Linkiesta

19 Maggio 2014
Tasi, il rinvio è una furbata che crea solo incertezza

Verrà la Tasi ed avrà i tuoi occhi, direbbe forse Cesare Pavese che è un poeta. Ma noi siamo più prosaici: Verrà la Tasi, perché deve venire, perché è scritto, perché abbiamo raccontato mille volte che è una tassa-zombie (e gli zombie che si rispettano risorgono sempre).

Confesso che non ho ancora capito il dibattito sul calendario delle tasse che è esploso in queste ore sui media: non capisco, cioè, perché il governo vorrebbe rinviare il pagamento di quello che ha deciso di farci pagare (o di quello che permette che ci sia fatto pagare, che poi è lo stesso). E non capisco perché ci si stupisce dal fatto che i comuni abbiano deciso di procrastinare il più possibile la fissazione definitiva dell’aliquota del tributo: a una settimana dal voto chi è che si vuole prendere in mano il cerino di una responsabilità così grande? Come è ovvio fanno melina, prendono tempo. La cosa buffa è che il rinvio non lo chiedono loro ma il sottosegretario Delrio, mentre il presidente dell’Anci Fassino dice: se volete il rinvio mettete due miliardi sul piatto.

Il nodo decisivo è più o meno questo: come nella storiella di toccami-Ciccio…-mamma-Ciccio-mi-tocca!, 1) è lo stesso governo (ma sarebbe il caso di dire gli stessi governi, visto che è stata una politica comune anche di Monti e Letta) che rende possibile ai Comuni aumentare l’aliquota della tassa sui servizi. 2) Dopo aver fatto questo il governo si mostra stupito del fatto che i comuni approfittino di questo diritto. 3) Quando si prospetta questa eventualità di aumentare l’aliquota, lo stesso governo che l’ha resa possibile è colto dalla tentazione di dilazionarla, di prendere tempo allontanandone gli effetti sulle tasche degli italiani.

In questo, Intendiamoci, non c’è nulla di male, se non l’indizio di una strategia vagamente allarmante: è come la squadra che per difendere, invece di fare possesso di palla lanciasse il pallone in tribuna. Cerchiamo cioè di buttare la palla avanti in attesa che il momento economico possa migliorare, in attesa che il Pil ritorni positivo, nella speranza che una vittoria degli euroscettici a Strasburgo possa avere l’effetto collaterale (almeno quello) di far allentare ai governi dell’Unione i cordoni della borsa europea, fino ad oggi stretti dalle politiche del rigore. Ecco perché meglio pagare subito: meglio prendersi le proprie responsabilità. Ciò che rende odiosa la Tasi, e l’Imu, più dell’entità delle aliquote e degli importi concreti, infatti, è il clima di incertezza psicologica in cui viviamo da anni. Quando si paga, quanto si paga, come si paga, entro quando: è l’incertezza che aumenta il carico fiscale, anche se ancora non sappiamo come si possa misurare. È l’incertezza che logora più della tassa.

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