Il Fatto Quotidiano

17 Dicembre 2011
“Sui licenziamenti non si tratta. Pd deciso”

di LUCA TELESE

Con l’Italia in piena recessione l’articolo 18 non può essere toccato. Siamo alle soglie di un drammatico choc occupazionale: le tutele vanno aumentate, non certo ridotte”. Visto che è un sabaudo rigoroso e antiretorico come Cesare Damiano, a parlare, un ex ministro del Welfare, non si può che trarre un motivo di inquietudine da questo allarme con cui il deputato del Pd apre il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro. Onorevole Damiano, perché parte da una visione apocalittica? Siamo in recessione. Abbiamo speso 3 miliardi di ore di cassa integrazione dal 2008 a oggi. Abbiamo 2 milioni e 700 mila persone disoccupate che hanno rinunciato a trovare un lavoro, mezzo milione in cassa integrazione, 2 milioni e 100 mila disoccupati, 3 milioni in nero. Secondo Confindustria 800 mila si preparano a diventare nuovi disoccupa-ti. Proprio per questo il governo sostiene che la riforma della flex security potrebbe migliorare il quadro. Se l’idea è aumentare le protezioni per fronteggiare la crisi, non solo sono d’accordo, ma la sosterremo. I teorici del modello danese dicono che per realizzarlo la licenziabilità è una condizione irrinunciabile. Mi ascolti bene: consideriamo del tutto fuori luogo un nuovo attacco all’articolo 18. Questa è la sua posizione personale o un plurale collettivo che indica il suo partito? Fino a prova contraria è la posizione di tutto il Pd, votata a grandissima maggioranza l’estate scorsa. Ma questo dibattito allora non era all’orizzonte? Quel documento era il prodotto di un dibattito di due anni in cui questi problemi sono stati affrontati con serietà dal Pd. Il principale teorico della flex security, Pietro Ichino è un suo collega di partito. Che fa benissimo a sostenere le idee di cui è convinto. Ma che, con altrettanta onestà, non può pretendere di far diventare queste posizioni personali quelle di un intero partito. Ichino sostiene che se gli imprenditori avranno la possibilità di licenziare per motivi economici assumeranno di più. Non credo alla favola della licenziabilità che produce lavoro. Mi spieghi perché. Oggi l’articolo 18 non si applica alle imprese con meno di 16 dipendenti. Che sono il 90 per cento. E l’ 80 per cento delle nuove assunzioni é costituito da contratti precari. Vuol dire che anche chi non ha l’articolo 18 ricorre a contratti precari. E sa perché? Me lo spieghi lei. Il primo motivo per cui si ricorre a forme di precarietà non è contrattuale ma economico. Assumere a tempo indeterminato costa di più. Quindi si deve agire sulla riduzione del costo del lavoro per le imprese, non certo sulla possibilità di mettere fuori organico i suoi dipendenti Esempio? Il primo passo deve essere alzare il costo dei contratti precari e diminuire quello dei dipendenti fissi. Noto con piacere che uno dei provvedimenti del governo sull’Irpef, concede uno sgravio per i neo assunti che va in questa direzione. Che altro? Allargare il periodo di prova a tre anni. Mi pare che sia già tanto, per chi aspetta la stabilizzazione. Si dice: un buon imprenditore non ha motivo per privarsi dei suoi lavoratori. Ma in tempo di crisi il problema di abbattere i costi diventa la prima condizione da rispettare per salvarsi. Le faccio un esempio sui cassaintegrati. Chi è in cassa resta in organico e può tornare al lavoro se la crisi si attenua. Se scatta la licenziabilità economica, invece, la logica vuole che vengano messi fuori per primi: in Italia sono 500 mila. Ma i teorici della flex security dicono: una grande ingiustizia esiste già e divide chi ha garanzie da chi ne è privo. È un ragionamento che parte da una premessa giusta, ma di cui non mi convince la conclusione. Perché? Questo fantomatico contratto unico non sarebbe unico affatto. Resterebbero quelli con i vecchi contratti e poi anche i nuovi continuerebbero ad avere contratti di lavoro interinale, a chiamata o tempo determinato. La riforma delle pensioni ha complicato le cose? Le faccio un solo esempio, quello dei lavoratori “esodati”. Il termine è orribile, ma indica coloro che sono usciti dalle imprese licenziandosi con uno scivolo – tipo un anno di stipendio – che permettesse di arrivare alla pensione. E adesso sono finiti nel limbo. Peggio. Non possono andare in pensione, perché mancano loro tre o quattro anni. Ma non possono tornare indietro. Quanti sono? Il ministero sta facendo i calcoli. Ma sono tanti. E per assisterli bisogna inventare nuove tutele. Avevamo preparato un emendamento che non è entrato nella manovra, però abbiamo presentato un ordine del giorno firmato da tutti i partiti di maggioranza perché sia reintrodotto. Sono quei lavoratori che rientravano nella famosa “quota Damiano”, 96 anni fra età anagrafica e anzianità lavorativa. Già, la famosa quota 96: quando l’abbiamo varata mi hanno fatto i cortei contro. Adesso viene considerata un insopportabile privilegio. Quale dovrebbe essere dunque la base di partenza del governo per questa riforma del lavoro? Stanziare fondi ingenti per nuovi ammortizzatori sociali perché sta arrivando una nuova tempesta e ne abbiamo bisogno per evitare che il Paese vada socialmente a fondo. 

Condividi:

 

10 commenti »

  1. la signora Fiorella Kostoris ex moglie di Padoa Schioppa collaborava con il ministro Brunetta nel governo di B. ?

  2. la signora Kostoris ormai in ogni dove

  3. Porro ormai è dei nostri

  4. Molto lucida l’analisi di Damiano, ma il mio timore(da iscritto Pd)è che culturalmente, ormai, nel Pd siano sempre di più le posizioni succubi del pensiero unico. Mi riferisco, per esempio, al fatto che incontro sempre più amici e compagni che credono davvero che per assumere bisogna licenziare, che è un’idea un poco gastroenterologica del mondo del lavoro(del tipo:per mangiare…)

  5. luca, il titolo e’ improprio. nel pd ognuno parla per se. l’on boccia ad esempio e’ di avviso esattamente contrario sulla materia

  6. onorevole Boccia PD sta co Nunzia Di Girolamo PDL ? SI’

  7. io farei venire ancora un pò di immigrati…..

  8. Ma si che si tratta anche sui licenziamenti!
    E’ da tanto che anche il pd insegue questo sogno!
    D’altra parte poi , come resistere alla ministra singhiozzante?

  9. alzare gli stipendi hanno detto gli sconsiderati sindacalisti : ma guarda proprio ora che gli imprenditori del ricco Nord est si suicidano !

  10. Caro Cesare Damiano è vero che nel 2001 hai fatto un accordo con le Poste italiane e sindacati sulla mobilità in uscita – sui licenziamenti, inclusi i rappresentanti sindacali RSU -, per favorire l’azienda ad assumere tantissimi precari o art. 3 ex legge 1376? E recentemente hai confermato anche quest’accordo in un’intervista televisiva dal Parlamento.Ciao e scrivimi perché sono ansioso di sapere ed imparare. Un cordiale saluto da Luigi ( iscritto alla CGIL SPI tess.400830 )

Lascia un commento


www.next-nurse-bank.com