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31 Dicembre 2011
Di Risio: ” Non sono un avventuriero”

Signor Di Risio, secondo “il Sole”, lei insieme a Termini Imerese otterrà 178 milioni di euro?

Molti di meno, a dire il vero. Una buona parte sarà rappresentata da crediti garantiti.

Passerà alla storia come l’ennesimo imprenditore che prende soldi pubblici e scappa?

L’idea non mi ha neanche minimamente sfiorato.

Davvero?

E’ qualcosa che non mi appartiene. L’unico motivo per cui sono in questa avventura è produrre auto.

Massimo Di Risio è il demiurgo di DR Motor Company, la piccola casa produttrice di Macchia di Isernia che è riuscita ad aggiudicarsi uno degli stabilimenti tecnologicamente più evoluti del meridione: Termini Imerese. Una fabbrica d’eccellenza dove fino a ieri la Fiat produceva la Lancia Ypsilon. Un salto enorme, per l’imprenditore molisano. Di Risio nasce come pilota sportivo. Poi come concessionario Lancia. Poi inventore di un nuovo modello commerciale multi-marchio, infine importatore e produttore di modelli parzialmente assemblati all’estero. Da sei anni intorno a lui si animano leggende: genio artigiano, commerciante talentuoso e spregiudicato, mago del marketing, macchè, semplice assemblatore o addirittura uomo-ombra dei marchi cinesi. Anche dopo l’accordo, e dopo un lungo silenzio che ha fatto crescere la curiosità (“Dovuto – come spiega – a una dolorosa e privatissima ragione”), inseguito dalla stampa specialistica e non, accetta per la prima volta di parlare. Risponde a tutte le domande de Il Fatto, anche le più dirette o sgradevoli,  senza porre filtri: “Non sono un avventuriero. Ho costruito la DR per passione, passo dopo passo. E sono attento a non fare il passo più lungo della gamba. In 25 anni non ho mai tradito nessuno ”. 

Domanda semplicissima. Perché prendere una fabbrica che la Fiat lascia?

(Sorriso). Anche la risposta è semplicissima: è di un solo euro, il prezzo fissato da Marchionne, per un complesso umano e tecnologico di valore inestimabile.

Ma la condizione era assumere tutti e 1500 gli operai della vecchia gestione!

E’ ciò che mi sono impegnato a garantire e che farò. Partirò con 241 e rispetterò il cronoprogramma fino a riassumere chiunque non vada in pensione. I nostri modelli produttivi sono diversissimi. Fiat ha impianti che lavorano al 20-30% della capacità. Noi di capacità produttiva abbiamo bisogno per passare da due a sei modelli.

Marchionne dice: la logistica per arrivare in Sicilia fa aumentare i costi.

Probabilmente con il loro modello produttivo la scelta di lasciare lo stabilimento era giusta. Per noi è diverso: con un porto a un chilometro dallo stabilimento, e facendo arrivare il grosso dei componenti per mare, avremo un risparmio rispetto ad ora chearrivano a Macchia d’Isernia sbarcando a Livorno e poi su gomma fino in Molise.

Basterà?

Con Termini abbattiamo anche i costi dei dazi.  

E’ vero che nella gara lei è stato favorito rispetto alla De Tomaso?

Assolutamente no. Loro volevano fare un Suv. Noi un Suv, una berlina, una utilitaria e un altro modello: tutti questi prodotti sonogià pronti ad andare in linea.

E’ vero che ha avuto 5 milioni di euro dalla regione Molise grazie alla sua amicizia con il presidente Iorio?

Falso, nella maniera più assoluta!

La prima o la seconda cosa?

Ho avuto 5 milioni di euro, di cui peraltro ne sono stati pagati solo 2.5, perché il ministero dello sviluppo economico – quando il ministro era Bersani – e la regione Molise –guidata da Iorio – mi hanno riconosciuto quel finanziamento.

Aveva firmato un contratto di area?

Esatto. Le faccio notare questo: mi ero impegnato ad assumere 27 operai. Adesso ne impiego 60. Credo di essere a credito con la regione!

Quindi non è vera nemmeno l’amicizia con Iorio?

Non c’è nessuna confidenza. In verità sono cresciuto insieme al fratello Nicola. Con lui ho un’amicizia fraterna.

Come è diventato pilota?

La passione per le auto mi è stata trasmessa da mio padre, gentleman driver di altri tempi. Ci sono quelli che da bambino vogliono fare l’astronauta. Io sognavo di correre e fare auto.

E come ha iniziato?

(Altro sorriso). Sono partito da lontano. Per la maturità mio padre mi regalò una Ritmo. La modificai e, senza dirgli nulla, iniziai a correre. Dopo due anni fui ingaggiato dalla Renault.

Girare il mondo, vincere premi, sedurre donne…

Le prime due cose sì. La terza meno, visto che ero fidanzato con la mia futura moglie fin da ragazzo. Ma ho avuto la fortuna di fare per lavoro quello che molti sognano come hobby.

