 25 aprile si recherà sulla foiba di Basovizza «a commemorare gli italiani uccisi dalla liberazione».
24 aprile 2009
25.000 ITALIANI MASSACRATI DAI NAZIFASCISTI
25 aprile, Salò e la svagatezza di Berlusconi
Mi chiedo come sia mai possibile, e soprattutto a cosa serva tutto questo. Mi chiedo se non fosse già bastata negli anni scorsi, una necessaria e doverosa riflessione storica sulla guerra di liberazione che chiuse un’epoca storiografica controversa e certamente fitta di episodi nascosti e mai ammessi. Mi chiedo se non fosse già sufficiente ammettere, ed era doveroso che fosse così, che in quegli anni molti ragazzi volontari nell’esercito della Repubblica di Salò non furono altro che una gioventù, spesso addirittura poco più che degli adolescenti, sbandata e priva di una coscienza civile e politica, priva di strumenti per capire cosa stesse accadendo in Europa, a a fianco di chi combattessero veramente. Mi chiedo se non bastasse già raccontare le dolorose storie di famiglie di ragazzi che avevano aderito alla Repubblica Sociale e subirono le vendette di alcune bande partigiane anche dopo il 25 aprile del 1945. Mi chiedo, guardata quella storia con la giusta distanza e con un maggior rigore storiografico, se era e continua a essere possibile una perversa confusione su giudizio storico e considerazioni umane e civili.
Oggi Berlusconi lo ha detto, e francamente si sperava che non accadesse, almeno questa volta. Ai cronisti che gli hanno posto la domanda, ha risposto: «È un tema su cui non ho ancora messo la testa. Ci sono state differenze anche se la pietà deve andare anche a coloro che credendosi nel giusto hanno combattuto per una causa che era una causa persa. Su questo tema rifletteremo». Sulla pietà non ci sono dubbi. Sul rispetto della storia anche, però. Il credersi nel giusto è un concetto applicabile a molti: non credevano di essere nel giusto le Ss? Non credevevano di essere nel giusto gli uomini di Laurenty Beria, il capo della polizia di Stalin, quando in nome di una rivoluzione che avrebbe portato “al sol dell’avvenire”, prelevavano la gente di notte, per imprigionarli nei Gulag? Non credeva di essere nel giusto l’esercito americano che sterminò quasi soltanto donne e bambini Cheyenne del villaggio Sand Creek? Vale come un’assoluzione essere in buona fede?
E basta la buona fede per dimenticare, attraverso il nobile sentimento della pietà, 2273 stragi naziste e repubblichine che hanno ucciso, torturato e massacrato 25 mila tra uomini, donne e bambini in soli due anni, tra il 1943 e il 1945? Il 15 aprile 2003, nella XIV Legislatura, è stata istituita una commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi a crimini nazifascisti. I fascicoli sono 695, occultati per più di mezzo secolo in un armadio, che è stato denominato “l’armadio della vergogna”. Purtroppo è tutto scritto da sempre. Purtroppo quel fiume carsico che non riaffiora, e che ha portato alle stragi di quegli anni, è ancora lì. Il presidente Berlusconi dice di voler riflettere. Ma come ha scritto il commediografo francese Tristan Bernard: «È meglio non riflettere affatto che non riflettere abbastanza».
G.L. quando vuoi e dove vuoi, ce la possiamo vedere da uomo a Liguori
Per completezza di informazione comunico che oltre i casapoundini a Poggio Picenze ci sono pure i Forzanovisti a Colle di Roio.
VIVA LA SOLIDARIETA’ IN NERO!
Non capisco perchè tal Giuseppe Rossi debba sempre postare cose che nulla vi entrano con l’argomento del topic in quistione.
A BUMSONG
Se vuoi, devi venire a trovarmi in Africa. Un po lontano ….
A NICOLA
In Italia c’e’ liberta’ di espressione. Ognuno scrive quello che vuole, sempre nel rispetto della legge.
G. L.
For G.L., I’m the Lizard King, I can do anything! (scusa Jim per l’appropriazione)
Per Giuseppe Rossi,
dato che il topic in quistione ha un determinato argomento, trovo giusto che nei commenti si discuta di quel determinato argomento, anzichè spammare articoli non attinenti. Se poi si vuol parlare di fascismo o di qualsiasi altro evento (storico, culturale o politico che sia ) lo si faccia, con la dovuta pertinenza, dote che mi sembra a te manchi.
Oggi è il 29 aprile, anniversario della morte di due cuori neri: Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi. Ieri mattina ero a Milano di ritorno da Berlino, prima di prendere il treno per tornare nella mia Faenza, io uomo di sinistra, comunista senza tessera, insieme a Silvia Ferretto Clementi, conosciuta su facebook e che ringrazio ancora della disponibilità e cortesia, sono andato in via Paladini a deporre un mazzo di fiori alla lapide che ricorda Sergio. Silvia Ferretto è consigliere regionale in Lombardia, spero che la sua proposta di intitolare due aule della regione una a Sergio Ramelli e una a Fausto e Iaio vada a buon fine, mi ha detto anche che molti di sinistra hanno aderito al suo appello su facebook “un fiore per Sergio”, ciò mi fa ben sperare per il futuro.
Bravo Raffaele!
Non ero al corrente dell’iniziativa, ma mi sento di parteciparvi, almeno virtualmente.
OBAMA, IL PRESIDENTE PIU’ AMATO DEL MONDO
Cento giorni alla Casa Bianca
di Marina Mastroluca
I numeri sono dalla sua parte, per quello che valgono i sondaggi. Bisogna tornare indietro ai tempi di JFK per trovare un presidente più popolare allo scoccare dei suoi primi cento giorni. Il 68 per cento degli americani è con Obama, stando al New York Times-Cbs. E la popolazione afro-americana è ancora più convinta che sia lui l’uomo giusto.
Cento giorni a tappe forzate, per dare il senso di una svolta dall’America di Bush e della crisi foraggiata dai mutui sub-prime e da quell’«avidità» così severamente criticata in campagna elettorale. Dalla firma sulla legge intitolata a Lilly Ledbetter sulla parità salariale uomo donna, il presidente Usa ha abituato l’opinione pubblica americana a corrergli dietro. Persino troppo. «Ogni volta che guardi le notizie, c’è il presidente Obama che sta facendo qualcosa, è impegnato in milioni di cose – ha detto un insegnante del New Jersey, Peter Fitzgerald alla Cnn -. Mi chiedo se qualche volta non abbiano paura che gli finisca la benzina». Per dire che il molto non è detto che sia la misura del buon governo, ma almeno per ora l’apertura di credito è una certezza, l’idillio non è finito.
Un piano di salvataggio per l’economia da 787 miliardi di dollari, una legge che estende l’assistenza sanitaria gratuita ai bambini, il via libera alla ricerca sulle cellule staminali embrionali e il finanziamento delle ong che ammettono l’aborto nella pianificazione familiare. La green economy promessa da Obama non si vede ancora ma è uno stanziamento da 23 miliardi di dollari per le energie rinnovabili, 150 per il risparmio energetico e il 3% del Pil destinato alla ricerca. E c’è la firma sull’atto che segna la fine del lager di Guantanamo e la pubblicazione dei memorandum di Bush sulle tecniche spinte di interrogatorio destinate ai sospetti terroristi. Segnali di quale direzione Obama vuole dare all’America uscita dal medioevo teocon di Bush. A cominciare dal dire dove si è sbagliato. Dove ha sbagliato la precedente amministrazione, ferendo l’immagine degli Usa nel mondo e la stessa etica americana umiliata dalle leggi eccezionali e dai distinguo giuridici. E dove ha sbagliato lo stesso Obama.
«Ho fatto una cavolata», mai sentito un presidente Usa parlare così davanti alle telecamere. Obama si scusava per aver insistito nella nomina alla sanità di Tom Daschle, costretto poi a rinunciare per una questione di tasse non pagate. L’errore ammesso è tornato a suo merito, come mai non era accaduto a George W. Bush, ostinatamente chiuso nei suoi o con me o contro di me, anche quando l’errore era lì, palpabile, un dato di fatto come le bare dei soldati Usa che tornavano dall’Iraq e che nessuno poteva vedere.
Le bare continuano ad arrivare, ma Obama le mostra. Come promesso ha annunciato il ritiro dall’Iraq – entro il 2011 – e il rafforzamento delle truppe in Afghanistan, più 17.000 unità. Aveva detto che avrebbe incontrato il presidente iraniano e non lo ha ancora fatto, ma ha spedito un video messaggio e la sua mano tesa resta lì, in attesa di sviluppi. E in attesa di sviluppi – positivi – sono anche le aperture con Mosca. Per ora la Casa Bianca ha negato il finanziamento alla produzione di nuove testate per i missili Usa. Il disarmo nucleare è tornato sul tavolo di discussione.
Certo l’economia e la guerra in Iraq ancora tengono con il fiato sospeso l’opinione pubblica Usa. Ma sette americani su 10 sono ottimisti sul futuro. Dai prossimi quattro si aspettano solo che possa andare sempre meglio.
28 aprile 2009
Tornando al tema del blog, invece di osama/obama e di Liguori favorevole alla pena di morte i giorni pari, tratto dal blog di Miro Renzaglia…
“Dalle rovine del terremoto emergono non solo esempi di grande generosità, ma anche speculazioni immonde e fetore di pura immondizia. Difficile definire altrimenti l’incredibile servizio pubblicato da La Stampa il 20 aprile e dedicato a una fantomatica protesta contro gli aiuti ai terremotati assicurati dai ragazzi di Casa Pound. Ragazzi che non vengono neppure accusati di aver utilizzato la tragedia per far propaganda politica. Macché, la protesta è contro la loro esistenza.
La Stampa – che a Torino viene definita amabilmente “la busiarda”, ossia la bugiarda – sostiene che non meglio identificati abitanti di Poggio Picenze protestano contro la distribuzione degli aiuti da parte dei giovani di Casa Pound. E un certo Attilio tuona contro questa fosca presenza «nella terra di Silone e della Resistenza». Anche di Del Turco, ma né Attilio né la Busiarda sembrano ricordarselo.
Così come questo fantomatico Attilio (ovviamente privo di cognome) si dimentica ovviamente di annunciare pubblicamente che, in nome di Silone, rinuncerà ad intascarsi gli aiuti che Casa Pound ha raccolto in tutta Italia per portarli ai terremotati di Poggio Picenze. Macché, si accettano quelli di Casa Pound e pure quelli del governo del pericoloso antisiloniano Berlusconi.
E il povero Attilio è costretto a soffrire mentre mangia i pasti assicurati da Casa Pound e che, antidemocraticamente, non sono neppure accompagnati da tovagliolini di carta con il logo del Pd. Silone si rivolterebbe di certo nella tomba, se fosse a conoscenza di un simile affronto alla sua terra e alla libertà.
Ma la Busiarda non manca di far notare la differente fortuna capitata ad un paese vicino, dove i soccorritori appartengono ad un centro sociale di sinistra. Sicuramente i panini saranno più gustosi, i pannolini per i bambini più rossi e la carta igienica avrà anche il marchio con la falce e martello. Silone sì che sarebbe felice.
Ovviamente al quotidiano degli Elkann non basta aver individuato il triste Attilio per chiudere la vicenda. Bisogna calcare un po’ la mano, come al solito. Partendo da un titolo dove si assicura che sul campo sventola la croce celtica. Oddio, basterebbe osservare le foto per rendersi conto che la bandiera del campo è quella ormai abituale di Casa Pound, con la tartaruga bianca. Ma come si può pretendere che a La Stampa sappiano riconoscere la differenza una tartaruga e una croce celtica? La menzogna travalica ogni osservazione.
E poi, naturalmente, l’articolo deve porre in evidenza l’imbarazzo che provano i volontari della Protezione Civile (anonimi anch’essi, tanto per cambiare) nel dover lavorare gomito a gomito con i ragazzi di Casa Pound. Se non fossero veri eroi, par di capire, quelli della Protezione Civile abbandonerebbero tutto per andare a piangere sulla tomba di Silone. Magari in compagnia di Del Turco e con al seguito il grande inviato del quotidiano della Fiat.”
Bongo, bongo, bongo va Liguori fino in Congo, lo conosci, oh oh!
Bingo, bongo, bengo, mi dispiace ma non vengo con lui!
Non voglio farmi inchiappetar, nè stuprar, dai gorilla come piace a lui!Bongo, bongo, bongo …
Signori comunisti mi fare veramente schifo, ho passato dieci giorni in abruzzo al campo di Monticchio con la protezione civile di Lodi e ho toccato con mano quello che è successo la….a questo punto dico che non interessa chi è colui che aiuta quella gente l’importante è aiutarla, se vi fa schifo dei Fascisti aiutano quelle popolazioni non so che fare riesco a capire che a voi possa dare fastidio perchè per i vostri cervelli bacati i fascisti sono solo capaci di fare del male, non è prerogativa di voi luridi bolscevichi il monopolio dell’altruismo.Noi siamo Nazionalisti, QUESTO CI SPINGE AD AIUTARE LE NOSTRE POPOLAZIONI.Personamente sono stato più volte in servizio in Bosnia, ma la prima sera passata al campo Monticchio2 in mensa quando ho guardato bene quei disperati mi son detto ” cazzo, ma questo è il mio popolo, la mia gente” sono rientrato molto toccato da questa esperienza in Patria
Riccardo se vi può interessare ho messo alcuni post nel mio blog su libero SCELTE E SOLITUDINE e nel blog della mia donna Raven.sas dove troverete anche molte foto di quei posti……………
in alto i cuori Riccardo
ps: un pensiero per Sergio …………….
Possso comprendere che tu ti inc…. Riccardo, vorrei solo capire che cosa c’entrano i comunisti: l’articolo é sulla “Stampa”, che, ed essendo un giornale che fa parte del gruppo Fiat, gli si può trovar da dire moltissimo, ma accusare la famiglia Agnelli di simpatie marxiste-leniniste mi sembra veramente eccessivo. L’unico comunista poi che scrive qui é Raffaele, e se leggi i suoi interventi sono di ben altro tono. Mi sembra che tu cada nella stessa generalizzazione ed errore che compivamo noi dell’estrema sinistra 30 e più anni fa: quando non ci piaceva qualcosa, che ne so, compresa la minestrina, si diceva che era “fascista”. Senza voler fare polemiche sterili, vorrei però farti notare che Ramelli é morto in parte proprio a causa di quel clima e di quelle generalizzazioni.Prima che qualcuno mi accusi di nuovo di cercare facili “embrassons-nous”, continuo a credere che sia importante evidenziare le differenze fra diverse visioni del mondo (e sono spesso radicali ed inconciliabili), ma senza vomitarci addosso calunnie e generalizzazioni.
Con rispetto
Ciao Bakunin io non mi riferivo assolutamente all’articolo del giornale ,ma ad alcuni commenti scritti in questa pagina, resta il fatto che prorpio ieri mi è capitato di leggere alcuni commenti scritti da gentaglia per oltraggiare prorpio la memoria di Sergio, non sono a conoscenza se tu hai vissuto quegli anni, io si sono arrivato alla mia età cercando doi reprimere l’odio e la repulsione per quella feccia rossa, ma a volte quando leggo certe cose mi incazzo………….il tenore del commento era” Ramelli presente, si putrido e divorato dai vermi che son morti a loro volta dallo schifo”
In alto i cuori Riccardo
Riccardo, io quegli anni li ho visssuti, un po’ al margine come militanza, comunque intorno a Lotta Continua. Rispetto a certi commenti, l’unica cosa che posso dire é che la madre degli imbecilli é sempre incinta, senza aggiungere altro.
Restano le distanze, abissali credimi, ma chiunque innegggi alla morte di un ragazzo di 17 anni ucciso perché divenuto un simbolo malgrado lui stesso da gente che in quel modo voleva far vedere che non erano dei vigliacchi (e qui c’é una tragica ironia) più di trent’anni dopo mi fa inc… almeno quanto fa inc… te.
Saluti e anarchia
Riccardo, ti capisco. A vedere quello che dici mi incazzo anch’io, sebbene comunista. come mi incazzo quando qualche imbecille dell’altra parte ad esempio scrive cose simili su Verbano, Walter Rossi. E preferisco non riportare quanto mi sento dire io da altri imbecilli per aver reso omaggio a Sergio Ramelli qualche giorno fa.
Ciao Raffaele queste tue parole ti fanno Onore, purtroppo nonostante io cerchi il più possibile di non arrabbiarmi a causa di qualche imbecille la cosa è sempre più difficile.Sinceramente quando rammento quegli anni non riesco più a provare rancore per coloro che consideravo nemici da abbattere e anzi in questi giorni ripensando ad allora, a Sergio, e a tutti quei ragazzi da ambo le parti feriti, uccisi, incarcerati provo solo amarezza.Ci credevamo con tutti noi stessi in quello che facevamo, in quello che subivamo o causavamo agli altri e ora guardando indietro troviamo solo sangue e distruzione,guardando avanti invece inesorabile disperazione.Dopo tutto quel sangue innocente di giovani idealisti versato sui marciapiedi delle piazze e vie d’Italia, quello che ci resta è solo una domanda che martella le nostre meningi” ne è valsa la pena ?????????
DOVREMMO ORGANIZZARE UNA GIORNATA DEDICATA A TUTTI COLORO CHE HANNO PAGATO UN PREZZO TROPPO ALTO ROSSI O NERI CHE FOSSERO…
SOLO COSI’ FORSE RIUSCIREMMO A CHIUDERE LA BOCCA TANTI STOLTI CHE PARLANO SOLO PERCHE’ IN QUELLE STRADE O PIAZZE CON IL SANGUE SUI VESTITI O SULLE MANI NON CI SONO STATI……….
Riccardo
Beh, se se si riesce ad organizzare la giornata, compatibilmente con i miei (imprevedibili) impegni di lavoro, contate su di me.
Salve gentaglia
In questi giorni in cui il mio pensiero è per un caro camerata, Sergio Ramelli, che tanti e tanti anni fa ha pagato con la vita la Sua idea e la Sua militanza, in un partito che sicuramente non merita il Suo sacrificio come non meritava quello di tutti gli altri che son caduti , son rimasti feriti oppure incarcerati, serve una riflessione; molto spesso mi capita di passare in blog, oppure di leggere giornali, ove in una sorta di apoteosi , si leggono frasi sensazionalistiche impregnate di parole come Onore, forza, sangue, fedeltà, nemici, vendetta…tutte parole che fanno leva sul nostro sentimento di appartenenza ad una idea indissolubile ad una sorta di elite di soldati politici.
Questa terminologia deve essere intesa esclusivamente come forza rivoluzionaria ; si, una rivoluzione interiore, quella che ci spinge a non dimenticare il nostro duro passato, ma ci proietta in un futuro costruttivo, continuando nel solco tracciato dalla nostra forza spirituale e fisica cioè nella tradizione.
Non dobbiamo assolutamente cadere nelle trappole che continuamente ci preparano coloro che conoscono perfettamente dove far leva nei nostri cuori, per spingerci con facilità oltre quel limite, che non farebbe altro che criminalizzarci ancora una volta.
I nostri nemici, non useranno più le bombe per criminalizzare l’intero movimento rivoluzionario e legionario, cercheranno di insinuare in mezzo a noi agenti provocatori , cercheranno di dare un significato diverso alle nostre parole, per questo motivo, dobbiamo spiegare che la nostra rivoluzione è, e sarà sempre spirituale, e etica. Non violenta o armata, dove per legionari intendiamo un tipo di militante politico, pronto al sacrificio di se stesso per ottenere lo scopo prefisso.
Dobbiamo soppesare ogni nostra piccola parola, ogni nostra azione, perché ormai noi siamo stati bollati come i rappresentanti del male, che non sono capaci di slanci positivi verso gli altri , “i razzisti” solo per il fatto che facciamo notare che il continuo arrivare sul Sacro suolo della nostra Patria di disperati, serve solo ad alimentare una sorta di nuovo schiavismo perpetrato dalle aziende, in combutta con la triplice sindacale.
Siamo il male, perché portiamo a conoscenza del nostro popolo, che le banche sono una sorta di usurai legalizzati, perché urliamo che la casta al potere è lì solo per depredare il popolo, dove un cittadino onesto, non è sovrano come dice la Costituzione Italiana, ma solamente un suddito da mungere fino all’osso, da mandare a lavorare fino alla morte fisica, in modo da rubargli tutti i soldi che ha versato inutilmente all’Inps. Si, dico inutilmente perché su ogni minima prestazione ha un balzello da pagare.
Ho parlato di morte fisica che dovrebbe arrivare, questo perché la morte cerebrale sono riusciti ad imporla volente o nolente in sessanta anni di democrazia, sono riusciti a creare degli automi ai quali basta la partita la domenica per gli uomini, oppure il grande fratello per le donne, per muoverli come marionette.
Quelli che a volte, senza basi forti, tentano di avvicinarsi alla politica, vengono spaventati in vari modi, se la casta si accorge che potrebbero avere idee pericolose per lei oppure solo differenti.
Unica salvezza, potrebbe essere una sorta di rappacificazione con coloro contro i quali abbiamo combattuto con forza e violenza in quegli anni, senza fraintendimenti o tradimenti, ricordandoci dei nostri caduti, ma rammentando che colpo su colpo abbiamo sempre risposto, come d’altronde è consuetudine in guerra.
Questa guerra si è conclusa da anni, almeno per coloro che come me non son più giovani, lasciando una scia di sangue indelebile, una numero immane di feriti e di prigionieri; si è conclusa lasciando sul terreno un ragazzo di nome Paolo di Nella, abbattuto con una spranga da ignoti mentre attaccava un manifesto ecologista.
Come tutte le guerre fanno male , lasciano brutte cicatrici, ma costringono irrimediabilmente una volta concluse, ad andare avanti cercando di evitare di compiere gli stessi errori, quelli fatti con volontà e quelli per i quali siamo stati tirati per i capelli.
Personalmente, non voglio che i nostri figli possano passare quello che abbiamo passato noi e che ci ha poi condizionato tutta l’esistenza; vorrei per loro un futuro di prosperità e tranquillità, sono consapevole però che con la gentaglia che abbiamo al governo resterà solo una utopia.
in alto i cuori
Riccardo
Io trovo ingiusto commemorare insieme persone che hanno combattuto sotto bandiere diverse.
Per quale motivo si dovrebbe farlo?
Io, per quanto mi sforzi, non mi ci vedo proprio ad una cerimonia insieme a persone che trent’anni fa o giù di lì avrebbero fatto la pelle o rotto la testa senza problemi a me o ai miei amici.
“Il tempo è galantuomo” è vero, ma le ferite restano e non è giusto per nessuno eliminare le differenze sotto forma di umana pietà.
La pietà è diritto di qualunque essere umano a prescindere dalle sue idee politiche ma pretendere che, ad esempio, il 25 aprile partecipino alla stessa commemorazione ex partigiani ed ex membri delle brigate nere o della Muti, mi sembra davvero eccessivo ed ipocrita.
Giusto è permettere che siano commemorati in modo civile e raccolto i morti con cerimonie più o meno pubbliche ma perchè mai uno dovrebbe ritrovarsi in un momento intimo e privato circondato da persone ostili?
Io non credo che, ad esempio, La Russa si sentirebbe molto a suo agio alla commemorazione di Claudio Varalli, perchè pretendere che lo faccia, visto che ai tempi in cui avvenne il fatto era molto più vicino umanamente e politicamente a Braggion che a Varalli?
Questo non significa che si debbano coltivare odi e vendette ormai morte e sepolte, che non si debba prendere atto dei cambiamenti sociali e politici del mondo e dell’Italia, ma auspicare un abbraccio comune, lo trovo eccessivo.
Io l’ho già scritto altre volte: il punto dolente di questi morti è che non si volle o non si fu in grado di fare giustizia e accertare i fatti a tempo dovuto (il processo a Ramelli è emblematico) ma ce ne sono tanti altri.
Gettare in faccia al potere costituito le sue inefficienze, collusioni e omertà sarebbe il modo vero per commemorare questi ragazzi, il resto è solo liturgia del dolore e del lutto, come avviene ogni anno al Leoncavallo alla commemorazione di Fausto e Iaio…
Come si dice in buon Inglese, you miss the point as usual. Non si tratta né di liturgia del dolore e del lutto o di altre facezie di questo genere, e mi sembrerebbe semplicemente osceno chiedere perdono alle madri di Ramelli o di Crecenzio, tanto per fare due esempi: sarebbe di fattto chiedere loro di farsi carico del mio dolore di aver compiuto o lasciato si compissero atti scriteriati. Né mi interessano degli improbab ilissimi embrasssons-nous. Sono certo che, finite le commemorazioni, ci trovassimo a parlare di temi quali immigrazione, droga o PACS, le nostre distanze, con molti personaggi della cosiddetta Destra Radicale o Sinistra Nazionale sarebbero quelle che vi erano un tempo, se non più forti.
Il punto é semplicemente questo: ad entrambi gli schieramenti farebbe bene ricordare un tempo in cui vi fu una sorta di ipnosi di massa (Gurdjieff parlerebbe di “Principio Trogoautoegocratico”, ma ve lo risparmio) che fece sì che da una parte ci si comportasse come dei tori infuriati quando vedono uno straccio rosso che gli balla davanti (e poi vengono regolarmente infilzati, non dimentichiamolo!) o che, per parte nostra si ritenesse che uccidere un fascista non solo non fosse reato, ma addirittura un’opera meritoria. Senza indugiare nei sentimentalismi, secondo me sarebbe importante che chi si affaccia alla politica oggi, sopratttutto per quella che é ancora oggi, malgrado tutto, la mia parte politica riflettesse sull’oscenità di uccidere un ragazzo per far vedere che il servizio d’ordine di Avanguardia Operaia non é “il battaglione lepre”, o sprangare (credo non ci fosse l’intenzione di uccidere, ma é un altro discorso) un Di Nella non perché é un fascista, ma, in fondo, perché sta diventando un pericoloso “concorrente”. Ripeto (perché é ovvio che con te le cose non basta dirle una volta!), non c’é intenzione di chiedere improbabili perdoni; resto comunque convinto che chi non conosce la Storia é condannato a ripeterla e, se solo si riuscisse ad impedire ad una sola persona di ripetere oscenità del genere, sarebbe valsa la pena di fare una manifestazione o qualunque altro evento.
Saluti e Anarchia
As usual pur di darmi contro mi fai dire cose che in realtà non ho detto e tantomeno scritto.
Chi ha parlato di perdono?
Io personalmente no.
Ho messo in dubbio la comune celebrazione come presupposto di un annullamento delle differenze.
Chi si affaccia alla politica oggi, non penso che corra gli stessi rischi di trovarsi coinvolto in azioni violente di chi faceva attività politica 30 o 35 anni fa.
In questo senso la commemorazione liturgica serve solo ad evocare un clima che, per fortuna, è morto e sepolto e non tornerà di sicuro.
L’unica vera necessità sarebbe chiarezza e verità: questo sarebbe davvero l’unico modo per conciliare tanti lutti e lenire alcune ferite che ancora bruciano.
Il lutto, per me, resta principalmente un sentimento intimo e privato.
Come il perdono.
Possso anche accettare che tu abbia letto distrattamente (anche se eri intervenuto con il tuo solito stile da maestrino dalla penna rossa) il post dei vari Sally, Gambetta, ecc. quando si era parlato di Verbano, e gli insulti che ci siamo beccati Raffaele, Colombo ed il sottoscritto, che dimostrano come il clima rispetto a 30-35 anni fa in certi ambienti non sia cambiato affatto: i disturbi dell’attenzione e della memoria sono un problema grave ed é bene non deridere chi ne soffre. Dove però mi preoccupo seriamente é vedere che non ricordi neanche quello che scrivi tu, in un tuo post che cito qui di seguito.
QUOTE
Sarà, ma io credo che la storia non si scriva nè facendo pubblica emenda con un cero in mano
Commento di matteo amici — 9 Dicembre 2008 @ 11:01
UNQUOTE
quello che parla di responsabilità e non di perdono sono io, mentre tu ti ostini a leggere le cose come vuoi o come da qualche parte nel tuo cervellino ti fanno comodo, mio patetico interlocutore.
Che cazzo c’entro io?
Non eri tu, scusa, anche la mia memoria tradisce spesso
Vedo che il cero ti è rimasto di traverso (non dico dove).
Non intendo misurarmi oltre con la tua miseria intellettuale e umana.
Se vuol dire che ti levi dai coglioni, celebro, anche se oggi non sono nell’umore giusto, se invece cercherai di ignorarmi, sappi che farò sempre il posssibile per ridicolizzarti, e considerando il tenore dei tuoi scritti, non devo neanche fare troppi sforzi.
Quanti anni hai ex anarchico a riposo?
10?
12?
Trasudi piccolezza e miseria con queste vendettine, te ne rendi conto?
Fai degli interventi in cui scomodi i massimi sistemi, citi concetti quali perdono, comprensione, pietà che sono a tutta evidenza incompatibili con la tua piccolezza di ometto dietro la tastiera.
Questa miserevole guerra privata che stai conducendo contro quello che scrivo ne è la conferma.
Che poi tu tenti di “ridicolizzare” quello che scrivo è un’ammissione di quanto ora ho scritto.
PS Se c’è qualcuno che dovrebbe levarsi dai coglioni a questo punto sei tu.
Se non altro per salvare un briciolo di dignità.
Dov’é che ho citato perdono, comprensione, pietà? Ho parlato di storia e responsabilità, che sono due termini leggermente diversi, cosa che comprende anche un idiota, tu evidentemente no. Di ridicolizzarti non ne avrei bisogno, ci riesci benissimo da solo, diciamo che siccome sono leggermente fumino, mi diverto a sottolinearli, e preferisco le schermaglie intellettuali ad inviti più o meno celati di non usare la tastiera e magare vedercela “da uomo a uomo”…. magari é vero che le prenderei, ma tu saresti solo un pirla che picchia più forte.
Amici torna ad Amici!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!11
Boh…per me personalmente l’incidente era chiuso.
Sei tu che insisti in una piccola e meschina guerra privata in netta contraddizione con gli elevati discorsi (almeno nelle pretese) che conduci in altri luoghi.
Quanto al picchiare, non l’ho fatto a vent’anni quando ero più agile, sveglio e scattante, figurati se mi ci metto adesso…
Per te, poi…
Molto comodo. Per me gli incidenti finiscono quando qualcuno che mi ha offeso (e ripetutatmente) chiede scusa, cosa che tu non ti sei mai sognato di fare. I miei discorsi non intendono essere elevati e non hanno nessuna pretesa, a differenza del tuo fare da sputasentenze da quattro soldi.
Onde evitare che un tuo ulteriore susssulto di bile ti facccia scaricare altri insulti ed illazione sul mio baciare il culo ad ex-avversari, sappi che Baudo non sono io: io mi guarderei bene dal mandarti ad Amici: mia moglie e mia figlia lo guardano e direi che la tua fastidiosa presenza basta (ed avanza) che me la goda io.
Le offese sono state reciproche.
Comunque arrangiati: continua a guardare Amici…potrai trovare ispirazione per i tuoi interventi.
Ripigliati!
Non tedio oltre i lettori con lo storico delle cose: se vai a vedere lo storico delle cose vedrai che chi ha incominciato a metteral sul personale ed a fare della psicoanalisi (non richiesta) da rubrica di Donna Letizia sei stato tu, tra l’altro dicendomi che mi inventavo chissà quale passato,e questo è assolutamente paranoico: tutto quello che ho raccontato di me su questo blog é di esssere stato presente alla manifestazione in cui é morto Crescenzio e di avere avuto una donna dello Rwanda, ed entrambe le cose sono vere tristemente vere, e non c’é nulla da vantarsi, fra l’altro. Non penso proprio di aver racccontato altro, anche perché non mi pare sia la sede. Se mi si attacca sul piano personale, io rispondo, non porgo l’altra guancia.
E poi, sei capace a leggere? Ho detto che mia moglie e mia figlia guardano “Amici” non ho detto che lo guardo io. Bada tu alla qualità dei tuoi di interventi, perché tutte le volte che riuscirò a farti fare la figura del ciocccolataio lo farò, e con estrema gioia.
BERLUSCONI, UN UOMO DI DESTRA CHE E’ LA VERGOGNA DELL’ITALIA
Molti cuori neri si sono pentiti di aver votato per Berlusconi, BUGIARDO, LADRO E PUTTANIERE. Ve ne siete accorti un po’ tardi, MA MEGLIO TARDI CHE MAI. (GL)
LA REPUBBLICA
Nel salotto di Vespa il premier torna sulla vicenda della separazione
e accusa l’opposizione e la stampa. “Non sopportano la mia popolarità”
Berlusconi: “Tutte calunnie della sinistra
e non è vero che frequento minorenni”
Sul caso Noemi Letizia: “Se avevo qualcosa da nascondere sarei stato un pazzo ad andare li”
Franceschini: “Basta con la teoria del complotto, dimostra che ormai è un po’ alla frutta”
Berlusconi: “Tutte calunnie della sinistra e non è vero che frequento minorenni”
ROMA – Silvio Berlusconi di nuovo all’attacco dell’opposizione e dei giornali, sulla vicenda della separazione chiesta dalla moglie Veronica Lario: “E’ tutta colpa della sinistra e della sua stampa – dichiara, nel corso della registrazione di Porta a porta – che non riescono ad accettare la mia popolarità al 75%. E, visto anche lo stato in cui la sinistra è ridotta, ha cominciato con attacchi personali fondati sulla calunnia”. In particolare, è sui rapporti con Noemi Letizia e la sua famiglia che il presidente del Consiglio si difende a spada tratta: “E’ una menzogna che frequento minorenni. Il padre di quella ragazza mi aveva chiamato perché voleva un appuntamento con me e voleva parlarmi: queste cose usciranno domani in un intervista a Chi”.
La replica del Pd. Il Pd rompe gli indugi. La risposta arriva in serata da un altro salotto televisivo, quello di Ballarò, su RaiTre. “Basta con la teoria dei complotti, noi siamo stati persone serie ma Berlusconi insiste con le accuse, è il segno che è un po’ alla frutta”, affonda Dario Franceschini, sottolineando come come il premier “abbia fatto della sua vita un reality, il macho, le donne, i soldi”. Quindi, “chi è causa del suo mal non pianga se stesso”. Ancora più dura il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro: “La smetta di occupare la tv per lanciare accuse di complotto e si vergogni. Cerca di occultare una vicenda per certi aspetti squallida, nascondendosi dietro polemiche inesistenti”.
Le accuse a Repubblica. Da Berlusconi, accuse al nostro giornale, che per primo ha rivelato la partecipazione del Cavaliere alla festa dei 18 anni della ragazza: “Repubblica, sempre Repubblica, aveva fatto un titolo in cui sottendeva una mia frequentazione con una ragazza, che facendo quel giorno diciott’anni fino al giorno prima era minorenne”. E sul fatto che Veromica abbia annunciato la sua intenzione di divorziare sempre su Repubblica, dichiara che “non è stata una cosa casuale, e non dico altro”.
In un video la nuova gaffe. Intanto, in serata, una tv trentina manda in onda un video che mostra l’ennesima gaffe del presidente del Consiglio. Si tratta di un filmato girato lo scorso 25 aprile. Berlusconi era all’Aquila, e lì ha incontrato l’assessore provinciale trentina alle Pari opportunità, Lia Beltrami. Al momento della foto ufficiale, il premier ha detto, sorridendo: “Posso palpare un po’ la signora?”. L’assessore ha confermato l’episodio.
