Linkiesta

7 Giugno 2014
Il diritto all’oblio non piacerebbe nemmeno a Orwell

È un piccolo problema sociale che riguarda (o riguarderà) anche noi, eppure non ce ne rendiamo conto. Trovo incredibile, infatti, che a Google siano già arrivate – come vi ha raccontato Linkiesta- oltre quarantamila richieste di tutela del diritto all’oblio, ovvero che dopo la sentenza della Corte europea, un numero di persone che potrebbe dar vita ad un partito politico di media grandezza, si siano attivate per chiedere la cancellazione di una notizia che li riguarda da un motore di ricerca. Fateci caso: questo dato e questa notizia certificano la fine di un processo che si è svolto alla velocità del baleno, quello in cui un algoritmo ha sostituito il casellario giudiziale, e l’idea stessa della reputazione, della fama, ovvero della presentazione sociale, che adesso è prima di tutto digitale.

Olivia è il titolo di una straordinaria composizione di Astor Piazzolla che per un’associazione automatica mi ricorda i desaparecidos della dittatura argentina, Oblivion, che per assonanza lega l’idea della cancellazione a quella del diluvio che cancella con un cataclisma la memoria della storia pregressa. Ma anche un bellissimo film in cui Tom Cruise è un guardiano lasciato a custodia di una terra distrutta dalla catastrofe che scopre grazie ai reperti del passato di essere stato manipolato e utilizzato per combattere contro la verità. In Olivia il passato è l’ultimo baluardo che ci tiene legati alla realtà in un universo di falsificazione continua. Se vi interrogate sul diritto all’oblio, dunque, immaginatelo come una lama a doppio taglio, che per un verso vi tutela e per l’altro vi può potenzialmente ferire. Noi, già adesso, conosciamo il mondo sempre di più attraverso la Rete, se vostro figlio deve scoprire cos’è un elefante lo scopre su Google, non su un dizionario. I libri possono essere bruciati, cosa che i nazisti arrivarono a fare, per ottusa e tetra coerenza: ma immaginate per un attimo che esista una sola cosa peggiore della distruzione. La riscrittura.

Quindi, quando pensate con sollievo al lifting memoriale che potrebbe beneficiarvi, immaginate che vale anche l’opposto: il vostro vicino è un pregiudicato? Il candidato sindaco è un corrotto condannato per tangenti? Il bidello di vostro figlio ha avuto una condanna per pedofilia? La società a cui affidate i vostri risparmi ha un amministratore condannato per bancarotta? Si può invocare il diritto all’oblio se si è stati processati e assolti per strage, magari per insufficienza di prove, e poi chiedere di scomparire dal web? Chi ha diritto a valutare l’errore e la colpa? Chi può arrogarsi il diritto di far sparire la storia, che è fatta proprio di macchie e di angoli bui, di orrore e rimozione.

Bisogna dire, proprio per questo che quando si chiede a una multinazionale di garantire il diritto a questa ripulitura, l’Europa commette un grande errore: non esiste candeggina che non sia arbitraria, non esiste rimozione che non sia falsificazione, non esiste potere di riscrittura della realtà — soprattutto quando si immagina a fin di bene, che non contempli in fondo alla lotteria delle sue possibili conseguenze uno scenario orwelliano. Scriveva l’autore di 1984 che «chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro». Il fatto che Orwell non sapesse che questo meraviglioso aforisma era perfetto per raccontare Google è del tutto irrilevante: la letteratura è la nostra salvezza proprio perché riesce a spiegare tutto quello che la scienza non riesce, e la logica non vuole capire.

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