Gioventù, amore e rabbia

23 Novembre 2011
Maria Grazia che voleva andare a vedere

di LUCA TELESE*

Non posso farci nulla, è un riflesso obbligato. Quando ripenso al tempo della mia precarietà, mi vengono in mente un corridoio, una fotocopiatrice e il volto di una persona a cui ho voluto molto bene. Il corridoio è quello della redazione del Corriere della Sera, in via Solferino, a Milano. Il volto, invece, è quello di Maria Grazia Cutuli. Il motivo per cui scatta questo strano cortocircuito, quando ripenso ai giorni in cui ero appeso al filo del dubbio, è che davanti a quella fotocopiatrice Maria Grazia fumava come una turca, mentre aspettava di sapere che cosa sarebbe stato del suo contratto. Scadevamo lo stesso giorno, io e lei. Maria Grazia è una vittima della guerra, non c'è dubbio. Ma è stata anche – per me – una vittima della precarietà.
Nel 1999, a ventinove anni, in un giorno di settembre ero volato a Milano per un colloquio di lavoro. Ero pieno di speranze di essere assunto, ovviamente, ma non mi ero portato nemmeno un paio di mutande, pensando che qualunque ipotesi si sarebbe concretizzata in tempi burocratici giurassici. Sarei tornato a casa solo sette mesi dopo. Per giorni, quindi, avevo mangiato esclusivamente alla mensa del Corriere. Una sera Maria Grazia aveva esclamato: "O hai problemi di equilibrio o hai problemi di soldi!" Lei era la più giovane della redazione Esteri: già affermata, ma pur sempre la più giovane. Poi, nel marzo del 1999, era scoppiata la guerra del Kosovo. Maria Grazia era cugina di un grande corrispondente del Corriere, Paolo Valentino, che durante il golpe in Russia si era ritrovato sopra il carro armato, al fianco di Eltsin. Catanese lui, catanese lei. Ho in mente Maria Grazia la sera dell'ottobre 2000 in cui un giornalista radicale, Antonio Russo, era stato dato per morto per la seconda volta. Russo, il giornalista fai-da-te che dai luoghi più pericolosi trasmetteva le sue corrispondenze a Radio Radicale. Questa volta, però, non c'era possibilità di errore: era stato ritrovato morto a Tbilisi, in Georgia, da dove raccontava la guerra cecena. Ancora una volta c'era Maria Grazia a chiudere le pagine. C'era una grande foto di Antonio. E Maria Grazia mi diceva: "Vedi, questa sera io darei qualsiasi cosa per andare lì, poter scrivere il pezzo sul campo e tornare indietro volando a chiudere queste maledette pagine senza che nessuno se ne accorga". Un anno dopo ero andato a lavorare a il Giornale, e l'unica che mi aveva chiamato, dei miei ex colleghi, era stata lei. Lo aveva fatto per dirmi: "Hai fatto bene". Quando Maria Grazia è morta, in Afghanistan, tutti avevamo pensato alla scena rituale in cui ogni tanto chiedeva al suo caporedattore, Guido Santevecchi: "Quante righe devo scrivere?" Erano i pezzi per cui spendeva le sue ferie, e le sue vacanze. Santevecchi le rispondeva: "Sono trenta righe". E lei, stupita: "Solo trenta?" E lui: "Trenta righe è sempre meglio di zero". Già, ma perché, chi lo aveva detto? Perché la scelta spesso era quella, fra trenta e zero? Non si può non ricordare il suo racconto, ripetuto cento volte con il sorriso sulle labbra, della prima assunzione a Milano. Maria Grazia aveva lavorato alla CGIL, a Catania. E poi nella tv più importante della città, Telecolor.
Ma a Milano era stato diverso, a Milano si era sentita gli sguardi ustori sulla pelle: "Al colloquio in Mondadori avevo il giubbotto borchiato da ragazza catanese di fine anni Ottanta, gli stivaletti con la punta di metallo, vedevo tutte le altre, settentrionali e minimaliste, che mi guardavano sospettose pensando: ma questa chi è?" Eppure, grazie a una grinta pazzesca, ce l'aveva fatta. Quanto le ho voluto bene! Ho in mente una sera un po' fessa: siamo tutti in uno schifoso ristorante cinese di Milano, i trentenni del Corriere e quelli che avevo impropriamente soprannominato gli "Ermini Boys" per la loro vicinanza al più umano degli alti ufficiali, Paolo Ermini. Quella sera c'era Carlo Bonini, Barbara Stefanelli, che era stata ribattezzata "la zarina" perché era (all'epoca) l'unica donna graduata del Corriere, Marco Imarisio, Davide Frattini, Maria