“Non perderò le simpatie dei cattolici”. A Porta a porta arriva anche una replica al monito dei vescovi, che dalle pagine di Avvenire hanno criticato il suo comportamento. Berlusconi si dice convinto che non perderà le simpatie dei cattolici: “Quando tutti conosceranno la realtà non potranno che prendere atto che non c’è stata nessuna attività negativa del Pdl e che poi, nell’altro caso – sostiene – c’è stato un atto di amicizia che non aveva nulla di scandaloso”. Anzi, il premier è certo che “ci sarà un aumento della considerazione, già grande, e un miglioramento dei rapporti con il Vaticano che non ha mai avuto delle relazioni così con un governo italiano”.
Dubbi sulle foto. “Sono tutte vere”. Berlusconi respinge al mittente anche i dubbi, circolati oggi su blog e siti internet, sull’autenticità delle foto della festa, in possesso del settimanale Chi, mostrate in anteprima dal tg di Italia1 Studio aperto: “Mandino un giornalista al ristorante e domandino a cuochi e camerieri se quelle foto sono false. La pervicacia con cui le gazzette della sinistra continuano a dire falsità è sorprendente”. E poi: “Sarei stato così pazzo da andare in una situazione simile se qualcuno poteva pensare che ci fosse qualcosa di piccante nel rapporto tra il presidente del Consiglio e una ragazza di diciotto anni?”.
“Una tempesta che non mi aspettavo”. Il premier racconta: “Francamente non mi aspettavo questa tempesta, anche se falsificazioni di certa stampa in passato hanno portato a problemi. Già in passato si disse che avevo detto ad una ragazza ‘ti sposerei’ e invece io avevo detto ‘sei proprio una ragazza per bene, sei proprio da sposare’”. Il riferimento è ai suoi complimenti a Mara Carfagna, che avevano provocato la famosa lettera di Veronica al nostro quotidiano, nel 2007.
Veline e teoria del complotto. Insomma, Berlusconi ripete la teoria del complotto: “Tutto falso – attacca – nato dalla trappola in cui anche mia moglie purtroppo è caduta. Le veline sono inesistenti. Un’assoluta falsità”. E rifacendosi proprio al giorno in cui le liste per le Europee sono state definitivamente varate dice: “Sono stato impegnato dalla mattina alla 8 fino alla sera a Varsavia. Non ho avuto modo di levare qualsiasi nome”. La “sforbiciata” agli elenchi è stata fatta, ammette, ma solo perché si doveva ridurre da 100 a 72 candidati. E “sono state eliminate sia uomini che donne. La questione veline è il contrario di quanto la mia formazione ha cercato di portare in politica: vogliamo rinnovamento e anche persone non ‘sgradevoli’, e non è un male”.
“A Veronica voglio un mare di bene”. Infine, sui rapporti con la Lario, ripete quanto già dichiarato ai giornali: “Il divorzio deve essere una vicenda privata; ma lei dovrebbe riconoscere il suo errore. Le voglio ancora un mare di bene”. Tra gli errori, spiega, c’è anche l’aver dichiarato che lui non ha partecipato alle feste di diciott’anni dei figli: ”Luigi mi ha detto di non aver fatto la festa. Per Barbara ho sostenuto finanziariamente la sua festa che si è svolta a Las Vegas, gli invitati erano in maschera del ’700 veneziano”. Quanto a Eleonora, la terza, “non si ricordava neanche che aveva fatto una festa”.
(5 maggio 2009)
CHI E’ CATTOLICO NON PUO’ VOTARE BERLUSCONI (GL)
DURO ATTACCO DEI VESCOVI AL MAFIOSO DI ARCORE
AVVENIRE
Duro attacco del quotidiano dei vescovi: “Il sospetto può essere
persino peggiore della verità più scomoda. Prima o poi arriva il momento del conto”
L’Avvenire contro Berlusconi
“Vogliamo un premier più sobrio”
“Di tanto ciarpame i cittadini farebbero volentieri a meno”
Bagnasco: “Il richiamo alla sobrietà è sempre molto positivo”
ROMA – “La politica e lo spettacolo, in un abbraccio mortifero, hanno dato nell’occasione il peggio di se”. E’ durissimo l’editoriale di prima pagina di Avvenire dedicato alla vicenda Lario-Berlusconi. Il quotidiano dei vescovi fa sentire la sua voce e non sono parole che faranno piacere al premier. Ma il tono e il contenuto dell’articolo hanno la totale approvazione del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco: “Il richiamo alla sobrietà e alla responsabilità per tutti è sempre molto positivo” ha commentato in serata. “Ognuno secondo la propria situazione concreta e secondo le proprie responsabilità. Questi richiami non possono essere che i benvenuti da parte di tutti”.
“Ci ha inquietato lo spargersi, tra alzatine di spalle e sorrisetti irridenti o ammiccanti, di un’altra manciata di sospetti sulle gesta del presidente del Consiglio” si legge nell’editoriale. “Il sospetto per chi gestisce la cosa pubblica può essere persino peggiore della verità più scomoda. E comunque, prima o poi arriva il momento del conto”. Un esplicito richiamo a un redde rationem che getta un’ombra sui rapporti, fino ad oggi più che cordiali, tra il Vaticano e il governo del Cavaliere.
L’articolo chiama direttamente in causa Berlusconi. Tracciando l’identikit di quelle che dovrebbero essere le caratteristiche di un capo di governo: “La stoffa umana di un leader, il suo stile e i valori di cui riempie concretamente la sua vita non sono indifferenti: non possono esserlo. Per questo noi continuiamo a coltivare la richiesta di un presidente che con sobrietà sappia essere specchio, il meno deforme, all’anima del Paese”.
E ancora: “Ciò che farebbe ridere in una puntata del Bagaglino non può non preoccupare i cittadini che di tanto ciarpame alla fin fine farebbero volentieri a meno”. Ciarpame, la stessa espressione usata da Veronica a proposito delle veline candidate.
Anche Casini attacca. Come Franceschini, anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini critica le parole del Cavaliere sul “complotto”. “Credo stia esagerando”, ha detto l’ex presidente della Camera, e francamente parlare di una congiura fa scappare da ridere”
(5 maggio 2009)
UN PUTTANIERE DI NOME BERLUSCONI
E’ QUESTO L’UOMO CHE CREDE NEGLI IDEALI DELLA DESTRA, DIO, FAMIGLIA, PATRIA?
Ha conosciuto Berlusconi nel 1980, poi si sono sposati con rito
civile il 15 dicembre 1990. La first lady: chiudo il sipario
Veronica, addio a Berlusconi
“Ho deciso, chiedo il divorzio”
A un’amica: “Non posso stare con un uomo che frequenta minorenni”
di DARIO CRESTO-DINA
Veronica, addio a Berlusconi “Ho deciso, chiedo il divorzio”
MILANO – “Chiudo il sipario sulla mia vita coniugale”. Dopo quasi trent’anni, i due si conobbero nel 1980 e si sposarono con rito civile il 15 dicembre 1990, le strade del presidente del Consiglio e di sua moglie, già spezzate sul piano sentimentale e personale, si dividono anche giuridicamente.
Veronica Lario ha avviato le pratiche per la separazione e il divorzio da Silvio Berlusconi, portando a termine un percorso cominciato molto tempo fa come ammise lei stessa alla fine dell’estate 2008, quando confessò che all’eventualità di una separazione stava meditando da dieci anni.
Ora ha scelto l’avvocato che la seguirà passo dopo passo davanti ai giudici: “Finalmente una persona di cui mi posso fidare fino in fondo”. È una donna. Una professionista lontana dallo star system e dalla politica. L’ha sentita al telefono il primo maggio, l’avvocato era in vacanza su un’isola del Sud Italia. È stato in pratica il loro primo vertice sulla separazione. Veronica le ha spiegato: “Voglio tirare giù il sipario, ma voglio fare una cosa da persona comune e perbene, senza clamore. Vorrei evitare lo scontro”. Il legale le ha risposto: “Stia tranquilla. Parto subito, prendo un aliscafo e rientro immediatamente a Milano. Lei è consapevole che non sarà facile e che dovrà sopportare attacchi pesanti? È sicura di volerlo fare?”.
Nella risposta non ci sono state esitazioni: “So tutto. Voglio andare avanti”. Ieri le due donne si sono incontrate a Macherio per studiare la strategia e si rivedranno molto presto, all’inizio della settimana. Vogliono stringere i tempi, evitare il contropiede di un uomo sempre molto abile a ribaltare le situazioni, capace di convocare una conferenza stampa per dire che il divorzio lo ha deciso lui per primo, e non la “signora”.
Naturalmente nei giorni scorsi Veronica ne ha discusso con i figli e le persone più vicine, un paio di amiche molto care, sottolineando ancora una volta le ragioni del suo distacco dalla vita pubblica del marito e insistendo sull’importanza che rappresenta per una donna come lei il valore della dignità: “Ora sono più tranquilla – ha confidato loro – . Sono convinta che a questo punto non sia dignitoso che io mi fermi qui. La strada del mio matrimonio è segnata, non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni”.
Per i suoi ragazzi – Barbara di 24 anni, Eleonora di 22 che studia negli Stati Uniti e Luigi di 20, il più legato al mito imprenditoriale e politico del papà – sono state ore di grande amarezza e di sofferenza, ma alla madre tutti e tre hanno assicurato che rispetteranno ogni sua decisione per dolorosa possa essere: “Non muoveremo mai un dito contro nostro padre, ma tu mamma fai ciò che ti fa stare bene”.
L’inizio della fine arriva la mattina di martedì 28 aprile. Veronica guarda i giornali, la sua attenzione si sofferma sull’articolo di “Repubblica” che svela come nella notte di domenica il premier si sia presentato a sorpresa in una villetta di Casoria, dove si celebravano i diciott’anni di Noemi Letizia. Lei è bella, bionda, studia da grafica pubblicitaria a Portici e sogna una carriera televisiva, tanto che avrebbe inviato il suo “book” fotografico al presidente del Consiglio in persona. Un album che avrebbe provocato la scintilla. Accanto a Noemi ci sono il padre Elio e la madre Anna. La ragazza chiama Berlusconi “papi”, ai giornalisti dirà più tardi che lo conosce da tempo e che spesso lo va a trovare a Milano e Roma, “perché lui, poverino, lavora molto e non può sempre venire a Napoli”. Il Cavaliere le ha portato un regalo, una collana d’oro giallo e bianco con pendente di brillanti. C’è chi mormora anche le chiavi di un’auto, ma Noemi smentisce.
Veronica legge e rimane stupefatta, chiama al telefono un’amica: “Basta, non posso più andare a braccetto con questo spettacolo”. A Roma infuria la polemica sulle “veline” pronte a entrare nelle liste elettorali del Pdl e ci sono, soprattutto, quella ragazzina di Casoria, Noemi, e la sua mamma Anna che si rivolgono a Berlusconi con gli affettuosi diminutivi di “papi” e “papino”. Veronica non ce l’ha né con le giovani donne aspiranti europarlamentari né con Noemi. Interpreta la loro parabola quasi epicamente, come “figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”. La sconcerta, però, che il metodo da “ciarpame politico” non faccia scandalo, che quasi nessuno si stupisca, che “per una strana alchimia il paese tutto conceda e tutto giustifichi al suo imperatore”, come racconta a chi le sta vicino.
Quell’imperatore è ancora suo marito ed è il padre dei suoi figli, un padre che, seppure invitato, non ha mai partecipato alla festa dei loro diciott’anni. Di fronte alla nuova pubblica offesa sceglie di replicare pubblicamente con una dichiarazione che manda all’agenzia Ansa soltanto dopo le dieci di sera. È stato infatti un giorno di angoscia a villa Belvedere. Barbara, incinta di sette mesi del suo secondo figlio, è stata ricoverata all’ospedale San Raffaele. Sono lunghe ore di ansia, c’è il rischio di un parto prematuro. Veronica Lario ha in casa il nipotino Alessandro, chiede alla segretaria Paola di fermarsi fino a mezzanotte. La misura è colma, il “ciarpame” non è soltanto politico.
La mattina successiva Berlusconi dalla Polonia attiva la cortina fumogena e la contraerea dopo una notte di rabbia. Ordina che le “veline” spariscano quasi tutte dalle liste europee, ridimensiona il rapporto con Noemi a una antica conoscenza con il padre ex autista di Craxi (notizia poi smentita da Bobo Craxi e cancellata comicamente addirittura da un comunicato di Palazzo Chigi) e liquida con una battuta maschilista e greve l’indignazione della moglie, evitando di pronunciarne il nome e il ruolo: “La signora si è fatta ingannare dai giornali della sinistra. Mi spiace”. Rientrato a Roma, annulla un incontro in calendario per il giorno successivo con il presidente della Camera Gianfranco Fini.
La sua intenzione è di andare a Milano, come fece due anni or sono, per ricucire lo strappo con Veronica. Non ci andrà, lo ferma la sua fidatissima segretaria Marinella. Veronica Lario, infatti, l’ha appena chiamata: riferisca a mio marito che non mi si avvicini, non ho più nulla da dire e nulla da ascoltare, tutte le parole sono state consumate.
Giovedì i giornali del Cavaliere e i blog del Pdl fanno capire all’ex first lady di Macherio che aria tira. Dietro al “come si permette?” si scatena una minacciosa muta di cani. Il quotidiano “Libero” pubblica nella testata di prima pagina tre fotografie in bianconero della giovane attrice Veronica Lario a seno nudo. Il messaggio è più che mai trasparente, sembra arrivata l’ora dell’olio di ricino. Quando vede quelle fotografie la moglie del premier capisce, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere davvero sola e di essere minacciata. In quelle foto si sente “come davanti a un plotone di esecuzione qualche secondo prima della fucilazione”. Alla figlia Barbara dice: “Sono molto preoccupata di ciò che potrà accadere, ma ho la libertà per andare avanti”.
Cala il sipario. La lettera affidata a “Repubblica” due anni fa da Veronica era un ultimatum. Qualche ora dopo Berlusconi inviò le sue scuse pubbliche alla moglie. Era il 31 gennaio 2007: “La tua dignità non c’entra, la custodisco come un bene prezioso nel mio cuore anche quando dalla mia bocca esce la battuta spensierata, il riferimento galante, la bagattella di un momento”. A sigillo un grande bacio. Qualche mese dopo, ad appannaggio esclusivo dei settimanali patinati della famiglia, arrivarono le passeggiate della coppia mano nella mano nel giardino della villa in Costa Smeralda e sui moli di Portofino.
Immagini che oggi sembrano lontanissime. “Mi domando in che paese viviamo – ha raccontato Veronica l’altro giorno a un’amica – , come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali del centrodestra e come bastino due mie dichiarazioni a generare un immediato dietrofront. Io ho fatto del mio meglio, tutto ciò che ho creduto possibile. Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile. Credevo avessero capito, mi sono sbagliata. Adesso dico basta”.
(3 maggio 2009)
I CATTOLICI HANNO DECISO: MAI PIU’ IL VOTO A BERLUSCONI
L RETROSCENA. Bonaiuti vedfe i direttori dei giornali cattolici
Per andare a “Porta a Porta” il premier disdice un incontro al Quirinale
Gelo di Veronica: non cambio idea
Ed è allarme sul VOTO CATTOLICO
di FRANCESCO BEI
ROMA – La televisione a Macherio è rimasta spenta. Veronica Lario ha preferito non guardare l’apologia del marito a “Porta a Porta”. Se l’è fatta però raccontare e, a chi gli stava vicino, ha confidato: non cambio idea.
Si chiude così, a notte fonda, una lunga giornata iniziata, a via del Plebiscito, nel segno dell’emergenza. “Adesso basta, bisogna reagire”. Silvio Berlusconi, diviso tra quanti (le colombe Gianni Letta e Paolo Bonaiuti) gli consigliavano di abbassare i toni e altri che puntavano al contrattacco, alla fine aveva preso infatti la sua decisione seguendo l’istinto: “Andiamo da Vespa, adesso parlo io, avvertitelo”. Decisivo un ultimo consulto a colazione con l’uomo che in questi giorni aveva confermato il suo ruolo chiave nell’inner circle del Cavaliere: l’avvocato-consigliere Nicolò Ghedini, (la cui sorella Ippolita seguirà la causa di divorzio).
La “strategia del giunco”, che si piega finché non sia passata la piena, non aveva sortito alcun effetto. Com’era prevedibile quel primo comunicato di domenica, in cui Berlusconi quasi scongiurava di far rimanere un “fatto privato” il divorzio, non era stato tenuto in nessun conto. Anzi. Nel mondo la notizia continua a montare, mandando in fumo un lungo lavoro di promozione dell’immagine di Berlusconi all’estero affidato agli ambasciatori. Ma soprattutto i primi focus group organizzati dalla solita sondaggista di fiducia rivelavano il baratro di un impatto molto negativo della vicenda Lario. Anzitutto sugli elettori cattolici praticanti.
Non basta. A funestare la giornata anche il quotidiano dei vescovi Avvenire, per la prima volta critico nei confronti del premier. Osservazioni avallate per di più dal presidente della Cei Angelo Bagnasco. L’allarme rosso a palazzo Grazioli scatta immediatamente e vengono decise alcune, importanti, contromisure. Si tratta di offrire subito una versione alternativa a quella di Veronica, smentire la storia delle “minorenni”, delle “vergini che si offrono al drago”, prima che si fissi nell’opinione pubblica. Così Berlusconi chiede a Vespa di organizzargli una puntata ad hoc per spiegarsi, per far girare le foto ufficiali di quella maledetta festa napoletana, già fatte pubblicare al settimanale di famiglia “Chi”. Vista l’emergenza Lario e la puntata di Porta a Porta da registrare alle diciotto, Berlusconi decide di rischiare l’incidente diplomatico con il Quirinale. E fa annullare da Gianni Letta l’appuntamento già fissato alla stessa ora al Colle con il capo dello Stato per discutere della promozione a ministro della Brambilla.
Contemporaneamente al sottosegretario Paolo Bonaiuti viene affidata la missione più delicata e segreta. Un pranzo con i direttori dell’Osservatore Romano, di Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti, e di Avvenire, per cercare di limitare i danni. Incontro già fissato da tempo, si dice. Ma che ieri, inevitabilmente, è stato piegato agli eventi, per cercare di smussare, ridimensionare, cercare di bloccare sul nascere altri sgraditi editoriali sulla “sobrietà” del presidente del Consiglio.
Nel frattempo, nella cerchia del Cavaliere, si comincia a ragionare con calma sui possibili “mandanti” e organizzatori di quello che viene considerato “un complotto politico-mediatico”. Va bene i giornali “di sinistra”. Ma alcuni indizi avrebbero portato a individuare, tra gli ispiratori di Veronica, alcuni tasselli di una filiera che va dai radicali fino a Gianfranco Fini. Le tracce. L’avvocato a cui la moglie di Berlusconi si è affidata per la causa di separazione è la stessa professionista che aiutò Beppino Englaro a incardinare la battaglia per Eluana. “Una simpatizzante radicale”, secondo gli uomini del Pdl. Altro elemento. Sofia Ventura, la docente che diede l’altolà alle “veline in politica” sulla rivista Ffwebmagazine (quella di Fini, appunto), è la stessa che figura tra i promotori di “Libertiamo”, un’associazione vicina al Pdl ma di cultura e radici nel mondo radicale. E sempre da quell’area viene Diego Sabatinelli, segretario della Lega Italiana per il Divorzio Breve, il primo a invitare Veronica a trasformare la sua vicenda in una “battaglia civile e politica”. “Una grandissima cavolata”, ribatte il deputato radicale Matteo Mecacci, “forse cercano in noi un capro espiatorio per giustificare con i vescovi quello che è accaduto”. Eppure i sospetti dei berlusconiani restano forti. Ritengono che una manina possa aver suggerito a Veronica di uscire allo scoperto. “Possibile – si chiedeva ieri pomeriggio in Transatlantico un esponente di primissimo piano del Pdl – che una prudente come la Bonino arrivi a esporsi in questo modo? Sembra quasi che ci abbia messo la firma”. Il riferimento è a una dichiarazione molto severa di Emma Bonino – “Berlusconi è uno che le donne le disprezza – che ha colpito molto e irritato il Cavaliere.
(6 maggio 2009)
MUSSOLINI, UN DITTATORE BRUTALE
Il regista anticipa le scelte fatte per il duo «Vincere», unico FILM italiano a cannes
«Il mio Duce giovane, fascinoso e brutale»
Bellocchio: Mussolini visto attraverso la donna che ripudiò
ROMA — «C’è il giovane Mussolini che combatte un duello verbale con un prete. Il futuro Duce chiede agli spettatori un orologio da taschino. Lo poggia sul tavolo. Proclama: ‘Se Dio entro cinque minuti non mi avrà fulminato, avremo la prova che non esiste!’. In quel momento entra in sala una ragazza di Trento, bella e ricca: Ida Dalser. E si innamora di quegli occhi fiammeggianti…».
DopoBuongiorno notte, sul caso Moro, Marco Bellocchio torna al cinema politico. Due anni fa, il grande regista aveva rivelato al Corriere il progetto di un film sul giovane Mussolini e l’amore divenuto persecuzione e finito in tragedia per la Dalser e il loro figlio, Benito Albino. Ora il film — Vincere — è pronto. Lo producono Mario Gianani e Rai Cinema. Rappresenterà l’Italia al Festival di Cannes, tra due settimane. E Bellocchio ne anticipa il significato politico.
«Il mio Duce è un uomo affascinante: non a caso anche Rachele racconta di essersene innamorata subito attraverso i suoi occhi folgoranti. È un uomo amato non solo dalle donne, ma anche dal popolo: come già per Moro, ho usato materiale di repertorio, visto e non visto (ad esempio un discorso in tedesco di Mussolini a una folla oceanica di nazisti). Documenti che testimoniano l’entusiasmo che la grande maggioranza degli italiani aveva per il capo, un attore dalla recitazione sempre più pagliaccesca con il passare del tempo, tanto che ogni volta guardandolo mi chiedo con stupore: come ha potuto la quasi totalità degli italiani credere così ciecamente a un simile buffone? Il Duce che ho rappresentato non è un uomo buono. Non è il pater familias amorevole tratteggiato dalla tv, che commette il solo errore dell’alleanza con Hitler. È un uomo violento. Calcolatore. Brutale. Buono è suo fratello, Arnaldo, fascistissimo ma molto cattolico, l’unico a prendersi cura del piccolo Benito Albino. Il Duce è invece senza pietà. Anche con la donna che aveva amato, e con il suo stesso figlio».
Mussolini è Filippo Timi. «L’ho scelto per la notevole somiglianza con il Duce da giovane — spiega Bellocchio —. Non mi andava di esagerare con il trucco, all’americana o alla Bagaglino, né di prendere un attore che con la fisicità del Duce non c’entrasse nulla, come Banderas che pure l’ha impersonato. E poi Timi ha il fascino magnetico di Mussolini ed è un attore generoso, sincero, pieno di talento. Il Duce di Vincere vuole essere sempre il primo, il più geniale, il più coraggioso. Dopo il duello con l’onorevole Treves, socialista, trascura di farsi medicare perché vuole verificare di persona che gli arbitri redigano fedelmente il verbale del combattimento e dei feroci assalti, per pubblicarlo poi su Il Popolo d’Italia, ordinando al redattore di fare un grande titolo e che il suo nome preceda quello di Treves. Il primo, il capo, il Duce. In un primo momento avevo pensato a un personaggio simile a Lou Castel di I Pugni in tasca, che uccide la famiglia. Poi una discussione con mio fratello Pier Giorgio mi ha fatto riflettere. Il protagonista dei Pugni in tasca ha la violenza schizofrenica del nazista. Il Duce era diverso. Dannunziano. Futurista. E io l’ho raccontato con un montaggio veloce che ricorda la velocità del futurismo. Il giorno prima di partire per la Grande Guerra, Mussolini porta Ida Dalser al cinema. Scorrono le immagini del fronte, il pianista suona l’inno di Garibaldi, gli interventisti lo intonano — «si scoprono le tombe, si levano i morti… » —, Benito si unisce al coro; i socialisti reagiscono, scoppia un tumulto che ha i colori della ‘Rissa in galleria’ di Boccioni. E Ida si lancia in difesa del suo uomo, anche se al settimo mese di gravidanza».
Marco Bellocchio (LaPresse)
Marco Bellocchio (LaPresse)
Due anni fa, Bellocchio non aveva scelto ancora la sua protagonista. Diceva solo: «Dovrà essere di una bravura mostruosa ». Per questo, spiega oggi, ha scelto Giovanna Mezzogiorno. «Mi è parsa perfetta perché anche lei, come Ida Dalser, ha una fisicità generosa di sé, sempre in movimento, scattante, reattiva. Non so se Giovanna abbia qualcosa di Ida, non glielo auguro, certo si è trasformata in una vera protagonista che di continuo fa piangere e fa arrabbiare. La Dalser storica non è simpatica. È quasi fastidiosa nel non cedere mai, nell’andare sotto le finestre del Popolo d’Italia a gridare e mostrare il bambino, nel continuare sino all’ultimo a voler rivedere il Duce. Ma nel film finisce per diventare un’eroina. Un po’ Antigone e un po’ Medea. Perché è l’unica donna che si oppone davvero, da sola, a un uomo cui la grande maggioranza delle italiane e degli italiani credeva e ubbidiva».
«Ida è una donna colta, conosce le lingue, ha un salone di bellezza. Ma Mussolini, a lungo bigamo, finisce per preferire Rachele: carina, ignorante, ma donna di casa, che sa stare al suo posto: le basta essere la madre dei figli del Duce. Quando nasce il figlio di Ida, Mussolini lo riconosce. Ma il giorno stesso sposa Rachele. È la scelta definitiva, a cui però la Dalser, che ha venduto tutti i suoi beni per finanziare il Popolo d’Italia, non si rassegna. C’era una scena un po’ da libro Cuore che ho tagliato, in cui Ida disperata per l’abbandono va a casa di Mussolini e alla piccola Edda che le apre chiede: ‘Papà ti vuole bene?’. Invece ho lasciato la scena, storicamente attestata, in cui le due rivali si affrontano nell’ospedale in cui il Duce è ricoverato. Mussolini è stato ferito gravemente, più di 50 schegge in corpo, e ha appena ricevuto la visita del Re, che solo pochi anni prima da socialista rivoluzionario aveva irriso («nano! ») e insultato («assassino!»). Ida non lo vedrà più. Mussolini, che appoggia la guerra ed è ormai in ottimi rapporti con il potere, riesce a farla arrestare. Lei viene portata a Firenze. Quindi a Caserta, al confino. L’accusano persino di essere una spia tedesca, per il solo fatto di essere nata in territorio austriaco. Finisce nel manicomio di Pergine, vicino a Trento. Infine in quello di San Clemente, su un’isola di fronte a Venezia, dove morirà. Ida rivedrà il Duce solo al cinema, da spettatrice».
«Mussolini non aveva ironia. Ironico e provocatorio è il titolo del film, Vincere. Io non ho vissuto il fascismo, ma mi sono in parte formato su una cultura che, dopo essere stata complice del fascismo, l’ha deriso. Lo spirito di sconfitta come espiazione per aver creduto a quell’uomo. Di questo spirito di sconfitta la mia generazione si è in parte nutrita. Per poi conoscere l’altra grande disfatta storica, quella del comunismo (e anche Mao teorizzava la necessità di «osare vincere»). Per questo la nostra identità, di figli degli sconfitti o di una cultura della sconfitta, è stata a lungo depressa, grigia, vinta. All’ombra o nel buio di quella sconfitta si è formata la nostra sensibilità. Poi ognuno ha preso la sua strada: chi si è perduto, chi si è totalmente integrato, chi, come me, si è ribellato e si è liberato da una condanna che sembrava definitiva a un’infelicità passiva, che mi fa essere oggi ottimista senza sentirmi un imbecille, rappresentando da ottimista un’autentica tragedia. Parole come ‘vincere’ erano indicibili. Fino all’arrivo di Berlusconi, che ha fondato democraticamente il suo successo sulla sua immagine vincente chiamando alla vittoria e all’ottimismo il popolo italiano: il suo primo partito non si chiamava Forza Italia? Usando la sua tv, così come Mussolini usò per imporre la propria immagine vincente i mezzi che aveva a disposizione, il cinema, la radio, la fotografia, la grafica, persino la scultura e la pittura».
Racconta Bellocchio che il finale è cambiato rispetto al progetto. «Pensavo di chiudere il film con una scena ambientata dopo la Liberazione: il cognato di Ida Riccardo Paicher, l’uomo che non aveva saputo difenderla, esce da un cinema richiamato dalle sirene della polizia, assiste agli scontri di un corteo politico con le bandiere rosse e tutto, e soccorre una ragazza ferita. Poi mi sono detto che il film non meritava un finale consolatorio. È una tragedia, e così deve finire».
Aldo Cazzullo
06 maggio 2009
Giuseppe Rossi alias GL (Gomunione e Liberazione?)infilati ubn dito nel culo e la vita ti sorriderà
E poi, sei capace a leggere? Ho detto che mia moglie e mia figlia guardano “Amici” non ho detto che lo guardo io. Bada tu alla qualità dei tuoi di interventi, perché tutte le volte che riuscirò a farti fare la figura del ciocccolataio lo farò, e con estrema gioia.
Commento di bakunin — 6 Maggio 2009 @ 06:38
Chi si accontenta gode, ma c’è anche chi ha di meglio da fare.
Ciao squallido…
Allora vai a fare di meglio, noin ti invisio, sono u uomo semplice, che apprezza le piccole cose della vita, allora dai un po’ di gioia ad un povero vecchietto e levati dai coglioni.
Caso mai decidessi di levarmi dai coglioni lo farò perchè su questo blog ormai da mesi è difficile leggere qualcosa d’interessante, prova ne è il fatto che i tuoi interventi da bambino arrabbiato sono aumentati.
Siete rimasti te, Liguori e Rossi.
Coraggio! Con tali avversari anche un mediocre come te rischia di far bella figura.
PS Non sei un uomo semplice, sei un “uomo” banale.
E’ diverso.
Pensaci…
Amici i tuoi commenti fanno areofagia. Di Bakunin amici siam ed insieme a lui cantiam
Amici, hai perfettamente ragione a dire che sono una persona banale, meglio comunque di un “distinto imbecille” che non ha capito che Liguori e Rossi sono la stessa persona. Mai avuto la pretesa di scrivere cose sensazionali, o di dare lezioni di vita e di comportamento, cosa di cui invece trasudano tutti (dico tutti) i tuoi interventi, quando non sono dedicati ad insultare il sottoscritto.
Grazie Ackermann, anche se sono pronto a scommettere che il Nostro dirà che me lo sono scritto da solo.
No.
Ti concedo il beneficio del dubbio, oggi sono clemente.
Confermo che sei in ottima compagnia…vai pure avanti, un giorno forse ti renderai anche conto di quanto sei coglione…
Troppo buono. E grazie del complimento. Gurdjieff sostine che rendersi conto della propria nullità é il primo passo verso una possibile evoluzione. Che a quanto pare ti é negata e me ne dolgo.
CENTINAIA DI DONNE VIOLENTATE E UCCISE PER COLPA DI BERLUSCONI E DEL SUO AMICO GHEDDAFI.
CUORI NERI RIBELLATEVI, ANCHE VOI SIETE PER I DIRITTI DELLE DONNE
Il racconto. Tra le reduci del Pinar: meglio morire che tornare lì
“Voi italiani siete buoni, come potete fare una cosa del genere?”
“Li avete mandati al massacro, in quei lager stupri e torture”
Le lacrime di Hope e Florence per i disperati riportati in Libia: i nostri mesi all’inferno
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO
LAMPEDUSA – “Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no”. Hanno le lacrime agli occhi le donne nigeriane, etiopi, somale, le “fortunate” che sono arrivate a Lampedusa nelle settimane scorse e quelle reduci dal mercantile turco Pinar. Hanno saputo che oltre 200 disgraziati come loro sono stati raccolti in mare dalle motovedette italiane e rispediti “nell’inferno libico”, dove sono sbarcati ieri mattina. Tra di loro anche 41 donne. Alcuni hanno gravi ustioni, altri sintomi di disidratazione. Ma la malattia più grave, è quella di essere stati riportati in Libia. Da dove “erano fuggite dopo essere state violentati e torturati. Non solo le donne, ma anche gli uomini”.
I visi di chi invece si è salvato, ed è a Lampedusa raccontano una tragedia universale. La raccontano le ferite che hanno sul corpo, le tracce sigarette spente sulle braccia o sulla faccia dai trafficanti di essere umani. Storie terribili che non dimenticheranno mai. Come quella che racconta Florence, nigeriana, arrivata a Lampedusa qualche mese fa con una bambina di pochissimi giorni. L’ha battezzata nella chiesa di Lampedusa e l’ha chiamata “Sharon”, ma quel giorno i suoi occhi, nerissimi, e splendenti come due cocci di ossidiana, erano tristi. Quella bambina non aveva un padre e non l’avrà mai.
“Mi hanno violentata ripetutamente in tre o quattro, anche se ero sfinita e gridavo pietà loro continuavano e sono rimasta incinta. Non so chi sia il padre di Sharon, voglio soltanto dimenticare e chiedo a Dio di farla vivere in pace”. Accanto a Florence, c’è una ragazza somala. Anche lei ha subito le pene dell’inferno. “Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato quattro mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell’incubo finisse”. Raccontano il loro peregrinare nel deserto in balia di poliziotti e trafficanti. “Ci chiedevano sempre denaro, ma non avevamo più nulla. Ma loro continuavano, ci tenevano legate per giorni e giorni, sperando di ottenere altro denaro”.
Il racconto s’interrompe spesso, le donne piangono ricordando quei giorni, quei mesi, dentro i capannoni nel deserto. Vicino alle spiagge nella speranza che un giorno o l’altro potessero partire. E ricordano un loro cugino, un ragazzo di 17 anni, che è diventato matto per le sevizie che ha subito e per i colpi di bastone che i poliziotti libici gli avevano sferrato sulla testa. “È ancora lì, in Libia, è diventato pazzo. Lo trattano come uno schiavo, gli fanno fare i lavori più umilianti. Gira per le strade come un fantasma. La sua colpa era quella di essere nero, di chiamarsi Abramo e di essere “israelita”. Lo hanno picchiato a sangue sulla testa, lo hanno anche stuprato. Quel ragazzo non ha più vita, gli hanno tolto anche l’anima. Preghiamo per lui. Non perché viva, ma perché muoia presto, perché, finalmente, possa trovare la pace”.
Le settimane, i mesi, trascorsi nelle “prigioni” libiche allestite vicino alla costa di Zuwara, non le dimenticheranno mai. “Molte di noi rimanevano incinte, ma anche in quelle condizioni ci violentavamo, non ci davano pace. Molti hanno tentato di suicidarsi, aspettavano la notte per non farsi vedere, poi prendevano una corda, un lenzuolo, qualunque cosa per potersi impiccare. Non so se era meglio essere vivi o morti. Adesso che siamo in Italia siamo più tranquille, ma non posso non stare male pensando che molte altre donne e uomini nelle nostre stesse condizioni siano state salvate in mare e poi rispedite in quell’inferno, non è giusto, non è umano, non si può dormire pensando ad una cosa del genere. Perché lo avete fatto?”.
