Il Fatto Quotidiano

25 Aprile 2012
A Marsiglia soffia il vento Marine

di LUCA TELESE

Benvenuti a Marsiglia, la capitale del kalashnikov!". Gli slogan dei lepenisti, sarcastici e avvelenati occhieggiano dalla sede del Front National, tra muri scrostati e ruggini degli apparati industriali dismessi. Ce l’hanno con il presidente uscente, con “Sarko ”. Il manifesto firmato con il simbolo della fiamma stilizzata è tutto rosso: in mezzo c'è la foto in bianco e nero di un corpo al suolo accompagnata da una scritta bianca a caratteri cubitali “45% di delitti in più. È questa la sicurezza promessa da Sarkozy?”. I kalashnikov, la tranquillità perduta, gli ex muftì islamici che invitano a votare Marine Le Pen. Come è potuto accadere nella capitale della Francia meridionale? Qui, dove la candidata della destra radicale sfiora il 24%, nulla è come dovrebbe essere, e il frontismo conosce una nuova, ennesima, camaleontica (e vincente) metamorfosi. Ma per districarsi meglio nel caos di simboli,suggestioni e messaggi, bisognaprovare a ricomporre letessere del mosaico con un ordinediverso da quello suggeritodalle apparenze. E ALLORA benvenuti a Marsiglia, la città che un tempo era la capitale dei marinai perduti di Jean Claude Izzo e dei duri alla Jean Gabin, degli immigrati e del melange culturale, della mala vecchia maniera. E che oggi – invece – ha cambiato la sua faccia, la sua lingua e anche i codici della propria attività criminale. I nuovi boss sono quelli che racconta Massimo Carlotto nel suo ultimo libro, Respiro corto (Einaudi). Non vanno in giro con la pistola silenziata in tasca, vestono con abiti firmati e di buon taglio, abitano case arredate da architetti all'ultimo grido, hanno studiato in università di prestigio, re-interpretano la vecchia idea del traffico e del contrabbando in chiave post-moderna, ovvero come una delle tante declinazioni possibili della globalizzazione. Però in città si spara lo stesso, anzi più di prima. Perché le organizzazioni della malavita si sono riconvertite su una dimensione industriale, con criteri commerciali rigorosi e d'avanguardia. Così saltano fuori i kalashnikov, armi-simbolo. Prima di tutto come merce lungo le rotte antiche dell'est Europa. E poi come strumento di risoluzione di controversia. A novembre ammazzano due persone, tra cui un poliziotto. A dicembre accoppano un privato cittadino in mezzo alla strada. “È stata una brutta congiuntura – dichiara improvvidamente Claude Guéant, ex nume della comunicazione di Sarkozy – il clima va migliorando”. Per sua sfortuna, pochi giorni dopo vengono sequestrati ben 12 fucili da combattimento scoperti dalla gendarmerie nei doppifondi di un'auto. “Ogni volta che Monsieur Guéant parla – tuona sarcastica Marine Le Pen a Radio France– ci ricorda le disfatte e le menzogne di Sarkozy”. MA IL TERZO capitolo di questa storia è il vero successo politico dei lepenisti. A fine marzo fa scandalo la storia di Omar Djellil, ex militante socialista e membro  di Sos racisme (divenuto celebre per aver fermato una troupe di Tf1, mentre difendeva il diritto alla macellazione islamica). Djellil inizia a dialogare con un consigliere del Fn, Stéphane Durbec. Lo invita a visitare la moschea di cui è segretario per scoprire “i musulmani onesti”. Il lepenista accetta. Dichiarandosi “felice dell'opportunità”. E Djellil si spinge a scrivere una lettera in cui invita a votare l'estrema destra contro le bugie di Sarkozy. Quindi incontra Marine, ed è una folgorazione: “I socialisti davano i nostri voti per scontati, Sarkozy ci ha cancellati come cittadini: votiamo tutti – dichiara – c o n t ro il disprezzo social-uempista”. La de-diabolisisation si cala nel territorio prendendo la forma più opportuna. A Marsiglia il Fn a bbandona la lingua xenofoba di sempre e si mette a parlare di “nuova comunità nazionale” ai francesi di seconda generazione. Non sono casi isolati. Anche M’hammed Henniche, segretario generale della Union des associations musulmanes de Seine-Saint-Denis, arriva a sostenere che il voto al Fn “rom – pe l'oblio sulla nostra comunità”. E che dire del gran Mufti, Soheib Bencheikh? Anche lui a favore dei lepenisti: “Non condivido le loro tesi, ma almeno sono sinceri. Sarkozy, invece è un uomo pericoloso per la Francia. Mette una comunità in conflitto con l'altra ”. Spiega Mohammed Colin, direttore del mensile Salam news:“I musulmani frontisti sono una minoranza. Ma contano: sono conservatori, spaventati dalla modernità e si ritrovano perfettamente inclusi nel binomio nazi o n e – t ra d i z i o n e ”. Dove il voto a destra era in dubbio, poi, pesano le inchieste e gli affari dei socialisti a livello locale. A pochi giorni dal voto, tutti questi diversi fili si uniscono quando arriva la Le Pen, e tiene un comizio di un'ora e mezza: “Sarò la candidata dello Stato nazione contro il disordine mondialista la candidata della Repubblica contro la barbarie! L’ordine delle bande è la stessa cosa dell’ordine delle Banche”. È così che il 22 aprile si solleva l'onda blue-Marine. Alle presidenziali la leader del Fn a Marsiglia è terzadi un soffio. Ma diventa prima in molti comuni della circoscrizione elettorale: Bouches-du-Rhône, Martigues, Marignane, Vitrolles e Cavaillon. In molte altri centri – a Orange, Arles, Salon, LaCiotat, Aubagne – è seconda. “In queste città – sostiene un mar iniste come Richard Ghevontian – i voti al Front National non sono stati portati dalla paura per gli stranieri, ma dall'insicurezza per l'economia e per la crisi”. Tutto vero: dove il localismo della Lega esclude, il nazionalismoanti-globalista dei lepenisti include. Scandali, kalashnikov, gran Mufti ex nemici che si danno la mano. Quante barriere ideologiche e religiose che cadono, in nome della grande paura per la crisi globale.