Volpe e Gianluca Di Feo. Una volta che mi aveva riaccompagnato a casa in macchina, sotto la pioggia, a parlare di ragazzi e di ragazze, di pezzi e di amici, Maria Grazia mi aveva accennato per la prima volta alla sua storia che non finiva, quella con un giornalista spagnolo, Julio Fuentes. Non le avevo chiesto di più, allora, e ho avuto tutto chiaro solo leggendo i suoi necrologi, quando si era saputo che Julio era stato con lei fino all'ultimo. Pensa: tre anni per capire un sorriso. Maria Grazia sarebbe stata assunta a tempo indeterminato al Corriere, dopo quattro contratti a termine, nel luglio del 1999, proprio mentre io me ne andavo da quel giornale. Parlava già francese, inglese e spagnolo. Ma non le bastava: si era messa a studiare anche il tedesco e l'arabo. Eppure tutta questa lunga preparazione, tutta questa gavetta le avrebbero consentito di brillare per soli due mesi di articoli sul campo. La sua grande occasione se la conquistò dopo l'11 settembre. Tutti i grandi inviati del Corriere corsero in America, e lei capì che si poteva aprire uno spazio. Ebbe l'intuizione di andare in Afghanistan. C'era già stata nei primi mesi del 2001. Sapeva scrivere. Come quando nella sua cronaca cambia prospettiva, sorvolando il Paese a bordo di un vecchio Antonov e descrivendo le montagne dell'Afghanistan con la tavolozza di un pittore che sta dipingendo un quadro: "Una geologia primordiale fatta di rocce rosa, di crepacci ocra, di costruzioni di fango perduti nei fondovalle aridi dell'Hazarajat. Bamiyan appare dall'alto, una distesa gialla delineata da un costone traforato e, a poca distanza l'una dall'altra, due orbite vuote, le due nicchie che hanno ospitato per secoli i Buddha di pietra". Forse una delle cose più belle e vere, su di lei, l'ha detta Carlo Bonini a Federica Fantozzi: "Lei diventava quello che vedeva".
Macina pezzi bellissimi, fino all'ultimo scoop, quello che appare sul giornale il giorno prima della sua morte. Un servizio sul ritrovamento di gas nervino in una base abbandonata dagli uomini di Bin Laden. Un pezzo da prima pagina. Gabriella Saba, l'avrebbe ricordata così, su Vanity Fair: "La ragazza che voleva andare a vedere". Molti articoli li potete trovare sul sito di un suo amico fotografo, Raffaele Ciriello, con cui aveva lavorato. Anche Raffaele non c'è più. Morto a Ramallah, in Cisgiordania, il 13 marzo 2002, mentre stava documentando un rastrellamento dell'esercito israeliano. Il sito ha un titolo che mette i brividi: "Postcards from hell", cartoline dall'inferno. Ma a me sembra un mausoleo di pace.
Un giornalista è conosciuto da tante persone, molte più di quelle che immagina. A tutti dà un pezzo di anima, ed è per questo che a me non piacciono quelli che sono lì a dire: sono l'ultimo che le ha parlato, ero il più vicino a lei. Sicuramente non ero fra quelli che nel giornale erano più vicini a Maria Grazia, ma non potrò mai scordare quanto valeva l'amicizia che mi ha regalato in quei giorni. Ci sono delle tessere fuori posto che sono affiorate qua e là nel diluvio di scritture sulla sua morte: il giornale che le chiede di tornare il giorno del suo compleanno, lei che vuole restare, lo scoop che forse ha causato il suo assassinio. Conta quello che ha fatto, conta la straordinaria asciuttezza di quell'ultimo articolo che avevo salutato come avrei fatto per un mio trionfo, quando avevo aperto la prima pagina del Corriere. Mi resteranno per sempre in mente le fialette di gas nervino descritte come in un piano sequenza, e la faccia di Fuentes nella fototessera che è diventata l'icona della sua morte. Così, vedendo che Ferruccio de Bortoli l'aveva promossa "inviata speciale" il giorno in cui era morta, e che un presidente della Repubblica la ricordava come una sbarbatella presa in una storia più grande di lei, avevo pensato: è folle. Non necessariamente De Bortoli, o Ciampi. Ma il paradosso di un mondo, un certo modo di vivere e di usare le vite, le storie, le carriere. Folle è che in questo Paese il talento e il coraggio a volte debbano morire, per trovare il riconoscimento che meritano e affrancarsi dalle zavorre del nonnismo italiano.