“Noi eravamo sole, ma c’erano anche coppie. Spesso gli uomini morivano per le sevizie e le torture che subivano. Le loro mogli imploravano di essere uccise con loro. La rabbia, il dolore, l’impotenza, cambiavano i loro volti, i loro occhi, diventavano esseri senza anima e senza corpo. Aiutateci, aiutateli. Voi italiani non siete cattivi. Non possiamo rischiare di morire nel deserto, in mare, per poi essere rispediti come carne da macello a subire quello che cerchiamo inutilmente di dimenticare”. Hope, 22 anni, nigeriana è una delle sopravvissute ad una terribile traversata. Con lei in barca c’era anche un’amica con il compagno. Viaggiavano insieme ai loro due figlioletti. Morirono per gli stenti delle fame e della sete, i corpi buttati in mare. “Come possiamo dimenticare queste cose?”. Anche loro erano in Libia, anche loro avevano subito torture e sevizie, non ci davano acqua, non ci davano da mangiare, ci trattavano come animali. Ci avevano rubati tutti i soldi. Per mesi e mesi ci hanno fatto lavorare nelle loro case, nelle loro aziende, come schiavi, per dieci, venti dollari al mese. Ma non dovevamo camminare per strada perché ci trattavano come degli appestati. Schiavi, prigionieri in quei terribili capannoni dove finiranno quelli che l’Italia ha rispedito indietro. Nessuno saprà mai che fine faranno, se riusciranno a sopravvivere oppure no e quelli che sopravviveranno saranno rispediti indietro, in Somalia, in Nigeria, in Sudan, in Etiopia. Se dovesse accadere questo prego Dio che li faccia morire subito”.
(8 maggio 2009)
Si mise un dito in culo ne trasse un fischio acuto, segnale convenuto per i Giuseppe Rossi di città.
Correvano, correvano sembravano leprotti, quei quattro culi rotti Dei Giuseppe Rossi di città
oggi 9 maggio è il giorno del ricordo delle vittime del terrorismo e delle stragi. Ricordiamoli tutti: cuori rossi, cuori neri, cuori in divisa. Mai più possa accadere quello che è capitato negli anni di piombo.
Mi associo a Raffaele
IL CARDINALE TETTAMANZI: LA CHIESA DIFENDE GLI IMMIGRATI
L’INTERVENTO
Perché dobbiamo dire grazie
allo straniero che è tra noi
di DIONIGI TETTAMANZI
MI VERREBBE d’iniziare con l’antica citazione biblica: “Amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto” (Deuteronomio 10,19). Come a dire, che il fenomeno migratorio, sia pure in modalità e intensità diverse, accompagna sempre la storia dei popoli.
E che esso deve suscitare, come prima e più immediata forma di solidarietà, la condivisione obiettiva di una medesima situazione. (…) Ma qual è la situazione da noi oggi, nelle nostre città e nei nostri paesi? Potrei rispondere in termini quanto mai sintetici dicendo, anzitutto, che troppe volte e con troppa insistenza negli ultimi tempi si è pensato agli stranieri soltanto come a una minaccia per la nostra sicurezza, per il nostro benessere.
Con l’immediata conseguenza che il peso dei pregiudizi e degli stereotipi hanno impedito un dialogo autentico con queste persone, finendo per causare spesso il loro isolamento, relegandole così in condizioni che hanno provocato e provocano illegalità e fenomeni di delinquenza. Ma la realtà presenta anche un’altra faccia: noncuranti delle tante e, troppe, eccessive polemiche, molte persone – in modo silenzioso e nel nome della propria fede e di un alto senso umanitario – hanno operato e continuano ad operare per assistere questi “nuovi venuti ” nei loro bisogni elementari: il cibo, un riparo o, degli indumenti, la cura dei più piccoli.
In concreto, penso alla Caritas e alle sue molteplici emanazioni, alla “Casa della Carità ” in Milano, a quegli interventi delle amministrazioni locali che hanno saputo distinguersi per intelligenza, umanità e creatività. Penso al “buon cuore” anche di tanti semplici cittadini e ai loro piccoli ma sinceri gesti di aiuto. Siamo così di fronte a una solidarietà in atto, che si fa “dialogo” concreto: un dialogo forse ancora troppo flebile – e per questo da incoraggiare e da sostenere – ma che dice il riconoscimento della comune condizione umana cui tutti, italiani e stranieri di qualsiasi etnia, apparteniamo.
Cade qui una riflessione elementare, la cui forza razionale invincibile conduce all’adesione, anche se poi la prassi, purtroppo, può divenirne una smentita. Ci sono così tante “etnie” e “popoli” diversi, ma tutte le etnie hanno la loro radice e il loro sviluppo nell’unica etnia umana, così come tutti i popoli si ritrovano all’interno del tessuto vivo e unita – rio dell’unica famiglia umana. (…) Troviamo qui l’approccio culturale nuovo che deve caratterizzare la nostra valutazione e il nostro comportamento – certo nel segno della solidarietà ora affermata – nei riguardi dei migranti.
Lo indicavo così nel Discorso alla Città per la Vigilia di sant’Ambrogio 2008: “Occorre, con una visione complessiva del fenomeno, guardare agli immigrati non solo come individui, più o meno bisognosi, o come categorie oggetto di giudizi negativi inappellabili, ma innanzitutto come persone, e dunque portatori di diritti e doveri: diritti che esigono il nostro rispetto e doveri verso la nuova comunità da loro scelta che devono essere responsabilmente da essi assunti. La coniugazione dei diritti e dei doveri farà sì che essi non restino ai margini, non si chiudano nei ghetti, ma – positivamente – portino il loro contributo al futuro della città secondo le loro forze e con l’originalità della propria identità”.
Riprendendo ora la riflessione generale, vorrei riproporre qualche spunto nel segno di una concretezza quotidiana e con un riferimento più specifico alle due realtà della famiglia del lavoro. Il primo passo da compiere dovrebbe condurci a superare una paura: quella che ci impedisce di riconoscere in pienezza l’uguale dignità sul lavoro degli immigrati. In realtà, per non pochi di noi essi sono visti come una minaccia, non solo perché considerati come uomini e donne che disturbano la tranquillità del nostro quieto vivere e del nostro paese, ma anche perché a noi “rubano” il lavoro. E se invece vengono accolti, rischiano di essere trattati come una forza lavoro a buon mercato, in particolare per quelle attività che noi ci rifiutiamo di compiere perché ritenute troppo faticose o poco dignitose. Ma, anche in mezzo a difficoltà e incomprensioni, diverse forze sociali danno prova di solidarietà attiva con i migranti, creando nuove forme di accoglienza e di inclusione sociale, a cominciare dal lavoro.
Si tratta di una testimonianza cristiana e civile forte in un contesto di fin troppo facile contrapposizione. Una testimonianza non astratta e fuori della storia, ma in grado di avviare una integrazione all’insegna della solidarietà e della legalità, che diventa dono per tutti e risposta non secondaria alla domanda di sicurezza legittimamente posta da città spaventate e non poco preoccupate, anche per i segnali sconfortanti che vengono dalla cronaca quotidiana. Una testimonianza che deve interpellare tutti e ciascuno. (….) Non è spontaneo per nessuno in queste occasioni rifarsi e ispirarsi allo spirito più radicale del Vangelo e c’è per tutti il rischio di chiudersi in una eccessiva preoccupazione di se stessi, che ci fa scoprire sovente la nostra più grande miseria morale.
È importante allora acquisire innanzitutto una reale conoscenza della situazione e delle persone, nelle loro qualità positive, nei loro limiti e nelle loro differenze. Solo così riscopriremo gli aspetti positivi della loro nuova presenza, le risorse culturali e religiose di cui sono portatori, la loro capacità di essere protagonisti in diversi ambiti, non appena offriamo loro l’opportunità di farlo. (..) È onesto – ed è bello – riconoscere l’apporto che tanti immigrati danno alla vita delle nostre città e, in termini certo più ristretti ma quanto mai concreti ed efficaci, alla vita delle nostre famiglie. Tanti – in assoluta prevalenza donne – appena giunti in Italia da paesi stranieri si fanno carico – nelle case degli italiani d’origine – dei servizi della casa, della cura dei bambini, dell’assistenza agli anziani e malati.
Ed è con spirito di ammirazione e di gratitudine che dobbiamo riconoscere che queste stesse donne – le chiamiamo “badanti” – con i loro figli sono le prime persone che pagano il costo di una separazione forzata, dell’esclusione dai diritti, della privazione per se stesse e per i propri familiari. Di conseguenza, come non chiedere che – insieme ai vantaggi che vengono a noi dalla loro presenza e attività – si giunga presto a riconoscere i loro giusti diritti e a migliorare le loro condizioni di lavoro?
Dal nuovo libro del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, “Non c’è futuro senza solidarietà. La crisi economica e l’aiuto della Chiesa”, edizioni San Paolo, in libreria dal 15 maggio (pp.143, 14 euro)
Giuseppe Lig.
(11 maggio 2009)
IN ITALIA CI SONO LE LEGGI RAZZIALI
«Le leggi razziali ci sono già, anche se molti fingono di non sapere»
di Furio Colombo
“Leggi razziali” non è una frase eccessiva. È una descrizione letterale e corretta che Franceschini, segretario del Pd, ha detto con tragica esattezza per descrivere il “pacchetto sicurezza” della Lega.
La stella gialla che i Radicali indossano in questi giorni di una campagna elettorale dalla quale saranno esclusi con rigoroso rito mediatico, non è una trovata frivola o offensiva, come è stato detto. È la rappresentazione di un fatto. L’elenco delle illegalità, negazioni e sopraffazioni contro libertà fondamentali italiane, secondo i Radicali, è lungo e comincia subito, quando è ancora fresca la firma di Terracini in calce alla nostra Costituzione, nel 1948.
Si può convenire o no. Fin dalla rinascita, questo giornale ha detto e ripetuto ogni giorno che Berlusconi, con il peso immenso della ricchezza usata per comperare la politica, ha portato un peggioramento pauroso nella già oscura vita pubblica italiana, un peggioramento che a momenti pare irreversibile.
In un caso o nell’altro l’Italia è una sola. L’Italia che decide quali voci sono stonate e quali voci non si devono sentire, un anno dopo l’altro, un decennio dopo l’altro. L’Italia che perseguita senza tregua e senza vergogna gli immigrati proprio come al tempo delle leggi razziali. Fatti così profondamente illegali, e pure accettati, devono essere cominciati presto. Se questo è il peggio, c’è stato un prima.
Per esempio, la settimana è stata segnata da una notizia grave e squallida: il deputato Salvini della Lega esige che nei metrò di Milano i posti a sedere siano riservati ai lombardi. Come si riconosceranno i lombardi? Dagli insulti agli immigrati che hanno osato sedersi? Dalla violenza per farli alzare? Si fanno avanti squadre razziste come gli americani bianchi prima di Rosa Parks, di Martin Luther King e di Robert Kennedy. In un mondo normale una simile regola dovrebbe essere respinta con sdegno, come la peggiore offesa.
Ma questa è l’Italia in cui centinaia di naufraghi disperati, metà donne e bambini, e una di loro morta e putrefatta, sono stati lasciati in mare per giorni e notti al largo delle coste italiane. E’ la storia della nave turca “Pinar” , colpevole di averli salvati, tenuta ferma in mare dalla corvetta militare italiana “Lavinia”. Probabilmente è la prima volta, nella Repubblica italiana nata dalla Resistenza, che ai marinai italiani viene ordinato di non soccorrere i superstiti disperati del mare. Viene ordinato di tenerli fermi e lontani benché stremati.
Atti indegni di questo tipo, come le aggressioni e i linciaggi, tendono a ripetersi in questa Italia. Nuovi immigrati alla deriva, al largo delle coste libiche sono stati avvistati da un mercantile italiano che si è guardato bene dal prestare soccorso dopo ciò che era toccato alla nave turca. Si trattava – ci ha detto il giornalista Viviano di Repubblica (7 maggio) – di 227 disperati tra cui 40 donne. Sono subito arrivate sul posto unità della Marina militare italiana con un ordine barbaro e disumano del ministro dell’Interno della Padania insediato a Roma: le centinaia di profughi disperati raccolti in mare sono stati riportati in Libia. Vuol dire condannati a morte, per esecuzione, per inedia nei campi profughi del deserto, per schiavitù (lavoro forzato senza paga), per l’abbandono in aree prive di tutto, in violazione della Costituzione italiana e della Carta dei Diritti dell’Uomo, come ha scritto con sdegno L’Osservatore Romano.
Ogni possibile richiesta di diritto d’asilo, per quanto urgente e legittima, viene in questo modo vietata da marinai italiani usati come poliziotti crudeli di una dittatura senza scrupoli.
Adesso scopriamo che, prima ancora che il Parlamento italiano affronti l’odioso “pacchetto sicurezza” della Lega e lo voti con l’espediente della “fiducia” in modo da bloccare ogni discussione, adesso scopriamo che le “leggi razziali” sono già in funzione, oggi, in questa Italia, mentre tanti, in politica o nella vita di tutti i giorni, fanno finta di non sapere, non vedere, di non essere disturbati. Proprio come nel 1938. Ma nel 1938 quelle schiene piegate di un popolo erano state preparate da quasi due decenni di fascismo.
Dicono i Radicali: anche oggi una simile rinuncia alla libertà, alla opposizione, alla critica non arriva tutta in una volta come una valanga. Ci vuole una lunga preparazione per cedere senza resistenza i propri diritti. Di fronte al diffuso silenzio per la paurosa epoca italiana che stiamo vivendo è inevitabile chiedersi: e se i Radicali, indossando la loro maleducata e impropria stella gialla, avessero ragione?
10 maggio 2009
Giuseppe Lig.
ALEMANNO: FASCISMO DISUMANO E RIPUGNANTE
Le parole del sindaco di Roma durante un’iniziativa del Museo della Shoah
Veltroni: “Ma anche negare un’Italia multietnica è alla base del razzismo”
Alemanno: “Dolore e ripugnanza
per la disumanità del fascismo”
ROMA – “Provo ripugnanza per la condotta disumana del fascismo nei confronti degli ebrei”. Pronunciata da Gianni Alemanno, uomo di destra da sempre, la frase scuote ma non sorprende. Già durante la visita ad Auschwitz, nel novembre scorso, il sindaco di Roma aveva preso le distanze dal passato. Lo ha ripetuto nel pomeriggio, intervenendo a Villa Piccolomini, futura sede del Museo della Shoah nella capitale.
“Provo un profondo senso di partecipazione al dramma dei cittadini italiani di religione ebraica – ha detto il primo cittadino della capitale – che subirono le leggi razziali imposte dal regime fascista e provo rammarico, dolore e ripugnanza per la condotta disumana del fascismo nei confronti di quella comunità”.
Alemanno ha stigmatizzato “ogni ricordo di quelle azioni criminose” e respinto “con assoluta fermezza qualsiasi segnale di rigurgito, ai nostri giorni, di odio verso l’altro in genere e di antisemitismo in particolare”. Indignazione, da parte dei partecipanti, anche per l’incursione di un gruppo di neonazisti nel campo di Mauthausen durante una commemorazione delle vittime del nazismo. “E’ l’opera di scellerati che vanno condannati con ogni mezzo, è veramente vergognoso”, ha commentato Alemanno.
Alla presentazione dei progetti per il museo della Shoah c’era anche Walter Veltroni, come Alemanno già sindaco di Roma ma d’origini politiche opposte. “Quando sento dire: noi non vogliamo una società multietnica, mi chiedo che cosa voglia dire?” Il riferimento abbastanza esplicito è alle parole che ieri il premier ha usato per spiegare il suo assenso alla politica dei rimpatri adottata dal ministro degli Interni Roberto Maroni.
Veltroni tenta una lettura del Ventennio fascista con un occhio rivolto alla storia recente e spiega che “alla base della persecuzione degli ebrei c’era la volontà di avere un’unica etnia, che veniva definita razza. Per evitare che si ripetano eventi come questo, bisogna capire come è potuto accadere che ci fosse indifferenza verso le leggi razziali e come è possibile che in paesi come Italia e Germania ci sia stata una tragedia del genere con il consenso dell’opinione pubblica”.
(10 maggio 2009)
Giuseppe Lig.
Liguori, e se ogni tanto ti facessi una bella sega? Che poi è di sinistra…
certo che il Sig. Sindaco di Roma per tenersi attaccato al sederino la poltrona sarebbe capace di dire tutto e l’opposto di tutto, ormai non ci scandalizziamo più davanti a nulla.Solo una cosa dovrebbe fare lui e quella qaccozzaglia di giuda al suo seguito vergognarsi………naturale è una rilettura di quegli eventi, una critica, ma un distacco e un rennegare così solo per opportunismo politico è veramente schifoso.Il suo grande mentore Fini lo ha preceduto con le sue esternazioni, meritano solo l’oblio e perchè no un onesto lavoro in acciaieria, almeno si guadagnano onestamente il pane e non hanno bisogno di uscire con i loro schifosi vaneggiamenti da badogliani.
PS: Alemanno togliti quella celtica che ti porti al collo non ti serve più per corrompere i giovani…. se il tuo amico Beppe ti sentisse ora resterebbe stomacato………..ma il destino gli ha evitato tutto questo schifo
Riccardo
ahahahahahah è proprio di oggi la nuova novella finiana “gay venite a me”……………….ora è diventato di larghe vedute chissà magari fra un pò………..
in alto i cuori
Riccardo
A Padova, tra il 1986 ed il 1987 avevamo dipinto a mano uno striscione; la scritta la avevo decisa io: “Fini con te la speranza di oggi, con te la realtà di domani”. Sono passati più di vent’anni, le speranze sono disilluse, la realtà è triste e confusa. Credevo in quell’uomo vent’anni fa, oggi non so più in cosa credere. Non capisco se la sua metamorfosi sia dovuta ad una strana evoluzione o a becero trasformismo di convenienza. Oggi mi sono tirato fuori dalla politica (anche se il richiamo è sempre forte), diserto le elezioni e mi considero in “esilio morale” non sentendomi più rappresentato da nessuno.
Ho finito da poco di leggere Cuori Neri in un misto di commozione e sgomento. Vi ho ritrovato i nomi di tanti amici e di tanti miti del mio passato e tanto, tanto dolore.
Cordialmente
ciao keramox io fortunatamente il sig fini lo avevo capito già da molto tempo prima del 1986’87, ma vedi allora aveva ancora poche speranza di poter calcare con il suo dolce deretano le poltrone del potere allora gli servivano ancora le commemorazioni dei nostri camerati che ci avevano lasciato la pelle, ora ben stabile al potere apre le porte a tutti , cani e porci sai come è un domani potrebbero votare anche loro. Un buon bacino di voti( visto il continuo scoprirne) potrebbero essere i pedofili potrebbe decantare le loro doti un domani loro ricambierebbero con una bella crocetta su una scheda……..
in alto i cuori
Riccardo
Scusa, Riccardo, sai che non amo fare polemiche quando so che esistono delle distanze inconciliabili, le registro e basta, ed é quello che mi ha consentito di confrontarmi con molti in un clima quasi sempre sereno. Olterettutto non volevo interveire perché non mi é mai fregato nulla di Fini (quando e fino a che ho votato ho sempre votato a sinistra, questa volta sono indeciso fra Sinistra e Libertà e starmene a casa), quindi non ritenevo questo discorso mi appartenesse. Mi preme solo precisare che, indipendentemente da come la pensiamo, fra i gay ed i pedofili vi é una differenza sostanziale ed oggettiva: la maggiore età ed il consenso dell’altra parte, e scusami se é poco.
Senza polemica
Ciao bakunin non volevo mettere sullo stesso piano gay o pedofili era solo per far n otare che quel individuo sarebbe disposto a tutto pur di restare in sella…. anche a promulgare un indulto ai peggiori criminali in cambio di una manciata di voti. Uomo senza radicisi prostituisce senza vergogn.Dal canto mio probabilmente continuerò a disertare i seggi elettorali tanto una volta in poltrona fanno quello che vogliono, decidono del nostro futuro in base alle loro personali esigenze di portafoglio meschini ciaculatori, imbonitori e mercanti
in alto i cuori
Riccardo
Sì, il concetto era chairo, ci tenevo sol aprecisare tanto così.
Sul resto che dici, perfettamente d’accordo.
Ma perchè Bakunin è sempre così interessato ai gay???????
Semplicemente perchè, data la mia matrice anarchica, sono interessato alla libertà dei singoli: di convinzioni religiose, etiche, di cura ed anche di preferenze sessuali. Rispetto al mio orientamento sessuale, qualunque esso sia, non mi pare sia questa la sede per parlarne.
Fru Fru del tabarin…
ma che simpatici ragazzi…..
Ti dirò, Massimo, io non so come la vedi su tante cose (l’amico raffaele parla bene di te, e di lui mi fido); personalmente non ho nessuna intenzione di discutere dei miei orientamenti sessuali in questo blog, qualunque essi siano: io credo nella libertà di scegliere la propria sessualità, a condizione che sia fra adulti consenzienti (anche se vi sarebbe molto da dire); ero una volta su un treno che mi portava a Viterbo, via Roma, a fare delle cose che ritenevo e ritengo importanti per la mia vita, ed ho incontrato una serie di persone che andava al corteo del Gay Pride, e ci sarei potuto andare anch’io, non a sfilare con chi ostentava lustrini e pailletes (ricordi la canzone di Gaber “e poi ci sono i gay, che han tutte le ragioni, ma non sopporto le loro ostentazioni”?), ma magari con Cecchi Paone (che é gay dichiarato e di destra) e Cossutta (che é comunista e credo non gay); non avrei mai messo mia figlia su un carro di figli concepiti in provetta, per rispetto per lei (che non é stata concepita in provetta, ma da sua madre ed adottata da me, dopo averne sposato la madre), perché a quell’età non ha senso essere esibiti come fenomeni da baraccone, si cerca identità e conformità, l’ostentazione delle differenze va bene per gente adulta, tipo me e Te. Poi, visto che da persona ancora legata alle idee-forza dell’anarchismo credo nella libertà, firmo le petizioni di Amnesty International contro la pena di morte anche se (fortuna o mano di Dio) sono incensurato, quelle per la liberazione di un pope ortodosso in Sudan,anche se non sono ortodoss, posso manifestare per il Tibet o la Birmania anche se non pratico il buddhismo tibetano o Theravada: pratico la meditazione Zen, che nasce in ambito buddhista ma, secondo me e secondo il mio maestro (che poi é lo stesso che ha frequentato Alemanno, salvo rinnegare di aver mai partecipato per rifarsi una cattolica verginità)non é strettamente buddhista, inoltro campagne per ridurre il consumo di carne visto che gli allevamenti intensivi stanno depauperando il pianeta, eppure non sono né una mucca né una balla di fieno. Secondo me chi vuole necessariamente vedere un’adesione emotiva o fisiologica nella difesa di principio di una situazione padrone di farlo, anche se secondo me ha bisogno di crescere. Se poi qualcuno vuole pensare che io sia gay, la cosa né mi offende né, fortunatamente, mi danneggia, come sarebbe successo anche solo vent’a<nni fa, e per me é una conquista di civiltà.
Saluti e anarchia
Sono di destra, almeno ero di destra quando la destra c’era ancora. Destra quando avevo diciotto-vent’anni voleva dire battersi per il diritto di esprimere le proprie opinioni, rifiutare di essere ghettizzati, lottare per riprendersi uno spazio e poter dare voce a verità diverse da quelle ufficiali.
Oggi di anni ne ho più di quaranta e la destra che conoscevo non c’è più, ma la libertà mi sta ancora a cuore e non soltanto la mia. Quando sento parlare di omosessuali mi viene sempre in mente una poesia:
Prima vennero a prendere gli zingari,
Io restai in silenzio.
Rubacchiavano.
Quando vennero a prendere gli ebrei
Io restai in silenzio.
Mi stavano antipatici.
Quando vennero a prendere gli omosessuali
Io restai in silenzio.
Mi erano fastidiosi.
Quando vennero a prendere i comunisti
Io restai in silenzio.
Non ero comunista.
Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.
“Martin Niemöller”
Cordialmente
X Keramox,
E’ un testo che avevo trovato su un Re Nudo di almeno 30 anni fa e che cito spesso…
il caro vecchio Bertolt Brecht.
Urka, io pensavo fosse effettivamente di un pastore protestante: devo proprio rispolverare le mie letture…
C’è un giovane anarchico che va a parlare con il padre che guarda la partita per televisione bevendo una birra e mangiando un panino di salame all’aglio. Gli arriva alle spalle e gli dice:”Papà, sono gay!”. Il padre senza scomporsi e guardando sempre la partita, gli risponde:”Attivo spero!”
Salve gente certo che da un post dove si parlava di camerati che autogestiti e malvoluti son partiti e sono tuttora in Abruzzo ad aiutare quelle povere genti, siam scaduti a parlare di gay dopo aver toccato il fondo parlando di fini………mhaaa !!!!!!!! stò leggendo la’autobiografia del Capitano Erik Priebke e fra i tanti documenti allegati ne ho trovato uno veramente simpatico cioè la disponoibilità data dal sopracitato Badogliano ad utilizzare gli avvocati di AN come parte civile contro il Capitano, cazzo una volta si diceva che il vino dava alla testa ora sono le poltrone che danno alla testa, veramente io gliela romperei in testa…….
In alto i cuori Riccardo
ps: domanda da un bilione di euri ma voi chi voterete ?? io probabilmente andrò al mare oppure scriverò una delle frasi che si scrivevano allora………………….
Puoi anche andare a farti un giro alle Fosse Ardeatine volendo…
Io credo che mi tapperò il naso voterò “Sinistra e Libertà”: non votare mi sembra di fare un’eccessivo favore al Cavaliere. Anche se a Torino candidano Novelli (“Il nuovo che avanza, e visto che avanza e nessuno lo vuole lo candidano loro!). Però, per lo meno, dò un po’ di spazio a Psicologi e Battutisti vari. Vendola e pecoraro Scanio sono “froci”….
pecoraro scritto minuscolo è un lapsus freudiano?
Trattndosi di me, caso mai reichiano
Il lapsus micidiale é invece “un’eccessivo” scritto con l’apostrofo…. mi vergogno e mi scuso.
sinistra e Libertà.
Lapsus reichiano anche il tuo, amico mio: Sinistra con la maiuscola!
la maiuscola solo se la merita
Calmoroso al Cibali: Raffaele 1 Bakunin 0
caro Enne Due se la tua era una provocazione ti rispondo che potrei andarci con l’autobiografia del Capitano con tanto di dedica, ma la cosa prorpio non mi interessa. In guerra si muore, capisco che i morti abbiaqno un peso diverso a seconda della divisa che portavano, ma io sono ancora uno che rispetta colui che non ha tradito il giuramento fatto costi quel che costi…. se i coraggiosi gappisti nonni e padri delle future br che hanno trucidato quei 33 altoatesini si fossero consegnati le fosse ardeatine non esisterebbero.Le br negli anni 70 utilizzavano ancora armi messe a loro disposizione da alcuni arsenali partigiani, utilizzavano le stesse tecniche di eliminazione gambizzando oppure sparando alla schiena………..evitiamo almeno qui le solite provocazioni e impostiamo delle discussioni serie e costruttive, gia mi rompo le palle su libero nel mio blog http://blog.libero.it/DORMIENTE/ dove trovo spesso commenti stupidi ad argomenti seri…………..
Se non andro al mare penso che la crocetta la farò su Forza Nuova comunque
in alto i cuori Riccardo
UN BOIA DI NOME PRIEBKE
Con orrore noto che su questo blog si inneggia a H. Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine. In guerra ci devono essere i morti tra i militari, non tra i civili. E’ PER QUESTO CHE SI PARLA DI CRIMINI DI GUERRA! PRIEBKE E’ UN CRIMINALE DI GUERRA, NON UN EROE!
E’ chiaro che chi vota Forza Nuova non capisce la differenza tra un criminale ed un eroe.
PRIEBKE = CRIMINALE, BOIA E ASSASSINO
MATTEOTTI = EROE DEMOCRATICO E ANTIFASCISTA
Giuseppe Lig.
Allora, come anarchico ho orrore dei militari, come persona che ha letto e studiato Reich, mi si rizzano semplicemente i capelli quando sento parlare di onore e fedeltà ai giuramente,il mio sangue ebreo urla solo a sentir parlare di Priebke. Se leggo la frase di Liguori, secondo cui in guerra ci devono essere morti fra i militari e non fra i civili, allora penso anche a Dresda e Hiroshima (per tacere di Naghasaki), dove non sono morti solo militari. Sulle Fosse Ardeatine penso a quanto mi ha fatto giustamente osservare Fornasari, che fra i morti vi furono moltissimi tozkisti di Bandiera Rossa, cosa che permise agli stalinisti del PCi di eliminare un pericoloso concorrente per la fine della guerra (Guerra di Spagna e racconti di molti vecchietti anarchici conosciuti anni fa mi fanno pensare che il mio fascistissimo interlocutore abbia ragione). In sostanza, se devo fare una scelta sul male minore,rispetto a Forza Nuova preferisco quasi il Cavaliere, ma le mie scelte etiche (“a prescindere” come direbbe il compagno Totò) non mi impediscono di cercare sempre e comunque la verità storica contro qualsiasi verità di comodo a favore di una parte o dell’altra.
“Gran puta la guerra!” dice un personaggio di “Per chi suona la campana”, andare a cercare i buoni ed i cattivi nelle azioni che si compoino per paura o per odio indotto contro l’altra parte, o per calcolo politico, una volta scatenata la “puta”, non ha proprio senso.
Gli unici combattimenti etici che l’umanità abbia mai conosciuto dalla Preistoria ad oggi sono nelle arti marziali, dove combatti con il tuo amico, e combatti contro la tua stessa paura, più che contro di lui, tutto il resto é una “graa puta”
Saluti e anarchia
Potete fare tutti i discorsi storici e bla bla bla ma un italiano che sostiene le ragioni di un capitano di un esercito d’occupazione che ha con solerzia trucidato 330 civili italiani per rappresaglia a me fa ribrezzo.
Quello che può votare non mi interessa: è un traditore come lo furono il questore di Roma e gli uomini di Pietro Koch.
Meriterebbe di fare la stessa fine di questi due infami.
Onore ai ragazzi, a tutti, che col cuore rosso di solidarietà fraterna e le facce che danno fastidio ai bacchettoni sessanttottardi danno il loro aiuto ai terremotati.
Onore a chiunque in questo frangente fa echeggiare la solidarietà del Piave.
Enne Due ahahahahah ma che cazzo dici esercito occupante che cosa erano nostri alleati e lo sono stati fino al 1 maggio 45 quando si sono arresi tu parli di traditori ma non sai quello che dici verohanno fucilato per rappresaglia civili che in abiti borghesi combattevano contro il loro esercito civili prelevati nelle carceri che sarebbero ancora in vita se i vigliacchi che hanno fatto l’attentato si fossero con onore consegnati
in alto i cuori Riccardo
LIBERATE IL CAPITANO !!!!!!!!!!!!!!
Onore a Mauro Rostagno, Saviano e chiunque lotti per la legalità in Italia. Legge per me equivale a giustizia e per questo la 194 ad es. è una pseudolegge in quanto non giusta,non corrispondente alla lex primaria, da cui tutto il giusto o lo sbagliato dipende. Onore al coraggio sempre, e coraggio significa avere cuore, essere nel buono e nel giusto.
Ho citato Rostagno perchè sulle breaking news di oggi pare che si sia accertato che sia stato la mafia ad ucciderlo perchè rompeva troppo col suo essergli contro pubblicamente.
I MISSIONARI CONTRO IL GOVERNO BERLUSCONI
Immigrazione, «permessi di soggiorno in nome di Dio»
di Roberto Monteforte «Permessi di soggiorno. In nome di Dio». Sarà così in tutta Italia il prossimo 20 giugno. Data importante e non casuale: è la Giornata mondiale per il Rifugiato. Si mobilitano contro «il pacchetto sicurezza» le associazioni cattoliche e non solo, i movimenti, i singoli, i missionari, istituzioni pubbliche, enti locali e molte realtà impegnate nel sociale sul terreno difficile dell’immigrazione.
Da apri pista vi sono i padri comboniani di Castelvolturno che con i padri «Sacramentini» di Caserta, l’associazione «Beati costruttori di Pace» e le riviste missionarie, sono in prima fila nella denuncia delle scelte discriminatorie e xenofobe contro i migranti. «L’iniziativa però – lo assicura padre Giorgio Poletti, tra gli organizzatori – è a rete. Non vi sono primogeniture. Siamo aperti al contributo di tutti. Ciascuno modulerà l’iniziativa secondo le situazioni e gli interessi particolari presenti sul proprio territorio».
La «rete» si muove. Si stanno raccogliendo le adesioni e arrivano le prime disponibilità da Venezia, Rovigo, Modena, Firenze, Bologna, Genova, Verona, Vicenza, Caserta per l’appuntamento del prossimo 20 giugno. Saranno diverse le motivazioni che spingeranno gli organizzatori a consegnare «il permesso di soggiorno» – quasi identico a quello “ufficiale” rilasciato dal
Ministero dell’Interno – a chi è considerato irregolare. Porterà la dicitura «Ministero del Cielo». Ma la motivazione è comune. «Con questa azione vogliamo dire il nostro no alle attuali politiche sull’immigrazione – spiega padre Giorgio -. È questa un’azione che parte dal diritto di ogni persona ad esistere, ad essere rispettata nella sua umanità, nella sua ricerca di vita democratica e libertà. Il diritto a costruire un futuro per se e per i propri figli. Oggi questo mondo chiede, e noi che ci consideriamo colti e civilizzati siamo chiamati a rispondere, di rispettare quei valori che da anni proclamiamo».
Il padre missionario invita tutti i gruppi a «contattare» le autorità locali, a cercare un confronto. La macchina organizzativa è partita.
«L’entusiasmo e l’adesione trovata è uno stimolo a realizzare questa manifestazione come momento di presa di posizione decisa contro le disposizioni governative espresse nel pacchetto sicurezza. È l’inizio di un lavoro di ricerca e di confronto a tutti i livelli dove tutti noi, associazioni e movimenti, siamo coinvolti e impegnati collettivamente».
Alla domanda sul perché questa manifestazione «In nome di Dio», il padre missionario risponde. «Riteniamo che in una società come la nostra frazionata, divisa in molti modi in cui il nome di Dio viene usato in mille modi, spesso per interessi politici ed economici, noi crediamo che Dio stia dalla parte dei più deboli e indifesi». Di sicuro vi è che di motivi per protestare il «pacchetto sicurezza» ne offre molti.
22 maggio 2009
Giuseppe Lig.
ESERCITO OCCUPANTE
Tutti gli storici (e tutte le persone ragionevoli) sono concordi nel ritenere l’esercito tedesco un ESERCITO OCCUPANTE. Il governo italiano, presieduto da BadogliO, si era infatti schierato con gli anglo-americani e i tedeschi, dopo l’otto settembre, INVASERO L’ITALIA, passando dal Brennero. Gentile signore di Forza Nuova, che tu lo voglia o no, I NAZISTI ERANO DEGLI INVASORI E PRIEBKE E’ UN CRIMINALE DI GUERRA.
Giuseppe Lig. (missionario antifascista)
Probabilmente riccardo avrebbe fatto la spia per i nazisti e per i repubblichini se fosse vissuto allora.
Per fortuna è nato dopo e non ha avuto modo di mostrare la sua bassezza morale.
Adesso che simao in “democrazia” ci tocca tollerare pure lui…vabbè…tiremm innans…
non avrei fatto la spia per i nazisti, avrei indossato con Onore la mia uniforme e avrei combattuto fino alla fine senza tradire il giuramento fatto e il mio vecchio alleato.I vostri amici e compagni partigiani dopo aver tradito e passati al nemico non sono stati affatto definiti ALLEATI ma solamente COBELLIGERANTI e questa la dice tutta sulla fiducia che avevano gli angloamericani degli italici traditori.
sieg heil Riccardo
Quando si fa un patto e si da una parola non si puòò tradire.
Io non accetto il nazismo, il fascismo gli fu molto migliore, ma se combatto con uno, un momento dopo non gli posso sparare alla schiena. L’alleato non si tradisce perchè è infamità. E questo schifo di società esalta il tradimento, lo vezzeggia e lo coccola.