E apre in parallelo una filiale Lancia. Mi spiega come si passa da un solo negozio a 100 concessionarie?

Ero in vacanza in Portogallo, durante una gara internazionale. Mi capitò di andare alle Canarie. E lì mi si accese una lampadina in testa.

Cioè?

Nelle isole si poteva arrivare solo in aereo. Quasi tutti i turisti appena atterrati noleggiavano un’auto.

E allora?

 Questo faceva sì che le società di autonoleggio costituissero una imponente flotta di utilitarie: Punto, Panda, Opel Corsa, Clio. Macchine solitamente pregiate, per i i rivenditori dell’usato, che però lì non avevano mercato.

Non mi dica che le comprò lei?

Proprio così. Andai da tutte le società, mi impegnai ad acquistarle tutte e poi noleggiai una grande nave RoRo da trasporto per economizzare: 2.000 auto a viaggio.

Fu un affare?

Enorme. Si rivendevano alla velocità della luce con un margine superiore al 20%. Impiantammo allora le prime officine di lavaggio e carrozzeria.

E come andò a finire?

Quando dalla metà degli anni 90 ci fu la possibilità di eludere l’Iva, noi diventammo poco competitivi e l’affare finì.

In quel periodo, però, lei progetta la città dell’auto.

E’ un’altra idea che curiosamente nessuno aveva mai realizzato. In America, avevo visto che la  concentrazione di tanti concessionari era la norma. Pensai: perché non metterli insieme tutti?

La legge lo impediva.

C’era l’obbligo di un solo mandato, per filiale. Ma la pubblicità era centralizzata, e l’offerta per il cliente diventava ottimale. Il nostro centro era a un’ora da Napoli a meno di due da Roma, a una e mezza da Bari. Il principio era che non gli si vendeva un marchio solo, o l’auto che voleva il concessionario, ma qualsiasi tipo di auto, quella che voleva lui. Una rivoluzione.  

Ma come potevate avere i diversi marchi se la legge lo impediva?

Ci ingegnammo costituendo decine di società, una per ogni marchio. E dividendo una struttura enorme in tanti compartimenti. Poi arrivò Monti… e liberalizzò il mercato dell’auto.

Mario Monti il premier?

Proprio lui. Nel 2002 da commissario europeo abolì il vincolo di mandato, che limitava troppo il mercato.

Quante città dell’auto ci sono in Europa, come la sua?

(Sorriso) A quanto mi risulta nessuna.

Poi arrivò l’idea che la portò su tutti i giornali. Il Suv da 14mila euro realizzato su un telaio prodotto in asia.

All’inizio non ci credevano in tanti: “Ma chi vuoi che compri un Suv che costa come un’utilitaria?!”

 E lei cosa rispondeva?

Semplice. Tutti quelli che avevano una utilitaria perché volevano un Suv ma non se lo potevano permettere.

Le chiedevano anche chi poteva comprare un Suv a gas?

Lo commercializzai per primo, in Italia, e la eisposta ancora più semplice: chiunque non si poteva permettere un suv per gli alti consumi.

La cosa che fece più discutere: lei vendeva nei supermercati.

Fu una mossa dettata dalla necessità, una follia, ma anche un colpo di genio..

Cioè?

Era una grande operazione di marketing che ci permetteva di guadagnare da subito, senza alti investimenti,  grande visibilità. E di darci il tempo per costruire una tradizionale rete di vendita.

E nel frattempo chi vendeva?

Trovammo una squadra di giovani in gamba con le agenzie interinali. Li formammo qui, in Molise, facendogli vedere come nasceva il prodotto.

Era un bidone, come dicevano i maligni?

Per nulla. Sulla solida struttura del veicolo prodotta con elementi cinesiimpiantammo un motore Fiat Jtd meraviglioso, sperimentato e indistruttibile, lo stesso della Multipla.

Ma il DR5 lo vendete ancora?

La nuova serie sarà uno dei modelli  di Termini. Ma il motore sarà più sofisticato e prestante: 1.6 multijet di ultima generazione. Diventerà il più economico in assoluto.

 Quanto avete venduto con l’operazione supermercati?

Poco meno di duemila suv. Il doppio di quello che immaginavamo!

Ma perché non avete continuato lì, allora?

Per due motivi. Da un lato la clientela di quei centri è “chiusa”. Dopo un po’ il modello satura le sue potenzialità ed i volumi calano. Ma costituimmo una rete anche per un altro motivo. Se volevamo mettere radici – ed era il successo a imporlo – dovevamo offrire anche assistenza tecnica dopo l’acquisto. Così abbiamo costruito una rete di 100 concessionari e 250 centri di assistenza in tutta Italia

Dopo il DR5 lei passò ad un altro modello, una utilitaria, la DR 1. Come mai era partito dal numero più alto?

Il mio sogno era da subito arrivare a una gamma. Mi capita sempre così: quando costruivo la concessionaria indicavo un prato all’architetto: “Qui metteremo la catena di montaggio”.

