Panorama

25 Ottobre 2007
Sono io la voce di Veltroni

LUCA TELESE per

Da 9 anni lavora nell’ombra, senza mai violare la clausola di riservatezza che si è imposto. Ora, dopo un best-seller che ha per titolo il suo mestiere, Claudio Novelli, 42 anni, storico ghost writer di Walter Veltroni, rompe la consegna e si confessa con Panorama: «Walter ha due incarichi, sei portavoce, ma un solo scrittore. Aiuto!».

La sua storia può sembrare una fiaba. Nel 1998, mentre svolge un dottorato in storia contemporanea, laurea con lode grazie a una tesi (controcorrente) che rivaluta il ruolo del Partito d’azione, trova un lavoretto all’Enciclopedia Treccani. Ha buona penna, lo usano per scrivere le voci di politica italiana. La paga? «Una miseria, 1 milione al mese». Precario? «Precarissimo».

Per arrotondare scrive qualche discorsetto per Roberto Morassut (oggi assessore della giunta Veltroni, all’epoca segretario cittadino ds). È proprio lui che lo consiglia al vicepremier: «Veltroni, mi disse, ha bisogno di aiuto. Io e Roberto eravamo insieme, quando squilla il telefonino e, imperiosamente, mi convocano a Palazzo Chigi». All’altro capo del telefono c’è Walter Verini, potente uomo ombra (sia allora sia oggi) di Veltroni.

Novelli si presenta con il suo «curriculino» (c’è persino la voce Treccani «Bettino Craxi», 30 righe) e nello stesso giorno passa dalla scrivania di Verini a quella del capo.

Prima impressione? «Il segreto di Walter è l’empatia. Io, confesso, ero intimidito. Lui mi dà subito del tu, mi fa parlare un’ora della tesi e mi dice: “Gli azionisti saranno un nostro riferimento culturale”. Poi, con uno scarto inconcepibile per un dirigente ds (per lui ero uno sconosciuto), mi dice, con una battuta stile film (le ama moltissimo): “Benvenuto a bordo! Quando cominci?”». Novelli risponde: «Domani?». E Veltroni? «Ah, ah, ah… Fra 15 minuti. Trovati una scrivania, mettiti al lavoro».

Meravigliosa la storia del primo discorso: «Ovviamente ci lavoro giorno e notte. Doveva essere pronunciato a Parigi, solennemente, aveva per titolo Il futuro della sinistra». E invece? «Eravamo nell’ottobre 1998. Il governo cade due giorni prima. Veltroni a Parigi non c’è più andato e… il futuro della sinistra è rimasto nel cassetto». Buttato? «No, il vero segreto è riciclare».

Novelli ha letto Il ghost writer (meraviglioso thriller di Richard Harris, Mondadori), ma invece di identificarsi con il protagonista (che scrive biografie di rockstar pagato milioni) si riconosce in un altro personaggio (l’altro ghost, quello di Tony Blair. Si chiama Robert McAra e viene ucciso per un segreto compromettente): «Se non portasse sfortuna, visto che lo ammazzano a pagina 4, direi che sono più simile a lui: un travet della scrittura seriale».

Mentre potrebbe stare in un film la scena di Novelli e Veltroni in libreria: «Walter prende un libro dallo scaffale e fa: “Toh, questo ha la mia prefazione…”. Poi ne prende un altro e si stupisce di nuovo: “Guarda, anche questo”». E lei? «Gli ho detto: Walter, se non lo sai ne abbiamo firmate più di 500. Che ne dici di darci un taglio?». Si è arrabbiato? «No. Ma è il suo tallone di Achille. A una prefazione, anche del più anonimo scrittore romano, non sa dire no».

Il ghost writer del libro si arricchisce? «Ah» sospira Novelli «io di certo no. A Palazzo Chigi mi inquadrarono nell’unica casella libera: 1,5 milioni di lire al mese». E dal 1999 a Botteghe Oscure? «Poco di più». E dal 2001, in Campidoglio? «2.500 euro, fino alle ultime elezioni». E ora? «Sono un dirigente del Comune, con un contratto che finisce con la sindacatura: arrivo a 3 mila».

Il vero segreto di un ghost writer? «In ogni discorso ci sono più ami che hanno possibili ricadute mediatiche: se una cosa viene ignorata, cambi tre parole e te la ricicli nel discorso successivo, eh eh…». E se esce? «Ti inventi qualcosa di nuovo».

Il lavoro con Veltroni? «Walter ha un’ottima memoria, spesso va a braccio. Se si tratta di un discorsetto, che so, cerimonia al quartiere Torrino, si fa preparare una scheda dettagliata su storia e problemi del quartiere, poi va da solo che è una meraviglia. In quel caso il ghost writer respira».

Lei fa tutto da solo? «Per le cose romane uso tre collaboratori, ma con quattro uscite al giorno…». Una volta che invece non andò bene? «Lavorai come un pazzo per un discorso da ministro dei Beni culturali: cifre, citazioni, precedenti storici. Lui lo provò come fosse un vestito e disse: “È bellissimo”». E poi? «Andammo in macchina insieme, al convegno, come a un matrimonio. Poi lui parlò a braccio senza usare nemmeno una frase. Tornati in auto mi diede un buffetto e mi sorrise: “Non te la prendere. Mi è servito moltissimo, ero tranquillo grazie al tuo lavoro”». E lei? «Non me la presi affatto e la volta dopo riciclai».

Veltroni è un buon capo? «Un giorno arrivò raggiante e mi disse: “Ho parlato con il mio editore, Rizzoli: vogliono un libro da te sugli azionisti”». Generoso, però: «Gli risposi: “Walter, o scrivo per te o scrivo per me”». E lui? «Sorrise: “Se non dormi puoi lavorare per entrambi”».

Lei preferisce dormire? «Ho questo difetto. E poi una figlia di 2 anni, Alice. E una moglie che ogni tanto mi piace vedere». Vive in una casa del Comune? «No! Affitto di mercato, da un privato, in via del Boschetto». Tormentoni veltroniani prediletti? «Nei discorsi romani furoreggiano “i pony della solidarietà” e “i ragazzi che fanno telelavoro per gli anziani”: li infila ovunque, eh, eh…».

Personaggi prediletti? «Ovviamente Bob Kennedy. Lo conoscevo bene, ma ora potrei farci una tesi. Non dovrei dirlo, ma Bob spesso lo parafrasiamo». Altri segreti da ghost writer? «Abbiamo sac-cheg-gia-to Italo Calvino! Per anni. Ma ora Walter lo ha… messo in quarantena. Fra i viventi invece prevale largamente Vittorio Foa». Outsider? «In ascesa Olof Palme ed Eduardo Galeano». Perché proprio lui? «Walter è impazzito per una frasetta su “a cosa serve l’utopia”. L’abbiamo blobbata per mesi, poi ci abbiamo chiuso Che cos’è la politica». La userete ancora? «Ehhhh…».

Lo sa che lei con questa intervista viola la clausola di riservatezza che si è imposto? «Senta, Veltroni fa due lavoretti non da poco. Ha sei portavoce ma un solo ghost writer». Vuole dire che vorrebbe essere licenziato? «No, ma se mi affianca un aiutino non mi offendo». Nel suo libro Harris scrive che un vero ghost writer mischia la propria biografia con quella del suo leader, ne diventa lo psicoanalista: «Per me è di più, sintonia totale: alle volte mi sorprendo a pensare come Veltroni». Quando accade la soddisfa o l’aiuta? «Penso che dovrei prendermi subito una vacanza».

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