L’Onore è questo. Non tradire.
Questa pseudociviltà è un deserto, bacato.
Ripeto, non accetto il nazismo perchè anticristiano.
Il fascismocommise degli errori, ma fu certo meglio di questamarmellata fetida e ammuffita. Dove si permette di uccidere le vite umane innocenti dei bambini che hanno il DIRITTO DI NASCERE.
Andrea mi trovi pienamente daccordo con le tue tesi,ma partendo da un presupposto che questo blog è nato per altri scopi sarebbe una bella cosa non uscire troppo dal seminato e restare sul tema principale. Il presupposto che haportato alla nascita di questo blog è stato il libro di Luca Telese che coraggiosamente ha scritto per ricordare i molti ragazzi della mia generazione caduti anche per mano di questi antifascisti che si riempiono la bocca con la parola democrazia e le mani di chiavi inglesi e mitragliette. Si scandalizzano perchè prendo le difese del Capitano quando fra le loro file si trovano loschi figuri che in Istria e Dalmazia hanno infoibato una enorme quantità di Italiani, questi macellai erano italiani iscritti al Pci e collaboratori dei partigiani Titini.Dopo questa ultima precisazione mi auguro che il dialogo torni a toni pacati e sul tema originario
in alto i cuori Riccardo
Io ho vissuto quegli anni e una volta quasi mi hanno ucciso, i proiettili mi sfiorarono e colpirono Enrico Tiano, 1977, che morì in seguito, credo anche per quelle ferite.
Sull’Istria e Dalmazia sono perfettamente d’accordo e le cronache parlano di mie iniziative.1992.
In un blog si può anche sviare dall’argomento nascente…se no mi sentirei un burattino al servizio di chi lo ha organizzato, che ha il merito di aver scritto un libro per far sapere quanti martiri la mia area politica del tempo abbia avuto.
Comunque saluti.
Andrea ciao .non era riferito a te il mio commento ma a quegli antifascisti che continuano ad imperversare su tutte le testate giornalistiche e che tentano di egemonizzare con le loro tesi non solo la storia Patria ,ma anche questo blog dal quale pottrebbero sicuramente esimersi dal alzare la voce vista la motivazione pr la quale è nato.In quegli anni ci son passato anche io come te e tanti altri ho provato le democratiche spranghe degli antifascisti e le restrizioni del potere. Ora che le armi sono state deposte da anni e ci siamo accorti che i sacrifici e i morti subiti sono stati troppi e vani ,la rabbia mi assale quando questi pseudo buonisti tenutari della assoluta verita in fatto di storia si ergono a maestri di vita. Ogni individuo a prescindere dalla propria fede politica ha sicuramente delle potenzialità, di te Andrea ho sentito spesso parlare nella nostra area politica per le varie iniziative che porti avanti da anni,io nel mio piccolo ho cercato di essere utiler al mio popolo e ai popoli europei, cioè a quelle entità che la nostra cultura politica intende per popoli che non è sicuramente quella che hanno sempre ipotizzato le banche e i poteri forti cioè uomini e donne da sfruttare fino al midollo oppure quelli della sinistra che li ha tenuti oppressi per decenni dietro ad una cortina di ferro e fuoco dalla quale tentavano di fuggire,ma dalla quale mai nessuno ha tentato di entrare.Visto che questo post è nato per parlare dei camerati che stanno usando le loro energie per il popolo abruzzese, posso ritenermi orgoglioso per aver speso una quindicina di giorni del mio tempo e delle mie energie in soccorso di quelle sfortunate genti lavorando a Monticchio presso il campo organizzato dalla Regione Lombardia………….
in alto i cuori Riccardo
Se i tedeschi erano invasori e il Capitano un criminale di guerra questi partigiani comunisti e antifascisti cosa erano ??
Le malghe di Porzus sono note, purtroppo, per un terribile episodio avvenuto al termine della seconda guerra mondiale fra due gruppi di partigiani.
I partigiani della formazione Osoppo, formatasi nel 1943, nel 1944 cominciarono ad avere rapporti molto difficili con i ” Garibaldini”, partigiani comunisti che volevano allearsi con Tito.La divisione comunista Garibaldi entrò a far parte del nono corpus sloveno, la divisione Osoppo, invece, rifiutò di farlo. Il comandante della Osoppo, De Gregori, cercò un accordo, ma invano.Il 7 febbraio 1945 un centinaio di garibaldini guidati da Mario Toffanin, detto ” Giacca”, e da Fortunato Pagnutti, detto ” Dinamite”, salirono alle malghe di Porzus dove si trovava il quartier generale della brigata Osoppo.Giunti a destinazione, attaccarono i partigiani della Osoppo, uccisero il comandante Francesco De Gregori (nome di battaglia “Bolla”, zio del cantautore), Gastone Valente (“Enea”), Giovanni Comin (“Gruaro”) ed Elda Turchetti. Si salvò miracolosamente il capitano Aldo Bricco che si finse morto e riuscì a fuggire. Sedici osovani furono portati nel Bosco Romagno, una località poco distante da Cividale, dove furono processati in modo molto sommario. Due passarono nelle file dei garibaldini e furono risparmiati, gli altri uccisi. Tra questi c’era anche Guido Pasolini,” Ermes”, fratello dello scrittore.Nel 1952 fu data una medaglia al valor militare alla memoria di De Gregori.Oggi le malghe di Porzus sono monumento nazionale.
Almeno abbiate la cortezza di tacere ……………..
in alto i cuori Riccardo
Lurida spia!
Fai silenzio!
Puoi scrivere tutte la cazzate che scrivi e baloccarti con quell’infame del capitano solo perchè altri hanno combattuto per darti questo straccio di libertà che non meriti.
Bravo Riccardo, tutto vero. A Porzius c’è una lapide che recita chela causa dell’eccidio perpetrato dai rossi era stata …il nazifascismo, come pure a Padova all’università il nome di Norma Cossetto, trucidata dopo essere stata violentata dagli animali slavocomunisti è inciso sulla lapide dei martiri dei nazifascisti… ancora oggi dire la verità, ovverosia parlare dei crimini aberranti dei rossi, è un’impresa…
enne due non sono a conoscenza delle tua età e di quello che fai nella tua povera e insulsa vita, ma sono straconvinto che se quella tua viscida e schifosa esistenza te la fossi messa in gioco almeno una volta non saresti qui ad inquinare con i tuoi scritti questo posto.Nonostate voi rossi un tempo foste miei nemici che ho combattuto senza esclusione di colpi, ora che quegli anni son finiti nutro un certo rispetto per coloro che incrociai sul mio cammino reagendo ai loro attacchi ho colpito, se mi capitqasse di entrare in un sito dove onorassero i loro caduti sicuramente resterei in silenzio rispettoso……….
per quanto riguarda la lurida spia ti posso garantire che non ho mai fatto i nomi di nessuno dei miei camerati, nemmeno in momenti di totale solitudine e sconforto, naturalmente le cose sarebbero cambiate se in quel periodo i cani rossi avessero colpito i miei fraterni alleati e io fossi venuto a conoscenza della cosa,anzi penso prorio che avrei collaborato con loro per la loro tottale eliminazione………
In alto i cuori
Caro spione.
Questo sito non onora solo i tuoi camerati e quello che faccio nella mia vita non sono certo cazzi tuoi, tu puoi scrivere che eri chissà chi tanto nessuno potrà mai sapere se è vero, quindi evita riferimenti ad un passato onorevole che probabilmente esiste solo nella tua piccola mente.
Evita di presentare quel boia di Pribke com un eroe e sarai rispettato anche da chi ti è avversario, continua a tesserne le lodi ti sarà sempre detto quello che saresti stato: una miserabile spia al soldo del nemico, oltro che onore e fedeltà.
Ci vuole un coraggio da leone davvero a prelevare dei civili da un carcere portarli in una cava e sparargli nella testa, davvero un modo leale di combattere.
Almeno i GAP a via Rasella hanno colpito dei militari nazisti, non dei civili.
povero coglione io sono stato quello che sono stato alla faccia tua e delle merde tue pari, i morti di via rasella sono da imputare a quei vigliacchi che hanno trucidato dei militari italiani inquadrati nel battagline Bozen povero comunista senza palle, questo sita Onora i MIEI CAMERATI E NON CERTO LE MERDE TUE PARI…………è facile attaccare e insultare nascosto da un nick ,ma d’altronde voi non siete mai stati capaci a mostrare la vostra fetida faccia, avete sempre colpito nell’ombra e alle spalle da luridi infami quali siete. Senti povera merda non ti rammenti tutti quelli che i tuoi onorevoli sicari dal foular rosso hanno trucidato a guerra finita oppure anche quelli sono da attribuire ai nazifascisti….ora non ho più intenzione di perdere tempo con una nullità intellettuale quale tu sei quindi continua pure a vomitare i tuoi escrementi, ho la certezza che se ti avessi incontrato allora avresti grugnito come un maiale al momento opportuno
in alto i cuori Riccardo
I vermi come te li schiacciamo senza problemi non ti preoccupare, basta pulirsi le suole dopo avertele passate sul grugno da spia e da infame che ti ritrovi.
dopo questo intermezzo con il pagliaccio di turno possiamo tornare a parlare di cose serie………
In alto i cuori Riccardo
Sei solo una lurida spia.
Caro Riccardo, non so chi tu sia ma per quello che scrivi non capisco come ti si possa accusare di niente.
Saluti
Ma si, in fin dei conti è solo uno che considera eroe un macellaio di ostaggi civili.
Cosa gli si può dire?
Forse riconosciuto infermo di mente avrebbe scampato la fucilazione alla schiena, forse…
Mi ero ripromesso di non risponderti o pagliaccio ma vedi la gente come te merita sempre una risposta anche se con il qi che ti ritrovi sono parole al vento.I macellai che a guerra finita hanno massacrato centinaia di persone in emilia in friuli e in tutta l’Itala del nord invece si possono fregiare di medaglie al valore, concessegli dai vari governi e governucoli demonicristiani, leggiti la storia, ma non quella confezionata su misura dai vincitori o dal pci.Quello che tu consideri un macellaio ha eseguito un ordine come si addice ad un soldato,che ha passato gli anni della guerra indossando una divisae mantenendo fede ad un giuramento non si è tirato indietro. Gli straccioni che in abiti borghesii cosidetti patriotti ( latriotti) mettevano bombe o sparavano Militi isolati, hanno sempre dimostrato la loro lurida viltà, salvo in alcuni casi isolati dove sono morti con onore.Certo a voi dà in immenso fastidio quando vi si rinfacciano i crimini che avete commesso, anche dalle mie parti avete lasciato il segno i gloriosi partigiani comunisti hanno sequestrato una donna di cinquanta anni l’hanno stuprata e poi uccisa con quattro colpi di pistola nella vagina, sua colpa era di essere la titolare di una segheria e che suo padre un fascista, ma come è noto avete un metodo di valutazione molto particolare voi democratici antifascisti.Per non parlare di quello che avete continuato a fare illegalmente e legalmente utilizzando per un caso le BR e nel secondo il parlamento.Un ultima precisazione tu dici che io posso dire quello che voglio del mio passato, una cosa che dimostra il vostro immane coraggio l’ho subito nel giugno del 1975 quando un bel numero di cosidetti rivoluzionari tra i quali due Br ( un tal LUPO che all’epoca aveva 52 anni) mi hanno fermato per strada e pestato facendomi passare dieci giorni in un letto d’ospedale, avevo 15 anni o capra antifascista…
SIEG HEIL Riccardo
Ho letto tutto d’un fiato questo post…faccio una premessa: non sono di sinistra, di destra del centro, sono solo una persona alla quale piace dare una mano a chi ne ha bisogno. Devo dire che quando arrivano gli aiuti non si deve mai guardare di che colore sono, neri rossi o beh….lasciamo perdere il resto…Insomma quel che voglio dire è che si DEVE guardare il gesto che è stato fatto, l’impegno messo, la dedizione ad una missione!! Ma cosa c’entra se chi sta lavorando per voi, è di destra o di sinistra? Quello che importa è che nel momento del bisogno, è li, con la mano tesa ad aiutare chi ne ha bisogno…tutto il resto è solo inutile RETORICA…..Simona
PS: ho letto anche i commenti e sinceramente mi pare che siate andati un pò fuori “tema”…..Simona
CONDANNO SEMPRE GLI ASSASSINI, SIA DI DESTRA CHE DI SINISTRA
Non ci sono dubbi che PRIEBKE SIA UN BOIA E UN CRIMINALE. Non serve a nulla dire che ‘da buon soldato, ha solo obbedito agli ordini’. UCCIDERE DEI CIVILI DISARMATI E’ SEMPRE UN CRIMINE DI GUERA ED E’ PER QUESTO CHE PRIEBKE E’ STATO CONDANNATO.
Altrettanto criminali sono stati quei partigiani che hanno ucciso o violentato subito dopo la guerra. La differenza tra i democratici come me ed i fascisti e’ che IO NON DIFENDO MAI GLI ASSASSINI, SIA QUELLI DI DESTRA CHE QUELLI DI SINISTRA.
Concludo dicendo che ad uccidere avete iniziato voi fascisti, CON L’OMICIDIO MATTEOTTI. Io, infine, non ho mai avuto paura di usare il mio nome, anche se la censura di Telese mi costringe a firmarmi Lig., perche’ altrimenti il messaggio non passa.
NO AL FASCISMO, NO AL BOIA PRIEBKE
Giuseppe Lig.
UN DON RODRIGO DI NOME BERLUSCONI
Questo matrimonio non s’ha da fare, ne’ domani, ne’ mai.
Non e’ il matrimonio tra Renzo e Lucia, ma quello tra Noemi Letizia ed il suo fidanzato Gino (ex fidanzato, dopo l’intervento a gamba tesa di don Rodrigo Berlusconi). Cuori neri, avete votato per un ‘pedofilo’ ed un puttaniere.
A LUCA TELESE
Mi hai offeso definendomi ‘un poveraccio’. Ti dimostro che non e’ vero: vai in libreria e cerca il libro ‘Scorciatoia pericolosa’ di Saga McOdongo (Edizioni Paoline, 2009). Potrai verificare che sono io che l’ho tradotto. Ti saluto senza rancore, felice perche’ io ho ragione e tu hai torto.
Giuseppe Lig.
VESCOVI CONTRO IL GOVERNO DEL PUTTANIERE BERLUSCONI
Vescovi contro il governo su lavoro e migranti
Nuovo durissimo attacco dei vescovi della Cei contro il governo e le sue politiche per l’immigrazione. «Criterio fondamentale con cui valutare» l’arrivo di immigrati clandestini via mare deve essere il «valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili» ha detto il cardinale Angelo Bagnasco.
Le «significative correzioni» dopo le quali la Camera ha approvato il disegno di legge sulla sicurezza, per il presidente della Cei, «non hanno superato tutti i punti di ambiguità». Il porporato lo ha detto nella prolusione alla assemblea generale della Cei, aggiungendo che la concomitanza tra la ripresa dell’arrivo di immigrati clandestini via mare e la campagna elettorale «non ha sempre assicurato l’obiettività necessaria a un utile confronto». «Non c’è chi non veda che solo migliorando le condizioni economiche e sociali dei Paesi di origine dei nostri immigrati si può togliere al fenomeno migratorio la propria carica dirompente. Ed è un motivo in più questo perché l’Italia si attivi molto nella riformulazione di quei più giusti meccanismi di governo dell’economia mondiale…».
Cosa fa poi l’Italia, si è chiesto il porporato, per «assicurare per assicurare un’effettiva integrazione agli immigrati che giungono nelle nostre città?». Non bastano né il lavoro né una «dimora minimamente dignitosa»: «Bisogna evitare infatti il formarsi di enclave etniche, perché così non solo si scongiurano micro-conflitti diffusi sul territorio, ma si modifica la percezione che non di rado i connazionali hanno circa la presenza di stranieri». «Guai – ha ammonito – a sottovalutare i segnali di allarme che qua e là si sono registrati nel nostro Paese. L’immigrazione è una realtà magmatica: se non la si governa, si finisce per subirla. E la risposta non può essere solamente di ordine pubblico».
Il cardinale è poi passato ad occuparsi della questione lavoro: «Contraendosi gli ordinativi e le commesse, dalle imprese viene azionata la leva occupazionale, talora in tempi e modi alquanto sbrigativi, come si trattasse di alleggerire la nave di futile zavorra». Secondo Bagnasco «proprio il patrimonio di conoscenza e di esperienza garantito dalle persone che lavorano sarà la base realistica da cui ripartire, una volta passato il peggio». Secondo Bagnasco, «a patire le maggiori ripercussioni è la fascia dei precari» per i quali «gli ammortizzatori previsti sono davvero modesti».
25 maggio 2009
Giuseppe Lig.
QUEL BUGIARDO DI DON RODRIGO
La storia. La “verità” del padre di Noemi e le falsità del Cavaliere
Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Berlusconi
La prima ammissione
tra un rosario di bugie
di GIUSEPPE D’AVANZO
Berlusconi a Cnn
Si può immaginare che a Palazzo Grazioli ci sia come “un’unità di crisi”, per lo meno dal 3 maggio quando Veronica Lario ha lanciato il suo j’accuse politico contro il marito premier. Si può immaginare uno staff (ne ha preso le redini l’avvocato Niccolò Ghedini?) che mette insieme i cocci delle troppe contraddizioni; tiene i contatti con i protagonisti e sotto controllo coloro che potrebbero diventarlo; influenza il lavoro delle redazioni e la comunicazione politica; coordina le dichiarazioni pubbliche e le interviste dei co-protagonisti; distribuisce servizi fotografici, utili a fabbricare una realtà artefatta: lo si è visto con le performance di Chi (Mondadori).
Se questa “unità di crisi” è davvero al lavoro a Palazzo Grazioli, va detto che il suo impegno è mediocre e dannoso per Berlusconi che dovrebbe avvantaggiarsene per uscire dal cul de sac in cui lo hanno cacciato, dopo dodici giorni, le troppe parole bugiarde scandite nei primi giorni dell’affaire e l’imbarazzato silenzio opposto alle dieci domande che Repubblica ha ritenuto di dovergli rivolgere.
Lunedì 25 maggio, ieri, avrebbe dovuto essere il giorno della riscossa. Domenica, i ricordi di Gino Flaminio, l’operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi Letizia dal 28 agosto 2008 al 10 gennaio 2009, aveva mandato per aria il tableau manipolato senza sapienza (Repubblica, 24 maggio). Non era vero che la famiglia Letizia né tanto meno il padre di Noemi, Elio, avevano una lunga amicizia con Berlusconi, sostiene Gino. Il premier telefonò alla minorenne Noemi per la prima volta soltanto nell’ottobre del 2008, soltanto sette mesi fa. Le telefonò direttamente. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Le disse parole di ammirazione per la sua “purezza” in un pomeriggio, per la ragazza, di studio. Dopo quel primo contatto ne seguirono altri, e poi – come ha ammesso la giovane Noemi – incontri a Roma, a Milano e la vacanza di dieci giorni a Villa Certosa in Sardegna (26/27 dicembre – 4/5 gennaio) a ridosso del Capodanno 2008, rivelata da Gino.
Questa verità andava prontamente contrastata. L’”unità di crisi” decide che ad opporvisi subito debba essere il padre della ragazza. Berlusconi approva l’iniziativa e l’anticipa alla stampa. “Vedrete che il padre della ragazza chiarirà ogni cosa in un’intervista, dirà lui della genesi dei nostri rapporti” (Corriere, 25 maggio).
Così è stato. Il signor Elio Letizia, dopo categorici rifiuti ["Non ho alcuna intenzione (di spiegare come ho conosciuto Berlusconi)", Oggi, 13 maggio] decide di offrire al Mattino la ricostruzione dell’incontro con il premier, il come e il quando, il ricordo del primo incontro tra il presidente del consiglio e la giovane figlia. Contemporaneamente, anche il premier rievoca con il Corriere quel primo incontro con Noemi. Ne vengono fuori due racconti divergenti, l’ennesima verità che cancella le precedenti versioni pubbliche, altre gravi incoerenze.
Forse si ricorderà che Berlusconi ha detto di aver conosciuto Elio Letizia perché questi era “l’autista di Craxi” (Ansa, 29 aprile). La familiarità politica era stata, in quei giorni, invocata anche da Anna Palumbo, madre di Noemi: “Berlusconi ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista” (Repubblica, 28 aprile).
Ancora Berlusconi, nella puntata di Porta a porta del 5 maggio (titolo, “Ora parlo io”) aveva ripetuto che quell’amicizia antica aveva il colore della passione politica. Il premier ha rivelato di essere volato a Napoli per discutere con Elio Letizia di candidature alle Europee. Dunque, in questa prima versione “congiunta”, i riferimenti sono Craxi (fugge ad Hammamet il 5 maggio del 1994) e il partito socialista (si scioglie il 13 novembre del 1994). Se ne deve dedurre che l’amicizia di Berlusconi con Elio Letizia, nata “ai tempi del partito socialista”, risale a un periodo precedente al 1994, ad oltre quindici anni fa.
Nell’intervista al Mattino, Elio Letizia liquida per intero la quinta politica dell’amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere spedito al parlamento di Strasburgo. La prima, insignificante stretta di mano, “nulla di più”, avviene nel 1990 (Berlusconi si occupa di tv e calcio), dice Letizia, mentre la “vera conoscenza ci fu nel 2001″ quando Craxi non c’è più e il suo partito è liquefatto, dunque sette anni dopo “i tempi del partito socialista”. Elio sa – racconta – che a Berlusconi piacciono “libri e cartoline antiche” e nelle sale dell’hotel Vesuvio (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. L’idea piace a Berlusconi e Letizia lo raggiunge, poco dopo, a Roma per mostrargli le più belle “cartoline di Secondigliano”, dove Elio è nato e vive. Nasce così un legame che diventa un’affettuosa e partecipata amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla crudele sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una “lettera accorata e toccante”. Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel “dicembre del 2001″: “A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia”
(il Mattino, 25 maggio).
Questa è la versione dalla viva voce di Elio Letizia, dunque: il capo del governo “per la prima volta vide Anna e Noemi” nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.
Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi.
La memoria del capo del governo disegna un’altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? “La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata”, risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l’età adatta per “sfilare” (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).
Non è il solo pasticcio che combina l’”unità di crisi” immaginata.
Le incoerenze che si ricavano dalla lettura dei due racconti consegnati alla stampa per “il lunedì della verità” sono almeno altre due.
Berlusconi sostiene di conoscere “la famiglia di quella ragazza da più di 10 anni”, quindi da molto più tempo di quel che ricorda Elio che ammette di aver conosciuto personalmente il presidente del consiglio nel maggio 2001 e gli presenta la sua famiglia (la moglie Anna e la figlia Noemi) in dicembre. Otto anni fa e “non più di dieci”.
Contraddittorie anche le ricostruzioni della serata del 19 novembre 2008 quando il premier invita Noemi a Roma in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza siede al “tavolo numero 1″ accanto al presidente e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna.
Dice il capo del governo: “Ho visto Noemi non più di quattro volte, l’ho già detto, e tre volte in pubblico. A Roma, accompagnata dalla madre. A Villa Madama”. Nella rievocazione di Berlusconi, Elio non c’è, non è presente. Noemi è accompagnata dalla madre Anna.
Nei ricordi di Elio, Anna non c’è e le cose andarono così: “[Noemi] più volte aveva espresso il desiderio di vedere una sfilata di moda dal vivo e avevo chiesto al presidente di accontentarla. Fummo invitati a Roma. Noemi andò subito a Villa Madama. Io rimasi a palazzo Grazioli con Alfredo, il maggiordomo, con il quale vedemmo la partita dell’Italia, un’amichevole con la Grecia”. (il Mattino, 25 maggio).
Nel racconto di Elio, non c’è alcun accenno ad Anna, la moglie non è presente a Roma quel giorno, il 19 novembre, né durante il viaggio in treno né a Villa Madama né a palazzo Grazioli dinanzi alla tv con Alfredo, il maggiordomo.
Se le incoerenze di questo affaire invece di sciogliersi s’ingarbugliano ulteriormente con l’ultima puntata, si deve registrare la prima ammissione di Silvio Berlusconi dopo dodici giorni. Nel corso del tempo, il capo del governo ha sempre detto di aver visto Noemi “non più di quattro volte e sempre accompagnata dai genitori”. Oggi concede, dopo le rivelazioni di Gino Flaminio, l’ex-fidanzato di Noemi, di aver ospitato la ragazza a Villa Certosa per il Capodanno 2008 senza i genitori: “E’ vero, è stata ospite a casa mia a Capodanno insieme a tanti altri ospiti, non capisco perché debba costituire uno scandalo”.
Vale la pena ragionare ora sulla parola “scandalo” scelta da Berlusconi. Scandalo non è una festa di Capodanno, naturalmente. Scandalose sono le troppe scene contraddittorie, alcune inventate di sana pianta (“Elio era l’autista di Craxi”; “Ho discusso con Elio di candidature”; “Ho sempre visto Noemi accompagnata dai genitori”), che il premier ha proposto all’opinione pubblica per giustificare il suo legame con una minorenne e smentire le accuse di Veronica Lario. Ma c’è in queste ore un altro scandalo e prende forma giorno dopo giorno quando un “caso politico” che interpella il presidente del consiglio – quindi, un “caso Berlusconi” – si trasforma in un “caso Noemi” che piomba come un macigno sulle spalle di una famiglia senza potere, nascosta in un angolo di Portici, alle porte di Napoli. Una famiglia oggi smarrita dal clamore che l’assedia, disorientata nell’affrontare una tensione che non è pronta a fronteggiare, priva di punti di riferimento nell’impresa di proteggere se stessa e il futuro di una figlia. C’è uno squilibrio evidente che non rende onore al più potente che chiede al più debole di difenderlo. Uno squilibrio che diventa impudente quando gli avvocati del premier minacciano di “azioni civili” e quindi economiche Gino Flaminio, un operaio che guadagna mille euro al mese, “colpevole” di aver raccontato una “verità” che centinaia di persone hanno avuto per sedici mesi sotto gli occhi.
Appare cinico il calcolo di Berlusconi e la pretesa dei consiglieri dell’”unità di crisi”: deve essere la famiglia Letizia a spiegare, a raccontare, a dimostrare. Quest’urgenza, che con ogni evidenza è di Berlusconi non dei Letizia, spinge alla luce del sole una famiglia sempre riservata e gelosa della sua privacy. La obbliga ad affrontare la visibilità delle copertine dei settimanali e la curiosità dei media.
I Letizia non devono spiegare niente a nessuno, in realtà. Non sono né Noemi né Anna né Elio i protagonisti di questo affaire. Il “caso politico” ha un unico mattatore, Silvio Berlusconi, “incaricato di un pubblico servizio”. E’ questa responsabilità che rende necessario che il presidente del consiglio risponda alle domande che Repubblica gli ha posto. Quelle domande non nascono da un ghiribizzo, ma dalle incoerenze di una versione che non ha retto, finora, alle verifiche ed è apparsa presto soltanto un rosario di menzogne.
Sono le tre accuse di Veronica Lario (“frequenta minorenni”, “non sta bene”, fa eleggere “vergini che si offrono al drago”) e le repliche bugiarde del capo del governo all’origine di questo “caso” politico. Non una ragazza e una famiglia di Portici.
(26 maggio 20090
Giuseppe Lig.
Finalmente trovata la sintesi tra destra e sinistra, nella quale può inserirsi anche il centro: La lotta antiliguori, per la fine del demente ed il sollievo dei sopravvissuti. a proposito, liguori, pronunci tante volte la parola puttaniere che evidentemente sarebbe il tuo sogno impossibile. Ti rimane solo Sega Mc Obongo…
Concordo con Riccardo per quanto sopra.
Tragedie umane, comunque, in TUTTI i casi.
Non per volermi “buonizzare” o “buonistizzare”, ma il saluto SH di cui sopra, che tanto ho usato in passato, non mi rende partecipe emotivamente come quando avevo vent’anni.
Non posso accettare nessuna teoria e lotta politica che ora e nell’arco della storia, possa attaccare il cristianesimo.
Ora, trent’anni dopo, a buona ragione, guardo avanti, mi stacco dalla storia e il mio giudizio delle cose appunto ne è più distaccato e spero obiettivo.
Rimane il fatto( di cui sopra la polemica fuori tema del blog, cmq) che un soldato è obbligato ad eseguire degli ordini.
Uno può sottrarsi ad un compito infame secondo la sua coscienza, ma non tutti hanno il cuore di un santo o di un eroe.
Salvo D’acquisto…ad esempio, era uno di questi.
E comunque, quando ti hanno ucciso tutti quei suoi camerati in Via Rasella…voglio dire…chi non avrebbe avuto il proprio sangue ribollire? Vogliamo parlare poi di Dresda et Hiroshima? Quelli erano buoni stragiomicidi?
Però credo che si debba seguire il filo del blog…complimenti a tutti quelli che prestano aiuto ai terremotati, su questo voglio vedere chi non è d’accordo.
una precisazione per il sig liguori i nostri alleati tedeschi per rappresaglia uccidevano dieci italiani per ogni soldato tedesco colpito e ucciso, la maggio parte dei fucilati alla aedeatine sono stati prelevati dalle carceri in quanto si erano schierati in armi contro l’alleato tedesco. I cosidetti democratici liberatori alleati una volta penetrati sul suolo tedeswco hanno applicato anche loro la regoladella rappresaglia come autorizza in caso di guerra la convenzione dell’Aia, con una sola modifica. I francesi arrivati il primo di maggio del 1945 nella città di Tuttinghen che si trova nel Baden-Wurtemberg affissero un editto in duplice lingua “francese e Tedesco” dove comunicavano che per ogni soldato francese ucciso avrebbero fucilato “CINQUANTA”(50)CIVILI TEDESCHI quindi non rompete i coglioni quando capirete che la guerra è guerra……………
in alto i cuori Riccardo
ho usato il pc di una mia amica e non mi sono accorto che era inserito il sui nome …………
Riccardo
Peccato che LUPO non te ne abbia date abbastanza.
Magari avresti imparato il rispetto per i martiri della libertà e non solo per la feccia nazista.
Con la gente come te è inutile discutere.
E’ inutile dialogare.
Meriti solo mazzate.
invece con la gente come te ,non posso dire cosa si faceva !!!!!
ma era molto soddisfacente e divertente……..specialamente negli anni a seguire………… i martiri della libertà quattro straccioni, disertori, renitenti alla leva, ladri di galline e specialisti del salto sul camion del vincitore con il Tricolore in mano ahahahaahahahahah MA FAMMI IL PIACERE
PS : DA QUESTO MOMENTO SEI LIBERO DI FAR USCIRE ESCREMENTI DALLA TUA BOCCA IN QUANTITA’ INDUSTRIALE ,MA DA ME NON AVRAI PIU’ NESSUNA RISPOSTA MENTECATTO VAI A FARTI UNA GITA IN CINA E RESTACI PERO’…………………..
in alto i cuori Riccardo
IL FASCISTA MARX ED IL BOMBAROLO INSABATO
Marx, ti esprimi in maniera volgare, come del resto fanno tutti i fascisti, la maggior parte dei quali (Mussolini, Dumini, Izzo, ecc.), sono anche degli ignoranti. Per tanti anni ho lottato contro la schiavitu’ e la prostituzione forzata e, a Castel Volturno, ho anche rischiato d’essere accoltellato. Condanno dunque nel modo piu’ fermo sia i magnaccia, sia i puttanieri, come Berlusconi e, purtroppo, 9 milioni di italiani.
Ad Insabato dico: se sei tanto cattolico, perche’ hai messo una bomba al Manifesto? E’ questo che insegna il cristianesimo?
Se sei pentito, faresti bene a scusarti, se pensi di aver fatto bene, non puoi definirti cristiano (‘Pietro, metti la spada nel fodero, perche’ chi colpisce di spada, morira’ di spada’).
Detto questo, anch’io sono contro l’aborto, ma non mi sognerei mai di dire, come fai tu, che era meglio l’Italia fascista dell’Italia democratica (anche se l’aborto e’ permesso) di oggi.
Giuseppe Lig.
RISPETTO PER I MARTIRI DELLA LIBERTA’, PRECISAZIONE SUL DIRITTO DI RAPPRESAGLIA
Chiedo rispetto per i MARTIRI DELLA LIBERTA’ (Matteotti, Amendola, ecc.): e’ grazie alla loro lotta che tutti, anche i fascisti, hanno in Italia diritto di parola. Come noi rispettiamo Ramelli e altri come lui, innocenti uccisi da volgari assassini che camuffavano i loro atti omicidi con la lotta politica, lo stesso chiediamo per i MARTIRI ANTIFASCISTI.
Preciso infine che non e’ vero che la rappresaglia sia lecita: le leggi internazionali LA PROIBISCONO E LA CONSIDERANO UN CRIMINE DI GUERRA. A maggior ragione era sbagliata la rappresaglia nazista
1 TEDESCO = 10 ITALIANI.
VIVA LA LIBERTA’, NO AL NAZI-FASCISMO.
Giuseppe Lig.
A parte gli scherzi, Liguori, guarda che la rappresaglia è consentita dalle leggi internazionali, ne possiamo discutere la moralità ma esiste. Ti potrei fornire intere tesi di laurea in merito. La utilizzarono anche gli Alleati… Soprattutto è legale, come nel caso del decreto Kesselring, quando essa è preannunciata da manifesti. Stalin mandò degli agenti provocatori in Ucraina, che avava accolto bene i Tedeschi, proprio per creare rappresaglie che avvelenassero il rapporto tra la popolazione ed i germanici. Per quanto riguarda la mia ignoranza, so di non sapere, come soleva dire Goethe, anche se ho due lauree…
sig.Liguori prima di dire cose che non conosce si informi,in guerra la rappresaglia è consentita lo dimostra l’editto di cui sopra cioè 50 tedeschi per 1 francese……si puo ovviare ad essa se dopo aver assassinato alle spalle qualche soldato ci si consegna e si diventa MARTIRI PER LA LIBERTA’……………..
in alto i cuori Riccardo
CI HA LASCIATO ORSOLA MUSSOLINI
Grave lutto nella famiglia Mussolini. Orsola Bùvoli Mussolini, vedova del Comandante Vittorio Mussolini, ha raggiunto la Patria del Signore ieri 25 maggio 2009, contornata dall’affetto dei suoi cari nella sua abitazione di Morlupo (Roma).
Nata a Buenos Aires nel 1914, madre di Adria e Guido IV Capo e Gran Cancelliere dell’Ordine dell’Aquila Romana, visse con il Duce alla Rocca delle Caminate, a Villa Càrpena, a Riccione e a Villa Torlonia.
Madre e sposa esemplare tanto da essere additata da tutti come esempio di fedeltà e di cristianità, lascia un vuoto incolmabile in coloro che ebbero la fortuna di conoscerla.
Messaggi di condoglianze sono giunti alla famiglia Mussolini da tutto il mondo. Le associazioni combattentistiche e d’Arma della RSI abbassano i loro labari, i Cavalieri dell’Ordine dell’Aquila Romana si stringono con affetto intorno al loro Capo.
I funerali avranno luogo mercoledì 27 maggio alla Chiesa parrocchiale di Morlupo, in Via Flaminia.
Le cremate ceneri saranno inumate nella Cripta Mussolini al cimitero di San Cassiano a Predappio, dove riposerà per sempre al fianco del suo ritrovato sposo Vittorio e del Duce.
IL NOBEL DICE: BERLUSCONI E’ UN DELINQUENTE
Einaudi non pubblica il Nobel Saramago
Einaudi non pubblicherà la traduzione italiana del prossimo libro di Josè Saramago, autore presente con ben 20 titoli nel catalogo della casa torinese. Lo sostiene il settimanale l’Espresso nel prossimo numero, in edicola domani, spiegando la decisione della casa editrice con il fatto che la nuova opera del Nobel portoghese contiene «giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario».