(*tratto da "Gioventù, amore e rabbia", il nuovo libro di Luca Telese – Sperling & Kupfer)

> Pdf (Il Fatto Quotidiano, 23 nov 11 – pag 10)

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33 commenti »

  1. bravo, mi hai commosso. E dici la verità
    Nicola Assetta

  2. talento post mortem : Fabrizio de André

  3. Bello tutto ma perchè “….una vittima della precarietà….”. Ha vissuto per quello in cui ha creduto, ha fatto quello che voleva fare, ha lottato per quello che riteneva giusto, è (purtroppo) morta, facendo quello che amava. Dunque, perchè Vittima? Casomai protagonista della sua vita fino all’ultimo. Di certo i bamboccioni che non “trovano” lavoro solo perchè è a 50 km dalla casetta di mammà non sarebbero morti. Ma hanno forse mai vissuto?

  4. sono d’accordo con Giordano.

  5. se pensiamo ad una persona vivente, la ricordiamo per quello che fa e quello che dice; se pensiamo ad una persona scomparsa , involontariamente scopriamo che la apprezziamo per quello che la sua esistenza voleva trasmettere………………………

    e’ che in vita sentiamo vicino il corpo delle persone ,poi, con il loro trapasso,d’improvviso ci permettono di capire cio’ che le animava

  6. Toccante e coinvolgente.

  7. per Luca Telese : la moglie di Maroni… molto interessante

  8. Bellissimo e commovente pezzo. Ottimo Telese.

  9. Caro Luca,
    questo brano del tuo libro mi colpisce, come sempre mi ha colpito in modo particolare la storia di Maria Grazia Cutuli. Quando è arrivata la notizia della sua morte io avevo quindici anni. Collaboravo con una piccola testata online della mia città, Salerno. D’impulso scrissi un pezzo, probabilmente molto ingenuo, forse retorico, che finì in homepage. Un tributo da adolescente, perché sentivo in qualche modo che in quella storia c’era un destino beffardo, una sorta di cortocircuito non previsto. Ora, leggendo il tuo ricordo, vero e vitale di Maria Grazia Cutuli, riesco a capire cos’era.
    Mi faceva arrabbiare qualcosa a cui ora posso dare un nome: è il destino manifesto di chi parte in qualche maniera con una forma di svantaggio. Quello che mi sono sempre sentito appiccicato addosso, perchè meridionale, nato e cresciuto in una delle più tristi periferie d’Italia. Quello che a volte mi ha dato un motivo in più per spingere, come nel pezzo di Springsteen, Badlands, che metto su quando ho bisogno di motivazioni. Quel destino che in qualche modo ricollegavo alla sua immagine. Ricordo una foto sugli scogli, lo sguardo a scrutare il Mediterraneo. Mi sembrava il volto di qualcuno ben deciso a volare via.
    Questo pomeriggio ho sostenuto l’orale dell’esame di Stato, e sono a tutti gli effetti un giornalista professionista. Credo che non significhi molto, anzi anche questo sembra una specie di scherzo, una gobba di cartone. Però in questo misto di rabbia, orgoglio e voglia di fare, io ci ho sempre visto anche Maria Grazia. Probabilmente non c’entra nulla con la vera Maria Grazia, quella che tu hai conosciuto. Forse c’entra con quello che ha contato per me. E credo che in qualche modo sia qualcosa di molto prezioso.

