Linkiesta

15 Maggio 2013
Perché solo i gay della Casta possono avere diritti?

di LUCA TELESE

C’è davvero qualcosa che suona come sconveniente e ipocrita nel voto con cui ieri l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha approvato la possibilità di estensione della assistenza sanitaria integrativa dei deputati anche per i coniugi omosessuali. Qualcosa che fa arrabbiare, per la spregiudicatezza con cui i parlamenti di questi anni passano con disinvoltura dall’omofobia all’omocasta. Ovvero dalla negazione cieca dei diritti degli altri alla tutela ultragarantista ed illuminata dei diritti dei propri affiliati, dall’affondamento dei Pacs per i comuni mortali, alla promozione delle garanzie, ma solo per gli eletti.

Intendiamoci: sono molto contento per Ivan Scalfarotto, che con la sua richiesta di tutela per il proprio partner ha ottenuto quello che fino ad allora era stato negato, per esempio, alla sua collega Paola Concia (che nella scorsa legislatura aveva chiesto inutilmente l’estensione della tutela per sua moglie Riccarda). Ma sono sconcertato per il voto improvvisamente laico dei rappresentanti del Pdl in ufficio di presidenza: fino a ieri il centrodestra considerava la reversibilità dei diritti dei cittadini italiani inaccettabile in linea di principio: oggi, con questo voto, la derubrica, in via di fatto, a una formalità inevitabile. Così il sospetto che le guerre di religione si combattano sempre sulla pelle degli altri, ma che lo spirito dell’inciucio li tuteli sempre quando si tratta dei propri interessi, ti viene. Se non altro perché l’omo-casta è stata, nella passata legislatura anche previ-casta (ovvero Casta previdenziale).

Ad esempio quando il governo Monti decise di varare la riforma Fornero in poche ore per tutti, e poi si prese il lusso di compensare in busta paga, dopo una lunga riflessione, la revisione dei contributi dei parlamentari, riuscendo nel capolavoro raro di ridurre lo stipendio degli eletti di poco più di mille euro e di riaumentarli contestualmente nello stesso giorno (!). Accadde ancora peggio con la revisione (finta anche quella) degli stipendi per adeguarli alla media europea. Per decidere l’entità di questa presunta riduzione virtuosa era stata addirittura costituta una commissione ad hoc, presieduta dal presidente dell’Istat Giovannini (oggi ministro), che dopo quasi un anno era arrivata a costituire un complicato algoritmo, in virtù del quale… In virtù del quale dichiarava di non essere in grado di paragonare lo stipendio degli italiani a quello degli altri deputati europei.

Ecco perché, senza nessuna demagogia, ma con molto rigore, quando arrivano riconoscimenti ed emolumenti per chi siede in parlamento, è giusto sospettare. È divertente che tra i difensori del provvedimento oggi ci sia quell’onorevole, Carlo Giovanardi, solitamente molto occhiuto con gli altri: “Non capisco lo scandalo, si tratta solo di un meccanismo di tutela economica a pagamento”. E stupisce ancora di più che la nutrita pattuglia dei Grillini (un vicepresidente e ben due segretari di presidenza, senza contare la capogruppo!) si sia inopinatamente astenuta, per non prendersi responsabilità di una scelta.

Forse bisognerebbe consigliare, ai deputati (progressisti e non) una pratica molto semplice: ogni volta che si riconoscono un diritto a se stessi, abbiamo almeno lo scrupolo di fare altrettanto per gli altri. Votino sì a tutto, si sporchino le mani: ma per ogni voto in favore di se stessi ne mettano in calendario uno a favore di quelli degli altri. Anche perché non vedo l ’ora di vedere Giovanardi esprimersi con lo stesso pragmatismo a favore delle coppie di fatto. O perlomeno costretto a contraddirsi.

(da linkiesta.it)
 

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