Il settimanale riporta poi alcuni brani del libro di Saramago: «Visto che sono pubblicato in Italia da Einaudi, di proprietà di Berlusconi, gli avrò fatto guadagnare – dice lo scrittore – qualche soldo». Soldi che, secondo lo scrittore, avrà usato «per pagarsi i sigari, supponendo che la corruzione non sia il suo unico vizio». Il sentimento degli italiani per il Cavaliere, continua Saramago nel brano incriminato, «è indifferente a qualsiasi considerazione di ordine morale». E ancora: «Nella terra della mafia e della camorra che importanza può avere il fatto provato che il primo ministro sia un delinquente?». E via così, compreso il paragone finale – rivela ancora il settimanale – tra Berlusconi e «un capo mafioso».
Il libro è uscito a fine aprile in Portogallo, patria dello scrittore, e in Spagna. Si intitola, nelle rispettive lingue, Il quaderno, come il blog che l’ottantasettenne Saramago tiene dall’anno scorso su Internet, ed è composto dai testi pubblicati sul web tra il settembre 2008 e il marzo 2009. L’edizione successiva doveva essere proprio quella italiana. Secondo l’Espresso il libro non pubblicato da Einaudi sarà invece edito da Bollati Boringhieri per fine anno.
28 maggio 2009
Giuseppe Lig.
ANCORA SU QUEL CRIMINE CHIAMATO RAPPRESAGLIA
Gentili signori, vi ringrazio per il tono civile col quale si discute. Insisto nel dire che oggi, non nel 1945, LA RAPPRESAGLIA E’ UN CRIMINE ED E’ VIETATA DAL DIRITTO INTERNAZIONALE.
A Marx dico: e’ stato Socrate, non Goethe a parlare della dotta ignoranza (‘SO DI NON SAPERE’).
Giuseppe Lig.
ALLORA SE NEL 1945 NON ERA UN CRIMINE, CHE COSA CI STA A FARE IN CARCERE IL CAPITANO ?
——————LIBERATE IL CAPITANO————————-
IN ALTO I CUORI rICCARDO
Goethe disse: “più so, più so di non sapere”. Visto che ti piace fare la punta allo stronzo.
Saramango non farebbe bene a pensare un poco alla sua anima?
RASSEGNATEVI: PRIEBKE E’ UN CRIMINALE E BERLUSCONI UN DELINQUENTE
La rappresaglia delle Fosse Ardeatine E’ STATO UN CRIMINE.
Durante la seconda guerra mondiale, a differenza di oggi la rappresaglia era legale, MA il diritto internazionale aveva gia’ definito alcune regole:
1) La rappresaglia deve essere proporzionata (non UN TEDESCO = 10 ITALIANI, MA 1 TEDESCO = 1 ITALIANO).
2) La rappresaglia deve essere fatta contro i civili, non contro i militari.
Per quanto riguarda il don Rodrigo di Arcore, anche un premio Nobel come Saramago lo definisce UN DELINQUENTE. Come definireste voi uno che e’ stato condannato per falsa testimonianza (disse in tribunale di non essere mai stato iscritto alla P2, loggia alla quale apparteneva con la tessera 1816), e’ stato condannato in primo grado per corruzione (300 milioni alla Gurdia di finanza) e poi se l’e’ cavata solo grazie alla falsa testimoninza dell’avv. Mills (condannato a 4 anni per corruzione) e alla prescrizione? Come definireste l’amico del mafioso Vittorio Mangano, che don Rodrigo ha tenuto in casa sua come ‘fattore/stalliere’ per due anni, con uno stipendio di 10 milioni di lire al mese (avete mai conosciuto uno stalliere che, come Mangano, guadagnasse 10 milioni al mese?). Per questi ed altri motivi, BERLUSCONI E’ UN DELINQUENTE. VOI CUORI NERI AVETE VOTATO PER UN DELINQUENTE, NOI PER L’ONESTO VELTRONI.
Giuseppe Lig.
SOLO L’ITALIA PUO’ SOPPORTARE IL MAFIOSO DI ARCORE
La stampa estera all’Unità: «In Italia un’anomalia»
di Natalia Lombardo
Esterrefatti dall’assuefazione alle «menzogne» nelle vari versioni del premier sul caso Noemi, dalla debolezza dell’opposizione e, ancor di più, dall’indifferenza verso le vicende giudiziarie, ultima la sentenza Mills, dalle quali si è «immunizzato» per legge Silvio Berlusconi. Dai giornalisti della stampa estera, nel Forum de l’Unità, la considerazione comune sulla «anomalia» Italia: in nessun paese europeo sarabbe successo, un premier anche solo sospettato di corruzione si sarebbe dimesso, e sulle vicende private divenute pubbliche avrebbe risposto alle domande della stampa.
I corrispondenti in Italia di varie testate hanno partecipato al Forum de l’Unità con il direttore Concita De Gregorio giovedì mattina: Miguel Mora dello spagnolo “El Pais”, Alexander Smoltczyk del magazine tedesco “Der Spiegel”, Eric Jozsef del francese “Liberation”, Aldo Sofia della Radio-Tv svizzera “Rts”, Michael Braun del quotidiano tedesco “Taz” (Rtw), Patricia Mayorga, giornalista e scrittrice cilena de “La Tercera”, e Tana De Zulueta, giornalista, è stata parlamentare.
Con accenti diversi, ma gli autorevoli colleghi condividono la pericolosià di quello che chiamano «laboratorio Italia»: da una inesistente legge sul conflitto d’interessi all’uso di media nell’esercizio del potere politico, dalla sperimentazione al di fuori delle garanzie sui diritti umani nel caso dell’immigrazione alle «pulsioni» xenofobe al linguaggio «da bar» divenuto di governo. Fra i giornalisti c’è chi ha vissuto sotto una vera dittatura e la tendenza è di non associare l’Era Berlusconi al regime fascista. Ma il
«pericolo» di un indebolimento della democrazia è proprio in quella cultura del consenso che le tv berlusconiane hanno costruito negli ultimi venti-tren’anni.
Dalla stampa europea, inoltre, nessuno sconto all’opposizione, guardata con stupore nella sua afonia (il «silenzio» alla sentenza Mills) o scarsa efficacia. Conseguenza della fine dei grandi partiti. Miguel Mora cita Pasolini, che nel ’75 considerava vecchia la sinistra italiana. Vista da fuori, nessuno la trova rinnovata.
28 maggio 2009
Giuseppe Lig.
Solo per la precisione: io non ho mai votato per “l’onesto Veltroni”, sempre e solo per il “massimalista Bertinotti” e questa volta, molto probabilmente per il “frocio Vendola”
alle ardeaatine i militari erano una minima parte il resto erano civili in armi o comunque arestati per attività antitedesche e quindi anti italiane visto che i tedeschi erano nostri alleati.
liguori come diceva toto’ ” MA MI FACCIA IL PIACERE” è appunto il cuore nero che non ti fa votare un personaggio del genere condanne a parte non bisogna dimenticarsi che è stato il ronzino di quel galantuomo di craxi,rinfrescate la memoria ai badogliani della defunta AN quando andarono a tirare le monetine a craxi, ma allora non capimmo il gesto…….è stato un investimento, monetine a craxi rientrate sottoforma di biglietti da €5oo da berluskaiser
sieg heil Riccardo
CADE IL TEOREMA LIGUORI! BERLUSCONI NON E’ UN PUTTANIERE MA UNA VITTIMA! VERONICA LO BECCHIZZAVA! ALTRA FIGURA DEL CAZZO DI LIGUORI!
Altro non resta che sperare che gli facciano le corna anche gli Italiani.
Saluti e anarchia
Si, per veder governare Vendola?
magari!!!
Quello é un rischio che non corriamo… certo che chi é felice del governo del re dell’effimero, che ha prodotto programmi televisivi da fare arrossire per la vergogna i tabloid inglesi, che ha ridotto il dibattito politico ad una rissa da pianerottolo, e taccio di tutto il resto per decenza mi fa venire voglia di dire “contenti voi”
Ma Vendola è attivo o passivo?
certo che se l’elettorato medio del PDL é del livello intellettuale di questi qui, viene voglia di emigrare in un paese civile tipo l’Uganda!
Certo, perchè i negri hanno il bigolo più grosso, come piace a voi!
Meraviglioso, bello sapere che il Berlusca ha tali sostenitori!!
in questo blog parlare berlusconi e vendola è un insulto e rendono ancora più inutile la lotta e il sacrificio di quei giovani di cui si parla………sicuramente avessi saputo allora a quale detino fossi andato incontro, non avrei lottato e pagato, ma me ne sarei sbattuto le palle, quella merda che siede in parlamento puzza in egual modo senza distinzione…………….
in alto i cuori Riccardo
IL BIOA DELLE FOSSE ARDEATINE ED IL PUTTANIERE DI ARCORE
Vi sbagliate, il primo a tradire la moglie e’ stato Berlusconi: come fate a credere alla spazzatura di Libero? Sono anni che il ducetto di Arcore ‘frequenta’ minorenni e maggiorenni.
D’altronde il cavaliere aveva gia’ tradito la prima moglie, come tutti sanno, arrivando a divorziare solo dopo che Veronica Lario gli aveva dato una figlia. Ma non leggete i giornali ‘seri’ (tutti tranne Libero)? Non avete visto le foto con le ragazze in topless alla corte di don Rodrigo? Stavolta lo dico io: MA MI FACCIA IL PIACERE.
Nessuno puo’ negare che Berlusconi sia un adultero o, per usare un linguaggio piu’ colorito, UN PUTTANIERE.
Concludo, infine, il discorso SUL BOIA PRIEBKE. E’ stato condannato con sentenza definitiva, dunque E’ UN CRIMUNALE DI GUERRA. I tedeschi, e’ bene chiarirlo, erano, a partire dall’8 settembre 1943, I NOSTRI NEMICI. Il capo del governo, Badoglio, aveva tutto il diritto di correggere gli errori commessi dell’ASSASSINO MUSSOLINI, che era stato legalmente esautorato dal re, capo dello Stato italiano.
IL RESTO, SIG. RICCARDO, E’ ARIA FRITTA!
NO AGLI ASSASSINI NAZI-FASCISTI, VIVA LA LIBERTA’, VIVA L’ITALIA!
Ci sono due gay anarchici sopra il duomo a Milano. Uno dice all’altro:”Guarda Milano!” e l’altro, dopo essersi messo la mano vezzosamente davanti alla bocca:”Ma se te lo guardo sempre!!!!”
LA VILLA IN SARDEGNA DI DON RODRIGO
I misteri di Villa Certosa
di Marco Bucciantini
Un po’ Versailles e un po’ Colpo Grosso. La reggia di Berlusconi è protetta dai cacciatori di Sardegna, uno squadrone di carabinieri allenato per le zone impervie dell’Isola. Vigilano sui sessanta ettari di parco, le spiaggette private, i laghi artificiali, l’anfiteatro per la chitarra di Apicella, gli orticelli con le erbe medicinali, insomma, su questa “Italia in miniatura” sulla quale da quattro anni è posto il segreto di Stato e nella quale da un paio di lustri si aggirano le ragazze che il copione sveste un mese dopo l’altro, come un calendario.
Succinte a Capodanno, in topless e tanga d’estate, quando il padrone di casa le imbarca a cinque alla volte nelle macchinine che si usano per girare i campi di golf. Come nella mitica trasmissione anni ‘80 di Umberto Smaila, tutto sembra più goliardico che hard. Ma nelle foto che la procura vuole sequestrare, scattate da Antonello Zappadu, al clima godereccio contribuiscono minorenni e personaggi importanti, ed è meglio non vedere.
Oggi Porto Rotondo è in festa. Si sposa il nipote dei fondatori del villaggio che divide con Porto Cervo i lussuosi turisti della Costa Smeralda. Per le nozze di Leonardo Donà dalle Rose sono state chiuse le strade, ristrutturata la piazzetta San Marco, abbellitta la piccola chiesa che sembra un pandoro. Questa è la pubblicità: venite, fotografate, filmate, reclamizzate. Poi c’è la reggia, sfarzosa e cupa, sfacciata e nascosta. Venite, divertitevi. E state zitte. Si nascondono le foto, ma quello che accade è il più nitido scatto sul nostro Paese. «Le ragazze fanno la fila per farsi ricevere alla villa, d’estate ne arrivano a centinaia. Quelle invitate direttamente viaggiano negli aerei privati e negli yacht, altre giungono speranzose, come quando si compra il biglietto della lotteria», è la sconsolata cronaca di Gianni, il gelataio di Porto Rotondo che da vent’anni serve il premier e a Villa Certosa gestisce perfino una gelateria privata. Come gli altri esercenti della Costa Smeralda, è grato al Re. «Però quello sciamare di ragazzine pronte a tutto mette tristezza: questo è il Paese».
UNO SCATTO IN ITALIA
Quando entrano nella tenuta, le ragazze cambiano vita. Un investimento: male che vada, s’incassa il braccialetto d’onice a forma di tartaruga (il simbolo della Certosa), il ciondolo a forma di farfalla (il marchio del padrone), e anelli, bracciali, cavigliere, il buono spesa per le boutique del centro. Quello che succede dentro non è un segreto: alcune foto di Zappadu le ha già pubblicate il settimanale “Oggi”: ci sono le ragazze sulle gambe del premier, che le cinge fino a poggiare le mani nella zona inguinale. In altre si vede Berlusconi esplorare sotto le camicette. «E ci saluta sempre con le pacche nel sedere», raccontò la cameriera a “E-Polis”.
Restiamo sulle foto: sui fatti della Pasqua del 2007 “Oggi” aveva pianificato un servizio in più puntate. Ne uscì una. Poi le foto di Zappadu furono vietate, anche allora. Nella seconda puntata si sarebbe visto Berlusconi assistere beato alle effusioni delle sue ospiti, accoccolate sulle gambe del presidente del consiglio di questo Paese. «Almeno cinquanta persone hanno visto gli scatti e anche quelli che adesso la procura vuole sequestrare», dice Zappadu. Come certi segreti di Stato: si sa, ma non si può dire. «Un giorno mi chiamano – racconta Pietro, giovane tassista che fa base all’aeroporto di Olbia – e quando mi presento alla villa mi dicono di attendere. Mi fanno entrare ma quei pochi metri di strada li faccio scortati dai carabinieri. Scendo per fumare una sigaretta e loro mi braccano. Non posso nemmeno allungare il collo. Devo aspettare quattro ore prima che il segretario di Berlusconi accompagni le tre ragazze. Quando le riporto all’aeroporto, parlano e sognano: mi hanno detto che farò una parte in quella soap di mezzogiorno…forse una televendita… A me non hanno detto niente, ma ho preso numeri di telefono importanti…». Eccola, la foto.
31 maggio 2009
Giuseppe Lig.
Fotografato anche liguori in mutande che cerca di baciare i piedi di Berlusconi!
Riccardo, non credo proprio che intenzioni deell’autore del libro da cui questo blog deriva fossero rendere omaggio ai Cuori neri caduti, per lo meno nel senso che Tu o molti dei tuoi amici intendono; credo almeno vi fosse un tentativo di ristabilire una verità storica su alcuni uomini ragazzi uccisi ed oltretutto vituperati con accuse che non stavano né in cielo né in terra, ed erano solo figlie di quel clima (penso a Mantakas, accusato di denuciare gli studenti greci antifasciti al rientro in patria, o a Ciavatta, dipinto come spacciatore di eroina, tanto per fare qualche esempio) . Io che, come sai, quegli anni li ho vissuti nel campo opposto, ho appreso cose che non sapevo, e che mi hanno aiutato a riflettere. Detto questo, visto che si parlava di voto, continuo a non credere di mancare di rispetto a dei morti dicendo che probabilmente voterò per Sinistra e Libertà (donde la citazione di Vendola); se provo orrore per come certi ragazzi siano stati uccisi, rimango cionndimeno un avversario del mondo che Tu vorresti: un “meticcio” sotto molti aspetti (etnicamente, politicament, culturalmente, addirittura in cucina) ed anche maledettamente fiero di esserlo, ed é per questo che mi ritengo in diritto di scrivere qui, cercando nei limiti di attenermi al tema, evitando (me ne darai atto) battute da trivio o barzellette che mi auguro vivamente non facciano ridere nessuno.
saluti e anarchia
A luca… ma non sarà il caso di chiuderlo sto blog? Oppure di dargli una rinfrescata. Io ci continuo a passare, ma non è mica per caso se, con qualche eccezione, non trovo mai niente scritto da Ugo o da Mancinelli, e in generale da quelli che c’è un certo interesse a sapere cosa pensano.
Qui invece ce la battiamo tra psicopatici di vario tipo, che per fortuna sono una categoria bipartisan: li trovi tra i rossi, tra i neri e, vedo, pure tra i missionari.
Metti in rete qualcosa sul tuo libro, che tra l’altro è bello e la settimana prossima ci facciamo un paginone. Non parla né di cuori rossi né neri, ma del Pci, anzi della sua fine, che secondo me non poteva in nessun caso arrivare troppo presto (ma è un parere personale).
Però, coi tempi che corrono, la fine di quell’epoca potrebbe interessare anche chi, come me, per la sinistra o per la destra istituzionali non ha mai avuto alcun trasporto.
E comunque sempre meglio che leggere un pazzo che posta compulsivamente proclami antinazisti, un nazista che stravede per Priebke, e pensa se era ancora vivo Heydrich, un altro che se la prende con Nichi, presumo per elevati motivi di ordine sessuale, e giù conl’interessante dibattito su quante ragazze si è fatto in vita sua Silvio il priapico o su chi è partito prima con le corna in casa Berlusconi.
Roba forte.
FRATELLI! NEL SEGRETO DELL’URNA, CHI VOTA FRANCESCHIN, VOTA BAKUNIN!
Il livello culturale del PDl sale, c’é persino qualcuno chde ha visto i film di Don Camillo, mi sorprendo e faccio i più vivi complimenti. Il Bakunin storico non avrebbe comunque mai votato, il Bakunin che scrive qui non vota Franceschini.
RICORDA CHE LA SODOMIA E’ PECCATO! NON VOTARE IL PECCATORE! PENITENZIAGITE!
Purtroppo fare la rima tra Vendola e Bakunin non è facile
Bravo Bakunin, sono con te,
Luca
Telese, adesso che lo sappiamo dormiremo più tranquilli
ciao Bakunin certo, come dici tu le intenzioni di Luca Telese non erano quelle di rendere Onore ai morti della mia parte, ma scrivendo un libro così innanzi tutto si è reso Onore Lui per il coraggio che ha dimostrato. Personalmente non sono riuscito a leggerlo tutto in una volta ,mi ha creato non pochi problemi,rileggere quei fatti alcuni dei quali vissuti in prima persona.Devo dire che anche il Sig.Colombo, non ha tuttio i torti nel dire che bisognerebbe dare una ridimensionata al blog, per quanto riguarda i miei proclami, la devo deludere io non ho fatto proclami di nessun genere ho solo detto che sto leggendo il libro autobiografico del Capitano, che sto intrattenendo corrispondenza con Lui e che per me è tenuto in cattività ingiustamente, se il dire quello che si pensa ora è fare proclami siamo a posto.Sicuramente sarebbe molto più interessante leggere commenti e non insulti vari a chicchessia, ma mi rendo conto che molto spesso questo è difficile…….
in alto i cuori Riccardo
Ciao Riccardo,
poco da aggiungere, se non il fatto di dover rispondere al Tuo saluto, se non altro per cortesia. Su Priebke e sugli altri argomenti mi sono già espresso a sufficienza e non trovo il caso di ritornare, Rimane il punto di vista che ho già ripetuto fino alla nausea: le nostre personali posizioni sono un conto, ma non possono (e direi addirittura non devono)prescindere dal cercare di fare luce sulla storia. Rimanendo all’esempio delle Fosse Ardeatine e di Via Rasella, personalmente (e qui non saremo mai d’accordo) io ritengo sia legittimo chedei civili attacchino dei militari, ed ho umanamente orrore di qualunque fedeltà ad un guiramento che mi obblighi ad uccidere qualcuno con un colpo alla nuca; non posso però non prendere in considerazione quanto sostiene “l’amico” Fornasari (nonostante il reciproco disgusto che proviamo per le rispettive frequentazioni culturali), ovvero che vi fu un’intenzionale azione di epurazione da parte dei comunisti della compomente trozkista della resistenza, che avrebbe potuto costituire un potenziale rivale nel dopogurerra. Non sarebbe stata la prima volta: é quello che successe in Spagna, sortendo l’effetto di consegnare il paese ai franchisti, e quindi negarlo a priori non avrebbe senso.
saluti e Anarchia
Tratto da http://www.casapound.org/
Questa mattina intorno alle 5 l’infamia dei soliti ha colpito ancora. La nostra sede ha subito un attacco incendiario. Fortunatamente il responsabile di Casapound Bologna Alessandro Vigliani e la sua compagna (per altro incinta) che in quel momento si trovavano nella sede sono riusciti a sottrarsi alle fiamme, quando hanno visto divampare l’incendio dalla parte alta della porta, dopo un tentativo coraggioso dello stesso responsabile di spegnere il fuoco dall’interno dopo aver messo al sicuro la propria compagna.
Detto questo, non vogliamo dare troppo spazio alle azioni di quattro codardi che non meritano nessun rispetto. Vorrebbero portarci sul piano dello scontro, sul piano della vigliaccheria rispondendo dente per dente a questa azione. Ma noi nelle cose che facciamo ci mettiamo la faccia e se risposta ci sarà sicuramente potranno guardarci negli occhi perché non è nostra abitudine tramare nell’ombra. – Questo il commento di Alessandro Vigliani – Vogliono intimidirci. Vogliono metterci paura e continuare con questi metodi mafiosi ma se pensano di farlo si sbagliano di grosso. Pur attentando alle nostre vite, come hanno fatto in questo caso, non possono metterci paura. Fermamente convinti della strada che percorriamo, fermi nella nostra volontà di andare avanti.
Questi sono gli atti di personaggi che non hanno più niente da dire se non attentare alla vita delle persone.
Fino a quando si farà finta di non vedere in questa città e si lascerà a personaggi coperti da ombre istituzionali di agire?
A questo punto ci aspettiamo la solidarietà da tutte le forze politiche, che in genere sono pronte a piangere, solo quando questi atti toccano loro direttamente.
Riteniamo grave l’accaduto, poiché se in quel momento invece di esser svegli, all’interno si dormiva, quest’oggi si starebbe parlando di un dramma per mano vigliacca pari a quello accaduto a Primavalle in anni che nessuno di noi vuole più rivivere.
A qualcuno la pacificazione proprio non va giù…
Interessante e condivisibile il commento di Gabriele Adinolfi su http://www.noreporter.org/index.php?option=com_content&view=article&id=12684:si-uccide-cosi&catid=7:alterview&Itemid=13
AD ANDREA COLOMBO: RISPETTO PER TUTTI
Gentile signor Colombo, mi dispiace che lei offenda me (‘un missionario’) ed anche altri che scrivono in questo blog.
Ognuno ha diritto alle sue opinioni, sia di destra, sia di sinistra. E’ inoltre importante parlare non solo dei cuori neri, ma anche di Berlusconi, non tanto per le sue attivita’ sessuali, queanto per la sua mania di mentire in pubblico, mania che, se non e’ forse un reato, senza dubbio non si addice ad un capo di governo.
A BAKUNIN: ANCH’IO SONO PER SINISTRA E LIBERTA’
Bakunin, siamo d’accordo su un punto: il migliore partito, attualmente, e’ Sinistra e Liberta’. Essendo in Africa, non posso votare, ma ritengo Vendola uno dei migliori leader italiani, onesto, colto e competente.
Condivido molto tue opinioni, soprattutto il tuo desiderio di confrontarti con tutti, anche con i fascisti (a me non sempre riesce, a causa degli orrori che ho visto in Africa).
Spero che Mancinelli ed altri ritornino sul sito. Ciao.
Giuseppe Lig.
ma ritengo Vendola uno dei migliori leader italiani, onesto, coito e competente.
Riccardo e Bakunin domani sposi.
Partecipate numerosi.
Alla conclusione della cerimonia verranno distribuiti gagliardetti con la testa di morto incastonata nella A cerchiata.
Si teme un suicidio rituale di massa.
emme due fatti due gargarismi con dell’ottimo ZIKLON B ………..è a causa di teste di cazzo come la tua che a distanza di oltre trenta anni alcune volte vien ancora la voglia di impugnare un martello………………..
in alto i cuori Riccardo
Dio mio che paura…
Non avevo voglia di replicare al “compagno” Enne Due, c’é tuttavia qualcosa che vorrei dire, se non a lui, a quelli che hanno la malaugurata idea di affacciarsi a questo blog.
Di conseguenza, quando gli attacchi non sono squisitamente personali, non provo alcun interesse a replicare.
Premetto che, per quella che uno psicologo chiamerebbe senz’altro una vocazione masochista, ho sempre difeso cause perdenti e perdute: anarchico a 16 anni, negli anni “d’oro” del Movimento, mi trovavo ad essere non allineato, e quindi, come era d’uso a quel tempo, “fascista” a detta dei miei più ortodossi compagni di lotta. Invecchiando le cose non sono migliorate, e l’interesse per Gurdjieff e per Wilhem Reich mi é valso gli epiteti, felicemente bipartisan di “mistico scoppiato”, “bacchettone” “reazionario”, “satanista”, “erotomane” e chi più ne ha più ne metta. Tanto per dare una nota di colore: dall’età di 5 anni sono tifoso del Toro, il che vuol dire 50 anni circa di frizzi, lazzi e pernacchie. Il tutto per dire che, se non ci avessi fatto il callo, avrei avuto ben poche alternative al suicidio
Il punto non é questo, ma un altro ben più serio e che non coinvolge me o solo me: mi piacerebbe che Enne Due e quanti la pensano come lui mi spiegasse perché, oltre ad esprimere posizioni diametralmente opposte, per essere un “bravo compagno” dovrei insultare Riccardo, il quale, al di là delle differenze abissali, mi ha sempre trattato con estremo rispetto?
E qui sta “the burning question of the day”: la sinistra (o quel poco che ne rimane) é ferma alle risse di piazza con i fascisti, si aggrappa con unghie e denti spuntati a miti e riti del passato (si veda che cosa é successo qui quando si é parlato di Verbano, o quando Andrea Colombo ha difeso Fioravanti e Mambro e si é sentito accusare di aver messo lui le bombe di Bologna!, per tacere dei tentativi di rivalutazione del compagno Stalin, vittima delle circostanze, pubblicati su “Liberazione”). Mi piacerebbe cha a qualcuno sorgesse il dubbio che se siamo i quattro gatti spelacchiati che siamo (leggersi a proposito il bell’editoriale di Parlato su “il manifesto” di stamani) forse qualche responsabilità ce l’abbiamo anche noi. Sarebbe ora che incominciassimo a farci qualche domanda, e che provassimo anche a darci qualche risposta, prima che sia troppo tardi, e sperando non lo sia già.
Saluti e Anarchia
Ciao Bakunin, non ti preoccupare anche dalla mia parte esistono pesone del tipo di quel povero demente di enne due. Il contraddittorio e il dialogo non sanno neppure da che parte sia.Ultimamente sono stato in missione in Abruzzo il gruppo di volontari del quale facevo parte veniva tutto dalla mia provincia, ma alcuni non li conoscevo affatto, casualmente ho conosciuto un anzioano signore che parla e riparla pia piano è saltato fuori fosse uno di sinistra e fra l’altro fervente antifacista.Diciamo che il periodo che abbiamo passato in quella tenda è stato scandito da animate discussioni,ma il tutto sempre nel rispetto reciproco, senza insulti a volte qualche battuta. Lui si definiva sinistroso io lo chiamavo sinistrato, e lui che mi chiamava cameratacompagno, questo succede solo fra persone civili e dintelligenti, quando si ha a che fare con idioti e buzzurri le discussioni sfociano in insulti in questo mondo virtuale e a mazzate nella realtà…………
in alto i cuori Riccardo
Roma 4 giugno 1944… ma quale liberazione!
Pubblicato da admin in Storia il 7 giugno 2009
Tratto da http://fondazionersi-roma.blogspot.com
RICORDARE CHI SI E’ SACRIFICATO PER L’ITALIA
Il 4 giugno 1944 i reparti della RSI difesero la Capitale fino all’ultimo
Nel clima assurdo di festa per la “liberazione” di Roma, nessuno si è ricordato degli Italiani in divisa, di coloro che combattevano, in quella primavera del 1944, sotto la bandiera tricolore. Infatti, nella corsa a “battere le mani”ai propri “liberatori”, gli amministratori della Repubblica Italiana si sono tenuti lontani dal ricordare le gesta di quei ragazzi che si schierarono contro i carri alleati per difendere Roma.
Sono noti i sacrifici e le epiche gesta del Gruppo di Combattimento “Barbarigo” della Decima MAS, delle SS italiane, dei Paracadutisti del Reggimento “Folgore”. Oggi, 4 giugno 2009, vogliamo ricordare anche i cecchini fascisti che – insieme ad unità di retroguardia germaniche – accolsero a fucilate i “liberatori” di Roma, costringendoli a combattere ancora per tre giorni.
Non solo riuscirono a ritardare di quasi 24 ore l’entrata dei reparti angloamericani nella Città Eterna, ma causarono pesanti perdite tra le unità del Gen. Clark la cui trionfale entrata nell’Urbe fu più amara del previsto.
Questi fatti, da sempre nascosti da una certa vulgata, saranno presentati in un prossimo lavoro di Pietro Cappellari, ricercatore della Fondazione RSI – Istituto Storico di Terranuova Barcciolini (AR), dal titolo Lo sbarco di Nettunia e la battaglia per Roma (22 gennaio – 4 giugno 1944), edito da Herald Editore di Roma.
Uno studio rivoluzionario e sconvolgente che metterà definitivamente a tacere i “gendarmi della memoria”, smascherando il “mito dei liberatori” e dei loro tirapiedi. Di ieri e di oggi.
IN alto i cuori Riccardo
LA SCONFITTA DI BERLUSCONI, LA DISFATTA DELL’ESTREMA DESTRA
Berlusconi ha perso: aveva dichiarato di avere il 40% dei voti, si e’ fermato al 35,2% (al Senato l’anno scorso prese il 38%).
Molti italiani sono stanchi di lui, corrotto, incapace, bugiardo.
Molti cattolici praticanti, come io avevo previsto, gli hanno voltato le spalle, dopo lo scandalo delle minorenni.
L’ESTREMA DESTRA, COME AL SOLITO, NON PRENDE UN SOLO SEGGIO.
Non e’ una novita’: e’ da tempo che gli italiani sanno che IL FASCISMO E’ SOLO TERRORE, MISERIA E MORTE.
Certo, la sinistra non e’ andata bene e paga le sue divisioni interne: se Vendola e Ferrero si fossero presentati insieme, avrebbero ottenuto un discreto numero di deputati.
Ma la notizia del giorno E’ LA SCONFITTA DEL DITTATORE DI ARCORE.
Giuseppe Lig.
DON RODRIGO E’ STATO SCONFITTO
Berlusconi puntava al “voto tombale”, ma i risultati non gli hanno dato ragione
Adesso teme un regolamento di conti con gli ex di An e la Lega
Il Cavaliere deluso nel bunker di Arcore
“Ma i poteri forti non mi scalzeranno”
“Con tutto quello che è successo, la crisi, il terremoto, la gente ha voluto premiarci”
Il Cavaliere deluso nel bunker di Arcore “Ma i poteri forti non mi scalzeranno”
Silvio Berlusconi al voto
ROMA – Silvio Berlusconi avrebbe voluto una “vittoria tombale”. “Ma la gente”, ha cercato di spiegare ai fedelissimi ieri notte, “è comunque con me”.
Il Cavaliere, al telefono con i “big” del Pdl, nella notte non nasconde la delusione. Si aspettava “una vittoria assoluta” e invece deve fare i conti con percentuali che addirittura mettono a rischio il precedente di un anno fa. Quello delle politiche. Con il passare delle ore, poi, la “delusione” si trasforma in rabbia. Le proiezioni peggiori, in realtà, sono qualcosa di più di un campanello d’allarme. Il capo del governo è infuriato.
E ai “fedelissimi” non lo nasconde. Anche perché le dichiarazioni di alcuni colonnelli di An lo hanno a dir poco disturbato. Parole che costituiscono la premessa di un probabile regolamento dei conti dentro la maggioranza.
“Se manteniamo il 36-37% – è la difesa del Cavaliere – nessuno può dire che siamo sconfitti. Il Pd sta crollando di sei punti…”. Il presidente del consiglio punta l’indice contro le vicende dell’ultimo mese. Sul conflitto coniugale con Veronica Lario, sulla festa di Casoria con Noemi Letizia e sul “complotto” che avrebbe coinvolto anche soggetti stranieri, come i giornali europei e soprattutto il tycoon australiano Rupert Murdoch. “Elementi che hanno pesato – si lamenta il premier con i suoi – soprattutto nel favorire l’astensionismo dei nostri elettori. Avete visto cosa è successo nelle regioni meridionali?”. A suo giudizio, però, “la manovra non riuscirà scalzarmi”. Adesso, dunque, più che chiudere lo “scontro” sulle foto di Villa Certosa, si ritrova a fare i conti con le dinamiche interne. Con la Lega recalcitrante e i colonnelli di Alleanza nazionale pronti a sottolineare la sconfitta.
Eppure, ieri pomeriggio quando è andato a votare, il Cavaliere aveva in tasca le ultime previsioni di Alessandra Ghisleri, la sua sondaggista di fiducia. “I dati sono buonissimi – aveva rassicurato -, non c’è bisogno di agitarsi né di essere impazienti”. Nessuno, però, aveva previsto l’astensionismo di centrodestra. Dati che il Cavaliere ha letto nella sua Villa di Arcore. “Il nostro obiettivo – provava a ripetere per l’intera giornata – è attestarci intorno al 40 per cento”.
I numeri che gli recapitava la Ghisleri con il passare del tempo cancellavano quella prospettiva. A quel punto Berlusconi ha cambiato registro. Nei contatti con il suo staff riunito a Roma nella de del Pdl, ha iniziato a cambiare registro. “Qualcuno pensava di mettermi in difficoltà con la storia di Noemi – ha messo le mani avanti – , poi ci hanno provato i giornali stranieri. Qualche potere forte è tornato a remare contro. Ma non riusciranno a scalzarmi”. E sebbene in campagna elettorale avesse previsto per il Pdl un dato vicino al 45%, adesso preferisce rimarcare la “tenuta” e il differenziale con il Pd. “Con tutto quello che è successo, con la crisi economica, il terremoto in Abruzzo e la manovra dei giornali di sinistra, forse non potevamo aspettarci di più”. L’inquilino di Palazzo Chigi, quindi, inizia ad alzare la diga per proteggere l’esecutivo dalle critiche interne: “Dal dopoguerra nessun partito è mai stato tanto forte. Solo la Dc di De Gasperi ha raggiunto questi livelli”.