  10. ma il Fatto si è accorto della moglie di Maroni ? mi pare di no

  11. Bellissima lei bellissima, bella quanto sfortunata.
    Un bel pezzo raro nei suoi grandi approfondimenti del lato umano.

  12. il padrone di un pastore tedesco e quello di un pastore maremmano si incontrano per strada…il primo fa: il mio va matto per i bocconcini!!!!!!!!!!!

  13. in un bagno turco per uomini entra all’improvviso una giovane tedesca completamente nuda che si siede vicino ad un uomo anziano..lei gli fa: ci crede che sto per fargli un magnidfico pompino? lui fa: no..sono ateo…

  14. articolo molto bello e toccante, non riesco a smettere di rileggerlo.

  15. eddai, diccelo tu Margherita, cosa è successo alla moglie di Maroni???
    che stress!

  16. e la moglie di Monti? Avete sentito che roba?

  17. Bellissimo, commovente: come si fa a dimenticare una ragazza così !
    Complimenti, dott. Telese, per le parole i toni giusti che sai trovare.

  18. molto bello . mi ha commosso . non mi sono distratta un attimo durante la lettura. e questo al giorno d’oggi è notevole.

  19. come mai il signor Monti fa sempre un segno con la mano destra mentre parla??? per dire forse: guardate ce lho PICCOLO così.?????

  20. lo spread è salito ancora!!!!

  21. è ora di finirla di parlare si salari bassi di poteri occulti di donne chenon me la vogliono dare…

  22. ORFINI DEL PD è uno STRAFIGO della madonna, altro che LA Russa…

  23. su google : la moglie di Maroni capo del personale di…. ? sveglia ragazzi !

  24. la coppia Boccia Nunzia de Girolamo : o lei va a sinistra o lui a destra

  25. spread sprerad delle mie brame chi la piu comunista del reame????

  26. Giovanni Montresor evasore totale a Verona. dichiarava 5 euro all’anno ! aveva venduto 180 ettari a Eraclea e portato i soldi all’estero.

  27. la moglie di Monti non lavora…. ma la moglie di Maroni …..

  28. piazza affari in positivo! alla faccia di Scilipoti

  29. Mai restato incollato ad un articolo, quasi fosse un episodio avvincente di qualche serie tv, come ho fatto con il tuo. Avvincente, veritiero, commovente, e Libero ( come solo un vero giornalista può, anzi deve essere ). Lo Stile mi ricorda molto quel parlare “a Braccio” che caratterizza un giornalista ” moderno” che stimo immensamente: Tony Capuozzo. Gente come voi fa informazione, il resto è spesso, scrittura da blog. Vuoi per certi direttori troppo condizionati dal far cassa, in tempi di magra, vuoi per la troppa mancanza di coraggio, pena la poltroncina calda calda di certe redazioni che se ne va, al primo articolo “fuori dalle righe” del collososo e mafioso ( per conto mio ) politically correct, cui tutti, in una specie di truman show dobbiamo render conto. Non sapevo chi fossi. Adesso cercherò il libro e ciò che scriverai, ovunque lo farai. ç’Anarchismo giornalistico ( Montanelli Insegna ), alla lunga paga sempre. Con la leggenda! Ma per ora, da tuo affascinato lettore…ti dico con speranza e rispetto: Luca, continua così, e…non montarti la testa ! Rimarrei senza finestre sul mondo! ;-)))

  30. Margherita, quanto sei deficiente!
    Edmondo

  31. e la moglie di margherita? avete sentito?

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