Il Fatto Quotidiano

5 Agosto 2010
“Basta impunità”: anche Chiara Moroni molla il Pdl

E poi Chiara ha parlato, con la passione della sua voce, emozionata ma fermissima, con una dichiarazione di non voto che è diventata quasi un grido di battaglia, l’immagine simbolo di una giornata: “Io non posso tollerare che si confonda il giustificazionismo con l’opportunità politica”. Parla con passione, Chiara Moroni, perché in questa giornata si è celebrato anche il cortocircuito delle storie post-socialiste, una disputa fra passioni e ideologie, un ennesimo tentativo di riesumazione strumentale, quello che Fabrizio Cicchitto, senza nominarlo, aveva provato con suo padre (tragicamente suicida nei giorni di Tangentopoli). Non l’aveva fatto, il nome di Sergio Moroni, il “falco” Pdl, ma era come se lo avesse fatto, per lanciare un guanto di sfida a lei, che era sulla soglia di casa, pronta ad uscire dal partito: “Siamo qui – aveva tuonato il capogruppo – perché c’è chi, almeno una volta al mese, ha bisogno di immolare un sacrificio umano a quel valore supremo, il giustizialismo, che ha sostituito il dio che è fallito e tanti altri miti, tutti fortunatamente esauritisi nel 1989”.
Il sacrificio umano, dunque, come obbligo di memoria della figlia nei confronti del padre. E allora Chiara Moroni ha gridato, correndo sul filo sottile tra la memoria privata e la battaglia politica: “Signor presidente, onorevoli colleghi…”. Parla, con la voce che sale: “…la mia è una storia profondamente e autenticamente garantista. Negli anni di Tangentopoli mio padre, raggiunto da due avvisi di garanzia per un finanziamento illecito al Partito socialista Italiano, ritenne di doversi togliere la vita: gesto estremo per gridare la sua innocenza in un clima da pogrom”. Pausa, silenzio che cala sull’aula: “Non posso tollerare che la battaglia garantista venga confusa con il giustificazionismo o, peggio ancora, con l’impunità. Non posso tollerare altrettanto nessuna forma di giustizialismo”. Da diversi punti dell’emiciclo salgono mormorii di approvazione, da sinistra accenni di applauso, la Moroni va avanti: “Penso che il dibattito sul caso del sottosegretario Caliendo si stia svolgendo su un piano sbagliato. Non è un problema giudiziario, né di scontro tra garantismo e giustizialismo. È un problema di opportunità politica e di compatibilità tra il suo incarico istituzionale e i suoi comportamenti. È un problema di responsabilità e di etica personale e pubblica. Ne deve rispondere all’opinione pubblica prima ancora che all’autorità giudiziaria. La mia è una storia personale, familiare e politica che coincide integralmente con la battaglia garantista e, proprio per questo, credo che niente abbia a che vedere il garantismo con quello di cui stiamo discutendo qui oggi”. Il tempo è finito, Fini la invita a concludere, lei prosegue ancora: “È l’opportunità politica che dovrebbe suggerire un passo indietro per difendersi meglio, pienamente tutelato dalle garanzie democratiche, che non ebbe mio padre nel 1992. Non credo che sia attraverso la mozione parlamentare che bisogna arrivare a questo”. Chiara, figlia di Sergio, la ragazza che Berlusconi voleva come ministro, corre così controcorrente, lascia il Pdl per andare con i finiani, lascia la certezza per il rischio. Qualunque cosa si pensi, un bellissimo gesto atletico.

Luca Telese

Condividi:

 

Lascia un commento