Eppure, la delusione ha investito anche i maggiorenti del Popolo delle libertà. Un anno fa avevano preso il 37,4%. Il voto europeo rischia di aprire un vertenza all’interno del centrodestra. E già, perché l’avanzata della Lega è già finita sotto la lente di ingrandimento dei “tecnici” berlusconiani. La lotta per l’egemonia del nord, per la guida del Veneto e della Lombardia, rischia di provocare un attrito tra il Cavaliere e Umberto Bossi. Gli uomini di Gianfranco Fini, a cominciare da Ignazio La Russa, hanno iniziato a marcare gli errore del premier. L’annuncio della presidenza lumbard per il Veneto, l’annuncio della cessione del milanista Kakà e poi l’insufficiente investimento economico nella campagna elettorale. In più Berlusconi ora teme che anche il Carroccio alzi la voce. “Dovremo controllare i leghisti – ha infatti avvertito – dovremo impedire colpi di testa. Dobbiamo stare molto attenti”. Non è un caso che negli ultimi ragionamenti del premier, sia tornato ad affacciarsi l’ipotesi di un riavvicinamento con l’Udc di Casini.
(8 giugno 2009)
Per quel vile di Riccardo (il finto anarchico Mario Merlino style non mi interessa): dovresti smetterla di fare il nobiluomo dal momento che non lo sei, io non dialogo con uno che definisce Priebke un eroe per il semplice motivo che non ho niente da dirgli, se trovi persone che si definiscono “anarchiche” o “comuniste” e si abbassano a discutere con esseri spregevoli come te non so che farci, effettivamente la crisi c’è ed è profonda, ma forse nasce anche dal fatto che a dei vigliacchi come te invece che rompergli gli testa gli si offre un thè con i pasticcini.
Vatti a fare un giro alle Fosse Ardeatine buffone!
Come direbbe Bossi, ho tovato uno che mi vuole mandare nel Gulash
bakunin , non temere emme due è il risultato di una purga staliniana hahahahahahaha !!!!!!!!!!
sieg heil Riccardo
“Ma Bakunin e Liguori hanno preso nel sedere tutto l’ombrello?” “No, solo il 46 per cento!!!!!!”
Beh, poteva andare peggio…. ho una certa allergia per i manici
Grande Bakunin, vieni tolto d’ufficio dalla battuta… rimane solo Liguori!!!
AD ALTAN 2: SIMILIS CUM SIMILIBUS
Altan 2, so che sei nervoso perche’ avete perso le elezioni, ma cerca almeno d’avere il coraggio di firmare le scemenze che dici.
So che voi di estrema destra amate ‘frequentare’ personaggi come Izzo (e molti altri). Noi di sinistra invece, pur rispettando i pochi che sono omosessuali (Vendola, ecc.), siamo al 90% eterosessuali. Studia un po’ il latino e comprenderai il significato del proverbio SIMILIS CUM SIMILIBUS.
PERCHE’ GLI ITALIANI PREFERISCONO I COMUNISTI AI FASCISTI
Alle elezioni europee i comunisti hanno preso piu’ di un milione di voti (1.038.247). I fascisti della destra, invece, nonostante fossero alleati con l’MPA ed i pensionati, hanno avuto poco piu’ di 600.000 voti. Questo avviene perche’, mentre il comunismo italiano non ha nulla da farsi perdonare ed e’ un ideale che ancora ispira oltre un milione di italiani, il fascismo e’ un’ideologia MORTA PER SEMPRE. BERLUSCONI HA PERSO, I FASCISTI HANNO PERSO. NON POTEVA ANDARE MEGLIO DI COSI’.
Giuseppe Lig.
BERLUSCONI E LE DONNE NUDE
Da Nairobi riceviamo e pubblichiamo un articolo del Daily Nation, il primo quotidiano del Kenya (circa un milione di copie vendute ogni giorno: http://www.nation.co.ke), sul nostro amatissimo presidente del consiglio.
BERLUSCONI AND HIS TOPLESS ‘AIDES’
By GIUSEPPE LIG.
LAST FRIDAY, THE SPANISH newspaper, El Pais, published five photographs taken in one of the residences of Italian Prime Minister Silvio Berlusconi.
In these pictures were several topless women and a naked man, Mr Topolanek, a former prime minister of the Czech Republic.
These photos are the latest in a saga which started in May, when Mrs Veronica Lario, Mr Berlusconi’s wife, announced her intention to divorce him for his alleged relations with under-age girls.
Only a few days earlier, Mr Berlusconi attended a party in Naples, where a young girl, Miss Noemi Letizia, was celebrating her 18th birthday. Surprisingly, the Italian leader gave her a 6,000-euro gift.
This is not the first time that he has given expensive gifts to women, but the problem this time, was the age of the girl.
Although Mr Berlusconi claimed that he saw the girl only in the presence of her parents, the Italian newspaper, La Repubblica, was able to prove that last year, he met Miss Letizia, on at least two occasions, without her parents.
Mr Berlusconi not only denied any wrongdoing, but said he was an old friend of the family, and that Mr Letizia used to be the driver of former Prime Minister Bettino Craxi. But Mr Letizia has never been Craxi’s driver, and he met Mr Berlusconi only in 2008.
Mr Berlusconi, who is 72, has five children, two from the first wife, from whom he divorced in the 1980s, and three from Veronica.
He won the general elections in 2008 and he is leading a coalition government, that includes two parties: his own Il Popolo della Libertà and La Lega Nord, a right wing party.
HE IS A VERY CONTENTIOUS LEADER, loved by some and hated by others. He had many problems with the law, and was often accused of corruption.
In April 2009, in Milan, his British lawyer, David Mills, was sentenced, in a first instance judgment, to four years and six months in jail for corruption.
According to Milan judges, he received $600,000 from Mr Berlusconi to lie in a trial where the Italian leader was accused of tax evasion. Mills has already appealed the decision.
In 2008, Parliament approved a law that gives immunity from prosecution to the president, the prime minister and the speakers of the two Houses of Parliament. Mr Berlusconi was thus able to escape justice.
Nevertheless, a court will soon rule about the constitutionality of this law that, according to many scholars, is against Article 3 of the Constitution that says all citizens are equal before the law.
Recently, his wife and other women’s leaders accused Mr Berlusconi of proposing as candidates for the European Parliament’s elections, many young girls (showgirls, models), allegedly in exchange for sexual favours. After the scandal broke, the Italian leader removed some of the women from his party ticket.
The main issue is not the private life of Mr Berlusconi, but lying in public, a habit that in the 1980s made him sentenced for perjury. Later, he was pardoned.
It is not clear what steps Mr Berlusconi will take to clear himself of these charges but it is possible he will escape censure of any kind. The Italians are very tolerant of their leaders’ sexual peccadilloes.
Mr Lig. is an Italian journalist
DA ANNI IL QUOTIDIANO DI NAIROBI, DAILY NATION, VIENE USATO IN AFRICA COME CARTA IGIENICA VISTA LA MANCANZA DEI “DIECI PIANI DI MORBIDEZZA”.
Mr Lig. is an Italian shitjournalist
ANDREA COLOMBO TE SE SGOBBAMO
VIZZINI (PDL) E ALTRE 3 ACCUSATI DI MAFIA
Mafia, quattro senatori indagati
Quattro parlamentari sono indagati dalla Procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sul “tesoro” di Vito Ciancimino, ex sindaco morto nel 2002 dopo essere stato condannato per mafia. Lo scrive oggi il “Corriere della Sera”. Coinvolti nell’inchiesta il senatore del Pdl Carlo Vizzini della commissione Antimafia, i senatori dell’Udc Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintole, e il deputato dell’Udc e segretario regionale del parito in Sicilia, Saverio Romano. L’ipotesi di reato nei loro confronti è di concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra, e scaturisce da dichiarazioni di Massimo Ciancimo, figlio di Vito, imputato di riciclaggio e di fittizia intestazione di beni, che da qualche mese rende dichiarazioni ai pm palermitani Antonio Ingroia e Nino Di Matteo.
“Ho la serenità di chi sa di essere estraneo ad ipotesi di reato e di potere compiutamente rispondere ai magistrati». Lo dice il senatore Vizzini che annuncia le sue dimissioni dalla commissione parlamentare antimafia. «Adesso si potrà fare luce sulle verità – aggiunge il parlamentare – mettendo fine al lungo e spesso velenoso chiacchiericcio che negli ultimi mesi mi ha accompagnato». «Ho già detto e non ripeto quali sono stati i miei rapporti e quali le persone mai conosciute – osserva – anche presentando formale denuncia. Vivo, tuttavia, l’amarezza di trovarmi in questa condizione dopo avere contrastato con forza la mafia, i mafiosi ed i comitati d’affari». «Ma proprio per questo devo essere rigoroso e coerente con me stesso – aggiunge – e dunque ho immediatamente rassegnato le mie dimissioni dalla commissione parlamentare Antimafia – riservandomi di assumere altre decisioni dopo che sarò stato sentito dai magistrati». «Ho sempre messo nel conto che la lotta alla mafia avrebbe scatenato risentimenti gravi – conclude Vizzini – di cui ho avuto percezione anche di recente, ma sono certo che c’è una
sede nella quale si può essere tutelati dalla infamia ed a questa adesso mi affido».
DAILY NATION = CORRIERE DELLA SERA
In Italia purtroppo, specia a destra, c’e’ una grande ignoranza riguardo all’Africa. Informo dunque il sig. Altan 3 che il Daily Nation vende ogni giorno piu’ di un milione di copie e, oltre ad essere il migliore quotidiano del Kenya, e’ uno dei piu’ prestigiosi gironali di tutta l’Africa orientale. Disprezzare il Daily Nation e’ dunque come dire che il Corriere della sera e’ un giornale spazzatura. Devo spiegare anche le cose piu’ semplici, perche’ ho a che fare con dei fascisti ignoranti.
BERLUSCONI E GHEDDAFI: DUE DITTATORI
I gemelli Silvio e Gheddafi
Mamma mia che impressione: Gheddafi in tv è tale e quale a Berlusconi. Stessa statura, stessi capelli tinti, stesso gusto della mascherata e dei copricapo ridicoli, stessa esibizione di donne al seguito. Ma, per il rispetto dovuto a un capo di Stato, va detto che quelle del leader libico non sono minorenni. E, a proposito delle ragazze del capo, non possiamo tacere della penosa prova della sciura Brambilla a Ballarò. Una mente confusa (vuoi vedere che non è più sostenuta dalle autoreggenti?) e una voce stridula che continuava a interrompere pensieri e parole altrui, per non far notare di non averne di propri. Addirittura, a un certo punto, ha dovuto uscire dallo studio per procurarsi dati da citare e, nonostante fossero falsi, li ha letti e riletti davanti alle telecamere. Ora che è ministra e non più delfina designata dal premier, la Brambilla non sa come distinguersi da Noemi e le altre. Un consiglio da amica: perché non si arruola con Gheddafi?
L’UNITA’, 11 GIUGNO 2009
Scusi dott. Liguori, lei considera il Corsera migliore della carta igienica?
L’ASSASSINO GHEDDAFI ED IL LADRO BERLUSCONI
Muammar Al Tappon (di Marco Travaglio)
Un solo paese, nel mondo libero, poteva riservare gli onori di Stato a una tetra macchietta come il colonnello Gheddafi: il nostro. Un solo premier, nel mondo libero (anzi, semilibero), poteva non solo accogliere nelle più alte sedi istituzionali, ma addirittura baciare con trasporto un soggetto che fino a qualche anno fa foraggiava gruppi terroristici, cacciava ebrei, faceva abbattere aerei di linea come piccioni (Lockerbie, 270 morti), approntava armi di distruzione di massa (vere), bombardava l’Italia senza neppure centrarla: il nostro. Del resto, dal punto di vista coreografico, c’è un solo un leader al mondo che rivaleggi con Muammar Al Tappon quanto a ridicolaggine, tintura, fard, ombretto, per non parlare del corteo di «amazzoni», versione tripolina delle veline di Villa Certosa. Anche la concezione che i due hanno della democrazia è piuttosto simile, anche se milioni di gonzi italo-padani si erano illusi che Al Tapone fosse almeno uno sfegatato filoamericano, punta di diamante dell’«alleanza contro il terrorismo». Vederlo baciare chi sostiene che «bisogna capire le ragioni del terrorismo» e paragona gli Usa a Bin Laden e sentire Schifani definirlo «uomo di Stato» potrebbe creare qualche spaesamento in un elettorato minimamente avveduto. Dunque non quello del Pdl,che digerisce tutto, anche il fard. Ottimo, come sempre, il Pd che è riuscito a dividersi anche su Gheddafi, grazie all’encomiabile apporto di Mohammed Al Dalemah e del fido Alì Lah Torr, che hanno invitato il colonnello a concionare in Fondazione Italianieuropei. Ribattezzata per l’occasione Beduinieuropei.
16/06/79 16/06/2009
FRANCESCO CECCHIN …………….
PRESENTE !!!!!!!!!!!!!!!!!!
Riccardo
NICOLA TOMMASOLI UCCISO UN ANNO FA DAI FASCISTI
Nicola era giovane, aveva i capelli lunghi, abitava a Verona. Il 1 maggio 2008, alcuni giovani gli chiedono una sigaretta e, subito dopo, lo aggrediscono. In pochi istanti, Nicola e a terra: calci, pugni, botte da orbi. Lo portano in ospedale, ma il 5 maggio muore.
La polizia arresta 5 persone: alcuni sono del Fronte Veneto skin-head, un altro si e’ presentato alle elezioni amministrative nella lista di Forza Nuova. Questi fascisti, che hanno gia’ precedenti penali per rissa e aggressioni, si divertono ad aggredire i meridionali, i neri ed i capelloni.
I CUORI NERI, PER FORTUNA, NON VENGONO PIU’ UCCISI.
I CUORI ROSSI, INVECE, CONTINUANO AD ESSERE MASSACRATI DAI FASCISTI. NEL 2008, BASTA AVERE I CAPELLI LUNGHI PER ESSERE UCCISI.
liguori ma se ti da così fastidio l’ambiente dove stai scrivendo perchè non ti apri un bel blog personale………… sinceramente io ricordando un mio camerata non gioisco per un rosso morto….vedi però ci sono ancora molti camerati come Francesco senza giustizia, i suoi carnefici magari hanno votato sinistra e libertà brutti cani rognosi………
in alto i cuori Riccardo
GIUSTIZIA PER TUTTI, ROSSI E NERI
Sig. Riccardo, e’ chiaro che anch’io, come lei, vorrei vedere in galera gli assassini di Francesco e di tutti i giovani uccisi, sia quelli di destra che quelli di sinistra. Voglio pero’ dire che, mentre i partiti e i sindacati di sinistra hanno sempre lottato contro estremisti e terroristi (cito solo l’esempio del sindacalista Guido Rossa, ucciso a Genova dalle Brigate rosse perche’ aveva denunciato un operaio che aveva portato in fabbrica volantini delle BR) a destra invece, da Almirante in poi, i violenti non sono ne’ espulsi, ne’ isolati. Perche’ Forza Nuova non ha espulso Federico Perini, il veronese accusato della morte di Nicola Rossi? Potrei fare altri esempi (Rauti candidato alla Camera mentre era accusato della strage di Piazza Fontana, ecc.).
Quanto al mio blog, non ho i soldi per farlo, dunque lei dovra’ sopportarmi ancora a lungo.
NO AL FASCISMO, VIVA LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA.
NO A LIGUORI, VIVA LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA.
Questo foum inizia a puzzare di morte…come quelli che ci scrivono sopra…
Telese farebbe magio a dargli una degna sepoltura.
IL FASCISTA DI ARCORE
di Giovanni Maria Bellu
La parola è difficile: schismogenesi. La coniò negli anni Trenta l’antropologo Gregory Bateson per descrivere certi rituali dei cannibali della Nuova Guinea. Nel 2002 è stata introdotta nel linguaggio politico per definire una delle principali tecniche di comunicazione di Silvio Berlusconi. Una tecnica antichissima. Ecco come la sintetizza lo psicologo Alessandro Amadori: «Si lancia, possibilmente in modo informale, una strategia di attacco, si ottiene in questo modo una controreazione spropositata, si nega di aver voluto attaccare».
Il controllo dell’informazione è di grande aiuto alla schismogenesi: consente, a posteriori, di edulcorare l’attacco e di enfatizzare la reazione presentandola sempre come «spropositata». E, in più, intimidisce l’avversario che magari tace nel timore di essere bollato come «antiberlusconiano». Di certo gli fa perdere tempo. Se qui da noi non ci fosse questo dominio della schismogenesi, non avremmo dovuto fare una premessa tanto lunga per dire che Silvio Berlusconi è un fascista. Più precisamente: se è vero che «ogni tempo ha il suo fascismo» (Primo Levi) Berlusconi è, nel nostro tempo e nel nostro paese, la personalità che più di ogni altra assume comportamenti che richiamano gli stilemi del fascismo. A partire dal disprezzo per la libertà di stampa.
Ogni tempo ha il suo fascismo anche perché, tra un fascismo e l’altro, gli uomini liberi tentano di darsi delle leggi che ne ostacolino il ritorno. E perché, tra un fascismo e l’altro, si consolidano dei valori universali. Oggi solo un pazzo potrebbe proporre il ripristino della censura in Italia, non solo perché la Costituzione la vieta, ma soprattutto perché sarebbe inaccettabile per l’intero mondo civile. È però possibile, quando si controlla l’informazione e si è a capo di un governo, agire per togliere ai giornali ancora liberi l’ossigeno per vivere. Per esempio la pubblicità che, come il nostro premier sa alla perfezione, in Italia ha già una distribuzione totalmente sbilanciata a favore del sistema televisivo e, cioè, delle sue tasche.
È esattamente quanto ieri (poche ore dopo le parole del presidente Napolitano sulla libertà di stampa come «fondamento della democrazia»)ha fatto Silvio Berlusconi parlando ai giovani industriali. Dopo aver descritto come una specie di golpe la collezione di scheletri che conserva nel suo armadio, ha detto (Ansa, ore 14,22): «Bisognerebbe non avere una sinistra e dei media che cantano ogni giorno la canzone del pessimismo. Anche voi dovreste fare di più: non dovreste dare pubblicità a chi si comporta così». Qualcuno deve avergli fatto notare che l’aveva sparata troppo grossa, ed ecco (Ansa, ora 15,01) la precisazione: «Mi riferivo non alla stampa, ma al leader dell’opposizione». La pezza non solo è quasi peggiore del buco, ma non lo chiude. Il premier ha lanciato un messaggio chiarissimo: le imprese che daranno pubblicità ai giornali che non gli piacciono, non saranno apprezzate dal governo. In una fase di crisi, l’argomento è efficace. E modernamente fascista.
Quanto alla schismogenesi, suggeriamo ai lettori di seguire i telegiornali di oggi.
(DAL SITO INTERNET DELL’UNITA’)
UN FARABUTTO DI NOME BERLUSCONI
Il racconto
«Incontri e candidatura
Ecco la mia verità»
Patrizia D’Addario in lista alle Comunali
Patrizia D’Addario
Patrizia D’Addario
DAL NOSTRO INVIATO
BARI — Patrizia D’Addario è candidata nelle liste di «La Puglia prima di tutto», schieramento inserito nel Popolo della Libertà alle ultime elezioni comunali a Bari. Ha partecipato alle prime settimane di campagna elettorale al fianco del ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto e degli altri politici in corsa per il Pdl. Ma adesso ha deciso di rinunciare perché vuole raccontare un’altra verità. La D’Addario ha cercato il Corriere e registriamo, con la massima cautela e il beneficio d’inventario, la sua versione, trattandosi di una candidata alle amministrative.
«Mi hanno messo in lista — afferma — perché ho partecipato a due feste a palazzo Grazioli. Ho le prove di quello che dico e voglio raccontare che cosa è successo prima che decidessi di tirarmi indietro. Il mio nome è ancora lì, ma io non ci sono più».
Cominciamo dall’inizio. Quando sarebbe andata a palazzo Grazioli?
«La prima volta è stato a metà dello scorso ottobre ».
Chi l’ha invitata?
«Un mio amico di Bari mi ha detto che voleva farmi parlare con una persona che conosceva, per partecipare a una cena che si sarebbe svolta a Roma. Io gli ho spiegato che per muovermi avrebbero dovuto pagarmi e ci siamo accordati per 2.000 euro. Allora mi ha presentato un certo Giampaolo».
Qual era la proposta?
«Avrei dovuto prendere un aereo per Roma e lì mi avrebbe aspettato un autista. Mi dissero subito che si trattava di una festa organizzata da Silvio Berlusconi ».
E lei non ha pensato a uno scherzo?
«Il mio amico è una persona di cui mi fido ciecamente. Ho capito che era vero quando mi hanno consegnato il biglietto dell’aereo».
Quindi è partita?
«Sì. Sono arrivata a Roma e sono andata in taxi in un albergo di via Margutta, come concordato. Un autista è venuto a prendermi e mi ha portato all’Hotel de Russie da Giampaolo. Con lui e altre due ragazze siamo entrati a palazzo Grazioli in una macchina con i vetri oscurati. Mi avevano detto che il mio nome era Alessia».
E poi?
«Siamo state portate in un grande salone e lì abbiamo trovato altre ragazze. Saranno state una ventina. Come antipasto c’erano pezzi di pizza e champagne. Dopo poco è arrivato Silvio Berlusconi».
Lei lo aveva mai incontrato prima?
«No, mai. Ha salutato tutte e poi si è fermato a parlare con me. Ho capito di averlo colpito perché mi ha chiesto che lavoro facessi e io gli ho parlato subito di un residence che voglio costruire su un terreno della mia famiglia. Ci ha mostrato i video del suo incontro con Bush, le foto delle sue ville, ha cantato e raccontato barzellette.
Lei è tornata subito a Bari?
«Era notte, quindi sono andata in albergo e Giampaolo mi ha detto che mi avrebbe dato soltanto mille euro perché non ero rimasta».
C’è qualcuno che può confermare questa storia?
«Io ho le prove».
Che vuole dire?
«Che quella non è stata l’unica volta. Sono tornata a palazzo Grazioli dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell’elezione di Barack Obama».
Vuol dire che la notte delle presidenziali degli Stati Uniti lei era con Berlusconi?
«Sì. Nessuno potrà smentirmi. Ci sono i biglietti aerei. Anche quella volta sono stata in un albergo, il Valadier. Con me c’erano altre due ragazze. Una la conoscevo bene. È stato sempre Giampaolo a organizzare tutto».
E che cosa è accaduto?
«Con l’autista ci ha portato nella residenza del presidente, ma quella sera non c’erano altre ospiti. Abbiamo trovato un buffet di dolci e il solito pianista. Quando mi ha visto, Berlusconi si è ricordato subito del progetto edilizio che volevo realizzare. Poi mi ha chiesto di rimanere».
Si rende conto che lei sostiene di aver trascorso una notte a palazzo Grazioli?
«Ho le registrazioni dei due incontri».
E come fa a dimostrare che siano reali?
«Si sente la sua voce e poi c’erano molti testimoni, persone che non potranno negare di avermi vista ».
Scusi, ma lei va agli incontri con il registratore?
«In passato ho avuto problemi seri con un uomo e da allora quando vado a incontri importanti lo porto sempre con me».
E lei vuol far credere che non è stata controllata prima di entrare nella residenza romana del premier?
«È così, forse sono stata abile. Ma posso assicurare che è così».
E può anche provarlo?
«Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Giampaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato».
A noi la sua versione sembra poco credibile…
«Lo dicono i fatti. Berlusconi mi aveva promesso che avrebbe mandato due persone di sua fiducia a Bari per sbloccare la mia pratica. Non ha mantenuto i patti ed è da quel momento che non sono più voluta andare a Roma, nonostante i ripetuti inviti da parte di Giampaolo. Loro sapevano che avevo le prove dei miei due precedenti viaggi».
E non si rende conto che questo è un ricatto?
«Lei dice? Io posso dire che qualche giorno dopo Giampaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee».
Però lei non era in quella lista?
«Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Giampaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile».
Quindi la candidatura alle Comunali è stata un ripiego?
«A fine marzo mi ha cercato Tato Greco, il nipote di Matarrese che conosco da tanto tempo. Mi ha chiesto un incontro e mi ha proposto la lista ‘La Puglia prima di tutto’ di cui era capolista lo zio. Io ho accettato subito, ma pochi giorni dopo ho capito che forse avevo commesso un errore».
Perché?
«La mia casa è stata completamente svaligiata. Mi hanno portato via cd, computer, vestiti, biancheria intima. È stato un furto molto strano».
Addirittura? Ma ha presentato denuncia?
«Certamente. Ma ho continuato la campagna elettorale. È andato tutto bene fino al giorno in cui Berlusconi è arrivato a Bari per la presentazione dei candidati del Pdl. Io lo aspettavo all’ingresso dell’Hotel Palace. Lui mi ha guardata, mi ha stretto la mano ed è entrato nella sala piena. Io ero in lista, quindi l’ho seguito. Ma all’ingresso della sala sono stata bloccata dagli uomini della sicurezza e del partito che mi hanno impedito di partecipare all’evento».
È il motivo che adesso la spinge a raccontare questa storia?
«No, avrei potuto continuare a fare campagna elettorale e trattare con loro nell’ombra. La racconto perché ho capito che mi hanno ingannata. Avevo chiesto soltanto un aiuto per un progetto al quale tengo molto e invece mi hanno usata».
Fiorenza Sarzanini
17 giugno 2009
Egregio signor Liguori lei si riempie la bocca di cose che non sa oppure sa ma travisa, la persona da lei nominata e cioè Almirante ora non ricordo di preciso l’anno ,ma è stato quando l’allora MSI si ea messo a raccogliere le firme a favore della pena di morte,in un comizio tenuto a Milano Almirante esordì con la frase” i terroristi di destra bisogna fucilarli due volte”,Le posso dire anche che molto spesso esponenti del partito passavano i nomi dei più decisi alla Questura………..Quel giorno a milano io c’ero con alcuni camerati della mia zona avevamo molti fogli con le firme raccolte, ce ne andammo buttandoli nel cesso e andandocene anche dal partito passando dal FdG ai GRE di Rauti.Personalmente in quegli anni sono stato espulso più volte dal partito, quindi non dica panzane per cortesia…………
In alto i cuori Riccardo
Riccardo, non arrabbiarti con Liguori… Per scoprire dove ha il buco del culo, commissiona ogni giorno una ricerca di mercato.
Sò che il Forum è praticamente abbandonato, ma è doveroso postare questo mio intervento pubblicato sul ” Il fondo di Miro Renzaglia ” per il trentennale della morte di Francesco Cecchin.
OCHE SCHIZOFRENICHE IN SALSA SURREALISTA
No, non siamo in un film di Fellini o di Emir Kusturica ma a Piazza Vescovio, in occasione della veglia per i trent’anni dalla morte di Francesco Cecchin [nella foto sotto].
La piazza è presidiata come tutti gli anni da giovani militanti della destra radicale romana, gruppi vari legati per lo più a quel territorio, alla testimonianza del quartiere, ed è ricoperta di manifesti e bandiere che ricordano il sacrificio di un militante di 17 anni, caduto per mano anti-fascista nel giugno del 1979, nel gorgo tragico degli anni di piombo.
La storia della morte di Francesco si lega a quella pratica assassina che, nata dalla resistenza anti-fascista del 1944-45, si è perpetuata fino a tutti gli anni 70, in una guerra civile strisciante , spesso sporca ed alimentata occultamente da terze forze. Una guerra che ha finito per coinvolgere generazioni intere di giovani di destra e di sinistra. Giovani che risultavano essere oltretutto anagraficamente fuori dal conflitto originario del 1940-1945 , anzi: fuori da tutti i conflitti.
Ma il punto non è questo. Le guerre ci sono sempre state, anche quelle assurde ed etero-dirette e, come si dice, alla fine i soldati prendono coscienza, tornano a casa e ognuno si celebra in silenzio i propri morti.
Sui muri e nei manifesti neri affissi intorno alla piazza viene circostanziata, tuttavia, una accusa ben precisa: non tanto contro gli assassini storici, quanto contro ” le oche destre ” (1) .
Contro, cioè, coloro che, una volta amici e camerati di Francesco, oggi siedono allegramente in tutte le maggiori cariche istituzionali, assiepati al potere, avendo di fatto rimosso il proprio percorso di radicale militanza dentro il neo-fascismo. Personaggi che hanno oggi riconosciuto nell’antifascismo e nella resistenza partigiana dell’ultimo conflitto mondiale un valore storico, valore storico ribadiamo, che è in perfetta continuità con chi ha poi praticato poi la lotta anti-fascista assassinando Francesco. E questo è inutile negarlo.
In qualche modo questi personaggi, questi ex-militanti, spesso del FdG e della destra radicale, riconvertiti al mondo dei buoni, hanno abbandonato volontariamente la “memoria condivisa” con i vinti, con i cattivi, con i perdenti, per aderire, invece, a quella ultra-maggioritaria dei giusti vincitori .
Qui ci sarebbe da discutere sul metodo usato (soprattutto sull’assenza di una dimensione meta-politica profonda di questo percorso di volontaria dissociazione) ma poco male. A tutti è dato di cambiare idea e di saltare sul carro del vincitore, soprattutto se il vincitore apre alla svelta le porte del paradiso, ti legittima e, soprattutto, incrementa i conti in banca.
E’, invece, schizofrenico e patologico, riconoscere un universo valoriale nuovo (quello anti-fascista ) e poi voler partecipare e mantenere inalterato “il rito” del presente e la condivisione di memoria e di testimonianza con i vinti, con i proscritti, con coloro che sono morti fin dentro gli anni 80, difendendo il retaggio, i valori ed il riconoscimento storico “del male assoluto “.
La presenza compatta e militante in piazza di circa 500 giovani attivisti di Azioni Giovani, organizzazione giovanile dell’ex -An , di fatto confluita poi nella Pdl , ha creato così una serata piuttosto nervosa; in alcuni dei presenti erano evidenti dissapori e rabbia, in altri sconcerto e sottile ironia, non è tanto per i ragazzi di Azione giovani che sono per l’appunto “giovani” e sicuramente in buona fede.
In molti siamo rimasti invece sbalorditi nel vedere sindaco, neo-deputati e deputatesse , consiglieri europei, comunali, provinciali, regionali, uomini storici di partito e dell’apparato aennino riconvertito all’anti-fascismo pentito, tutti “fascisticamente schierati” e mimetizzati sotto celtiche e tricolori, ed aprire la veglia ed omaggiare solennemente il sacrificio di Francesco Cecchin con marziale saluto (di fatto un comportamento molto poco anti-fascista direi).
Vi ripeto: per chi ama i film di Fellini e Kusturica, avrebbe giurato di vedere una scena di supremo surrealismo onirico. Invece, era tutto ferocemente reale.
E, allora, ci dobbiamo seriamente interrogare sul dove inizia e finisce la “RECITA”. Non si capisce a questo punto se la “RECITA” è quella che viene fatta giornalmente davanti al Dott. Pacifici, alla comunità ebraica romana, e nelle gite programmate ad Auschwitz, e/o nelle esternazioni sbracciate il 25 aprile sul supremo valore della libertà restituitaci nel 1945 dalle stragi alleate; il tutto condiviso amorevolmente con le organizzazioni storiche dell’antifascismo, alcune delle quali vorrebbero ancora vedere i fascisti tutti egualmente morti; oppure se la “RECITA” è, al contrario, quella ai “presente” dei camerati caduti, alla condivisione esoterica delle veglie solenni delle strade romane, nei concerti in onore di … , nel mantenimento di simboli, riti, bandiere e cultura pre-politica (quello che volgarmente e con superiore disprezzo è stata chiamata da sempre dai superiori istituzionali, “Inutile Testimonianza”).
Eppure, questa “RECITA” coinvolge tutti i luoghi, le situazioni e le persone che mai ti aspetteresti, in un ‘orgia surrealista a cielo aperto, per semplice gioco dei ruoli, opportunità tattica, sopravvivenza congiunturale, per abominio individuale o, peggio ancora, (e sarebbe l’apoteosi della risata) in omaggio alla credenza di poter conciliare l’inconciliabile?
Se fosse così, sarebbe veramente triste oltreché assurdo. Perché se è perfino comprensibile e giustificabile che “i soliti dirigenti paraculi “, tutti arrivati tranquillamente a dama , mandino nonostante tutto, messaggi rassicuranti alle proprie residuali milizie giovanili (” … non vi preoccupate, noi siamo i veri camerati, siamo sempre quelli di sempre anche se poi pubblicamente dobbiamo dire il contrario …” ), è chiaro che, poi, risultano patologici e/o surrealisti alcuni loro pubblici comportamenti: come se da Fiuggi al congresso di Marzo di adesione al PDL/PPE nulla fosse accaduto.
Sarebbe interessante interrogarci ed interrogare su un tale ” fenomeno ” di schizofrenia congenita ad es. Ugo Maria Tassinari e gli altri che ” ci studiano” da vicino, con occhio antropologico più che politico, per capire se è tutto normale o siamo al limite dell’incomprensibile.
Oppure, più semplicemente, se siamo noi del “cattiverio testimoniale e pre-politico” a non voler capire; se siamo noi residuali ed anacronistici personaggi di ieri, con quella sindrome fanciullesca (… ma perlomeno coerente) di Peter Pan, a non voler capire che il mondo è cambiato, e che oggi si può essere contemporaneamente Gollum e Frodo, Saruman e Gandalf , Cristo e Giuda. Se, forse, ci sfugge la verità lapalissiana che, essendo oggi tutto liquido e post-ideologico, anche surrealismo e schizofrenia ” fanno futuro”.
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(1) E’ Alessandro Giuli che ha definito nel suo azzeccato Il passo delle oche, l’incerto ed ondulante incedere della classe dirigente di AN , ancora prima che confluissero nel calderone della Pdl, praticamente già orfane da tempo di pensiero politico e di identità storica.
http://www.mirorenzaglia.org/?p=8091
ALMIRANTE, IL FUCILATORE AMICO DEI TERRORISTI
Riccardo, le panzane le dice lei. Basta leggere due libri, Cuori neri di Telese e Cuori rossi di Armati, per verificare che ho detto la verita’. Uno dei responsabili della strage di Peteano era Cicuttini, che Almirante aiuto’ a fuggire in Spagna (si era rivolto al MSI per avere aiuto e, tra le altre cose, voleva un intervento alle corde vocali perche’ la sua voce era stata registrata mentre egli rivendicava un attentato).
Noi parliamo poi di Pino Rauti, che era uscito dal partito e fu fatto rientrare per sfuggire all’arresto, avvalendosi dell’immunita’ parlamentare (era indagato per la strage di Piazza Fontana). Che dire poi di Abbatangelo, condannato tra le altre cose per uso di esplosivi, che fu eletto in Parlamento anni fa, sempre nelle liste del Msi? Cosa mi dice, infine, lei che vota per Forza Nuova, di Federico Perini, che e’ stato arrestato a Verona per l’omicidio di Nicola Tommasoli? Perche’ Forza Nuova non lo espelle? SI INFORMI MEGLIO, RICCARDO: EVITERA’ BRUTTE FIGURE.