twitter@lucatelese

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3 commenti »

  1. Ora che sei a Marsiglia fai un favore a noi e a te stesso:RESTACI!

  2. L’attuale fase (forse epoca) socio-politica, di cui il triumvirato Markel, Sarkozy, Monti è il degno rappresentante, è caratterizzata dalla “lotta di classe” dei ricchi contro le classi medie e popolari, come bene alaizza Luciano gallino nel suo recente libro “La lotta di classe contro la lotta di classe” (Laterza). Gallino sostiene che “la caratteristica saliente della lotta di classe nella nostra epoca è questa: la classe di quelli che da diversi punti di vista sono da considerare i vincitori – termine molto apprezzato da chi ritiene che l’umanità debba inevitabilmente dividersi in vincitori e perdenti – sta conducendo una tenace lotta di classe contro la classe dei perdenti. Questa classe dominante globale esiste in tutti i paesi del mondo, sia pure con differenti proporzioni e peso. Essa ha tra i suoi principali interessi quello di limitare o contrastare lo sviluppo di classi sociali – quali la classe operaia e le classi medie – che possano in qualche misura intaccare il suo potere di decidere che cosa convenga fare del capitale che controlla allo scopo di continuare ad accumularlo”.
    Ritengo che la sinistra sia in crisi proprio perché incapace di contrastare questo processo. E’ quindi del tutto pacifico che l’elettorato che vive la progressiva fase di impoverimento e lo smantellamento dei benefici dello stato sociale si senta sottorappresentato e cerchi soluzioni nel populismo protestatario e xenofobo. Un altro merito degli ebeti che dovrebbero elaborare un’alternativa sociale “di sinistra”

  3. Belpaese: stipendi da fame e prezzi alle stelle!
    Come fa un paese a crescere quando i suoi sudditi, pardon, i suoi “cittadini” percepiscono salari e pensioni che sono al limite della questua? Alla domanda la politica non ha saputo dare risposte concrete e ha delegato a questo i professori, facendosi da parte. I tecnici, da parte loro, hanno risposto al bisogno di crescita rivendicato ormai da anni dalla nazione intera, con una serie sconsiderata di aumenti ed una tassazione ai massimi storici. Per contro, ha lasciato ‘indisturbate’ le categorie più ricche del Belpaese che, nonostante tutto, continuano ad ingrassare i loro già lauti profitti! Così pur facendo parte dell’Unione Europea, almeno per quanto riguarda sacrifici e privazioni, gli italiani si ritrovano con gli stipendi che sono tra i più poveri del vecchio continente. Le retribuzioni dei lavoratori italiani non sono mai stati così bassi da 29 anni a questa parte e il divario con i prezzi è al top dal 1995. Lo fa sapere l’Istat, sottolineando che a marzo le retribuzioni sono state ferme su base mensile e in aumento dell’1,2% su base annua: si tratta dell’aumento tendenziale più basso almeno dal 1983. Secondo i dati Istat, inoltre, a marzo il divario salari-prezzi ha toccato un livello record: la forbice tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,2%) e il livello d’inflazione (+3,3%), su base annua, ha registrato una differenza di 2,1 punti percentuali: si tratta del divario piu alto dall’agosto del 1995. Quanto ai principali macrosettori, a marzo, le retribuzioni orarie contrattuali registrano un incremento tendenziale dell’1,7% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione. I settori che, lo scorso mese, hanno presentato gli incrementi tendenziali maggiori sono stati: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (2,9%), chimiche, comparto di gomma, plastica e lavorazioni minerali non metalliferi e quello delle telecomunicazioni (2,7% per tutti i comparti). Si sono registrate, invece, variazioni nulle nell’agricoltura, nel credito e assicurazione e in tutti i comparti appartenenti alla pubblica amministrazione. Alla fine di marzo la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo contrattuale è del 32,6% nel totale dell’economia e del 12,3% nel settore privato per un totale di 4,3 milioni di lavoratori senza contratto! L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è, in media, di oltre due anni (27 mesi) tanto nel totale che nell’insieme dei settori privati. Alla fine di marzo 2012 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica corrispondono al 67,4% degli occupati dipendenti e al 61,8% del monte retributivo osservato.

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