E quello?

“Tu sei matto!”. Però ora la catena c’è, ed è lì. Così com’è in costruzione il nuovo stabilimento della DR Automobiles che già ospità il nostro Centro Ricerca e Sviluppo, dove curiamo design e progettazione delle nostre auto.

Molti dicono: DiRisio finge di montare le auto: le prende dai cinesi così come sono.

Non è così. Lei ha visitato la catena e il nostro centro stile. Facciamo produrre in Cina le auto ma le progettiamo a Isernia nel pieno rispetto degli standard europei di sicurezza e di emissioni.

C’è chi dice: comprerà Termini Imerese e poi la  girerà ai cinesi.

Una fesseria colossale. C’è una prova logica: la Fiat ha messo una prima clausola nella nostra trattativa… Non si potrà fare mai. Il secondo motivo è che io non ne ho la minima intenzione.

E perché?

Faccio auto per passione. Se anche potessi vendere cosa ricaverei? Soldi? Non saprei cosa farmene, senza la mia azienda. Avendo una vita al contrario, come le ho detto, le vacanze tropicali le ho fatte da ragazzo.

Lei è uno dei pochi italiani che ha imparato a trattare con i  cinesi. Come sono?

Durissimi. Per loro un affare da cento euro e uno da centomila hanno la stessa importanza.

Lei rimonta telai, componenti e carrozzerie cinesi e poi ci mette motori italiani….

Noi sfruttiamo il meglio della componentistica esistente sul mercato, già collaudata e sperimentata. Molti elementi sono fatti in Italia e con Termini Imerese saranno sempre di più, grazie al coinvolgimento dell’indotto Fiat.

Sviluppare i vostri prototipi vi costa?

Non meno di 5 milioni di euro l’uno solo di progettazione. I test di sicurezza sono carissimi. Ma un grande marchio, partendo da zero, ne spende 800.

A novembre, però, le sue vendite sono scese a soli 126 esemplari.

E’ per la trattativa. Abbiamo cinque nove modelli pronti, li ha visti. Quattro di loro partiranno da Termini, la trattativa è durata sei mesi più del previsto. Finché non si chiudeva, non potevamo partire. Ho più fretta di lei.

Ma quanto pensa di vendere?

Il nostro piano prevede 50-60 mila auto l’anno. E’ verosimile per noi vendere mille esemplari al meseper modello: ci siamo già riusciti sia con DR 1 che con DR 5.

E’ vero che per due mesi non ha pagato i suoi operai?

Sì. Ma è stata una scelta concordata, e adesso abbiamo pagato tutto, arretrati compresi.

Gli operai erano d’accordo!?

Sì. Abbiamo chiesto loro se, vista la situazione di limbo dove ci trovavamo, preferivano l’attesa, o la cassa integrazione ed eventuali tagli. Non volevamo rinunciare a nessuno. Hanno scelto, tutto è andato bene. Faremo cassa integrazione solo per ristrutturare la linea in Molise.

A Termini farà come Marchionne, con la Fiom?

No.…….Non vogliamo discriminare nessuno, men che meno per le sue idee politiche e sindacali. Siamo felici che l’accordo sia stato firmato anche dalla Fiom. Per portare avanti questa sfida abbiamo bisogno di tutti.

E’ vero che avete 35 milioni di euro di debiti e che ne ottenete 45 dalla regione Sicilia come contributo per l’occupazione?

Sì. 35 milioni è più o meno l’investimento per progettare i nuovi modelli. Il resto sono debiti rotativi. E per una azienda che produce auto, mi permetto di dire, è poco. I contributi, saranno sgravi all’occupazione legati alle assunzioni che faremo.

Come si strutturano i fondi?

95 milioni, crediti bancari garantiti. 27 a fondo perduto. 45 come contributo occupazionale della Regione. Il tutto a fronte di un investimento da parte nostra di 110 milioni, di cui 43 in investimenti materiali e 67 in investimenti immateriali

Lei è un grande venditore?

Affatto. Credo di essere un onesto imprenditore.

Perché la gente dovrebbe comprare DR mentre per la crisi cala persino la Fiat?

Perché offriamo qualità e tecnologia a prezzi competitivi.

Lei riuscirebbe a farmi comprare una DR1?

E’ facilissimo.

Ci provi.

Le offro un’auto di un segmento molto affollato, in cui – considerando la Panda fuori categoria – ci sono molte coreane: ha due anni di garanzia. Auto sostitutiva in caso di guasto. Soccorso gratuito, tutti gli accessori che può immaginarsi e di più. Ma costa, a parità di accessori, quasi il 20% in meno delle altre. Lei che fa?

Non è una macchina italiana, però!

Sarà molto più italiana di ora. La costruiremo completamente in Sicilia, grazie ad operai italiani altamente specializzati. Anzi, vede? Sarà totalmente made in Italy.

di LUCA TELESE