Le faticose giornate dell’on. avv. Ghedini
di Marco Travaglio
Un anno fa l’on. avv. Niccolò Ghedini era un uomo distrutto: il cliente più lucroso del mondo, rendendosi immune dai processi col lodo Alfano, gli aveva sottratto il pane di bocca. Lui infatti s’era detto contrario al Lodo, confidando di «vincere i processi in aula» (nel senso di tribunale). Il noto cliente, conoscendosi, preferì vincerli in un’altra aula (nel senso di Parlamento). Ma ben presto l’On.Avv. si rivelò uomo di poca fede. L’illustre cliente, per non lasciarlo disoccupato, seguitò a combinarne di tutti i colori, garantendogli una mole di lavoro che fiaccherebbe un rinoceronte. Il divorzio da Veronica ha costretto il penalista a mobilitare le sue due sorelle, per dividere il lavoro. E poi l’inchiesta Saccà, con tutte quelle ragazze da sistemare perché sennò parlano. E poi quella svampita di Noemi da Casoria, che s’è messa addirittura a parlare. E poi la sentenza Mills, su cui il difensore del cliente non-più-imputato ha voluto comunque dire la sua. E poi le foto di Villa Certosa, gnocca e voli di Stato. E ora l’inchiesta a Bari su altri stock di gnocca a prezzi di realizzo, stavolta a Palazzo Grazioli. E poi le comparsate tv per gridare «mavalà» e le dichiarazioni alla stampa per difendere l’indifendibile, prima che il Cliente apra bocca e faccia altri danni. Giorni e notti a scartabellare, denunciare, esternare. Una vita d’inferno. Poi è chiaro che uno perde il filo e non sa più come si chiama. Come quando dice: «Non è casuale che l’avvocato del fotografo Zappadu sia eurodeputato Idv: una doppia veste – avvocato e parlamentare – che non si dovrebbe confondere…». O quando tenta di smentire la versione di Patrizia confermandola (e poi rettificando): «Ancorchè fossero vere le indicazioni della ragazza, e vere non sono, il premier sarebbe l’utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile». Ecco: senza rettifica, ora saremmo autorizzati a definire il premier «utilizzatore finale» di ragazze a tassametro. E a sospettare Ghedini artefice del complotto ai suoi danni. In ogni caso: grazie, avvocato.
18 giugno 2009
Estate da papi
di Marco Lillo e Peter Gomez
Il motoscafo del premier carico di belle ragazze: la pilotina dei Carabinieri. L’attracco a villa La Certosa. Le ferie di agosto di Berlusconi nel 2008
Palazzo Grazioli o villa La Certosa. Cambia lo scenario, ma il copione è sempre lo stesso: gran via vai di ragazze, tutte giovani e belle. Qualcuna è in cerca di soldi. Qualcun’altra vuole il successo e la fama. Ottobre scorso: un grande salone della residenza romana, una ventina di invitate, pizza, champagne e poi l’arrivo del premier, Silvio Berlusconi, che sorride, parla di politica, canta, si esibisce nelle sue mitiche barzellette.
Questo è il racconto che Patrizia D’Addario, candidata consigliere comunale a Bari in una lista vicina al centrodestra, ha regalato mercoledì 17 giugno al “Corriere della Sera”. Una festa piccante, con tanto d’imprenditori specializzati nel procurare ragazze all’amico Silvio, che ricalca lo schema del veglione per il Capodanno 2008 già descritto da “L’espresso, ma ambientato in Sardegna.
Ed è proprio lì, nel buen retiro gallurese del presidente del Consiglio, che in agosto, un nuovo andirivieni i giovani donne viene fissato in immagini. In quei giorni, vista da lassù, dalla cima della ripida salita che dal mare porta fino a villa La Certosa, davvero l’Italia sembra essersi trasformata in un grande reality. Giù nella baia, tra le vele e i motoscafi, il Grand Bleu del magnate russo Roman Abramovich si staglia placido e imponente con i suoi 112 metri di lunghezza, pronto a calare in acqua uno dei suoi cinque tender per condurre a terra il proprietario del Chelsea.
Più vicino a riva, guardato a vista dalla pilotina dei carabinieri solita pattugliare la scogliera quando il capo dell’esecutivo è in casa, ecco lo Sweet Dragon: il Magnum 70 che il Cavaliere si era regalato 14 anni prima, subito dopo la sua storica discesa in campo. I fotografi, appostati nella speranza d’immortalare Abramovich, riprendono la potente e veloce imbarcazione del premier mentre è in manovra d’attracco.
Così nella memoria di una Nikon finiscono alcune scene di vita quotidiana di villa La Certosa. Sono le immagini di sette sinuose ospiti di Berlusconi che entrano nella sua tenuta dopo una giornata di sole e salsedine. L’orologio digitale della macchina fotografica segna le 17,32 del 14 agosto. Quel giovedì, come era sempre accaduto a partire dal 2005, Berlusconi era atteso per la tradizionale cena di Ferragosto dalla sua amica e vicina di casa, Anna Bettozzi, una consulente immobiliare dall’età indefinita che, folgorata sulla via del rock, si è reinventata cantante con il nome d’arte di Ana Bettz. Ana e il marito ci rimangono però male, perché “lui”, questa volta, non arriva.
Si presenta invece il fratello Paolo, seguito poco dopo dalla sorella, recentemente scomparsa, Maria Antonietta. Paolo si giustifica: “Silvio non è potuto venire perché ha gente a cena “. E chi siano gli ospiti, o meglio l’ospite d’onore, lo racconteranno poi i giornali. Abramovich è alla Certosa, accompagnato da un gruppo di amici per discutere di affari, politica e soprattutto di calcio: in ballo c’è il rientro al Milan dell’attaccante Andriy Shevchenko, per nulla soddisfatto dell’esperienza londinese nelle fila del Chelsea. Le cronache della serata, come sempre accade quando si parla dei raduni conviviali di Berlusconi, sono però povere di particolari.
Si sa che Mariano Apicella ha allietato la compagnia cantando “Nel blu dipinto di blu”, “‘O sole mio”, e “‘O marenariello”; che ha accennato alla chitarra, in onore dell’ospite russo, “Oci ciornie” e che con Berlusconi ha anticipato alcuni brani del loro nuovo cd, in quel momento ancora in preparazione. Su tutto il resto, invece, è buio fitto. Non è chiaro se Veronica, da poco (momentaneamente) riconciliata col marito, sia presente in villa, né chi siano le ospiti femminili del premier. Una volta ingrandite, le foto scattate a riva e sulla barca del Cavaliere regalano comunque almeno quattro volti (e in qualche caso tatuaggi) straordinariamente somiglianti a quelli di ragazze destinate nei mesi successivi a fare molta carriera: tre stelline della tv (due protagoniste di reality e un’aspirante giornalista Mediaset), più una giovane promessa del Pdl. Inutile però cercare da loro conferme. “L’espresso” si è imbattuto in un muro di: “Non sono io” e di: “Mai stata a villa Certosa”.
(18 giugno 2009)
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Estate da papi (seconda parte)
di Marco Lillo e Peter Gomez
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L’esponente politico non ha poi nemmeno voluto specificare dove avesse trascorso il Ferragosto. Questa volta, insomma, per Berlusconi niente veline ma, almeno ufficialmente, solo sosia. Gli interrogativi sull’identità delle ragazze appaiono comunque destinati ad avere vita breve. Esistono infatti altri scatti degli ospiti del premier durante quella tre giorni ferragostana. A riprenderli è stato l’ormai celebre fotoreporter sardo Antonello Zappadu che, tra il 2006 e il 2009, ha documentato con pazienza gli atterraggi e i decolli a Olbia degli aerei utilizzati da Berlusconi ed è anche riuscito a fotografare ciò che accadeva accadeva all’interno del parco della villa. Zappadu, tra l’altro, ha immortalato il premier il 17 agosto 2008, mentre s’imbarca su un volo per Milano, dove va a seguire un’amichevole del Milan. E, il giorno successivo, a quanto risulta a “L’espresso”, ha pure fotografato un gruppo di giovani donne che si dirigono verso l’eliporto della tenuta. Con tutta probabilità le stesse che quattro giorni prima scendevano dal Magnum 70 del Cavaliere. In tutto sono 5 mila immagini messe in vendita sul mercato dei media internazionale da un’agenzia fotografica colombiana. Prima o poi, insomma, saranno pubblicate anche quelle, e molti dei segreti cadranno di botto. A svelare gli altri, invece, ci penserà forse la magistratura. A Bari la Procura indaga su due imprenditori sospettati di aver reclutato a pagamento alcune delle ospiti del premier. E molti pensano che sul reality di casa Berlusconi stiano per sfilare i titoli di coda.
(18 giugno 2009)
Liguori geloso di Berlusconi, vorrebbe essere un puttaniere ma le dimensioni del pene lo riducono ad essere un invidioso
E’ FINITO IL REGNO DI BERLUSCONI: CACCIATELO VIA A CALCI NEL SEDERE
Rischio logoramento che fa riaffiorare voci sulla successione
Il premier smentisce le ipotesi di governi tecnici
L’accenno è stato fatto per scansare voci e forse speranze di una crisi a breve del governo. Ma smentendo davanti ai vertici di Fiat e sindacato che Giulio Tremonti e Mario Draghi possano prendere il suo posto a palazzo Chigi, ieri Silvio Berlusconi ha ammesso che se ne parla. Ha confermato implicitamente che la sua leadership sta subendo un lento processo di appannamento; e che sotto traccia qualcuno forse ha ricominciato ad accarezzare il progetto della successione: Magari incoraggiato da qualcuno degli avversari del Cavaliere.
È verosimile che non si tratti né del ministro dell’Economia, né del governatore di Bankitalia; semmai, di questi piani Tremonti e Draghi sono vittime. C’è di più. Proprio per il modo in cui l’offensiva contro il premier sta avvenendo, qualunque possibilità di un delfinato riconosciuto diventa più difficile. Berlusconi non l’ha mai davvero preso in considerazione. Ed il sospetto che qualcuno ci stia lavorando è destinato ad acuire diffidenze e ostilità. Il Pd gli chiede di dare spiegazioni sugli episodi nei quali secondo la magistratura sarebbe coinvolto; oppure di andarsene. Ma il presidente del Consiglio sa di avere dalla sua parte il timore diffuso che una crisi improvvisa e traumatica crei un pericoloso vuoto di potere. Una caduta sull’onda di un’offensiva extrapolitica rischierebbe di lasciare il Paese senza una maggioranza; e con la prospettiva di un commissariamento di fatto dell’esecutivo, slegato dal responso elettorale: un ritorno agli ambigui governi «tecnici» dell’inizio degli Anni 90 del secolo scorso.
Va detto che si tratta di un’eventualità remota. Intanto, il sistema politico non è delegittimato come allora. La difesa a spada tratta da parte del Pdl, e quella «da garante», vagamente padronale, della Lega lasciano capire che per ora il pericolo non esiste. Viene rilanciata la tesi del complotto ordito da pezzi dell’opposizione e della magistratura. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, mostra un larvato scetticismo all’idea dell’«aggressione di un nemico, interno o esterno». Ma i più avvertiti nel centrodestra sanno che non si può prevedere quello che accadrebbe se e quando Berlusconi decidesse o fosse costretto ad un passo indietro.
Sta affiorando un problema, però. Riguarda le incognite ed i contraccolpi provocati dal viavai di un’umanità assai variopinta nelle residenze del premier. Basti pensare alle domande poste a Bruxelles sull’opportunità della candidatura di Mario Mauro alla presidenza dell’Europarlamento, viste le vicende private del capo del governo italiano. Il suo avvocato e consigliere, Niccolò Ghedini, ha già detto e ripetuto che Berlusconi non è ricattabile. Eppure, magari in modo strumentale, dall’opposizione fioccano domande pesanti, che rimandano alla zona grigia creata da queste frequentazioni: perfino per la sicurezza nazionale. Forse sono questi aspetti collaterali a far riflettere ed a preoccupare maggiormente.
Massimo Franco
19 giugno 2009
ahahahah certo liguori che lei è veramente ridicolo Almirante si è comportato secondo lei come uno che aiutava i terroristi ne più ne meno come la dirigenza compatta del PCI fino a quando non si è accorta che si stava sputtanando……….la base ha continuato a strizzare l’occhio ai brigatisti, quindi caro il signor antifascista non si riempia troppo la bocca di buonismo che i suoi macellai non differivano per nulla dai nostri ………
in alto i cuori Riccardo
NESSUN MACELLAIO E’ MIO AMICO
Riccardo, nessun macellaio e’ mio amico. E’ una vita che combatto tutti i dittatori e gli assassini. L’anno scorso, per aver detto che il presidente di Gibuti ha fatto assassinare il giudice francese Borrell, sono anche finito dietro le sbarre con l’accusa di diffamazione del capo dello Stato. Se non fosse intervenuta la signora Fois, cittadina francese e commissario di polizia a Gibuti, probabilmente sarei ancora al fresco.
Le cose dette da me su Almirante le ho lette sul libro di Telese (caso Ciccuttini) e su altri libri: anche molti di destra hanno ormai accettato questa verita’. E’ falso, invece, che il PCI abbia mai aiutato i terroristi: basta ricordare la linea della fermezza durante il caso Moro. Ho gia’ ricordato, infine, l’assassinio da parte delle BR dell’operaio comunista Guido Rossa.
Sono d’accordo co lei su di una cosa: A DESTRA C’ERANO E CI SONO MOLTI MACELLAI (MUSSOLINI, DUMINI, IZZO, FREDA, ZORZI, FIORAVANTI, ECC.).
ahahahahahahaah non ci resta che ridere………..guarda caso alcuni esponenti di spicco delle nuove BR erano addirittura sindacalisti della CGGL anche loro andati a scuola dai loro nonni o padri assassini dal foular rosso……..io non ho detto che lei va in giro sotto braqccio a dei macellai rossi, ma quanto meno non neghi lo strizzar dell’occhiolino che il PC ha fatto ai cari compagni che loro malgrado erano costretti dall’imperversare dei fascisti ad imbracciare le armi e abbattere come cani gente a destra e a manca …. abbia la cortezza di tacere se dalla mia parte politica abbiamo scheletri nell’armadio dalla sua nell’armadio non ci stanno prorpio più visto che voi compagni avete avuto altri 60 anni per continuare ad ammazzare gente in giro per il mondo……. peccato che non vi sono rimasti i nazisti da incolpare come avete fatto a Katin …………. e con questa chiudiamola e parliamo di cose più serie ………..
In alto i cuori
Riccardo
Grande Giampaolo Pansa intervistato da Silvia Tortora a “Big” su raidue. Il giornalista loda Telese, che gemtilmente ci ospita, e dichiara che la stampa è bugiarda. Vedremo presto “Il sangue dei vinti”, fiction in tv, finalmente.
Grande giornalista Silvia tortora. Viva il coraggio, la verità è scomoda.
AMMINISTRATIVE: UN’ALTRA BATOSTA PER BERLUSCONI
Il popolo elettorale, disgustato dalla porcocrazia di Berlusconi,ha deciso di punirlo in cabina elettorale.
CHE BATOSTA PER L’UTILIZZATORE FINALE.
A RICCARDO: NON MISCHIAMO IL TERRORISMO ED IL MOVIMENTO OPERAIO
Prima di tutto, io non ho scheletri negli armadi, perche’ non ho mai votato per il PCI. E’ vero che alcuni militanti del sindacato entrarono nelle BR, ma i dirigenti del sindacato e della sinistra mai. A destra invece avete avuto dirigenti violenti come Almirante e Rauti e deputati terroristi come Abbatangelo.
RISPETTIAMO LA VERITA’ STORICA E FINIAMOLA CON LA PROPAGANDA
LA CHIESA CONTRO L’ERODE DI ARCORE
Lettera del prete genovese al suo vescovo: “Avete fatto il diavolo a quattro
sulle convivenze e sul caso Englaro. Ma assolvete il premier da ogni immoralità”
“Perché trattate così bene Berlusconi?”
Don Farinella scrive al cardinal Bagnasco
“Io e molti credenti crediamo che così avete perduto autorità. Molti si allontanano dalla Chiesa per la vostra morale elastica”
di don PAOLO FARINELLA
Questa lettera, scritta da don Paolo Farinella, prete e biblista della diocesi di Genova al suo vescovo e cardinale Angelo Bagnasco, è stata inviata qualche settimana fa e circola da giorni su internet. Riguarda la vicenda Berlusconi, vista con gli occhi di un sacerdote. Alla luce degli ultimi fatti e della presa di posizione di Famiglia Cristiana che ha chiesto alla Chiesa di parlare, i suoi contenuti diventano attualissimi.
Egregio sig. Cardinale,
viviamo nella stessa città e apparteniamo alla stessa Chiesa: lei vescovo, io prete. Lei è anche capo dei vescovi italiani, dividendosi al 50% tra Genova e Roma. A Genova si dice che lei è poco presente alla vita della diocesi e probabilmente a Roma diranno lo stesso in senso inverso. E’ il destino dei commessi viaggiatori e dei cardinali a percentuale. Con questo documento pubblico, mi rivolgo al 50% del cardinale che fa il Presidente della Cei, ma anche al 50% del cardinale che fa il vescovo di Genova perché le scelte del primo interessano per caduta diretta il popolo della sua città.
Ho letto la sua prolusione alla 59a assemblea generale della Cei (24-29 maggio 2009) e anche la sua conferenza stampa del 29 maggio 2009. Mi ha colpito la delicatezza, quasi il fastidio con cui ha trattato – o meglio non ha trattato – la questione morale (o immorale?) che investe il nostro Paese a causa dei comportamenti del presidente del consiglio, ormai dimostrati in modo inequivocabile: frequentazione abituale di minorenni, spergiuro sui figli, uso della falsità come strumento di governo, pianificazione della bugia sui mass media sotto controllo, calunnia come lotta politica.
Lei e il segretario della Cei avete stemperato le parole fino a diluirle in brodino bevibile anche dalle novizie di un convento. Eppure le accuse sono gravi e le fonti certe: la moglie accusa pubblicamente il marito presidente del consiglio di “frequentare minorenni”, dichiara che deve essere trattato “come un malato”, lo descrive come il “drago al quale vanno offerte vergini in sacrificio”. Le interviste pubblicate da un solo (sic!) quotidiano italiano nel deserto dell’omertà di tutti gli altri e da quasi tutta la stampa estera, hanno confermato, oltre ogni dubbio, che il presidente del consiglio ha mentito spudoratamente alla Nazione e continua a mentire sui suoi processi giudiziari, sull’inazione del suo governo. Una sentenza di tribunale di 1° grado ha certificato che egli è corruttore di testimoni chiamati in giudizio e usa la bugia come strumento ordinario di vita e di governo. Eppure si fa vanto della morale cattolica: Dio, Patria, Famiglia. In una tv compiacente ha trasformato in suo privato in un affaire pubblico per utilizzarlo a scopi elettorali, senza alcun ritegno etico e istituzionale.
Lei, sig. Cardinale, presenta il magistero dei vescovi (e del papa) come garante della Morale, centrata sulla persona e sui valori della famiglia, eppure né lei né i vescovi avete detto una parola inequivocabile su un uomo, capo del governo, che ha portato il nostro popolo al livello più basso del degrado morale, valorizzando gli istinti di seduzione, di forza/furbizia e di egoismo individuale. I vescovi assistono allo sfacelo morale del Paese ciechi e muti, afoni, sepolti in una cortina di incenso che impedisce loro di vedere la “verità” che è la nuda “realtà”. Il vostro atteggiamento è recidivo perché avete usato lo stesso innocuo linguaggio con i respingimenti degli immigrati in violazione di tutti i dettami del diritto e dell’Etica e della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, con cui il governo è solito fare i gargarismi a vostro compiacimento e per vostra presa in giro. Avete fatto il diavolo a quattro contro le convivenze (Dico) e le tutele annesse, avete fatto fallire un referendum in nome dei supremi “principi non negoziabili” e ora non avete altro da dire se non che le vostre paroline sono “per tutti”, cioè per nessuno.
Il popolo credente e diversamente credente si divide in due categorie: i disorientati e i rassegnati. I primi non capiscono perché non avete lesinato bacchettate all’integerrimo e cattolico praticante, Prof. Romano Prodi, mentre assolvete ogni immoralità di Berlusconi.
Non date forse un’assoluzione previa, quando vi sforzate di precisare che in campo etico voi “parlate per tutti”? Questa espressione vuota vi permette di non nominare individualmente alcuno e di salvare la capra della morale generica (cioè l’immoralità) e i cavoli degli interessi cospicui in cui siete coinvolti: nella stessa intervista lei ha avanzato la richiesta di maggiori finanziamenti per le scuole private, ponendo da sé in relazione i due fatti. E’ forse un avvertimento che se non arrivano i finanziamenti, voi siete già pronti a scaricare il governo e l’attuale maggioranza che sta in piedi in forza del voto dei cattolici atei? Molti cominciano a lasciare la Chiesa e a devolvere l’8xmille ad altre confessioni religiose: lei sicuramente sa che le offerte alla Chiesa cattolica continuano a diminuire; deve, però, sapere che è una conseguenza diretta dell’inesistente magistero della Cei che ha mutato la profezia in diplomazia e la verità in servilismo.
I cattolici rassegnati stanno ancora peggio perché concludono che se i vescovi non condannano Berlusconi e il berlusconismo, significa che non è grave e passano sopra a stili di vita sessuale con harem incorporato, metodo di governo fondato sulla falsità, sulla bugia e sull’odio dell’avversario pur di vincere a tutti i costi. I cattolici lo votano e le donne cattoliche stravedono per un modello di corruttela, le cui tv e giornali senza scrupoli deformano moralmente il nostro popolo con “modelli televisivi” ignobili, rissosi e immorali.
Agli occhi della nostra gente voi, vescovi taciturni, siete corresponsabili e complici, sia che tacciate sia che, ancora più grave, tentiate di sminuire la portata delle responsabilità personali. Il popolo ha codificato questo reato con il detto: è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco. Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla tv, al 50% di proprietà personale e per l’altro 50% sotto l’influenza diretta del presidente del consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto d’interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamentali etici del nostro Paese? Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia, si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile svirilità? Perché non dite che con uomini simili non avete nulla da spartire come credenti, come pastori e come garanti della morale cattolica? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa?
Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita “dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale”? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete stati contaminati dall’eresia della Lega e del berlusconismo? Perché non dite che i cattolici che lo sostengono in qualsiasi modo, sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l’etica naturale condanna? Come sono lontani i tempi di Sant’Ambrogio che nel 390 impedì a Teodosio di entrare nel duomo di Milano perché “anche l’imperatore é nella Chiesa, non al disopra della Chiesa”. Voi onorate un vitello d’oro.
Io e, mi creda, molti altri credenti pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità. Per opportunismo, non per vangelo. Un governo dissipatore e una maggioranza, schiavi di un padrone che dispone di ingenti capitali provenienti da “mammona iniquitatis”, si è reso disposto a saldarvi qualsiasi richiesta economica in base al principio che ogni uomo e istituzione hanno il loro prezzo. La promessa prevede il vostro silenzio che – è il caso di dirlo – è un silenzio d’oro? Quando il vostro silenzio non regge l’evidenza dell’ignominia dei fatti, voi, da esperti, pesate le parole e parlate a suocera perché nuora intenda, ma senza disturbarla troppo: “troncare, sopire … sopire, troncare”.
Sig. Cardinale, ricorda il conte zio dei Promessi Sposi? “Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo … si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest’urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti… A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire” (A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. IX). Dobbiamo pensare che le accuse di pedofilia al presidente del consiglio e le bugie provate al Paese siano una “bagatella” per il cui perdono bastano “cinque Pater, Ave e Gloria”? La situazione è stata descritta in modo feroce e offensivo per voi dall’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che voi non avete smentito: “Alla Chiesa molto importa dei comportamenti privati. Ma tra un devoto monogamo [leggi: Prodi] che contesta certe sue direttive e uno sciupa femmine che invece dà una mano concreta, la Chiesa dice bravo allo sciupa femmine. Ecclesia casta et meretrix” (La Stampa, 8-5-2009).
Mi permetta di richiamare alla sua memoria, un passo di un Padre della Chiesa, l’integerrimo sant’Ilario di Poitier, che già nel sec. IV metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell’imperatore Costanzo, il Berlusconi cesarista di turno: “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro” (Ilario di Poitiers, Contro l’imperatore Costanzo 5).
Egregio sig. Cardinale, in nome di quel Dio che lei dice di rappresentare, ci dia un saggio di profezia, un sussurro di vangelo, un lampo estivo di coerenza di fede e di credibilità. Se non può farlo il 50% di pertinenza del presidente della Cei “per interessi superiori”, lo faccia almeno il 50% di competenza del vescovo di una città dove tanta, tantissima gente si sta allontanando dalla vita della Chiesa a motivo della morale elastica dei vescovi italiani, basata sul principio di opportunismo che è la negazione della verità e del tessuto connettivo della convivenza civile.
Lei ha parlato di “emergenza educativa” che è anche il tema proposto per il prossimo decennio e si è lamentato dei “modelli negativi della tv”. Suppongo che lei sappia che le tv non nascono sotto l’arco di Tito, ma hanno un proprietario che è capo del governo e nella duplice veste condiziona programmi, pubblicità, economia, modelli e stili di vita, etica e comportamenti dei giovani ai quali non sa offrire altro che la prospettiva del “velinismo” o in subordine di parlamentare alle dirette dipendenze del capo che elargisce posti al parlamento come premi di fedeltà a chi si dimostra più servizievole, specialmente se donne. Dicono le cronache che il sultano abbia gongolato di fronte alla sua reazione perché temeva peggio e, se lo dice lui che è un esperto, possiamo credergli. Ora con la benedizione del vostro solletico, può continuare nella sua lasciva intraprendenza e nella tratta delle minorenni da immolare sull’altare del tempio del suo narcisismo paranoico, a beneficio del paese di Berlusconistan, come la stampa inglese ha definito l’Italia.
Egregio sig. Cardinale, possiamo sperare ancora che i vescovi esercitino il servizio della loro autorità con autorevolezza, senza alchimie a copertura dei ricchi potenti e a danno della limpidezza delle verità come insegna Giovanni Battista che all’Erode di turno grida senza paura per la sua stessa vita: “Non licet”? Al Precursore la sua parola di condanna costò la vita, mentre a voi il vostro “tacere” porta fortuna.
In attesa di un suo riscontro porgo distinti saluti.
Genova 31 maggio 2009
Paolo Farinella, prete
(24 giugno 2009)
CONDANNATI GLI ASSASSINI DEL GIOVANE ALDOVRANDI
Condannati 4 poliziotti per morte di Aldrovandi
Quattro poliziotti di Ferrara – che il 25 settembre del 2005 intervennero in via Ippodromo per arrestare il 18enne Federico Aldrovandi dando vita a una colluttazione che fu seguita dalla morte del giovane – sono stati condannati per omicidio colposo, stasera, dal Tribunale di Ferrara per aver ecceduto nel loro intervento, piuttosto violento. Dovranno scontare tre anni e sei mesi di reclusione.
La pubblica accusa aveva chiesto per i quattro poliziotti una condanna a tre anni e otto mesi. In pratica, i quattro agenti – Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri – sono stati giudicati colpevoli di avere infierito sul giovane Aldrovandi – come ha sostenuto l’accusa – nonostante questi continuasse a chiedere aiuto, ammanettandolo con la mani dietro alla schiena e steso per terra a faccia in giù, in una posizione che secondo alcuni periti avrebbe causato un’asfissia posturale. Il processo si è svolto attraverso una serie di perizie e di controperizie mediche, tossicologiche, ecc., per accertare se la morte fosse da attribuire alla colluttazione seguita all’intervento violento degli agenti (per asfissia posturale o per un arresto cardiaco dovuto alla violenza dell’arresto) o se invece il giovane, come ha ipotizzato la difesa degli agenti, non fosse sotto l’effetto di sostanze assunte la notte prima dell’arresto in un locale di Bologna. Il giudice monocratico, dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, ha deciso per la colpevolezza degli imputati. Alla lettura della sentenza c’è stato un applauso e l’abbraccio in aula dei genitori e del fratello del giovane Aldrovandi, che in questi anni si sono battuti per cercare la verità. I difensori dei poliziotti hanno preannunciato appello.
06 luglio 2009
LORENZ… BAKUNIN… ILARIA ’85… RAFFAELE… LUCA…. SEGA OBONGO… E TUTTI GLI ALTRI, DOVE SIETE? POSSIBILE CHE VOGLIATE DARLA VINTA A LIGUORI^
LA VITTORIA DI LIGUORI, LA SCONFITTA DEI FASCISTI
Caro Diogene, e’ chiaro che io o vinto e voi avete perso. TUTTO QUELLO CHE AVEVO SCRITTO SU BERLUSCONI SI E’ DIMOSTRATO VERO.
I TUOI AMICI DI DESTRA HANNO ORA VERGOGNA DI SCRIVERTI, PERCHE’ SANNO DI AVERE TORTO E DI AVER VOTATO PER UN DELINQUENTE.
UN DELINQUENTE DI NOME BERLUSCONI
HuffingtonPost: Berlusconi nella classifica dei dieci peggiori leader mondiali
di Massimo Solani
Come non bastassero i sondaggi che danno la sua popolarità in crollo fra gli italiani (49% secondo Ipr Marketing) adesso Silvio Berlusconi deve fare i conti anche con la considerazione di cui gode (o meglio non gode) fra la stampa estera. Se infatti quotidiani e siti Internet continuano a rilanciare le nuove indiscrezioni sullo scandalo escort, il premier italiano ora scopre di essere stato inserito nella non certo lusinghiera classifica stilata dal famoso blog a stelle e strisce huffingtonpost.com: ne fanno parte, si legge sul sito, i dieci peggiori leader del globo. “Il mondo è pieno di cattivi leaders – spiega quello che secondo il londinese Observer è il blog più influente del pianeta – dai dittatori ai buffoni inclini alle gaffe. Ma qualcuno di loro è sicuramente peggio degli altri”. E il peggiore, secondo i voti dei lettori, è l’Ayatollah iraniano Ali Khamenei. Suprema autorità – scrive il blog – di un paese che finge democrazia brutalizzando la popolazione ogni volta che esprime dissenso”. Al secondo posto il re saudita Abdallah bin Abd al Aziz al Saud custode, secondo il blog, del “più oppressivo sistema al mondo contro le donne. I diritti delle donne in Arabia Saudita – prosegue l’Huffingtonpost – sono così limitati che sono costrette a chiedere il permesso degli uomini per praticamente qualsiasi cosa, incluso lavorare, studiarte, viaggiare o sposarsi”. Terzo gradino del poco appetibile podio per il “caro leader” della Corea del Nord Kim Jong Il che, secondo HuffPost, scala posizioni per le sue posizioni sui test nucleari e per le dramatiche violazioni dei diritti umani. Fuori dal podio il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe (“ha ridotto al collasso quella che era una delle più forti economie dell’Africa ed è regolarmente criticato per gli abusi sui diritti umani”). Quinto classificato, fra i voti dei lettori, Omar al-Bashir del Sudan (“sotto accusa alla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Darfur”, scrive l’HuffPost), che precede il dittatore birmano Than Shwe e quello libico Muammar Gheddafi (“ha mantenuto il potere elargendo sentenze di morte per i dissidenti e torture, scrive il blog). Ottavo posto per Hugo Chavez, che precede di un solo posto il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. “A fasi alterne primo ministro italiano dal 1994 e terzo uomo più ricco del paese – scrive l’Huffingtonpost – Berlusconi frequenta i media mondiali grazie ai molti scandali, spesso relativi alle donne. Berlusconi al momento sta affrontando un divorzio pubblico da sua moglie Veronica Lario a causa, frta le altre cose, della sua partecipazione alla festa dei diciotto anni di una ragazza (lui ne ha 73). Oltre ad una infinita serie di gaffe – prosegue il blog – Berlusconi una volta si è complimentato con Obama per la sua abbronzatura”. Chiude la classifica il presidente cinese Hu Jintao.
L’UNITA’, 22 luglio 2009
Caro Diogene,
Io sono qui (niente soldi per le ferie!), ma sono settimane che non apro il blog… siamo ancora al tema del 21 aprile, più nessuno posta nulla (con l’eccezione che ben sai!), insomma,si direbbe che non frega più nulla a nessuno, Luca compreso, per cui, che scrivo a fare?
Le carceri scoppiano di nuovo…un sistema così inefficente che sembra una comica. I detenuti vanno rieducati non mondezzati.
Sono stato a l’Aquila, ho visto e parlato. L’Aquila va a aiutata con gesti coraggiosi, tipo la promozione di un grande concerto da svolgersi in un campo, in estrema sicurezza, tipo Woodstock, alla Bob Geldof per intenderci, chi sarà il coraggioso che ci arriverà prima?
Via dall’Afghanistan, quelli sono peggio dei vietcong e noi siamo servi di una cultura consumista,subamericana, che non potrà avere la meglio. Sarebbe diverso se portassimo CIVILTA’ ROMANA e CRISTIANA. Se non fossimo servi di Usa e getta.
Quindi meglio andare in Somalia, riannodare le radici, servi di nessuno.
INSABATO NON METTERE LE BOMBE AL MANIFESTO
Quello usato da Andrea era un grosso petardo della serie di quelli usati, per festeggiare il capodanno!Altrimenti sulle scale del Manifesto, vi era non un reduce, ma una poltiglia di carne buona per fare il sugo e il condimento al ragù sulla pastasciutta.
INSABATO NON METTERE I PETARDI AL MANIFESTO
Insomma per fare un paragone, sono simili ai razzi di Hamas, che sfondavano i solai e rompevano i vetri di qualche abitazione di coloni ebrei,comunque facendo meno morti, di quanti ne muoiono di giovani in un tranquillo e ordinario fine settimana italiota, sulle strade, reduci dalle discoteche sfatti di droga e alcool. Andrea è sicuramente da biasimare per quel gesto, però è un’ “anima bella”visto i mezzi usati e l’inettitudine pratica al loro uso e per questo,innocuo!
Come Cuori Neri il pezzo di Luca Telese è un ritaglio di vita ma che non appartiene solo a lui come giornalista non di destra parola antistorica e ottocentesca quanto la sinistra, ma alle persone per bene che per Giuseppe Rossi appartengono solo al mondo antifascista. Al mondo di Scalfaro che come magistrato aveva mandato a morte sei giovani con processi durati poche ore e sei Ave Maria. Cosa hanno a che fare i liberatori americani della CIA, i massacratori impuniti di Italiani che con i loro lanci di bombe per la popolazione civile e di armi per i partigiani, combatterono contro i cuori neri, fra cui con orgoglio mi annovero? Io c’ero e avevo quindici anni.
Come pro- memoria comincio a raccontare questo. Non mi si risponda girando l’angolo ne tirando fuori Obama e la Cia, m confrontiamoci sui fatti. Quale parola non é vera del mio racconto? Ecco la sfida: sulla Storia vissuta e non raccontata dai vincitori. Lasciamo per ora Obama a litigare con il suo grande elettore Soros, amico di Prodi.
C’era una volta l’Italia
Il titolo di questo capitolo dedicato alla mafia non potrebbe essere più appropriato di questo da me scelto. Si dice, ed è indubbiamente vero, che la mafia sia il grande male, il cancro incurabile che. con le sue mille propaggini metastatiche, affligge il nostro bel paese per la sua profonda e storica radicazione nei costumi di alcune popolazioni del sud, e non solo, e perfino in alcuni ambienti della politica e della finanza. Se questo è vero, ed è indubbiamente vero, possiamo a buona ragione affermare che il sogno oggi utopico di chi vorrebbe vedere l’Italia sconfiggere le mafie, qualunque fosse il loro nome, si era avverato un giorno non tanto lontano. L’artefice di questa realizzazione fu il prefetto Cesare Mori, che non avrebbe, successivamente, nascosto la sua simpatia per Farinacci.
Il Prefetto Mori, malgrado quella simpatia per uno dei più decisi e discussi esponenti del fascismo, era un uomo degno della fama che si sarebbe guadagnata al servizio di Mussolini ma che, nel suo servizio di uomo d’ordine a Bologna nella repressione delle violenze non guardava il colore di chi la praticava. Fu così che nel capoluogo emiliano, nell’estate 1922 si svolse un minaccioso raduno di migliaia di fascisti per protestare contro la dura repressione della loro attività svolta da Mori. Ed ebbero momentaneamente ragione, senonché…
Per il raggiungimento dei suoi obiettivi Mussolini aveva una straordinaria capacità di scegliere gli uomini giusti da mettere al posto giusto e per il tempo necessario a svolgere i compiti affidati, senza preoccuparsi di fare scelte che fossero più o meno gradite al suo “entourage”. In base a questa considerazione egli non ebbe remore a richiamare in servizio il Prefetto Mori, inviso a molti dei suoi.
Egli fu quindi scelto personalmente da Mussolini che gli conferì pieni poteri al fine di sconfiggere la mafia. Dopo l’ottimo lavoro svolto a Trapani, ove Federzoni l’aveva chiamato a fare il Commissario, nel 1925, su ordine di Benito Mussolini, Cesare Mori fu nominato prefetto di Palermo. Gli furono conferiti personalmente dal Duce poteri straordinari su tutta l’isola, con l’incarico di sradicare la mafia con qualsiasi mezzo. Si insediò quindi a Palermo il 22 ottobre dello stesso anno e vi rimase fino al 1929. Questo il testo del telegramma inviatogli da Mussolini: “ …Vostra Eccellenza ha carta bianca, l’autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi.. “. E Cesare Mori, il prefetto di ferro, riuscì in tempi brevi a compiere questa straordinaria impresa.
Per descrivere quale fosse l’atmosfera che anticipava di qualche mese l’ingresso impetuoso del Prefetto di ferro a Palermo, che già si era fatto conoscere come Commissario a Trapani, ci soccorre il discorso elettorale dell’ex capo del governo Vittorio Emanuele Orlando da Partinico:
“Or vi dico, signori, che se per mafia si intende il senso dell’onore portato fino all’esagerazione, l’insofferenza contro ogni prepotenza e sopraffazione, portata sino al parossismo, la generosità che fronteggia il forte ma indulge al debole, la fedeltà alle amicizie, più forti di tutto, anche della morte. Se per mafia si intendono questi sentimenti, e questi atteggiamenti, sia pure con i loro eccessi, allora in tal senso si tratta di contrassegni individuali dell’anima siciliana, e mafioso mi dichiaro io e sono fiero di esserlo!”
Certamente non si può dire che il compito affidato a Mori fosse allora fra i più semplici, ma fu semplice e sbrigativo il modo di interpretare come darvi soluzione.
E’ opinione comune oggi che per sconfiggere la mafia sia indispensabile ricorrere ai pentiti che rappresentano il bisturi per l’estirpazione chirurgica del male; ma un bisturi infetto potrebbe anche estendere la piaga anziché curarla.
Altro fu il bisturi impiegato da Mori che, insediatosi a Palermo nell’Ottobre 1925, mise sotto assedio il paese di Gangi e lo occupò con carabinieri non disdegnando nemmeno l’apporto delle Camicie Nere della Milizia Volontaria per la Sicurezza dello Stato che, creata nel 1923 con scopi più politici, fu da Mori per la prima volta impiegata per il ripristino della legalità in territorio mafioso.
Per la verità in quell’occasione si verificò il caso di pentitismo del proprietario terriero barone Sgadari che il prefetto di ferro utilizzò per convincere alla resa i latitanti ed i resistenti. In soli due anni le truppe mafiose superstiti vennero sconfitte, a suon di rastrellamenti e sortite in perfetto stile militare, tanto che gli elementi più rappresentativi furono costretti a darsi alla fuga verso quel paese che “era una volta l’America”, ove poter meglio specializzarsi ed addestrarsi al mestiere di gangster.
Di là, ben pasciuti ed acculturati nel fertile terreno maturato negli ambienti dei mafiosi fuoriusciti dall’Italia, ci vennero rispediti dagli alleati nel primo atto della liberazione iniziata in Sicilia nel Luglio 1943. Per la verità storica già dal 1941 era cominciato l’arruolamento da parte dei Servizi Strategici dei boss mafiosi siciliani.
Nei porti americani si annidavano covi di spie italo-tedesche tanto che i sommergibili dell’Asse furono in grado di affondare, vicino alle coste Atlantiche Statunitensi, centinaia di navi USA nella totale impotenza dei servizi di controspionaggio. Solo il ricorso al fuoriuscito Luki Luciano, vittima mafiosa del Fascismo, che allora stava scontando quindici anni di carcere per le sue imprese criminali compiute negli Stati Uniti, permise di risolvere il problema. L’organizzazione mafiosa capeggiata da Frank Costello riuscì dove non poterono i potenti servizi del controspionaggio USA e l’attività di spionaggio ebbe termine. Dalle odierne vicende ci sembra di arguire che, nella diplomazia dei protessori di libertà, non molto sia cambiato. Peccato che il mondo se ne accorga solo ora.
Quando le truppe Americane sbarcarono in Sicilia accanto alle loro bandiere sventolava una bandiera gialla con una doppia “L”; non era la “L” di Libertà ma era il segnale in codice mafioso che con Luki Luciano, il boss mafioso transfuga, ritornava con la libertà anche il potere della mafia ed era l’inizio documentato della sua collusione con la politica. Secondo alcuni questa sarebbe la ragione per cui gli alleati avrebbero scelto la Sicilia per il loro sbarco sul territorio Italiano e l’ipotesi è verosimile. D’altra parte la Commissione antimafia nell’anno 1976 presentava alle Camere la sua relazione conclusiva che così recitava: “il Naval Intelligence Service” organizzò una apposita squadra, la “Target section”, incaricandola di raccogliere le necessarie informazioni ai fini dello sbarco e della preparazione psicologica della Sicilia. Fu così predisposta una fitta rete informativa, che stabilì preziosi collegamenti con la Sicilia, e mandò nell’isola un numero sempre maggiore di collaboratori e di informatori. Ma l’episodio certo più importante è quello che riguarda la parte avuta nella preparazione dello sbarco da Lucky Luciano, uno dei capi riconosciuti della malavita americana di origine siciliana.”
Al simbolo della doppia L i mafiosi siciliani uscirono dalla clandestinità. Mi sfugge a questo punto perché non sia stata conferita a questo salvatore della Patria qualche meritata onorificenza.
Così, mentre i nostri soldati cadevano nella difesa del territorio Patrio, lo spionaggio mafioso infiltrato dietro le nostre linee ne segnalava le posizioni al nemico. Già nel 1942 il Colonnello Charles Poletti, che diverrà il governatore militare dell’Italia occupata dagli alleati, aveva trovato ospitalità, assieme ad un folto numero di infiltrati italo-americani, nella Sicilia che stava tornando nel dominio della mafia. Il boss Luki Luciano venne graziato nel 1946 “per grandi servizi resi agli States durante la guerra”.
Il superboss Vito Genovese, anch’egli graziato, fu addirittura arruolato prestando servizio presso il quartiere generale alleato di Nola e funse come interprete del Colonnello Poletti.
Nella Sicilia ritornata libera, come primo atto istituzionale, il capomafia Calogero Vizzini, il Provenzano dell’epoca, fu nominato sindaco di Villalba ricevendo l’investitura nel nome del popolo Italiano da un ufficiale Americano.
Giuseppe Genco Russo fu fatto sindaco di Musomeli e a Vincenzo Di Carlo venne affidata la responsabilità dell’ufficio per la requisizione del grano.
Max Mugnani, trafficante di droga, fu nominato, forse per la sua antica esperienza, depositario dei magazzini farmaceutici americani in Sicilia. I mafiosi, che erano tornati ad operare alla luce del sole, instaurarono subito gli antichi rapporti con il mondo politico.
Negli allegati alla relazione della Commissione Antimafia si legge: “Già verso la fine del 1944 Calogero Vizzini orientò le sue scelte politiche verso la DC”. E non furono soltanto quelle qui brevemente elencate le uniche cariche pubbliche poste nelle fidate mani della nuova classe dirigente Siciliana; di quello scempio l’Italia piange ancora le luttuose conseguenze. Una delle promesse estorte dai mafiosi agli Americani fu il separatismo siciliano donde il Movimento Indipendentista Siciliano, il bandito Giuliano, la sua banda ed altri morti.
Stiamo tragicamente arrivando ai nostri giorni, ma la storia della lotta alla mafia non terminò nell’anno 1929, quando il Prefetto Cesare Mori lasciò il suo incarico per quello più comodo di Senatore del Regno.
Non pare vero ai critici della storia del Fascismo di raccontare la favola che l’opera di Cesare Mori fosse invisa ad ambienti Fascisti in qualche modo legati alla mafia. Nulla di più falso perché nessuno può in buona fede affermare che fino al 1943 la mafia in Italia avesse potuto rialzare la testa.
Altro argomento denigratorio, per la verità in contraddizione con la prima tesi, è insito nella critica ai metodi brutali impiegati dal Prefetto, veri e propri metodi fascisti; fu quella la necessaria “violenza chirurgica” atta ad estirpare la mala pianta con le sue radici che, per essere chirurgica, aveva il compito di ripristinare il criterio di legalità e restituire autorità alle istituzioni. Raggiunto lo scopo, e non ci sono dubbi, dato che i processi e le severe punizioni continuarono, l’opera del Prefetto non aveva più ragione di essere, salvo che non si volesse continuare sul piano militare.
Il Prefetto di ferro aveva, d’altra parte, ricevuto da Mussolini la sua personale investitura ed una lapidaria consegna in quattro inderogabili punti:
1) Ottenere subito un successo clamoroso (e lo ottenne deportando nelle isole migliaia di sospetti, impiegando anche l’esercito e ponendo l’assedio a interi paesi dominati dai briganti).
2) Seminare il terrore: se la mafia fa paura, lo Stato deve farne di più.
3) Distinguere fra “pesci grossi” e “pesci piccoli”; massima durezza con i primi, tolleranza con i secondi.
4) Riaprire tutti i processi di mafia precedentemente archiviati.
I maxi processi alla mafia voluti da Falcone e Borsellino ebbero uno storico precedente nei processi di mafia dell’epoca che contavano oltre cento imputati per volta e comminarono numerosi ergastoli fra cui quello al boss mafioso don Vito Cascio Ferro. Un valoroso Magistrato che affiancò coraggiosamente l’opera bonificatrice del Prefetto Cesare Mori a riaprire e ad istruire i vecchi e nuovi processi di mafia fu il Procuratore Generale di Palermo Luigi Gianpietro cui fu affiancato il delegato Calabrese Francesco Spanò.
L’opera di Cesare Mori in Sicilia fu rigorosa anche nei confronti dei fascisti locali che potessero apparire in odore di mafia tanto da arrivare a sciogliere la federazione del Fascio di Palermo per supposte infiltrazioni mafiose. Nell’occasione venne colpito anche Alfredo Cucco, professore Universitario e scienziato di grande fama, Fascista della prima ora e membro del Gran Consiglio del Fascismo. Egli fu allontanato dal PNF dallo stesso Mussolini per indicazione di Mori.
L’episodio raccontato dimostra chiaramente il potere attribuito al Prefetto Mori e nel tempo stesso la determinazione assoluta del Fascismo di colpire la mafia ovunque si annidasse. Il Professore Alfredo Cucco, che da sempre aveva combattuto la mafia, era in realtà un integerrimo galantuomo e fu in grado di dimostrare in tribunale la sua piena innocenza. La sua riabilitazione fu completa ed egli potè tornare alla sua stimata professione di medico oculista, ai suoi studi di medicina e alla sua immutata passione politica che lo vide con continuità nella Repubblica Sociale e nel Movimento Sociale Italiano.
Alfredo Cucco in tutta la sua attività politica fu un grande avversario dei grandi proprietari terrieri Siciliani e riteneva che l’azione di Mori non li colpisse decisamente come lui avrebbe voluto. D’altra parte la strategia del Prefetto di Ferro si basava sul presupposto che i mafiosi appartenessero essenzialmente al ceto medio rurale, gabelloti, campieri, guardiani e loro sovrastanti, e tenessero in soggezione tanto i grandi proprietari terrieri quanto i ceti più poveri. Secondo questa teoria i proprietari dei latifondi siciliani erano incolpevoli vittime della mafia cui soggiacevano per viltà o quieto vivere per cui eliminato il “ceto medio mafioso”, anche i latifondisti si sarebbero liberati del doppio ruolo di collaboratori e vittime dei mafiosi. A dimostrazione di questa teoria, efficacemente applicata dal Prefetto di Ferro, parlano le innegabili cifre dei risultati raggiunti fino dal primo anno: nella provincia di Palermo gli omicidi scesero da 268 nel 1925 a 77 nel 1926, le rapine da 298 a 46, e anche gli altri crimini diminuirono drasticamente.
Pentiti di mafia hanno riconosciuto il grave stato di difficoltà in cui si ritrovarono dopo quegli anni che costrinsero le principali famiglie mafiose ad emigrare negli Stati Uniti per costituire la loro Fondazione dal nome di “Casa Nostra”.
Questa fu l’unica emigrazione voluta e veramente appoggiata dal Regime Fascista. Alfredo Cucco, come abbiamo visto, aveva da sempre ritenuto, diversamente da Mori, che il principale obiettivo da colpire fosse la grande proprietà terriera accentrata nelle mani di pochi.
Del resto la nuova politica bonificatrice iniziata da Mussolini in campo agrario e sociale andava proprio in questo senso dato che, per la forte accelerazione data alla lotta al latifondo, nella sola Sicilia, dal 1911 al 1926, il numero dei proprietari di terre era passato da 54.460 a 222.612. Il capitolo mafia finì, o fu sotterrato nella clandestinità, con l’avvento del Fascismo e dopo pochi anni di energica pulizia; ogni altra chiacchiera sta a zero.
Mi siano raccontati fatti veri, avvenimenti in grado di dimostrare il contrario; io non ne conosco. Il fuoriuscitismo mafioso cessò con la sua alleanza ai liberatori Americani quando la mafia siciliana potè uscire dalla clandestinità e ritornare, anche lei liberata, nella patria Sicilia.
L’attività di Polizia e dei carabinieri verso la malavita organizzata non fu limitata a Calabria e Sicilia ma fu estesa a tutto il territorio nazionale ed in particolare in Campania.
Contrastata duramente nel territorio metropolitano la camorra napoletana non trovò di meglio che migrare anch’essa negli Stati Uniti ed in parte disperdersi nelle province campane ove era più facile mimetizzarsi, agendo isolatamente, nei commerci locali e nelle attività agricole.
Nell’Aversano nel 1927, anno di cui i camoristi locali terranno a lungo buona memoria, le forze dell’ordine furono protagonisti di una gigantesca retata che assicurò alla giustizia quattromila fra camorristi ed affiliati.
Il prefetto Mori non fu un esempio isolato; era lo Stato che riprendeva prepotentemente possesso del suo territori.
Possiamo anche noi chiudere qui il nostro breve racconto.
La storia successiva della mafia, riapertasi tragicamente nel Luglio del 1943, non è ancora chiusa, né sappiamo quando lo sarà e se mai lo sarà, per essere raccontata, in un domani lontano, come ho potuto fare con il mio “c’era una volta…”.
Come Cuori Neri il pezzo di Luca Telese è un ritaglio di vita ma che non appartiene solo a lui come giornalista non di destra parola antistorica e ottocentesca quanto la sinistra, ma alle persone per bene che per Giuseppe Rossi appartengono solo al mondo antifascista. Al mondo di Scalfaro che come magistrato aveva mandato a morte sei giovani con processi durati poche ore e sei Ave Maria. Cosa hanno a che fare i liberatori americani della CIA, i massacratori impuniti di Italiani che con i loro lanci di bombe per la popolazione civile e di armi per i partigiani, combatterono contro i cuori neri, fra cui con orgoglio mi annovero? Io c’ero e avevo quindici anni.
Come pro- memoria comincio a raccontare questo. Non mi si risponda girando l’angolo né tirando fuori Obama e la Cia, m confrontiamoci sui fatti. Quale parola non é vera del mio racconto? Ecco la sfida: sulla Storia vissuta e non raccontata dai vincitori. Lasciamo per ora Obama a litigare con il suo grande elettore Soros, amico di Prodi.
C’era una volta l’Italia
Il titolo di questo capitolo dedicato alla mafia non potrebbe essere più appropriato di questo da me scelto. Si dice, ed è indubbiamente vero, che la mafia sia il grande male, il cancro incurabile che. con le sue mille propaggini metastatiche, affligge il nostro bel paese per la sua profonda e storica radicazione nei costumi di alcune popolazioni del sud, e non solo, e perfino in alcuni ambienti della politica e della finanza. Se questo è vero, ed è indubbiamente vero, possiamo a buona ragione affermare che il sogno oggi utopico di chi vorrebbe vedere l’Italia sconfiggere le mafie, qualunque fosse il loro nome, si era avverato un giorno non tanto lontano. L’artefice di questa realizzazione fu il prefetto Cesare Mori, che non avrebbe, successivamente, nascosto la sua simpatia per Farinacci.
Il Prefetto Mori, malgrado quella simpatia per uno dei più decisi e discussi esponenti del fascismo, era un uomo degno della fama che si sarebbe guadagnata al servizio di Mussolini ma che, nel suo servizio di uomo d’ordine a Bologna nella repressione delle violenze non guardava il colore di chi la praticava. Fu così che nel capoluogo emiliano, nell’estate 1922 si svolse un minaccioso raduno di migliaia di fascisti per protestare contro la dura repressione della loro attività svolta da Mori. Ed ebbero momentaneamente ragione, senonché…
Per il raggiungimento dei suoi obiettivi Mussolini aveva una straordinaria capacità di scegliere gli uomini giusti da mettere al posto giusto e per il tempo necessario a svolgere i compiti affidati, senza preoccuparsi di fare scelte che fossero più o meno gradite al suo “entourage”. In base a questa considerazione egli non ebbe remore a richiamare in servizio il Prefetto Mori, inviso a molti dei suoi.
Egli fu quindi scelto personalmente da Mussolini che gli conferì pieni poteri al fine di sconfiggere la mafia. Dopo l’ottimo lavoro svolto a Trapani, ove Federzoni l’aveva chiamato a fare il Commissario, nel 1925, su ordine di Benito Mussolini, Cesare Mori fu nominato prefetto di Palermo. Gli furono conferiti personalmente dal Duce poteri straordinari su tutta l’isola, con l’incarico di sradicare la mafia con qualsiasi mezzo. Si insediò quindi a Palermo il 22 ottobre dello stesso anno e vi rimase fino al 1929. Questo il testo del telegramma inviatogli da Mussolini: “ …Vostra Eccellenza ha carta bianca, l’autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi.. “. E Cesare Mori, il prefetto di ferro, riuscì in tempi brevi a compiere questa straordinaria impresa.
Per descrivere quale fosse l’atmosfera che anticipava di qualche mese l’ingresso impetuoso del Prefetto di ferro a Palermo, che già si era fatto conoscere come Commissario a Trapani, ci soccorre il discorso elettorale dell’ex capo del governo Vittorio Emanuele Orlando da Partinico:
“Or vi dico, signori, che se per mafia si intende il senso dell’onore portato fino all’esagerazione, l’insofferenza contro ogni prepotenza e sopraffazione, portata sino al parossismo, la generosità che fronteggia il forte ma indulge al debole, la fedeltà alle amicizie, più forti di tutto, anche della morte. Se per mafia si intendono questi sentimenti, e questi atteggiamenti, sia pure con i loro eccessi, allora in tal senso si tratta di contrassegni individuali dell’anima siciliana, e mafioso mi dichiaro io e sono fiero di esserlo!”
Certamente non si può dire che il compito affidato a Mori fosse allora fra i più semplici, ma fu semplice e sbrigativo il modo di interpretare come darvi soluzione.
E’ opinione comune oggi che per sconfiggere la mafia sia indispensabile ricorrere ai pentiti che rappresentano il bisturi per l’estirpazione chirurgica del male; ma un bisturi infetto potrebbe anche estendere la piaga anziché curarla.
Altro fu il bisturi impiegato da Mori che, insediatosi a Palermo nell’Ottobre 1925, mise sotto assedio il paese di Gangi e lo occupò con carabinieri non disdegnando nemmeno l’apporto delle Camicie Nere della Milizia Volontaria per la Sicurezza dello Stato che, creata nel 1923 con scopi più politici, fu da Mori per la prima volta impiegata per il ripristino della legalità in territorio mafioso.
Per la verità in quell’occasione si verificò il caso di pentitismo del proprietario terriero barone Sgadari che il prefetto di ferro utilizzò per convincere alla resa i latitanti ed i resistenti. In soli due anni le truppe mafiose superstiti vennero sconfitte, a suon di rastrellamenti e sortite in perfetto stile militare, tanto che gli elementi più rappresentativi furono costretti a darsi alla fuga verso quel paese che “era una volta l’America”, ove poter meglio specializzarsi ed addestrarsi al mestiere di gangster.
Di là, ben pasciuti ed acculturati nel fertile terreno maturato negli ambienti dei mafiosi fuoriusciti dall’Italia, ci vennero rispediti dagli alleati nel primo atto della liberazione iniziata in Sicilia nel Luglio 1943. Per la verità storica già dal 1941 era cominciato l’arruolamento da parte dei Servizi Strategici dei boss mafiosi siciliani.
Nei porti americani si annidavano covi di spie italo-tedesche tanto che i sommergibili dell’Asse furono in grado di affondare, vicino alle coste Atlantiche Statunitensi, centinaia di navi USA nella totale impotenza dei servizi di controspionaggio. Solo il ricorso al fuoriuscito Luki Luciano, vittima mafiosa del Fascismo, che allora stava scontando quindici anni di carcere per le sue imprese criminali compiute negli Stati Uniti, permise di risolvere il problema. L’organizzazione mafiosa capeggiata da Frank Costello riuscì dove non poterono i potenti servizi del controspionaggio USA e l’attività di spionaggio ebbe termine. Dalle odierne vicende ci sembra di arguire che, nella diplomazia dei protessori di libertà, non molto sia cambiato. Peccato che il mondo se ne accorga solo ora.
Quando le truppe Americane sbarcarono in Sicilia accanto alle loro bandiere sventolava una bandiera gialla con una doppia “L”; non era la “L” di Libertà ma era il segnale in codice mafioso che con Luki Luciano, il boss mafioso transfuga, ritornava con la libertà anche il potere della mafia ed era l’inizio documentato della sua collusione con la politica. Secondo alcuni questa sarebbe la ragione per cui gli alleati avrebbero scelto la Sicilia per il loro sbarco sul territorio Italiano e l’ipotesi è verosimile. D’altra parte la Commissione antimafia nell’anno 1976 presentava alle Camere la sua relazione conclusiva che così recitava: “il Naval Intelligence Service” organizzò una apposita squadra, la “Target section”, incaricandola di raccogliere le necessarie informazioni ai fini dello sbarco e della preparazione psicologica della Sicilia. Fu così predisposta una fitta rete informativa, che stabilì preziosi collegamenti con la Sicilia, e mandò nell’isola un numero sempre maggiore di collaboratori e di informatori. Ma l’episodio certo più importante è quello che riguarda la parte avuta nella preparazione dello sbarco da Lucky Luciano, uno dei capi riconosciuti della malavita americana di origine siciliana.”
Al simbolo della doppia L i mafiosi siciliani uscirono dalla clandestinità. Mi sfugge a questo punto perché non sia stata conferita a questo salvatore della Patria qualche meritata onorificenza.
Così, mentre i nostri soldati cadevano nella difesa del territorio Patrio, lo spionaggio mafioso infiltrato dietro le nostre linee ne segnalava le posizioni al nemico. Già nel 1942 il Colonnello Charles Poletti, che diverrà il governatore militare dell’Italia occupata dagli alleati, aveva trovato ospitalità, assieme ad un folto numero di infiltrati italo-americani, nella Sicilia che stava tornando nel dominio della mafia. Il boss Luki Luciano venne graziato nel 1946 “per grandi servizi resi agli States durante la guerra”.
Il superboss Vito Genovese, anch’egli graziato, fu addirittura arruolato prestando servizio presso il quartiere generale alleato di Nola e funse come interprete del Colonnello Poletti.
Nella Sicilia ritornata libera, come primo atto istituzionale, il capomafia Calogero Vizzini, il Provenzano dell’epoca, fu nominato sindaco di Villalba ricevendo l’investitura nel nome del popolo Italiano da un ufficiale Americano.
Giuseppe Genco Russo fu fatto sindaco di Musomeli e a Vincenzo Di Carlo venne affidata la responsabilità dell’ufficio per la requisizione del grano.
Max Mugnani, trafficante di droga, fu nominato, forse per la sua antica esperienza, depositario dei magazzini farmaceutici americani in Sicilia. I mafiosi, che erano tornati ad operare alla luce del sole, instaurarono subito gli antichi rapporti con il mondo politico.
Negli allegati alla relazione della Commissione Antimafia si legge: “Già verso la fine del 1944 Calogero Vizzini orientò le sue scelte politiche verso la DC”. E non furono soltanto quelle qui brevemente elencate le uniche cariche pubbliche poste nelle fidate mani della nuova classe dirigente Siciliana; di quello scempio l’Italia piange ancora le luttuose conseguenze. Una delle promesse estorte dai mafiosi agli Americani fu il separatismo siciliano donde il Movimento Indipendentista Siciliano, il bandito Giuliano, la sua banda ed altri morti.
Stiamo tragicamente arrivando ai nostri giorni, ma la storia della lotta alla mafia non terminò nell’anno 1929, quando il Prefetto Cesare Mori lasciò il suo incarico per quello più comodo di Senatore del Regno.
Non pare vero ai critici della storia del Fascismo di raccontare la favola che l’opera di Cesare Mori fosse invisa ad ambienti Fascisti in qualche modo legati alla mafia. Nulla di più falso perché nessuno può in buona fede affermare che fino al 1943 la mafia in Italia avesse potuto rialzare la testa.
Altro argomento denigratorio, per la verità in contraddizione con la prima tesi, è insito nella critica ai metodi brutali impiegati dal Prefetto, veri e propri metodi fascisti; fu quella la necessaria “violenza chirurgica” atta ad estirpare la mala pianta con le sue radici che, per essere chirurgica, aveva il compito di ripristinare il criterio di legalità e restituire autorità alle istituzioni. Raggiunto lo scopo, e non ci sono dubbi, dato che i processi e le severe punizioni continuarono, l’opera del Prefetto non aveva più ragione di essere, salvo che non si volesse continuare sul piano militare.
Il Prefetto di ferro aveva, d’altra parte, ricevuto da Mussolini la sua personale investitura ed una lapidaria consegna in quattro inderogabili punti:
1) Ottenere subito un successo clamoroso (e lo ottenne deportando nelle isole migliaia di sospetti, impiegando anche l’esercito e ponendo l’assedio a interi paesi dominati dai briganti).
2) Seminare il terrore: se la mafia fa paura, lo Stato deve farne di più.
3) Distinguere fra “pesci grossi” e “pesci piccoli”; massima durezza con i primi, tolleranza con i secondi.
4) Riaprire tutti i processi di mafia precedentemente archiviati.
I maxi processi alla mafia voluti da Falcone e Borsellino ebbero uno storico precedente nei processi di mafia dell’epoca che contavano oltre cento imputati per volta e comminarono numerosi ergastoli fra cui quello al boss mafioso don Vito Cascio Ferro. Un valoroso Magistrato che affiancò coraggiosamente l’opera bonificatrice del Prefetto Cesare Mori a riaprire e ad istruire i vecchi e nuovi processi di mafia fu il Procuratore Generale di Palermo Luigi Gianpietro cui fu affiancato il delegato Calabrese Francesco Spanò.
L’opera di Cesare Mori in Sicilia fu rigorosa anche nei confronti dei fascisti locali che potessero apparire in odore di mafia tanto da arrivare a sciogliere la federazione del Fascio di Palermo per supposte infiltrazioni mafiose. Nell’occasione venne colpito anche Alfredo Cucco, professore Universitario e scienziato di grande fama, Fascista della prima ora e membro del Gran Consiglio del Fascismo. Egli fu allontanato dal PNF dallo stesso Mussolini per indicazione di Mori.
L’episodio raccontato dimostra chiaramente il potere attribuito al Prefetto Mori e nel tempo stesso la determinazione assoluta del Fascismo di colpire la mafia ovunque si annidasse. Il Professore Alfredo Cucco, che da sempre aveva combattuto la mafia, era in realtà un integerrimo galantuomo e fu in grado di dimostrare in tribunale la sua piena innocenza. La sua riabilitazione fu completa ed egli potè tornare alla sua stimata professione di medico oculista, ai suoi studi di medicina e alla sua immutata passione politica che lo vide con continuità nella Repubblica Sociale e nel Movimento Sociale Italiano.
Alfredo Cucco in tutta la sua attività politica fu un grande avversario dei grandi proprietari terrieri Siciliani e riteneva che l’azione di Mori non li colpisse decisamente come lui avrebbe voluto. D’altra parte la strategia del Prefetto di Ferro si basava sul presupposto che i mafiosi appartenessero essenzialmente al ceto medio rurale, gabelloti, campieri, guardiani e loro sovrastanti, e tenessero in soggezione tanto i grandi proprietari terrieri quanto i ceti più poveri. Secondo questa teoria i proprietari dei latifondi siciliani erano incolpevoli vittime della mafia cui soggiacevano per viltà o quieto vivere per cui eliminato il “ceto medio mafioso”, anche i latifondisti si sarebbero liberati del doppio ruolo di collaboratori e vittime dei mafiosi. A dimostrazione di questa teoria, efficacemente applicata dal Prefetto di Ferro, parlano le innegabili cifre dei risultati raggiunti fino dal primo anno: nella provincia di Palermo gli omicidi scesero da 268 nel 1925 a 77 nel 1926, le rapine da 298 a 46, e anche gli altri crimini diminuirono drasticamente.
Pentiti di mafia hanno riconosciuto il grave stato di difficoltà in cui si ritrovarono dopo quegli anni che costrinsero le principali famiglie mafiose ad emigrare negli Stati Uniti per costituire la loro Fondazione dal nome di “Casa Nostra”.
Questa fu l’unica emigrazione voluta e veramente appoggiata dal Regime Fascista. Alfredo Cucco, come abbiamo visto, aveva da sempre ritenuto, diversamente da Mori, che il principale obiettivo da colpire fosse la grande proprietà terriera accentrata nelle mani di pochi.
Del resto la nuova politica bonificatrice iniziata da Mussolini in campo agrario e sociale andava proprio in questo senso dato che, per la forte accelerazione data alla lotta al latifondo, nella sola Sicilia, dal 1911 al 1926, il numero dei proprietari di terre era passato da 54.460 a 222.612. Il capitolo mafia finì, o fu sotterrato nella clandestinità, con l’avvento del Fascismo e dopo pochi anni di energica pulizia; ogni altra chiacchiera sta a zero.
Mi siano raccontati fatti veri, avvenimenti in grado di dimostrare il contrario; io non ne conosco. Il fuoriuscitismo mafioso cessò con la sua alleanza ai liberatori Americani quando la mafia siciliana potè uscire dalla clandestinità e ritornare, anche lei liberata, nella patria Sicilia.
L’attività di Polizia e dei carabinieri verso la malavita organizzata non fu limitata a Calabria e Sicilia ma fu estesa a tutto il territorio nazionale ed in particolare in Campania.
Contrastata duramente nel territorio metropolitano la camorra napoletana non trovò di meglio che migrare anch’essa negli Stati Uniti ed in parte disperdersi nelle province campane ove era più facile mimetizzarsi, agendo isolatamente, nei commerci locali e nelle attività agricole.
Nell’Aversano nel 1927, anno di cui i camoristi locali terranno a lungo buona memoria, le forze dell’ordine furono protagonisti di una gigantesca retata che assicurò alla giustizia quattromila fra camorristi ed affiliati.
Il prefetto Mori non fu un esempio isolato; era lo Stato che riprendeva prepotentemente possesso del suo territori.
Possiamo anche noi chiudere qui il nostro breve racconto.
La storia successiva della mafia, riapertasi tragicamente nel Luglio del 1943, non è ancora chiusa, né sappiamo quando lo sarà e se mai lo sarà, per essere raccontata, in un domani lontano, come ho potuto fare con il mio “c’era una volta…”.
PORCO DIO! PORCO DIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!
M’AVETE ROTTO ER CAZZO FASCI DE MERDA!!! PORCA MADONNA A VOI E ALLE VOSTRE MADRI DE MERDA INCULATE COI TARZANELLI ANCORA ATTACCATI CHE S’ATTACCANO AR CAZZO DEI NEGRI MAROCCHINI CHE SE LE STUPRANO A SANGUE!!!
MANNAGGIA A QUEL DIO DI MERDA CHE VI HA GENERATO GRAZIE ALLE VOSTRE MADRI NINFOMANI ASSETATE DI CAZZO E DI SBORRA, DISPOSTE A FARSI TRAPANRE DA QUALSIASI LEBBROSO PER AVERE UN CAZZO CHE SE LE SFONDI!!!
PURE SE SO UN REGISTA DELLA RAI, NON VOR DI’ CHE NUN VE POSSO ROMPE ER CULO!!!
Pino Leoni, bestemmiatore di professione ed anche regista della RAI, ha inviato il suo commento, scritto nella lingua che più gli è congeniale, ma impossibile da comprendere per chi ha imparato a leggere e scrivere in una scuola troppo provinciale ed italiana per essere alla sua altezza.
Rimanga pure a trufolare nella sua m,,,elma.
NAPOLITANO, IL PRESIDENTE ANTIFASCISTA
LA CADUTA DEL FASCISMO, LE FORZE ALLEATE, LA RESISTENZA
“Avevo 18 anni il 25 luglio del 1943 quando fui raggiunto via radio a tarda sera dalla fulminante notizia della caduta di Mussolini…al fondo vi era una crisi profonda tra il paese e il fascismo, a cominciare dall’andamento disastroso della guerra irresponsabilmente voluta da Mussolini… Torna alla mente l’euforia di quel momento. Avevamo già maturato, insieme ad altri della nostra generazione non solo la più radicale contrapposizione al fascismo ma anche la convinzione, cui non era stato facile giungere, che la salvezza dell’Italia potesse avvenire solo dalla sconfitta ad opera delle forze alleate…..Ma alla fine del settembre 1943, ebbi la percezione diretta della condizione durissima in cui era precipitata la mia città, Napoli, chiamata a vivere l’esperienza dell’occupazione alleata.
Ripeto a Giuseppe Rossi quello che ha riportato correttamente delle memorie di Giorgio Napolitano che ha avuto l’onestà di far risalire la percezione del suo antifascismo al settembre 1943 come Giorgio Bocca, Aldo Moro, Davide Lajolo, Indro Montanelli e tanti altri fascisti pentiti dopo il 25 Luglio.
Giuseppe Rossi sarebbe opportuna un poco di volontà di conoscere prima di parlare a vanvera e di dare attribuzioni di martirio antifascista a chi l’antifascismo l’ha praticato dopo la caduta del regime, come è capitato al nostro Presidente antifascista che mi risulta appartenesse al GUF, gruppo universitario fascista, fino al 25 luglio. Era il Guf una libera formazione cui si accedeva solo per iscrizione volontaria con lo scopo di partecipare all’attività del PNF per assumere ruolo gerarchico. Napolitano frequentava assiduamente i Guf e scriveva sui giornali del regime come Primato di Bottai e IX Maggio, il giornale del GUF napoletano che, sulla propria testata mostrava orgogliosamente la data della proclamazione dell’Impero da parte del Duce. Mi dispiace dare questo dispiacere a Giuseppe Rossi ma la verità sbiadisce nel tempo con la memoria degli uomini, mala storia sarà implacabile nel suo giudizio definitivo. Il libro di Telese era stato scritto per ricordare una storia dimenticata e non per fare apologia di antifascismo né dell’antiberlusconismo che è fin troppo facile, perché potrei contribuirvi anch’io, unendomi alla Gilda rapsodica degli omeridi.
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porkoddio fascista demmerda
porkoddio buffone fascista
A Giuseppe Rossi, ma vattene affanculo te e tutta l’Africa demmerda!!!